Creato da alex.canu il 28/01/2012

alessandro canu

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LA VERA STORIA DI CENERENTOLA (racconto educativo). parte II

Post n°100 pubblicato il 30 Settembre 2012 da alex.canu

  Come fece tutti lo sanno. La povera fata diede una rapida occhiata intorno e altro non vide che un bollitore d’acqua , poco più in là prese due barattoli di carne simmenthal già aperti, senza sapere esattamente che cosa farci, due bicchieri di vetro stavano sul piano della cucina, prese anche quelli...e...e ora? Li osservò a lungo e le venne un’idea geniale! Non l’aveva mai sperimentato prima, quindi non era sicura del risultato. Dalla sua borsa, (perché ogni fata che si rispetti ha una borsa), trasse il libro delle magie, si concentrò, divenne luminosa come un neon e gridò forte:

Raggi di fuoco,

spade di vento

il bolliacqua diventi

carrozza d’argento

   Ed ecco, per magia,il bollitore fu avvolto in un turbinio di luce, per riapparire sotto forma di una meravigliosa carrozza fiammante. Cenerentola si spaventò molto, ma poi...

 Fulmini in cielo,

per mare, per valli,

le simmenthal diventino

due bianchi cavalli

   Bang! Un terrifficante boato trasformò le due innocenti scatolette di carne lessa (già rassegnate alla scadenza anticipata), in due bizzosi cavalli bianchissimi, attaccati alla carrozza d’argento. Ma non era ancora finita, sentite un po’...

 Il mare in tempesta,

che rompe il corallo

la sabbia trasforma

in fine cristallo

i piedi calzati

di vetro tu avrai,

con queste scarpette

 che non perderai

     Ed ecco come per incanto due scarpine di cristallo calzare perfettamente ai piedi della fanciulla.

Ma ora arrivava la parte più difficile: come confezionare un lussuoso vestito per quel corpo così maldestro e ingombrante?

Pensa e ripensa...

l’idea non è male!

arrangeremo

‘sto zozzo grembiale

con questi stracci

con questi impiastri

faremo un vestito

coi pizzi e coi nastri

Con queste tasche

coi buchi e coi fori

un bel cappello

di mille colori

Questi rattoppi

li faccio sparire

ecco un vestito

da far’impazzire

se lo vuoi bianco

non c’è problema

ci metteremo anche un diadema

Quegli occhi tuoi grassi

colore del cielo

li copriremo

con questo velo

Un po’ di magia e

un po’ di mistero

per questa notte

che non pare vero...

     Il lavoro appariva così ultimato, un bellissimo lavoro. Cenerentola era perfetta, non le mancava niente, doveva solo partire. Si fece due panini per il viaggio e “volò”,(si fa per dire), sulla carrozza d’argento, che per poco non sbragò. Ma quando i cavalli-simmenthal stavano per prendere il galoppo la fata le gridò: “ Attenta però, bambina mia, attenta,  che allo scoccare dei dodici tocchi della mezzanotte, dovrai tornare a casa, perché l’incantesimo purtroppo finirà. Bada, ragazza mia, non te lo scordare.”  “Nooooooo, non lo scorderò, te lo prometto”, fù l’ultima cosa che la fata sentì, prima che  il buio della notte inghiottisse tutto, carrozza, cavalli e una strana fanciulla vestita e addobbata come un bizzarro albero di natale. “Dodici tocchi della mezzanotte? Che avrà voluto dire? Boh!”, si disse Cenerentola, mentre addentava il primo panino.

   Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno, senza paura della verità: il principe Ivàn, unico destinatario della Grande Festa, si stava annoiando da morire. Le fanciulle intervenute da ogni parte del regno erano si bellissime e si davano da fare per rendere la serata piacevole, ma erano tutte magrissime e mettevano al principe una gran tristezza addosso. Aveva invitato qualche ragazza a mangiare con lui, egli stesso aveva confezionato qualche pietanza, ma ora questa, ora quella fanciulla, avevano mostrato di gradire per pura compiacenza verso il principe, senza apprezzare veramente quel genere di attenzioni. Il principe Ivàn stava per addentare stancamente un fagiano al rosmarino quando, finalmente, la carrozza di Cenerentola arrivò al palazzo del re. Scese quanto più velocemente il suo peso e i vestiti glielo consentissero ed entrò trionfante nella grande sala illuminata a giorno. Fece appena in tempo a vedere la grande tavola imbandita e poi notò il faggiano che spariva nella bocca del principe. Strillò: “NO!!”. Tutti si voltarono verso il grande scalone, il principe trattenne il boccone, il re e la regina misero gli occhiali, i maggiordomi non sapevano che fare. “No”, gridò ancora la misteriosa fanciulla, “ Un buon fagiano al rosmarino col suo ripieno, non può essere mangiato così”. Nella grande sala si fece un silenzio come non si era mai sentito. Tutti si scostavano al passaggio della ragazza. Cenerentola si diresse verso il principe, gli prese delicatamente il fagiano dalle mani e lo posò su un piatto di fine porcellana. Con le posate d’oro separò il petto dalle ali e, dopo averne tagliato qualche pezzo, lo accostò alla sua bocca, quindi offerse il boccone successivo allo stupito principe. Ivàn allungò il  collo grassoccio, fece boccuccia con le labbra e addentò in modo nuovo e più appetitoso il volatile arrosto. Gli occhi del principe incontrarono quelli di Cenerentola e fu subito amore.

