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Diario di Viaggio di Wolands

LENNY BRUCE

 

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SO CHE E' FINITA

Oh madre, sento la terra che mi cade sulla testa
E mentre mi arrampico su un letto vuoto
Oh va bene.. ho detto abbastanza
Io so che è finita, eppure non desisto
Non so cos'altro fare
Oh madre, sento la terra che mi cade sulla testa
Guarda, il mare vuole impadronirsi di me
Il coltello penetrarmi
Pensi di potermi aiutare?
Triste sposa velata, sii felice
Bel consorte, dalle il suo spazio
Amante chiassoso e villano, trattala con gentilezza
Sebbene lei abbia bisogno di te più di quanto ti ami
Ed io so che è finita, eppure non desisto
Non so cos'altro fare
So che è finita
Ed in realtà non è neppure mai cominciata
Ma dentro di me era tutto così reale
E tu addirittura ti sei rivolto a me dicendo:
"Se sei un tipo così divertente
Allora perché te ne stai da solo stasera?
E se sei un tipo così sveglio
Allora perché te ne stai da solo stasera?
Se sei tanto simpatico
Allora perché te ne stai da solo stasera?
Se sei tanto affascinante
Perché dormi solo stanotte?
Lo so perché..
Perché questa è una sera come tutte le altre
Ecco perché te ne stai da solo stasera
Con i tuoi trionfi ed il tuo fascino
Mentre loro sono l'una nelle braccia dell'altro.."
é così facile ridere
é così facile odiare
Ci vuole del coraggio per essere buoni e gentili
é così facile ridere
é così facile odiare
Ci vuole del fegato per essere buoni e gentili
L'amore è Naturale e Vero
Ma non per te, amor mio
Non stasera, amor mio
L'amore è Naturale e Vero
Ma non per quelli come noi, amor mio

Oh madre, sento la terra che mi cade sulla testa
 

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Quindi tu approvi quell'opportunismo politico che...
Inviato da: yama_san
il 28/10/2009 alle 12:46
 
no comment
Inviato da: nichivrocchiblu
il 21/10/2009 alle 20:16
 
grande Battisti....sempre attuale....(bacio caro)
Inviato da: jonica1
il 15/10/2008 alle 11:24
 
....si bellissima! Passionale! ... credo non si possa...
Inviato da: silvietta_36
il 16/07/2008 alle 15:45
 
Marta non m’abbandonare,… non è possibile che tu non sia,...
Inviato da: silvietta_36
il 16/07/2008 alle 15:41
 
 

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LA MALEDIZIONE DELL'ABBAZIA DI THELEMA

Post n°79 pubblicato il 05 Marzo 2016 da wolands
 
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Agli inizi degli anni venti a Cefalù, cittadina in provincia di Palermo Aleister Crowley da alcuni considerato il fondatore del moderno occultismo e da altri un satanista, prese in affitto una villa e diede vita alla leggendaria Abbazia di Thelema ispirandosi a quella descritta da Francois Rabelais nel suo romanzo “Gargantua e Pantagruel”.

La villa che ospitò l'Abbazia di Thelema, in Contrada Santa Barbara, è tuttora esistente. La storia parte da questo fatto realmente accaduto per entrare nei meandri delle credenze popolari spaziando dalla realtà alla fantasia.

E così, negli anni 90 quattro anziani si a ritrovano a giocare a carte per stare in compagnia. Ma quando una di loro, considerata da tutti una brava donna confessa il suo passato di prostituta, gli altri decidono che è arrivato il momento di condividere i loro segreti più nascosti.

Due anziane donne confessano l’omicidio del padre dopo che questi aveva abusato di loro e il loro compagno di briscola racconta della strana morte della moglie. Ma tutto è giustificato e giustificabile da una maledizione che Crowley avrebbe lanciato su tutti gli abitanti e dalla potenza dell’amore che, può manifestarsi anche in maniera violenta.

 
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ASPETTANDO MISTER WOLF

Post n°78 pubblicato il 23 Dicembre 2014 da wolands
 
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In libreria il secondo romanzo dello scrittore e giornalista Accursio Soldanofresco vincitore del premio Ignazio Buttitta. Il titolo “Aspettando Mister Wolf” (Graphofeel, euro 12) fa il verso al famoso film di QuentinTarantino dove il signor Wolf, viene chiamato dal boss per risolvere i problemi degli amici in difficoltà. 

