Creato da giglio.alfredo il 31/03/2013
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COMMENTO A CURA DI ALFREDO GIGLIO

Post n°116 pubblicato il 28 Aprile 2013 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

 

 

Commento a  DOLCE MORTE

di Luigina Lovaglio

 

 

Commentare un componimento, come quello di Luigina Lovaglio, Artista molto passionale, improntato ad un erotismo, che vuole essere autentica testimonianza di una libertà culturale e morale, svincolata da atavici canoni del senso del pudore, che fanno del sesso ancora un tabù  innominato  e svincolata pure da tutti quei falsi principi moraleggianti, specie  di tipo clericale, in base ai quali anche gli epigrammi di Marziale sono diventati “proibiti”, non è cosa semplice, se non si è realmente spiriti liberi.  Se non si è convinti, in sintesi, che, riportare l’amore nella sua giusta dimensione, di piacevole inganno della natura, perché bello e dolce sia l’atto del congiungimento dei corpi, al fine nobilissimo della procreazione della specie, sia cosa giusta e naturale.

 

DOLCE MORTE

 

La Poetessa, in questo componimento dal vago sapore melanconico, fortemente ancorato ai piaceri della carne, dice che le sue parole pronunciate di getto, con immediatezza, hanno il sapore di un grido urlato, come durante l’acme di un orgasmo d’amore, allorquando, avverte, con lacerante dolore, la fiamma del sentimento che le brucia “ove è più bello tacere che dire”, ossia avverte un fremito di passione nel “natural vasello”, come direbbe il sommo Poeta. (Purg.XXV), o come direbbe anche il D’Annunzio…”nel cresputo vello…” ed io direi, solamente,…. nel “Delta di Venere”, ricordando il titolo di un ottimo libro di Anais Nin.

Continua Luigina Lovaglio, in preda alla follia d’amore, o alla libidine più sfrenata, libera ormai da freni inibitori, e quindi senza censura, pregando il suo amore, di venire presto e cominciare le sue carezze, languide e leggere, proprio dai piedi, per risalire, piano, lungo le cosce, altrimenti non si accenderà in lei quella passione, che la travolgerà completamente…. tutta… Poi, lo prega di  entrare lentamente, ma presto,  in ogni parte del suo corpo, perché lei   l’aspetterà, resistendo fino a giungere all’orgasmo insieme a lui, nonostante  sia donna compulsiva, termine che indica atteggiamento quasi patologico, sia cioè tanto vogliosa, da placare la sua libidine, anche con l’auto erotismo, mettendo da parte i dettami della ragione, per seguire solo i suoi sentimenti d’amore, solo i suoi sensi esacerbati.

Dopo tanti mesi, che è rimasta chiusa, come in una prigione,  impantanata come in un lago di melmosa pece nera e si è  sentita quasi in preda alla follia, alla disperazione più cupa, forse per l’astinenza forzata dalle gioie del sesso, ora trova il coraggio di allontanarsi dalla sofferenza straziante, timidamente, senza esserne tanto convinta, per esplicitare, senza veli, la sua passione, perchè ancora è condizionata, forse,  da quel senso di pudore antico.

Così attraverso i suoi sospiri, che sono umidi di pianto e nel turgore dei suoi organi eccitati e bramosi, in attesa del  prossimo amplesso, lei continua a pensare al suo amore. E pensa d’essere come la terra fertile e generosa, che, nell’atto d’amore, si bagna con le calde ed umide secrezioni delle sue mucose, come di acqua pura, mentre  prega ancora il suo uomo  di penetrarla, con la sua dolce verga, il più presto possibile, perché ha molta fretta di godere, mentre  piange copiosamente, perché vorrebbe, nell’abbraccio d’amore, annullarsi, come in una sensazione di abbandono mortale, priva di coscienza, in un’estasi dolcissima di passione, fuori da tutto ciò che le appartiene, fuori da ogni sua sensazione, di gioia o di languore, proprio per dimenticare ogni suo tormento.

Questo componimento, raro, come voluttuosa gardenia fra le ortiche, scritto con coraggio sublime e con tutti i moti di un cuore anelante all’amore vero e carnale, ha il sapore di un canto alla vita, alla libertà di pensiero e d’espressione e mette a nudo una sensibilità d’animo fuori dal comune, che fa assurgere Luigina Lovaglio a Poetessa della passione, più alta e più pura.

E mi piace chiudere questo mio modesto commento, con dei versi di Alda Merini:

 

….E mai coltre fu più calda e lontana
e mai fu più feroce
il piacere dentro la carne…….

 

Alfredo Giglio

 

 

 
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