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un graditissimo regalo di Martina

-by

 

Premio 10 e lode

ringrazio con tanto affetto per il premio

con la seguente motivazione assegnatomi da

 donne e.... 

Al blog "TANTO PER ESSERCI"  di una persona speciale.

http://blog.libero.it/ashla/

 

PREMIO Award Brillante

donatomi dalla cara amica Silvana

del blog : SGATTAIOLANDO

 
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Messaggi di Gennaio 2013

l'agenda Monti, fatti e riflessioni

Post n°1043 pubblicato il 31 Gennaio 2013 da acer.250
 
Tag: monti

agenda monti

L’Agenda Monti: ovvero il progetto per portare al superamento del predominio della casta politica (intesa come degenerazione patologica della rappresentanza politica popolare già più o meno al servizio dei gruppi economici) con l’assoggettamento diretto dell’ordinamento istituzionale alle regole ed alle esigenze dell’aristocrazia economica e dei potentati economici transnazionali. L’agenda Monti. L’ennesima finzione ideologica orientata a favorire trust, cartelli, potentati e la sola aristocrazia economica nazionale.

 Il discorso del prof. Monti ed il suo documento pubblicato online

Le pensioni, secondo la medesima prospettazione, dovrebbero essere garantita dai Fondi privati, mai decollati in maniera determinante, per il cui sviluppo il documento auspica la loro unificazione in un solo soggetto privato, si ritiene al fine di renderlo appetibile e gestibile da uno dei soliti gruppi economico-bancari di riferimento nazionale, e di sminuire contemporaneamente l’importanza e la funzione degli enti previdenziali di natura pubblica.

Il welfare, nel  solco del medesimo pensiero,  dovrebbe essere ancora piu’ "razionalizzato" con riduzioni di spese, per  ottenere le quali si indicano solo due marginali misure concrete quali il potenziamento dell’assistenza domiciliare ed il volontariato (probabilmente si tenderà anche in tale settore a spingere verso l’acquisto contemporaneo di polizze assicurative sanitarie private favorendo ancora una volta i soliti noti gruppi).

Il documento pone come ulteriore obiettivo l’incremento della ricerca e la valorizzazione della funzione scuola, ma in maniera schizofrenica perché inquadrata contemporaneamente nell’ambito della riduzione di spesa.  Il Prof. Monti propone altresi’ la semplificazione amministrativa e la eliminazione, nei primi cento giorni del nuovo governo, di 100 procedure, non indica però quali esse siano (agevole il parallello con Calderoli quando era Ministro anche per la semplificazione). Nel turismo, per la tutela del patrimonio,  il documento auspica l’interesse ed il coinvolgimento di gruppi economici privati di derivazione non bancaria.

Il realta’ si teme fortemente che tutta l’architettura del pensiero montiano presupponga non la "liberalizzazione", bensi’ la privatizzazione di ampi settori di interesse strategico nazionale al fine di renderli direttamente gestibili dai potentati e dall’aristocrazia economica senza alcun filtro istituzionale di legittimazione popolare attraverso un loro controllo politico-rappresentativo.

L’azione pubblica nella gestione degli ambiti presi sin qui in considerazione, secondo la nostra Costituzione, avrebbe dovuto essere informata al criterio di "economicità" il cui rispetto da parte della classe politica e dei funzionari e dirigenti pubblici  avrebbe  assicurato certamente un costo sociale dei servizi resi ben piu’ basso di quello che si avrebbe affidando i medesimi servizi a dei privati. Infatti per la gestione i privati nel costo di erogazione del servizio deve essere incluso anche il profitto. Orbene  e’ stata solo la distorsione della politica (e di alcuni apparati "deviati") nella gestione della res pubblica ed il mancato rispetto dei dettami costituzionali, che ci hanno portato alla situazione odierna (nella quale addiruttura si argomenta che per ridurre sprechi e spesa pubblica, intesa come incidenza sociale della spesa, occorrerebbe affidare i settori alla gestione dei privati). Ma bisogna tenere in debito  conto che la riduzione della spesa pubblica (quella  affrontata direttamente dallo Stato per la erogazione  del bene o del servizio) conseguita con la privatizzazione deve coniugarsi ad una diminuzione dell’incidenza sociale della medesima spesa (intesa come costo che il cittadino affronta per assicurarsi il medesimo bene o servizio dai privati) per tradursi in effetti benefici complessivi sul quadro economico nazionale (se diminuisce la spesa pubblica ed aumenta a disimisura, come già avvenuto,  la spesa del cittadino per assicurarsi il medesimo bene o servizio dai privati si perdono gli eventuali beniefici del risparmio).