È la storia di un giornalistacorrispondente di paese, uno di quelli che giornalmente devono sottostare alle decisioni del redattore per la pubblicazione di un articolo, e che per poter vivere fanno due o tre lavori diversi. Il cronista ha l'occasione della vita, il classico scoop: intervistare unmafioso che non si è mai pentito.

Ma durante il colloquio, mentre il mafioso ripensa alla sua vita da killer e tenta di giustificare le proprie azioni criminali prendendo a esempio il patriarca Mosè, il giornalista è costretto a riflettere sul suo ruolo all'interno del suo “quotidiano di riferimento” ed a chiedersi qual è la differenza fra un mandamento mafioso e la struttura di una redazione giornalistica. 

Alla fine si è indecisi se parteggiare per il mafioso o per il cronista che lo sta intervistando, e ammettere che essere mafiosi è soprattutto una condizione mentale, per cui, alla fine, nel nostro essere quotidiano siamo tutti, in qualche modo, dei piccoli mafiosi.

Il secondo romanzo di Accursio Soldano è una visione non proprio idilliaca del giornalismo moderno, un vademecum su come si possa manipolare l'informazione partendo dalla scelta redazionale delle notizie da mandare in stampa e punta il dito su tutta quella letteratura sulla mafia, oggi presente negli scaffali delle librerie che ha trasformato un'organizzazione criminale in un genere letterario, e mafiosi in uomini di spettacolo degni di riempire pagine di libri con la storia delle loro vite criminali. 

 
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GIUSEPPE BELLANCA E I PIONIERI SULLE MACCHINE VOLANTI: intervista a Tgcom24

Post n°77 pubblicato il 27 Dicembre 2013 da wolands
 

"Beato il Paese che non ha bisogno di eroi", scriveva Berthold Brecht, ma tutt'altro che beato è un Paese che i suoi eroi li ha e li dimentica. Uno di questi è Giuseppe Bellanca, un nome che  praticamente nessuno in Italia conosce ma che negli Stati Uniti è venerato per essere stato uno dei padri dell'aviazione civile. Ingegnere visionario, nel 1911, a 25 anni, lasciò il nostro Paese per gli States (anche allora c'erano le "fughe di cervelli"...) dove fondò una scuola di volo e fino al 1960, anno della sua morte, continuò a progettare aerei su aerei. Finalmente è uscito un libro, "Giuseppe Mario Bellanca e i pionieri sulle macchine volanti"  (Epsylon editrice, 14 euro) che rende parziale giustizia a questa dimenticanza tutta italiana. Tgcom24 ha intervistato l'autore del volume, Accursio Soldano.


Foto 5
 

 

Chi era Giuseppe Bellanca? Perché la sua figura è da ricordare?
Perché è uno dei maggiori scienziati che l’Italia abbia generato. Quello che Giuseppe Bellanca ha fatto nel campo dell’aviazione è paragonabile a quello che altri grandi, come Volta o Pacinotti, hanno fatto nei loro campi di competenza. Ha stravolto il modo di costruire aerei passando dalla formula biplana al monoplano, ha cambiato l’impostazione del motore, ha costruito aerei capaci di battere qualsiasi record fino a quel momento inimmaginabili, compresa la trasvolata sull’Oceano Atlantico. E’ stato un pioniere dell’aviazione e nel corso della sua vita ha sempre cercato nuove soluzioni. Praticamente, quando oggi saliamo su un aereo di linea, la maggior parte delle invenzioni che lo rendono sicuro sono uscite dalla Bellanca Aircraft

 
Siciliano di nascita, studi a Milano, a un certo punto va negli Stati Uniti. Come mai?
Perché in Italia non c’erano le condizioni, sia economiche che sociali, per poter portare avanti i suoi progetti. Basti pensare che il primo aereo che Bellanca costruì assieme a due suoi amici, anche loro studenti al Politecnico di Milano, era in canne di bambù e l’hangar era una vecchia stalla. Il secondo progetto invece non vide mai la luce perché non furono trovati i soldi necessari per comprare un motore. E allora, considerato che in America c’erano già due suoi fratelli e che le condizioni di vita e di opportunità erano completamente diverse, decise di emigrare.