 A volte le parole non servono proprio a niente, ci vorrebbe il silenzio, un grande, immenso silenzio che raccolga le nostre anime nei momenti di grande sconforto o, come ora, nei momenti solenni. Un silenzio che sappia parlarci, condurci per mano, accarezzarci. Il silenzio ci fù, e forse la più grande magia era proprio questa. Tutti gli invitati si avvicinarono e fecero ala ai due che mangiavano con grande attenzione ogni cibo sulla grande tavolata. Un orchestrina jazz attaccò un sottofondo di spazzole e sassofono e le corde morbide e profonde del contrabasso raccontavano di una poesia fatta di:

 Acciughe all’aceto

con arrosto in agrodolce

un bacalà impanato

due bigné ed un brasato

sei carciofi alla nizzarda

con un dentice ripieno

tre pernici con mostarda...

un sorriso  al suo bel seno

Galeotto fù il cappone

gli involtini di tacchino

lepre fresca piemontese

sette litri di buon vino

Maccheroni gratinati

un nasello alla mugnaia

oca al forno e ossibuchi

uova fritte alla massaia

Gran stupor dei convenuti

nel vedere l’abbuffata

mesto il cuor della regina

mentre regge una portata

Ed ancor non è finita

siamo appena alla metà

una graziosa é inorridita:

“ma in quella pance che ci stà”

 Che ci sta...?

Aaaah!

Patatine alla duchessa

20 quaglie allo spumante

due fiamminghe di ravioli

salsa al curry, un pò piccante

Scorzonera in fricassea

vol-au-vent alla finanziera

vellutata al mascarpone

e una salsa... al madera

Mmmmh!!

    Si fermarono un attimo per riprendere fiato, e rimasero così, a guardarsi, riconoscendosi per la prima volta. Si sfiorarono leggermente con la punta delle dita, rabbrividendo entrambi. Il principe tagliò delicatamente col suo coltello una fetta di pane, se la portò alle labbra e la baciò sensualmente. Non smettevano un solo istante di guardarsi negli occhi. Ecco, il momento forse più delicato stava quasi per arrivare. Ivàn avrebbe baciato la fanciulla? Si sarebbe gettato ai suoi piedi? O forse lei si sarebbe finalmente svelata? Tutti i presenti trattenevano il respiro, il re e la regina si stringevano le mani fino a farsele dolere, i camerieri con i vassoi erano paralizzati. Perfino dalla cucina uscirono i cuochi per vedere cosa sarebbe successo, l’orchestrina jazz si fermò e un improvviso silenzio precipitò nel palazzo del re... Il principe Ivàn tagliò in due parti una  grossa fetta di pane all’uva e bagnò i due pezzi nella salsa al madera, ne accostò un pezzo alla sua bocca e porse l’altro a Cenerentola che l’aspettava con la bocca spalancata. Ella gli sorrise e strabuzzò gli occhi grassi. Il naso aspirava avidamente il profumo della magnifica salsa. Gli aveva dato appena il primo morso quando l’orologio della torre iniziò a battere i dodici colpi della mezanotte:

bong, bong, bong

   Cenerentola, ricordandosi le ultime parole della fata, saltò sù di colpo come una molla, “Oh dio, l’incantesimo!”. Presto, bisogna correre verso la carrozza, prima che torni ad essere un bollitore d’acqua

bong, bong, bong

   Cenerentola corre, corre come la sua stazza (e l’abbondante pranzo) glielo permettevano. Intanto sentiva  già il vestito trasformarsi e tornare ad essere il grembiule sporco della sua cucina. Raggiunse come potè lo scalone da cui era scesa alcune ore prima. Sciagurata come aveva potuto dimenticare le raccomandazioni della buona fata!

bong, bong, bong

   Raggiunse i  cavalli bianchi e già si iniziava a sentire odore stantio di carne lessa in brodo, il magnifico vestito era già un orrendo zinale. Una scarpa di cristallo le si sfilò tornando ad essere quello che era sempre stato, un bicchiere di normalissimo vetro. Il principe, superato il primo momento di stupore, con una agilità che nessuno avrebbe immaginato in lui si diede a rincorrerla col pezzo di pane al madera ancora in mano  e, quasi raggiuntala in cima allo scalone trovò il bicchiere di vetro, lo scansò con un colpo di piede, mandandolo a rotolare sulle scale finché non si ruppe in mille pezzi. Cenerentola era già entrata dentro la carrozza-bollitore. I cavalli-simmenthal scalpitavano, il vestito-parannanza le cadeva miseramente floscio. Il principe agitando la misera fetta di pane al madera le strillò

“ Misteriosa fanciulla, la scarpetta!”.

