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Diario di Viaggio di Wolands

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SO CHE E' FINITA

Oh madre, sento la terra che mi cade sulla testa
E mentre mi arrampico su un letto vuoto
Oh va bene.. ho detto abbastanza
Io so che è finita, eppure non desisto
Non so cos'altro fare
Oh madre, sento la terra che mi cade sulla testa
Guarda, il mare vuole impadronirsi di me
Il coltello penetrarmi
Pensi di potermi aiutare?
Triste sposa velata, sii felice
Bel consorte, dalle il suo spazio
Amante chiassoso e villano, trattala con gentilezza
Sebbene lei abbia bisogno di te più di quanto ti ami
Ed io so che è finita, eppure non desisto
Non so cos'altro fare
So che è finita
Ed in realtà non è neppure mai cominciata
Ma dentro di me era tutto così reale
E tu addirittura ti sei rivolto a me dicendo:
"Se sei un tipo così divertente
Allora perché te ne stai da solo stasera?
E se sei un tipo così sveglio
Allora perché te ne stai da solo stasera?
Se sei tanto simpatico
Allora perché te ne stai da solo stasera?
Se sei tanto affascinante
Perché dormi solo stanotte?
Lo so perché..
Perché questa è una sera come tutte le altre
Ecco perché te ne stai da solo stasera
Con i tuoi trionfi ed il tuo fascino
Mentre loro sono l'una nelle braccia dell'altro.."
é così facile ridere
é così facile odiare
Ci vuole del coraggio per essere buoni e gentili
é così facile ridere
é così facile odiare
Ci vuole del fegato per essere buoni e gentili
L'amore è Naturale e Vero
Ma non per te, amor mio
Non stasera, amor mio
L'amore è Naturale e Vero
Ma non per quelli come noi, amor mio

Oh madre, sento la terra che mi cade sulla testa
 

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Marta non m’abbandonare,… non è possibile che tu non sia,...
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SILENZIO. O QUALCOSA IN PIU'

Post n°27 pubblicato il 11 Dicembre 2007 da wolands

 

Non è silenzio. E' qualcosa di più, di diverso.

Via Domenico La Bruna è una stretta via lunga un centinaio di metri. Per arrivarci abbiamo chiesto informazioni a tre persone. Erano fermi davanti ad un bar e chiacchieravano fra di loro dell'ultimo rigore concesso all'Inter.

Ci hanno detto di proseguire per un centinaio di metri, poi svoltare dopo “la grande croce” e proseguire dritto. E così è stato.

Abbiamo percorso la lunga Via della pace, la strada che costeggia il cimitero di Mazara del Vallo. Chiuso. Le luci sono basse. Sulla sinistra, proprio di fronte ad uno dei grandi cancelli del cimitero è via Domenico La Bruna.

Sul lato destro di Via La Bruna solo quattro piccoli alberi ancora da annaffiare, sul lato sinistro niente, solo un vecchio marciapiede da rifare. Grigio, senza colore, con vecchie mattonelle scolorite.

Solo cinque lampioni illuminano la strada, di un giallo scuro che ci si vede a malapena. C'è più luce all'entrata della città, all'imbocco della circonvallazione che qui. Questa non è una via residenziale, non ci sono grandi abitazioni, non ci sono palazzi, non ci sono bar, non ci sono negozi. E' tutta una serie di “non c'è”. Tutte le case hanno il loro piano terra, nella maggior parte dei casi adibito a garage, e il primo piano. Ed hanno ancora il prospetto da rifare, sono grigie, con le persiane chiuse e le tapparelle di legno abbassate. Chiusi i garage e i portoni delle case. Per strada, nessuno.

Nel lungo balcone del civico numero sei campeggia la grande scritta “aiutateci a trovare Denise”. Anche qui, in questa casa che sembra più elegante delle altre, le luci sono spente. E in basso, a piano terra, una grande porta a vetri con la foto di Denise Pipitone. Poi silenzio.

Solo un grande e continuo silenzio interrotto dal rumore di qualche automobile che passa e che sembra andare di fretta. Ma è un silenzio strano, quasi spettrale. Come se tutti avessero deciso di non parlare. Qui non hanno voce neppure i muri delle case. Non una scritta sui muri, non un segnale stradale, niente strisce per il posteggio, non ci sono strisce pedonali. E' un silenzio ordinato, composto.

Qui non è festa, non si respira un'aria natalizia, non si respira e basta. Non c'è neppure un alito di vento. Stanno zitti persino le foglie di quei piccoli alberi. Non c'è un addobbo natalizio, una luminaria, un albero di natale, non ci sono luci e non si sentono suoni.

Da qualche casa, tutte con le persiane abbassate, arriva solo una fievole luce, poi più niente. Non si sente una voce. E' come se in quella via non abitasse nessuno, non si sentono bambini gridare, donne armeggiare, uomini chiacchierare, non si sente neppure il suono della televisione, solo il rumore continuo di uno dei tanti “motorini” che servono per portare acqua nelle case. E per la strada, nessuno.

Una donna esce dal portone accanto alla casa di Denise.

L'unica cosa che abbia un po' di colore è il suo maglione, a righe grandi, ci guarda per un attimo, poi, come se avesse già a lungo parlato e sentito, con gli occhi abbassati e con il passo veloce apre la grande porta a vetri e vi si infila dentro. All'interno riusciamo a scorgere solo alcune sedie e forse tre o quattro persone. La donna riesce subito dopo e sempre con gli occhi fissi a guardare il marciapiede e le sue scarpe, come se contasse i passi che la separano dal suo portone, riapre il portone e ritorna a casa.

E dall'interno della grande porta a vetri dove campeggia la foto di Denise, subito dopo qualcuno abbassa la saracinesca. Un'ombra nelle ombre di questa strada.

Non passa nessuno, e la luce dei lampioni sembra che diventi sempre più fioca. Fa da contraltare alla grande luce che proviene dall'imbocco della via. Lì, campeggia una grande insegna di un negozio di colori e stucchi. Entriamo per chiedere informazioni, e ci accoglie una musica di sottofondo proveniente da una radio, ma la ragazza che arriva dal retrobottega, dopo aver visto il taccuino che teniamo in mano ci dice che fra poco arriverà il proprietario, e corre via col suo cellulare in mano.

Il proprietario, o il ragazzo del negozio forse arriverà dopo. Sulla porta d'ingresso del negozio, appiccicata sul vetro con un po' di nastro adesivo, anche qui, una foto di Denise Pipitone e una vecchia locandina che annunciava, il primo settembre scorso, un convegno per mantenere vivo il ricordo della piccola. E sotto la foto una serie infinita di relatori.

E poi solo silenzio. O forse qualcosa di più.

 
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