Quanto sino a questo punto argomentato  non ci puo’ far concludere per l’aprioristica affermazione della impercorribilità della gestione pubblica nei settori presi in considerazione, preso atto dell’aumento dei prezzi esponenziale nei settori di quelli prima a gestione pubblica già privatizzati. La gestione pubblica in questi ambiti  non e’ mai stata messa in discussione in altri paesi europei come la Germania (pur presa come riferimento costante per altri aspetti).  In realtà la politica "liberista" del Prof. Monti appare orientata a senso unico nell’impoverire e nel privare di garanzie le classi medio basse della popolazione, favorisce unicamente l’aristocrazia economica, i potentati economici, le lobbies bancarie-assicurative, dell’energia, e gli accordi di cartello che vedranno tutti aumentare ancora maggiormente i loro margini di profitto in mercati bloccati da pratiche illecite distorsive  (su cui il documento si guarda bene dall’argomentare) che hanno provocato l’incapacita’ di far flettere al ribasso dei prezzi dei beni e dei servizi (affidati al privati), sebbene in periodi di crisi come quelli attuali, la domanda dei beni e servizi cali e calino anche i costi delle materie prime.

Ed e’ proprio questa incapacita’ dei prezzi dei beni e servizi di larga distribuzione (affidata a privati) di flettere al ribasso, in cui operano in regime di oligopolio trust, lobbies, potentati economici, che fa perdurare la crisi attuale. Se la tassazione diretta ed indiretta aumenta e non puo’ diminuire, a parita’ di reddito disponibile ed in mancanza di investimenti, l’unica dinamica che puo’ provocare l’aumento della produzione e’ la diminuzione dei prezzi dei beni e servizi di larga distribuzione. E’ chiaro che la diminuzione dei prezzi dei beni e servizi comporta una diminuzione del profitto sulla singola unita’ venduta ma essa verrà compensata (nel medio-lungo periodo) dall’aumento delle vendite che provocherà, a sua volta,  l’aumento della produzione e dell’occupazione e traccerà la strada per l’uscita dalla crisi recessiva.

La flessibilità montiana si coniuga con diminuzioni salariali (operai ed impiegati) e dei compensi (liberi professionisti), e con sostanziali ulteriori decrementi del potere d’acquisto dei redditi delle famiglie, ed inneschera’ nuove dinamiche recessive, la diminuzione delle vendite e la necessita’ di aumentare di nuovo le tasse per correlativa diminuzione del gettito fiscale diretto ed indiretto. Il vero problema della nostra economia e’ da intravedere nello stato patologico del mercato nazionale nel quale a diminuzione di quantità  vendute di beni e servizi e’ corrisposto invece di una diminuzione dei prezzi il loro aumento, proprio per compensare il mancato guadagno conseguente al calo delle vendite e delle quantità, e cio’ anche in presenza di diminuzione dei prezzi delle materie prime (ad esempio il prezzo del petrolio al barile o il prezzo alla produzione dei prodotti agricoli  e degli allevamenti). Ma di queste problematiche nell’agenda non vi e’ traccia.Le stesse liberalizzazioni  montiane sono intese solo come privatizzazioni di beni e servizi pubblici

, che dovranno essere rilevati dai soliti potentati economici i quali interverranno da una parte riducendo il personale (con ulteriore flessione dell’occupazione) e dall’altro, sfruttando il sostanziale oligopolio domestico,  con dinamiche rialziste dei prezzi a senso unico (come ad es. e’ avvenuto nel mercato delle energie e del trasporto ferroviario).  Sono necessari interventi immediati al fine di favorire una riduzione perlomeno del 20% dei prezzi dei beni di largo consumo e dei principali servizi aggredendo le posizioni dominanti delle vere lobbies (non certo di tassisti o di avvocati o anche farmacisti, classe media), gli accordi di cartello, i trust che si annidano nel settore bancario-assicurativo, nel mercato delle energie, ma anche nella distribuzione e commercializzazione dei beni di prima necessita’ del settore alimentare.

Bisogna favorire gli investimenti con la defiscalizzazione degli investimenti produttivi e con misure di ammodernamento infrastrutturale immediatamente correlate al ciclo produttivo.  La normativa attualmente applicata a livello nazionale e comunitario e’ inidonea al superamento della crisi, in quanto presuppone un mercato libero mentre il nostro domestico e’ imbrigliato in un sostanziale oligopolio costituito da potentati economici rappresentato nel paese dall’aristocrazia economica, la quale pur costituendo il solo 10% della popolazione possiede il 50% della ricchezza nazionale (e chissà quanto altro all’estero).