“ Amore, falla tu che io non ho tempo”, gli rispose la poveretta, con una voce da cavar l’anima alle pietre, appena prima che gli ultimi tocchi rimettessero tutto al giusto posto, uomini e cose di questo mondo.

bong ! bong ! bong! bong!!

 Il principe Ivàn, non si dava pace per la scomparsa della adorabile fanciulla. Tutte le altre erano state rimandate a casa e più di una sentendosi rifiutata aveva minacciato lo scandalo o un incidente diplomatico. Il principe, disperato, dimagriva a vista d’occhio, ed era irriconoscibile. Metà del suo peso se ne era andato in lacrime. Aveva conservato gelosamente la fetta di pane al madera, con ancora impresso il morso della misteriosa ragazza, (una principessa venuta da un paese lontano e misterioso?), unica prova certa che non l’aveva sognata e non riusciva a darsi pace. Da giorni  tormentava il povero avanzo come a cercarvi una divinazione, un segnale oscuro e magico. Un suo fedele amico che si dispiaceva di vederlo in quello stato, finalmente gli suggerì: “Altezza, cerchiamo la fanciulla in tutti i villaggi e in tutte le contrade del regno e se non dovessimo trovarla quì la andremo a cercare per mare e per terra”. Ivàn si riscosse. Ordinò ad un gruppo di armigeri di seguirlo e con il fedele amico e il pezzo ammuffito di pane al madera partirono verso l’ignoto. Cercarono a lungo prima che giungessero anche al villaggio di Cenerentola. Quì era già arrivata la voce della prova a cui ogni fanciulla sarebbe stata sottoposta. Tutte si erano messe all’ingrasso, poche erano arrivate ai 140 chili. qualcuna finalmente libera li aveva abbondantemente superati e, non volendo più tornare indietro, era evidentemente felice così. Le sorellastre erano irriconoscibili. Tracce della loro famosa bellezza erano ancora evidenti, ma il grasso accumulato ne aveva reso pesanti i lineamenti e più difficili e lente le movenze. Caracollavano per casa, mangiando di continuo e ingozzandosi fino all’inverosimile. La povera Cenerentola, dopo essere ritornata dal ballo, non fù più la stessa. Si rifiutava di fare tutti i lavori pesanti a cui era sottoposta prima. Non usciva più a fare la spesa, non apriva più le finestre, ma sopratutto non mangiava più. Era dimagrita ad un punto che neppure il padre e la matrigna la riconoscevano. Il grasso aveva lasciato il posto ad una bellezza maestosa e rotonda che metteva subito simpatia. Anche quì tutte le fanciulle, diventate ormai di un ciccione standardizzato, non riuscirono a superare la prova. Le sorellastre ebbero un accesso di isteria e cercarono di ingoiare in un sol boccone la preziosa reliquia. Il principe, ormai esasperato, le fece arrestare e rinchiudere in prigione. Ivàn era disperato, era l’ultimo villaggio. Se la fanciulla non l’avessero trovata lì sarebbero stati costretti a cercarla nei posti più sperduti della terra, e questo avrebbe richiesto anni e anni. Il padre di Cenerentola disse: “Principe io ho un’’altra figlia che da qualche tempo non mangia più ed è dimagrita da far paura. Passa tutto il suo tempo a piangere e non vuole più vivere...”. “Presto, chiamala!”, gli gridò Ivàn presagendo qualcosa. Cenerentola non volle uscire dalla sua cucina buia credendo ad uno dei soliti scherzi che le facevano le sue odiose sorellastre. Fù allora Ivàn che entrò dentro.  Accese un lume, Cenerentola non lo riconobbe subito e neppure il principe vide in quella fanciulla la proprietaria del morso sul pane al madera. Rassegnato il principe stava per andar via, ma volle provare lo stesso a mostrarle la fetta di pane sbocconcellato. Accadde quello che Ivàn da tanto tempo aspettava. Cenerentola si illuminò in tutta la persona, il principe capì in un attimo che la sua ricerca si era finalmente conclusa. Quando avvicinò la fetta di pane alla bocca della ragazza tutti ammutolirono: le due parti coincidevano perfettamente. Un messaggero fu mandato subito al castello con la buona notizia.

   Le nozze furono celebrate di lì a breve, e i due sposi, come tradizione vuole che ogni favola si concluda, vissero (non tanto) a lungo, ma felici e contenti.

 

 

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