Creato da pensierostraziato il 22/07/2010

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L'eterna guerra sociale e l'eterna sconfitta dei contadini

Post n°13 pubblicato il 06 Settembre 2010 da pensierostraziato
 

Nessuno ha rappresentato i contadini durante il Risorgimento, per quanto abbiano combattuto una "guerra sociale eterna", pronti alla ribellione come nessun altro ceto, eppure disorganizzati, anarchici, refrattari a ogni inserimento in un ordine sociale. Una vicissitudine tormentosa, priva di giustizia. Anche perché senza di loro l'unità nazionale non sarebbe stata possibile.

Jacquérie anarchiche, dicono i francesi. Così era anche durante la spedizione dei Mille. I contadini si alleavano facilmente col generale liberatore, ma tendevano a non rispettare la legge, con la conseguenza che persino l'Eroe dei due mondi - personaggio storico maltrattato dai luoghi comuni contemporanei a noi ma in realtà capace di far scaturire comportamenti carichi di generosi ideali rivoluzionari, e senza arricchissirsi con la politica per quale non era affatto portato - persino Garibaldi dopo aver rovesciato l'ordine costituito doveva allearsi con gli agricoltori per il rispetto di un ordine. Così i contadini vedevano combattere una guerra civile fra ceti emergenti diversi, erano protagonisti per l'impulso che sapevano dare (sempre pronti a bruciare un catasto, deviare l'acqua del mulino del padrone, appropriarsi di terre altrui ecc. spinti dalla miseria) ma finivano ai margini della rivolta. E degli onori conseguenti. 

Non sono riusciti per tutto l'Ottocento a unirsi in sindacati. La miseria li ha resi diffidenti l'uno dell'altro. Solo nel Novecento è maturata l'opportunità di un riscatto, prima che la Grande guerra prima, che li ha sterminati con l'infernale strategia del criminale di guerra Luigi Cadorna (come definire chi pratica strategie belliche così catastrofiche?), e poi il fascismo e l'industrializzazione più spinta li facesse sparire dalle campagne. In fondo alla società italiana sembra però che la maledizione sia rimasta. La situazione descritta dalla "Storia d'Italia" di Denis Mack Smith (Editori Laterza) cambia attori sociali ma non muta stile.  

 

 
 
 
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