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Amleto in miniera

Post n°1283 pubblicato il 29 Febbraio 2008 da ad_metalla
 
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Ci risiamo. Eppure dall’uomo che ha fatto della comunicazione la sua fortuna ci saremo aspettati maggiore considerazione per l’intelligenza altrui. E per la logica. Veltroni è un dilettante, non ha inventato nulla. E il “mancheismo”, su cui tanto ci fa ridere Crozza, ha in verità origini più lontane. Insomma, un film già visto. Per fare un esempio, tra i tanti, si potrebbe prendere la notizia pubblicata l’altro ieri da La Nuova Sardegna, quella che riguarda la vendita dei siti ex minerari, con conseguente ed immediata smentita da parte del mitico ufficio stampa presidenziale. Che in verità non smentisce nulla. Per intenderci, siamo al grottesco. Dicono alla Regione: “Non è vero, siamo contro la vendita dei siti ex minerari…”. Salvo poi aggiungere: "... ma anche per la vendita di alcuni beni di minor pregio, lontani dal mare, nelle aree interne”. Quanto interni e quanto lontani dal mare resta un mistero. Tanto per fare una domanda: Monteponi è abbastanza lontano dal mare ? E Montevecchio, Pitzinurri, Monte Agruxau ? Ahinoi, questo è il dramma d’oggi, che allontana dalla politica e che rende tutti diffidenti. Politicanti che stanno coi piedi in due staffe, che non sanno cosa voglia dire trasparenza e partecipazione, che non condividono nulla con nessuno, se non quando hanno già preso una decisione, magari in elicottero e con pochi intimi. Politicanti che preferiscono trattare con le imprese, piuttosto che dialogare coi cittadini. Figuriamoci poi se si pongono il problema di dover rispondere ai cittadini delle loro decisioni. Sempre, comunque, coprendosi di ridicolo e di contraddizioni. Vendere o non vendere, questo è il dilemma ? Domanda: e se invece fosse un più banale problema di trasparenza e comunicazione ? Chissà. Lo capiamo: i dubbi sono tanti e la memoria fa difetto. La rinfreschiamo noi. Appena qualche mese fa, prendendo atto del flop dell’asta internazionale per la vendita dei siti ex minerari, il nostro prode governatore si esercitava nell’abile arte di rivoltare la frittata. Naturalmente a proprio beneficio. Manco fosse l’ultimo dei giapponesi, rinnegava quanto pur strenuamente aveva difeso fino all'attimo prima, svillaneggiando col suo assessore degli enti locali coloro che si erano coraggiosamente opposti. Commentando nell’aprile 2007 l’insuccesso con un giornalista de Il Sole 24 Ore, diceva: ''Il bando è stato contestato, non lo abbiamo più sostenuto così come questi bandi vanno seguiti e sostenuti. Perché nessun investitore serio investe senza avere certezze e tantomeno dove c'è anche un poco di ostilità. Poi c'era anche una contestazione del progetto di riqualificazione di Masua da posizioni di difesa dell'ambiente costiero, anche di quel sito dove avevamo pensato di trasformare volumetrie esistenti. Io con questa sensibilità non solo sono d'accordo, ma sono felicissimo che non si costruisca niente nemmeno lì come in tutto il resto della costa sarda rimasta intatta. Faremo le bonifiche ambientali e Masua diventerà un museo naturale anche grazie a questa spinta. Gli investimenti la Regione li orienterà sui centri abitati, a Nebida, Buggerru. E a proposito degli altri siti non costieri, anche qui ragioneremo con i sindaci, e faremo un bando che tenga conto di una convinzione che abbiamo maturato nei mesi scorsi, a bandi già fatti, che sia meglio dare i beni in concessione piuttosto che venderli''. Naturalmente all’epoca non spiegò – e nessuno si premunì di chiederglielo – come mai questo ritrovato convincimento ambientalista e protezionista non lo avesse portato a sospendere l’asta internazionale di vendita prima della scadenza dei termini di gara. Ma tant’è. Che poi, avrete sicuramente notato, all’epoca anche per i beni non costieri il governatore si dichiarò (ma solo alla fine) in favore della concessione, piuttosto che per la vendita. Poteva dirsi finita qui ? Manco per niente. L'altro ieri scopriamo che il governatore ha nuovamente cambiato idea, apprendiamo che per i beni non costieri, lontani dal mare, si torna all’ipotesi della vendita, della cartolarizzazione. Se questo non è trasformismo allora è teatro. Amleto in miniera, per l’appunto. L’unico elemento certo, stabile nel tempo, è che i costi di bonifica degli inquinanti resteranno ancora una volta sulle spalle delle Regione. Cioè di noi tutti. Un mirabile esempio di socializzazione dei costi e privatizzazione degli utili. Il commissario alle bonifiche straordinarie Soru avrà quindi carta facile, anche se resta da capire quale sarà la reazione del nuovo presidente del Parco Geominerario della Sardegna, che nel mentre ha fatto carriera diventando un dirigente dei Verdi (non che si abbia molta speranza, difenderà il Parco alla sua maniera e quindi la poltrona). Verdi che, col loro portavoce regionale, all’epoca criticarono aspramente la vendita dei siti ex minerari. Ad ogni modo, che sia vendita o che sia concessione, stupisce che dalle parti di viale Trento ci vogliano fare credere di avere così poca fantasia ad immaginare altre strade per assicurare la valorizzare dei siti ex minerari. Spesso la verità sta nel mezzo e noi, che di fantasia ne abbiamo tanta, la buttiamo lì: per richiamare la presenza di nuovi investitori privati nel settore immobiliare del Sulcis (ma non solo) si sta pensando a costituire Società d’Investimento Immobiliare...(?). Non è debito immaginare se Veltroni imporrà il "...ma anche a partecipazione pubblica".

Massimo Manca

 
 
 
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