Creato da alex.canu il 28/01/2012

alessandro canu

arte, racconti, idee

 

 

« STORIA DEL DECIMO FIGLIO...STORIA DEL DECIMO FIGLIO... »

STORIA DEL DECIMO FIGLIO figlio quinto

Post n°76 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da alex.canu

 

Figlio quinto

Epihnea Chnua

 

 

     La storia di Epihnea ha ancora dei lati oscuri, difficili da illuminare e comprendere. Venne al mondo nel silenzio e nell'indifferenza generale. Nessuno in casa si accorse della gravidanza di Aisentha. Non che la sua pancia non fosse evidente, al contrario, ma il fatto che fosse di nuovo incinta non faceva più notizia. La stessa levatrice, tia Lehana, andò due volte appena a farle visita, per assicurarsi del suo stato. Nughavi finse di ignorarla per tutto il tempo, nei suoi occhi era stampata la convinzione che un figlio solo sarebbe stato più che sufficiente, due al massimo, saltando però il secondo. Ghelanu aveva appena scoperto i piaceri della prima elementare e la comodità di starsene al caldo dentro l'aula, invece di andare in campagna col padre. I litigi col fratello maggiore continuavano, ma vivevano una fase di stanca ripetizione su dissidi ormai logori e ampiamente esplorati. Nessuno li separava più, se le davano per un paio di minuti al giorno, come un lavoro da compiere. Il brutto sarebbe venuto molto più avanti, da adulti, quando arrivarono al punto di minacciarti col coltello sulla piazza principale del paese, di domenica, davanti a tutti e con le loro due mogli ad aizzarli l'uno contro l'altro. Ma si parlava di Epihnea, ecco, la sua storia è talmente grigia e spenta che inevitabilmente diventa il pretesto per parlare d'altro.

  Di quello che accadeva nel mondo, per esempio. Il giorno prima della nascita di Epihnea il Duce si concedeva l'ultimo sussulto di potere e appoggiato dai nazisti costituì l'esangue Repubblica di Salò. Il 24 Settembre, era un venerdí e infuriava una guerra sanguinosa. La più grande tragedia che l'uomo avesse mai conosciuto. A Cefalonia, una graziosa isoletta greca, si combatteva una battaglia cruenta. I tedeschi non accettarono l'armistizio dell'otto Settembre e presero d'assalto l'isola. Il comandante della divisione italiana chiese la resa, ma venne fucilato sul posto. I tedeschi contrariamente alle convenzioni militari accettate, non fecero prigionieri e iniziarono le fucilazioni di massa. Circa cinquemila persone vennero uccise. Dei tremila sopravvissuti oltre la metà trovarono una morte orribile saltando in aria sulle mine che i tedeschi avevano dislocato un po' ovunque. I pochissimi superstiti vennero deportati nei lager nazisti e li ebbero modo di rimpiangere di non essere morti in combattimento. 

   Ma di tutte queste notizie a Issòghene arrivava poco o niente, non era consuetudine accendere la radio per sentire le novità. Quelle le ascoltavano i signori, i "don", che si dividevano i latifondi e sfruttavano i contadini. Epihnea nacque in silenzio, il suo stesso vagito fu eseguito con la sordina, come una prova generale in cui la cantante accenna appena alla sua parte senza spingere troppo. Nacque in fretta, sgusciò fuori sotto gli occhi stanchi di tia Lehana, che non fece altro che prenderla al volo e sistemarla sul seno di Aisentha. La bambina pesava come un furetto e Aisentha controllò subito il suo labbro. Quando si assicurò che tutto era a posto si addormentò, lasciando la bambina attaccata al seno, ma pure lei dopo poco scivolò nel sonno. Non sembrava incuriosita dal nuovo mondo dove era appena arrivata, proseguì le sue abitudini di quando stava ancora dentro la pancia e dormì sonoramente fino alla poppata successiva, quando la madre si svegliò di soprassalto e la trovò ancora li, attaccata al seno, con la boccuccia semiaperta e un rivolo di saliva che le scendeva giù sulla guancia. Epihnea era incapace di comprendere i giochi di Mihlusa e Benìah, non capiva come fosse possibile che un fiore potesse essere triste o allegro. Le facevano paura gli insetti e quando andavano in campagna si copriva la testa con un fazzoletto. Nughavi arrivò perfino a farla bersaglio di una sua personale gara di  sputi sui quali si stava esercitando da tempo. Ghelanu la difese, ma più che altro come pretesto per andare contro suo fratello. Anzichu la guardava crescere e si domandava che tipo di persona sarebbe diventata, talvolta le sfuggiva il suo nome e non si ricordava perchè l'avessero chiamata con quel nome strano che non aveva nessun'altro in famiglia. Epihnea, era forse un lontano parente della moglie che lui non aveva conosciuto? O uno di quei nomi di Roma antica che da una ventina d'anni andavano tanto di moda, una moglie di imperatore? O proveniva dalle nuove colonie di Italia Imperiale? 