La sua figura viene associata a quella di Lindbergh, come mai?
Beh, fu lo stesso Lindbergh a dire: “Se posso avere un Bellanca volerò da solo” e fu lui che si recò in fabbrica per comprare il famoso WB2 che aveva battuto tutti i record di persistenza in volo. Lindbergh sapeva benissimo che con un aereo costruito nelle fabbriche Bellanca si poteva volare sopra l’Oceano, senza scalo, da New York a Parigi, ma il socio di Bellanca, Charles Levine, si rifiutò di venderglielo. Il resto è storia. Ma quello che mi preme sottolineare e che in pochi sanno è che il giorno in cui l’aereo di Lindbergh partì per la storica traversata dell’Oceano, sul campo di volo c’erano tre aerei e quello di Bellanca, con a bordo il pilota Charles Chamberlin, era sicuramente il più veloce ed il più sicuro. Solo che, a seguito di una denuncia, l’aereo fu posto sotto sequestro. Oggi tutti giustamente ricordano Lindbergh, ma se non ci fossero state beghe legali, che spiego nel libro, avremmo un’altra storia.

Nella New York di quegli anni strinse amicizia con Fiorello la Guardia, che diventerà sindaco della Grande Mela. Come si conobbero i due?
Come si conoscono due emigrati che hanno voglia di fare qualcosa per cambiare la loro condizione sociale. Spinto dalla sua passione per il volo, quando Bellanca si trasferì in America cominciò a costruire il suo nuovo aeroplano grazie ad un finanziamento che gli accordarono alcuni membri della comunità italiana. Il maggior finanziatore di quel progetto fu un ristoratore italiano, insieme ai suoi cuochi e ad alcuni camerieri. Fu stipulato un regolare contratto sottoscritto dalle parti e redatto da un giovane avvocato di nome Fiorello La Guardia. Poi, in cambio di lezioni di volo, La Guardia insegnò a Bellanca a guidare l’automobile.

Gli Stati Uniti hanno addirittura dedicato una copertina del "Time" a Bellanca. Com'è ricordato al di là dell'Oceano?
Se dovessi elencare tutto ci vorrebbero pagine intere. La vecchia fabbrica di Bellanca è stata restaurata, ci sono associazioni, tipo “Friends of  Bellanca” che lo ricordano, lo Smithsonian Museum di Washington ha tre sale espositive dedicate a lui, in Giappone c’è un monumento che ricorda la prima trasvolata dell’Oceano Pacifico compiuta da un aereo della Bellanca aircraft, stessa cosa in Lituania. A Bellanca sono dedicate strade in quasi tutti gli Stati Uniti. Per gli americani è un genio, inserito nel 1993 nella Hall of fame dell’aviazione mondiale.
 
E qui in Italia? C'è qualcuno che si ricorda di lui?
A primo acchito direi pochi. Sicuramente gli addetti ai lavori, le scuole di volo, le università, ma non essendo una rockstar ed essendo passati più di 50 anni dalla sua morte il ricordo comincia a svanire. E poi, a parte il fatto che neppure quando era in vita Bellanca sapeva pubblicizzare bene il suo lavoro, ricordiamoci che era un costruttore di aerei, e solitamente, quando si compiva un’impresa aviatoria, la fama e i titoli dei giornali andavano soprattutto ai piloti. Però posso dire che uno dei motivi che mi ha spinto a iniziare la ricerca su Bellanca è stato un articolo di una paginetta pubblicato nel giornale “Giro campo” pubblicato dall’aero club Brescia a firma di Pierre Verzelletti. Leggendo quell’articolo ho capito che stavo cominciando a scoprire qualcosa di importante: un genio dell’aviazione mondiale.   
 
