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Creato da giglio.alfredo il 31/03/2013
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NOSTALGIA DI ALFREDO GIGLIO
NOSTALGIA
di Alfredo Giglio ©
La vita s’è risolta in un baleno
e la vecchiezza batte,
come valanga che piomba sul terreno.
Cedo così, chiudendo gli occhi,
a lontane visioni ormai sfocate
della mia giovinezza non vissuta,
che breve fu nel proprio moto
e nel dolor distrutta e vilipesa
e mai accetta all’anima tradita,
che volea la morte più gradita.
Ora che gli anni son passati
e la quiete appare al cor,
non tormentato e spento
privo di virtù e più solitario,
affiorano i ricordi nella mente
a ritrovar la luce, come naufrago
risale in superficie per respirare,
negando morte all’onde tumultuose.
Timida s’affaccia la malinconia
del lasso in cui i palpiti più dolci
eran per lei, lontana e voluttuosa.
Di quella breve parentesi di vita
nulla rimane se non la nostalgia.
Il pianto per i duoli d’amor
fu vano e stolto il pensar ch’ella
fosse come monte immacolato,
ove il piede mio ancor profano
l’orma non avrebbe mai lasciato.
L’acerba mia stagion a me parea
dovesse poi durar più tante fiate
e la speranza più conto non tenea
del tempo, avverso alla passione avita.
Godete con amor la giovinezza
senza mai avvertir la timidezza
del fascino bugiardo,
che anch’esso affretta il passo
senza lasciar traccia di se stesso.
Andate fieri della vostra forza,
giovan virgulti, che guardate il mondo
come un forziere ricco di preziosi.
Ricercate, con gioia, la verità,
fra mille viuzze di follia umana.
Non adulate mai chi ha fame
di falsa luminanza
e non avrà mai gloria
in questo mondo infame.
Abbiate fiducia in voi
e non cedete a coloro
ch’in nome d’una fede
senza fondamenta, v’impone
leggi astruse, senza senso.
Voglia di libertà vi sia compagna
nel cuore, nel braccio e nella mente
che serva a conservare l’esistenza.
Non siate vogliosi d’apparire
ma solo fieri d’essere e sapere.
Io che sulla scena della vita
son rimasto in ombra,
aborrendo la riflessa luce
or chiedo venia a chi
per gioia e per diletto
ha seguito l’opra mia,
nel mentre vicino alla mia svolta
continuo nel mio picciol canto
e trovo pace sol nel mio rifugio
in quel cantuccio remoto d’una stanza,
fra tanta carta senza rinomanza
ov’io, solingo, a meditar m’indugio.
Alfredo Giglio
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