   Lei non si curava dell'origine del suo nome che tanto faceva impazzire il padre, si nascondeva in un particolare angolino della casa, tra il muro e la macchina per cucire e lì leggeva i suoi libri con la copertina nera e il dorso delle pagine dipinte di rosso spento. Si era appassionata alle vite di san Luigi Gonzaga, don Bosco, Maria Goretti. Aveva letto tutto quello che era riuscita a trovare su Bernadette de Soubirous e sui tre bambini di Fatima. Il prete di Issòghene, babai  Esòhle, un uomo grasso e senza un solo pelo di uomo virile in tutto il corpo, la incoraggiava lasciandola entrare liberamente nella libreria della canonica. Babai era un uomo particolare, arrivò in paese magro da far paura e giovane e quando morì, vecchio, nel suo letto, aveva superato il quintale. Parlava con una vocina da eunuco, ma quando celebrava il rito de S'Isgravamentu, il venerdí santo, faceva piangere le donne con una voce da baritono che faceva tremare la chiesa e ai due figuranti che impersonavano Hanna e Caifa, la gente rivolgeva parole di riprovazione, come se fossero stati realmente colpevoli di quello che stava accadendo al Cristo in croce. Babai Esòhle raccolse i bambini in strada e li portò a giocare al pallone in un campetto allestito dietro la sagrestia, mentre le femmine le portava in casa sua, dove una vecchia zia insegnava loro a cucinare, rammendare e riconoscere il pesce fresco guardando le branchie e gli occhi. Babai era un uomo buono, alzava il gomito qualche volta, ma tutti a Issòghene lo perdonavano e anzi i vinai gli facevano assaggiare il vino novello perchè, se piaceva a babai Esòhle, era segno che era veramente buono. 

   Epihnea era la favorita del vecchio prete perchè intuiva in lei la vocazione della sposa di Cristo. Le parlava di miracoli prodigiosi, di apparizioni stupefacenti, di martiri che si erano lasciati uccidere cantando la parola di Gesù. Lei beveva tutto questo e quando ebbe dodici anni chiese al sacerdote di indirizzarla verso un convento. Un giorno allestì un piccolo altare in una delle stanze più remote della casa e vi sistemò dei fiori di ginestra che aveva raccolto. Al centro posò la statuina di gesso dipinto del sacro cuore che avevano in casa e si inginocchiò a pregare. Lo faceva mestamente, bisbigliando appena le parole delle giaculatorie, con le mani giunte. Ma ad un certo punto si eccitò tanto che prese ad invocare Gesù ad alta voce. Lo chiamava con tutti i nomi più dolci e fantasiosi, invitandolo a mostrarsi e si batteva forte la mano sul petto e sulla fronte. Epihnea perse il contatto con la realtà e gridava: - Gesù, vieni! Aisentha la sentì gridare, smise di dare colpi col telaio e accorse. La trovò in quello stato di trance e ne rimase molto turbata. La bambina era stremata e svenne sul pavimento.  La sera ne parlò col marito e andarono insieme a casa di babai Esòhle, il quale consigliò gravemente di portare la bambina, per qualche tempo, presso il convento delle monache, dove avrebbe potuto capire se la sua era una vera vocazione. Epihnea volle entrare subito in convento e scelse la clausura, la soluzione estrema. Alle preghiere di tutti per cercare di dissuaderla oppose un netto rifiuto e per far intendere meglio le sue intenzioni si tagliò i capelli con la forbice. Mihlusa si mise a ridere quando la vide col capo rasato, sembrava una lebbrosa e le diede della pazza invasata. 

   Epihnea si chiuse in convento all'età di tredici anni, l'ultima volta che i suoi genitori la videro fu due anni dopo, quando prese definitivamente i voti, quindi si seppellì fra quattro mura. Per diciassette anni non si seppe più niente di lei, finchè un giorno Anzichu e Aisentha, più tutti gli altri figli che vennero dopo la sua dipartita e che lei non aveva mai conosciuto, se la videro entrare di nuovo in casa, vestita alla moda e con un taglio di capelli alla maschietta, tanto in voga in quel periodo. Non diede spiegazioni, recuperò il suo posticino tra la macchina per cucire e il muro e si trovò un impiego in una ditta che imbottigliava acque minerali. Trovò, dopo qualche tempo, una stanza a pensione in città e vi si trasferì. Ritornò ancora a casa e annunciò che era al terzo mese di gravidanza,  presentò il padre del bambino, un tipo taciturno e con una gran barba che copriva la psoriasi nel volto e fu tutto. Si sposarono in silenzio e se ne andarono a vivere lontano, di nuovo come in monastero. 

 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

yosto0esistsoweitluigi.pistininzispinelli51grillomarilenacarlacristiniNicolaFinocchiaro27diletta.castellitcicartodiscountchilliwillivertigostyle2009debora.pietropaoloesternolucefrank19670caterina.dirienzo
 

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963