Ci parli un po' del libro. Com'è nata e come si è sviluppata l'idea? Che materiali ha consultato per la stesura?
L’idea è nata da un mio amico e lontano parente di Bellanca. Avevo scritto un libro sulla storia dei sindaci di Sciacca (città dove è nato Bellanca, ndr) e Filippo Bellanca mi propose di scriverne uno su quel suo lontano parente. All’inizio non avevo idea da dove cominciare e cosa avrei trovato. Le solite iniziali ricerche su Google, qualche articolo su quotidiani italiani e poi un abbonamento a tutti i quotidiani americani per avere accesso alle edizioni dei primi del 900, contatti con lo Smithsonian che mi inviò del materiale, ricerche in biblioteche e vecchi libri americani dedicati proprio a Bellanca, e contatti con le associazioni americane che ricordano Bellanca e con alcuni suoi parenti. La cosa che mi è dispiaciuta, se posso dirlo, è che mentre ho trovato piena collaborazione in alcuni parenti di Bellanca che abitano a Sciacca e a Palermo, da altri, a cui ho chiesto notizie e foto, ho ricevuto solo dinieghi. E non ho ne mai capito il motivo. Comunque, mi accorgevo che più andavo avanti più quel Bellanca era una continua scoperta. I suoi piloti e quelli che avevano pilotato i suoi aerei erano americani, peruviani, lituani, italiani, tedeschi e per ogni volo c’era una storia da raccontare. E’ stata una ricerca entusiasmante e commovente. Lo ammetto, mi sono commosso quando ho incrociato la storia di Francesco De Pinedo.
 
Alla fine del libro c'è anche una perizia grafologica su alcuni scritti di Bellanca. Cosa emerge?
Emerge la figura di un uomo intelligente, concreto, di uno che non amava le teorie astratte o le situazioni poco chiare. Bellanca era risoluto, decideva l’obiettivo e organizzava l’azione cercando di risolvere immediatamente i problemi pratici. Come ebbe a dire Elinor Smith, il suo capo collaudatore: Bellanca è uno che ride, si diverte, e a tavola è spassosissimo, ma quando siamo al lavoro cambia completamente, diventa preciso e se necessario burbero.

 
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DALLA CARTA STAMPATA AL PALCOSCENICO

Post n°76 pubblicato il 15 Aprile 2013 da wolands
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Un bell'articolo pubblicato su "Il giornale di Sicilia"

 
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IL QUOTIDIANO NAZIONALE "LA DISCUSSIONE" RECENSISCE IL MIO ROMANZO

Post n°74 pubblicato il 26 Giugno 2012 da wolands
 
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Il romanzo "Il venditore di attimi" di Accursio Soldano all'attenzione dei quotidiani nazionali con una bella recensione della giornalista Chiara Catone sul quotidiano nazionale "La Discussione".

L'articolo, già consultabile nella pagina on line, sarà pubblicato anche nella versione cartacea dello storico quotidiano fondato da De Gasperi.

Ecco il testo della recensione.

«Gli stava solo facendo perdere tempo. Ma sapeva che fino a quando quell’uomo non si fosse alzato e non fosse andato via, lui non poteva attuare il suo piano. È incredibile, pensò, come un uomo, che fino a pochi giorni addietro passava le giornate a scervellarsi su come arrivare a fine mese, cominci ad apprezzare il tempo. Proprio quando decide che il suo tempo è finito. Oggi è una bella giornata per stare al mare. Beh, è anche una bella giornata per morire».

Così rimugina Alfred, un padre di famiglia, un uomo comune con vita normalissima, oppresso dai soliti fastidi economici e con una semplice famigliola, che gli accolla i banali assilli di qualsivoglia persona. Eppure, egli decide di farla finita, all’improvviso, adagiandosi sulla spiaggia, aspettando l’onda propizia. Tutto ad un tratto, un perfetto sconosciuto, silentemente sedutosi accanto a lui, inizia a parlargli, interrompendo il suo proposito, apparentemente di argomenti insignificanti, ma che poco a poco lo conducono alla riscoperta del quotidiano, il regalo di compleanno della figlia, la cena approntata alla svelta dalla moglie ma con tenera premura, la bellezza della lettura e dei voli di fantasia

