Creato da giglio.alfredo il 31/03/2013
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NOSTALGIA DI ALFREDO GIGLIO

Post n°322 pubblicato il 16 Settembre 2014 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

 

 

NOSTALGIA

di Alfredo Giglio ©

 

 

La vita s’è risolta in un baleno

e la vecchiezza batte,

come valanga che piomba sul terreno.

Cedo così, chiudendo gli occhi,

a lontane visioni ormai sfocate

della mia giovinezza non vissuta,

che breve fu nel proprio moto

e nel dolor distrutta e vilipesa

e mai accetta all’anima tradita,

che volea la morte più gradita.

Ora che gli anni son passati

e la quiete appare al cor,

non tormentato e spento

privo di virtù e più solitario,

affiorano i ricordi nella mente

a ritrovar la luce, come naufrago

risale in superficie per respirare,

negando morte all’onde tumultuose.

Timida s’affaccia la malinconia

del lasso in cui i palpiti più dolci

eran per lei, lontana e voluttuosa.

Di quella breve parentesi di vita

nulla rimane se non la nostalgia.

Il pianto per i duoli d’amor

fu vano e stolto il pensar ch’ella

fosse come monte immacolato,

ove il piede mio ancor profano

l’orma non avrebbe mai lasciato.

L’acerba mia stagion a me parea

dovesse poi durar più tante fiate

e la speranza più conto non tenea

del tempo, avverso alla passione avita.

Godete con amor la giovinezza

senza mai avvertir la timidezza

del fascino bugiardo,

che anch’esso affretta il passo

senza lasciar traccia di se stesso.

Andate fieri della vostra forza,

giovan virgulti, che guardate il mondo

come un forziere ricco di preziosi.

Ricercate, con gioia, la verità,

fra mille viuzze di follia umana.

Non adulate mai chi ha fame

di falsa luminanza

e non avrà mai gloria

in questo mondo infame.

Abbiate fiducia in voi

e non cedete a coloro

ch’in nome d’una fede

senza fondamenta, v’impone

leggi astruse, senza senso.

Voglia di libertà vi sia compagna

nel cuore, nel braccio e nella mente

che serva a conservare l’esistenza.

Non siate vogliosi d’apparire

ma solo fieri d’essere e sapere.

Io che sulla scena della vita

son rimasto in ombra,

aborrendo la riflessa luce

or chiedo venia a chi

per gioia e per diletto

ha seguito l’opra mia,

nel mentre vicino alla mia svolta

continuo nel mio picciol canto

e trovo pace sol nel mio rifugio

in quel cantuccio remoto d’una stanza,

fra tanta  carta senza rinomanza

ov’io, solingo, a meditar m’indugio.

 

Alfredo Giglio

 

 

 

 

 
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