Le politiche montiane sono rivolte in maniera univoca a rafforzare il predominio dell’aristocrazia economica. , ha semplicemente ribadito la necessita’ dell’aumento del prelievo fiscale, come operato finora dal suo governo e come già programmato in prospettiva (con possibilità solo futura di una eventuale diminuzione) , e l’esigenza per il prosieguo di rendere il mercato italiano del lavoro ancora piu’ flessibile. La pressione fiscale del governo Monti si e’ abbattuta in maniera determinante verso le soli classi medio e basse le quali dovrebbero essere anche le destinatarie della ulteriore flessibilizzazioni del mercato del lavoro  attraverso la diminuzione delle garanzie del lavoratore (anche con la eliminazione della bipartizione tra lavoratori dipendenti protetti e non protetti, a favore della permanenza di una sola categoria meno protetta) e del libero professionista, con riduzione ulteriore delle retribuzioni e dei compensi (o del loro potere d’acquisto). In poche parole le classi medie e basse non solo "cornute ma anche mazziate". Questa sarebbe la ricetta per far affluire gli investimenti dall’estero (in assenza di investimenti interni) nel mercato italiano, e per favorire la ripresa.

 
 
 

internet potrebbe ridurci in schiavitù

Post n°1042 pubblicato il 08 Gennaio 2013 da acer.250

 

 

Le infrastrutture fisiche necessarie per implementare le tirannidi telematiche potrebbero essere pronte a compiere l’operazione finale, quella con cui  ruotando la chiave nell’immaginario cruscotto della sala di controllo planetario si avvia una macchina infernale in grado di intercettare e sorvegliare intere nazioni e non singoli soggetti, a poterlo fare sono i gestori delle intercettazioni, i controllori degli enormi data warehouse, i proprietari delle reti costituenti il tessuto connettivo internazionale, tutti in grado di eseguire il monitoraggio di idee, pensieri ed ogni altro genere di informazione, importanza della condivisione delle conoscenze, la natura e la dinamica dei rapporti interpersonali, permette un simile scenario,  le istituzioni facendo un distinguo  di buoni e cattivi come i maestri sulle vecchie lavagne delle aule più turbolente,   e non mancano  gli esempi  ricordiamo che la NSA statunitense, fa  quel tipo di spionaggio strutturato, è il suo mestiere da venti, trent’anni, ma  non è una moda a stelle e strisce perché persino la Libia del colonnello Gheddafi ha impiegato il sistema Eagle, realizzato dalla francese Amesys e reclamizzato come efficace soluzione di intercettazione ad ampio spettro geografico. 

A spingere il cosmo online in questa pericolosa deriva ha certo contribuito il costante calare dei costi per effettuare “ascolti” e “monitoraggi” delle comunicazioni,  viene quindi da riflettere sull’approccio naif di parecchi utenti, assolutamente leggeri ed incuranti nell’affrontare ogni piccola azione sul web e non si  riesce a darsi ragione della facilità a raccontare e render pubblica qualsiasi cosa e  perché mai si debba dire a Facebook o a chicchessia quel che si sta pensando o facendo in un determinato momento.

La frenetica corsa ad aggiornare il proprio “stato” su Facebook indica una pericolosa tendenza alla diffusione spontanea e incontrollata di qualunque informazione sul proprio conto,  una volta  la Stasi poteva contare su una permeazione del 10% della popolazione dell’allora Repubblica Democratica tedesca: in pratica un cittadino su dieci era un informatore dei temutissimi servizi segreti ora è tutto incredibilmente più facile nei Paesi a maggior penetrazione tecnologica, come l’Islanda, ben l’80% degli abitanti è presente su Facebook e tiene aggiornati i propri amici su cosa ha fatto, fa o sta per fare, è facile, così, sapere tutto di tutti e  magari  acquisire informazioni che un domani possono persino essere utilizzate in danno del soggetto cui si riferiscono,  vorrei quindi  ribadire che dovremmo aver imparato che la conoscenza è il vero potere e al contempo dovremmo aver compreso che nelle viscere del globo virtuale scorrono fiumi di informazioni la cui aggregazione e rielaborazione può trasformare dati innocui in notizie compromettenti, e vortici e mulinelli di certi torrenti digitali possono mettere in difficoltà anche abili web-nuotatori, la disertazione è lunga e gli argomenti sono tanti, forse troppi per una pagina di un blog,  vale però la pena premere il tasto “pausa” sull’immaginario telecomando della nostra vita telematica e scrutare in dettaglio il fermo immagine, probabilmente si potrà  constatare che queste  riflessioni non sono poi così remote.

 

 
 
 
 
 

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