Il signore, raffinato ed elegante, che non rivela il suo nome, da una valigetta, spuntata dal nulla, estrapola, simile ad un prestigiatore dal cilindro, fogli e pagine come strappate da libri, spunti di conversazione, storie di “amici”, così li definisce, tutte un po’ dal sapore amaro, una per tutte Werther e Charlotte, che però, per uno strano rovescio di medaglia, fanno apprezzare il presente.
Ma chi è questo curioso individuo, che Alfred, piacevolmente rilassato dai racconti, finisce per invitare in casa e presentare alla famiglia? «Ti è mai capitato di dover prendere una decisione importante e restare lì, un attimo, senza sapere cosa fare? Ecco io prendo quell’attimo di indecisione. Quell’attimo fra il prima e il dopo che la gente non considera e butta via. Lo riempio di significati e lo rivendo». Un grillo parlante o più banalmente un istinto di sopravvivenza, comunque la seconda occasione che la vita concede sotto le spoglie di un per così dire “cesellatore della memoria” attraverso la cultura. « Quelli dentro i libri sono personaggi. Io parlo di persone»- cerca di ribattere Alfred, ma l’invenzione è più efficace della realtà e a volte può spingere a recuperare il tempo vuoto, lasciato scivolare addosso per disattenzione o sufficienza.
“Il venditore di attimi” di Accursio Soldano è un romanzo breve ed intenso, dal risvolto ottimista nonostante l’inizio drammatico e le peripezie degli “amici” del distinto signore. Sembra di intravedere Seneca nella filigrana della trama: «non riceviamo una vita breve ma tale l'abbiamo resa, non ne siamo sprovvisti, eppure la sprechiamo». Siamo grandi scialacquatori di attimi, svenduti per inezie, snobbati per scontento, quando la felicità si rifugia proprio dietro quei futili lassi di tempo, ben impiegati, che bisognerebbe rispolverare dallo scaffale della mente ogni volta che stiamo per commettere un gesto imprudente. Il venditore di pillole letterarie può ricordarcelo.

 
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IN LIBRERIA IL MIO ROMANZO "IL VENDITORE DI ATTIMI"

Post n°73 pubblicato il 06 Giugno 2012 da wolands
 
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Accursio, chi è Il venditore di attimi?
Il venditore di attimi è un'idea. E’ il tempo che intercorre fra il dire e il fare, quell'istante nella vita di ognuno di noi in cui, per dirla con Aristotele, quello che era solo un pensiero diventa un atto compiuto. Siamo ormai abituati a considerare solo il “prima” e il “dopo” e difficilmente ci soffermiamo sull'importanza dell'attimo in cui abbiamo preso una decisione. Solitamente passa inosservato, eppure, in molti casi, sono i momenti più importanti nella vita di una persona, perché ci portano verso una direzione ben precisa, e ci fanno fare una scelta dalla quale non possiamo più tornare indietro. Perché quell'attimo è passato. Al limite, dopo, possiamo modificare la scelta, ma non rivivere il momento in cui l'abbiamo compiuta. Quanti di noi si sono chiesti “se avessi agito in questo modo, bastava un attimo e...”. Il venditore di attimi è l'idea stessa di rivivere quel momento e capirne l'importanza. Per questo non ho voluto dare un nome al personaggio, e anche alla fine, malgrado scriva il suo nome, l’attento lettore capirà che il venditore di attimi rimane sempre uno sconosciuto.
Ne Il venditore di attimi lei evoca una gran quantità di personaggi e di storie molto differenti, ciascuna delle quali potrebbe costituire un romanzo. A cosa si e’ ispirato?
All’idea del romanzo stesso. Ai suoi personaggi che, come in “La rosa purpurea del Cairo” di Woody Allen prendono vita e interagiscono con i loro autori. Non più relegati a personaggi di un romanzo. Da giovane conducevo un programma radiofonico e all’inizio dicevo sempre “Accursio Soldano, oggi in compagnia del mio amico Behemoth che sceglie i dischi” Alla fine tutti facevano i complimenti a Behemoth per la scelta della scaletta musicale, non sapendo che quel mio amico non esisteva, era il personaggio de “Il maestro e Margherita” di Bulgakov. Ecco, mi sono chiesto: cosa succederebbe se Behemoth, o Giannozzo uscissero dalle pagine del libro e si mettessero a conversare con i loro autori? Se vuoi, possiamo definirlo una sorta di giallo letterario dove le storie, seppur all’apparenza distanti fra di loro, in realtà hanno tutti qualcosa in comune e sono come indizi verso una soluzione finale. Dove non c’è nessun colpevole da scoprire, ma solo riscoprire il piacere della lettura.
E’ d’accordo sull’affermazione che il suo, nel complesso, è un libro ottimista?
Si, decisamente. Sebbene la maggior parte delle storie raccontate non abbiano un lieto fine c'è sempre, in chi li racconta, nel personaggio dello sconosciuto, il piacere di ricordarle. Perché in fondo, la vita è fatta di tentativi, qualcuno va bene, qualche altro va male, ma alla fine, tutti i passaggi li chiamiamo con un solo nome: Essere. E poi io sono un ottimista per natura, convinto che non è mai tardi per cambiare la propria vita e che nei momenti di gioia come in quelli tristi, l'importante è Esserci.

 
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PROFUGHI E DISOCCUPATI

Post n°72 pubblicato il 15 Aprile 2011 da wolands

50.000 saranno i potenziali profughi che verranno accolti nelle regioni italiane stando all’ultimo vertice tenuto ieri dal Ministero dell’Interno, ed essi rappresenterebbero l’1,2% degli stranieri già presenti in Italia. Tale situazione si inserisce in un momento di particolare stress del mercato del lavoro straniero che dal 2008 conta 110 mila disoccupati immigrati in più e dove il tasso di disoccupazione è all’11,4%.
 In Lombardia ammonterebbero a 10.264 (il 20,5% del totale), e sarà la Sardegna ad accogliere il maggior numero di profughi rispetto alla popolazione straniera già presente nell’isola (5,2%).
Dei 50.000 profughi che verranno distribuiti in base al numero di abitanti, si stima in 10.264 i soggetti che verranno ospitati in Lombardia (20,5%), poco più di 6mila in Campania (12,2%), 5.935 nelLazio (11,9%) e 5.132 in Veneto (10,3%). La stima è stata calcolata dalla Fondazione Leone Moressa considerando il criterio di mille profughi ogni milione di abitanti senza tener conto delle regioni escluse dal Ministero nelle quali è già forte la pressione migratoria (Sicilia, Calabria e Puglia) e dell’Abruzzo a causa del recente evento sismico.
Ma quale sarà il peso dei nuovi profughi sulla popolazione straniera già presente nelle regioni? Se a livello nazionale tale quota è dell’1,2%, si possono identificare alcune aree, specie quelle del Sud, dove tale incidenza è più elevata. Si fa riferimento alla Sardegna dove i 1.747 profughi previsti in arrivo rappresenterebbero il 5,2% della popolazione straniera già residente nell’isola, oppure la Basilicata con il 4,7%, la Campania e il Molise con il 4,1%.
L’ipotesi di nuovi ingressi di immigrati nel territorio italiano si inserisce in un momento di particolare difficoltà per il mercato del lavoro straniero. Infatti in Italia si contano oltre 265mila disoccupati stranieri, di cui 110mila creati dalla crisi, dal 2008 ad oggi. Attualmente il tasso di disoccupazione straniero si attesta all’11,4% (contro una media degli italiani dell’8%), con un aumento nell’ultimo biennio di 3,1 punti percentuali. Le regioni che mostrano il tasso di disoccupazione straniero più elevato si trovano nelle aree settentrionali, soprattutto in quelle occidentali come Piemonte e Valle d’Aosta (15,4%) e Liguria (13,8%), ma è la Basilicata a registrare il valore più elevato (18,9%). Dal 2008 la crisi ha lasciato senza lavoro oltre 35mila stranieri in Lombardia, 17,6mila in Emilia Romagna e 17,1mila in Piemonte e Valle d’Aosta.

 
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GRANDE, SPETTACOLARE... IL MIO PREFERITO

Post n°71 pubblicato il 05 Novembre 2009 da wolands

 
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BERLUSCONI E LA CULTURA DELL'ERRORE PASSATO

Post n°70 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da wolands

Il 30 maggio del 1875, a Castelvetrano, nasceva Giovanni Gentile considerato ancora oggi, con il suo attualismo, uno dei maggiori filosofi contemporanei. Colui che, insieme a Giovanni Treccani creò la famosa Enciclopedia Italiana e che, per le sue numerose cariche culturali e politiche, esercitò un influsso notevole sulla cultura italiana.
Sono passati sessanta anni, da quando sulla soglia della sua abitazione a Firenze, il 15 aprile 1944, Giovanni Gentile veniva ucciso da un commando gappista. I motivi reali di quell’omicidio, nonostante la confessione di tre dei quattro componenti del “gruppo di fuoco” che spararono sette colpi di pistola, e nonostante l'assunzione della piena responsabilità politica rivendicata da Palmiro Togliatti sulle colonne de L'Unità, sono ancora oscuri. Gentile, forse, fu ucciso dai Gruppi di Azione Patriottica, perché si era esposto con un discorso decisamente filonazista all'inaugurazione dell'Accademia d'Italia nel marzo 1944, esaltando il ruolo determinante della Germania.
E pensare che all'inizio fu Marx.
Dopo la Laurea in Filosofia e l'abilitazione all'insegnamento con una tesi proprio su Karl Marx, Gentile, cominciò ad insegnare nel 1906 Storia della Filosofia all'Università di Palermo e nel 1911 dopo essere stato nominato presidente dell'associazione nazionale dei professori universitari, insegnò, sempre nello stesso ateneo, Filosofia Morale.
Poi si trasferisce a Pisa dove insegna Filosofia Teoretica, e infine, dopo avere esposto il principio della sua filosofia nel saggio “La riforma della dialettica hegeliana” pubblicato nel 1913, il trasferimento a Roma. La tesi di Gentile sulla dialettica di Hegel che tanto piacque al regime fascista era semplice. Secondo il filosofo di Castelvetrano, lo sbaglio di Hegel era stato quello di aver tentato, nella sua Scienza della Logica, una dialettica del pensato cioè del concetto, mentre al contrario, l'unica dialettica possibile, poteva essere quella del pensante, cioè del soggetto che pensa. La vera realtà diventa, quindi, il soggetto attuale del pensiero (da qui il termine attualismo). Insomma, una cosa esiste nel momento in cui la pensi, fuori dell'atto del pensiero non esiste né la natura né Dio e neppure il passato e l'avvenire, il male e il bene, l'errore e la verità.
Per spiegare questa sua tesi, Gentile scriveva: “Si prenda qualunque errore e si dimostri bene che è tale, e si vedrà che non ci sarà mai nessuno che voglia assumerne la paternità e sostenerlo”. L'errore, cioè, è errore in quanto riconosciuto e nel momento in cui è riconosciuto è superato. Insomma, nessuno porta avanti e sostiene una tesi pensando che sia sbagliata, e appena riconosce l'errore, questo è già superato. Insomma, lo stesso lavoro che fa oggi il nostro Premier: prima dice una cosa, il giorno dopo la ritratta, ed avendo in questo modo ammesso l'errore, questo è già superato: si passa avanti.
La tesi, come si può immaginare, piacque molto al governo fascista, al punto che nel 1922, con decreto del 31 ottobre lo nominò Ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini. A questa nomina, Gentile rispose con il “Manifesto degli intellettuali del fascismo”.
L'adesione al fascismo fu la causa della rottura con Benedetto Croce con il quale aveva collaborato nella rivista “La critica”. Dall'amicizia fra i due filosofi si passò ad una polemica puntigliosa che durò parecchi anni. Non meno critico Croce fu nei confronti di Martin Heidegger, soprattutto quando il filosofo tedesco, nel 1933, come rettore dell'Università di Friburgo, pronunciò il discorso su “L'autoaffermazione dell'università tedesca”. Il discorso, come prevedibile, suscitò reazioni negative nel mondo filosofico internazionale, e fu bollato da Benedetto Croce, come “indecente e servile”.
In effetti, la filosofia di Gentile, per la sua esigenza di collegare unitariamente tutti gli aspetti della vita pratica dell'uomo, oltre che per il legame mantenuto con il pensiero di Hegel e della destra storica, culminava in una dottrina etico-totalitaria dello Stato. Esso era visto da Gentile come il momento di unificazione della società. Davanti allo Stato individui e gruppi erano come il “relativo”, di fronte all'assoluto. Stesso discorso può essere fatto oggi. Tutto è relativo tranne il nostro premier Silvio Berlusconi. Alla luce di questa visione filosofica dello Stato e dell’individuo, si capisce come il pensiero politico di Gentile possa essersi connesso strettamente col fascismo e con la visione mistica della patria. mentre Berlusconi continua a dichiararsi democratico, dimenticando che nel momento della sua ascesa in politica, dichiarò che avrebbe votato per FINI, che a quel tempo, portava avanti le idee dell'MSI.

Nel 1943 Gentile fece atto di pubblica adesione alla Repubblica di Salò e un anno dopo venne ucciso davanti la sua casa a Firenze lasciando una serie di scritti filosofici e studi sulle tradizioni culturali delle varie regioni italiane, fra i quali un emblematico “Il tramonto della cultura siciliana”.
Oggi, si potrebbe scrivere un saggio su: Il tramonto della cultura italiana.

 
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ADDIO ALLA LIBERTA' DI INFORMAZIONE

Post n°69 pubblicato il 28 Ottobre 2009 da wolands
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Nel caso Marrazzo c'è una cosa che mi ha colpito e mi ha fatto ricordare quel grande comico americano Lenny Bruce che durante una sua performance, prima di essere denunciato varie volte per oscenità, dichiarò che “l'informazione fa il paese forte” più cose si sanno meglio è per tutti. Invece nel caso del presidente della regione Lazio si è avuta la conferma della mancanza di libertà di stampa quando, ricostruendo la vicenda del ricatto, il giornalista di turno ha detto che Berlusconi sapeva, ma aveva rassicurato Marrazzo promettendogli che nei suoi giornali non sarebbe stato pubblicato niente. Il che, al di là della questione Marrazzo, dei suoi gusti sessuali o delle sue scelte, conferma, senza ombra di dubbio che, a parte piccole eccezioni, l'informazione nel Paese viene decisa a tavolino dai proprietari dei giornali e delle Tv, scegliendo, a suo piacimento cosa l'Italia deve sapere e cosa invece non è “necessario” che sappia.

Insomma, questi carabinieri si girano le redazioni dei giornali italiani, parlano con i direttori (compreso il buon Signorini) per vendere un filmato compromettente di un politico. Berlusconi viene avvisato dell'esistenza di questo filmato e decide che quella “informazione” non deve essere data. Domanda: tutti i direttori di testata dei giornali controllati dalla famiglia Berlusconi chiedono il permesso alla pubblicazione di foto o articoli? O è stato solo in questo caso? Vada come vada l'andazzo, quella informazione non s'ha da dare, a conferma che la libertà di stampa in Italia è una utopia.

L'ultima conferma è arrivata dai notiziari di ieri sera, facendo un paragone fra un canale berlusconiano e La7.

Canale5 ha aperto con l'addio di Rutelli al PD, ritenendo quindi che una scelta diversa di un singolo soggetto possa influire sulla stabilità politica di un solo partito (ma secondo me è stato fatto per poter dare a Gasparri la possibilità di ripetere la solita tiritera), la seconda notizia era sul caso Marrazzo (PD) poi si è proseguiti con il presunto scandalo di Firenze (PD) la quarta notizia è stata sull'omicidio del consigliere del PD nel napoletano e... finalmente, la quinta notizia era dedicata al caso Mills, con la Corte D'appello che conferma la condanna e manda il premier (senza il lodo Alfano) a processo. Il giornalista di Canale5, nel suo breve quinto servizio ha detto di sfuggita, quasi impercettibilmente, che nel processo è implicato “anche il premier” guardandosi bene dal fare nome e cognome e chiudendo il servizio molto, ma molto prima dei precedenti, dati con dovizia di particolari.

Cito Canale5 per evitare di citare il recitativo farsesco di Rete4 eletta ormai a simbolo della disinformazione e del lecchinaggio politico.

Ora io credo che, a parte pochi santi, non sappiamo a chi votarci, ma tutta questa vicenda e la situazione in cui vive oggi l'informazione in Italia mi ricorda un'altra performance di Lenny Bruce, quando negli anni 60 diceva che è molto duro fermare un'informazione, perché la parola in se stessa non ha nessuna conseguenza. Ciò che la costituzione proibisce è un ostacolo al sistema di comunicazione. Non voglio che nessuno limiti il diritto di dire una cosa e sentirla un'altra volta. Perché l'informazione fa il paese forte. Perché la conoscenza della sifilide non è istruttiva? Se non ne sei a conoscenza, e conosci solo le cose buone, e lasciano passare solo le cose buone, diffondendo ciò che essi pensano sia buono, finisci come Hitler.

Oggi, fermare l'informazione è diventato facile. Specialmente se si hanno a disposizione giornali, riviste e TV. Chissà se è nato un altro dittatore?

 

 

 
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