Creato da kodomonoomocha il 03/11/2005

ambaradam

vuoi giocare con me?

 

 

lettera

Post n°167 pubblicato il 03 Giugno 2008 da kodomonoomocha

Non voglio, non posso, non devo perderti.
Ti ho trovato per caso, per fortuna, per destino. Ma ti ho trovato.
Ho trovato l’uomo che ho sempre cercato.
Ho trovato quei gesti, quelle attenzioni, quello sguardo, quell’ascolto, quella pelle che è l’insieme di tutti quei gesti, quelle attenzioni, quegli sguardi, quegli ascolti, quelle pelli che avevo trovato solo parzialmente o momentaneamente negli altri. Gesti, attenzioni, sguardi, ascolti, pelli di cui mi ero accontentata, pensando non fosse possibile trovare tutto insieme, tutto in una stessa persona.
Sei la sintesi di tutto quello che ho amato, cercato, desiderato finora. Sei forte, orgoglioso, intelligente, determinato, testardo e allo stesso tempo sei dolce, premuroso, aperto, sensibile, generoso.
Sei questo e tanto altro. Tanti aggettivi che adesso non trovo, ma che quando ti ho vicino sento. E sento fisicamente. Aggettivi che mi fanno sentire ascoltata, desiderata, amata. Mi fanno sentire importante, mi fanno sentire migliore.
Perché anche quando mi guardi con occhi cattivi, delusi, persi, feriti mi fai comunque sentire importante. Mi fai comunque sentire migliore.
E non voglio, non posso, non devo perderti.
O almeno non posso farlo in questo modo. Senza che tu sappia cosa sei per me. Senza che tu capisca cosa mi hai dato e cosa, anche in questi pochi giorni, sei stato in grado di essere per me. Cosa sei stato in grado di darmi. Di farmi.
Mi hai trovata sfinita, delusa, disillusa, svuotata, nascosta. Mi hai trovata che non credevo più in niente e in nessuno.
Mi hai trovata che andavo avanti più per l’abitudine di farlo che per intenzione. Più per testardaggine che per volontà. Non c’era più senso in quello che facevo. Ma soprattutto non c’era più sentimento. Non ricordo neanche l’ultima vera emozione provata prima di conoscerti.
Depressa, fatta, sterile, malata, inutile, puttana, sporca, violenta, marcia, distruttiva, cattiva, dura, insensibile, superficiale.
Mi svegliavo senza un sorriso, lavoravo senza intenzione, mangiavo senza appetito, stavo solo con chi mi serviva allontanando chi mi amava.
Tutto senza senso e senza passione. Per me che la passione è l’unica benzina.
E sola. Per me che odio me stessa
Mi hai trovata che volevo solo dormire.
E dormivo. Dormivo in continuazione solo per far passare il tempo.
Mi hai trovata che volevo solo fumare. E fumavo talmente tanto che neanche a pisciare, riuscivo più senza pensarci. Ma anche quello solo per velocizzare il tempo, per dare una parvenza di senso alla giornata, per non pensare, per non sentire, per non soffrire, per non rendermi conto della merda che sono.
E funzionava. Non pensavo, non sentivo, non soffrivo, non prendevo consapevolezza. Non vivevo, trascorrevo il tempo e basta. E da tanto tempo ormai. Al punto che, alla fine, anche la galera mi era sembrata decente. Quantomeno lì ci avevo trovato una persona che per un giorno si è presa cura di me.
Insomma mi hai trovata che non avevo senso. Non avevo senso io e non aveva senso il resto del mondo.
Poi sei arrivato tu. Mi hai chiesto perché non mi sono avvicinata io per prima. Ti ho dato tante spiegazioni, ma l’unica vera è che stavi diventando un pericolo. Mi facevi uscire, divertire. Mi facevi compagnia. Mi facevi ridere. Mi facevi stare bene. E io non volevo stare bene. Io volevo solo dormire. Dormire e trascorrere il tempo.
Ma poi ti ho toccato. E ho sentito. Ho sentito cose vecchie che pensavo di non essere più in grado di sentire e cose nuove che non pensavo fosse possibile sentire. Ho sentito la tua dolcezza, la tua onestà, il tuo calore. La completa assenza di sentimenti negativi. .
“Adesso non mettermi alla porta”, mi hai detto la prima volta che abbiamo fatto l'amore.
Cosa potevo fare in quella situazione?
Chiudermi completamente o lasciarmi andare.
E mi sono lasciata andare. Amandoti ogni momento di più. Amandoti completamente, totalmente, con tutta me stessa. E poi hai cominciato tu. A dimostrarmi il tuo amore. A parlarmi di domani. A farmi credere che domani saremmo stati insieme. A farmi credere.
Credere in un senso. Credere che potevo non essere più sola. Credere che potevo essere migliore se qualcuno mi avesse amata.
Ma nessuno mi può amare così. E’ troppo colmare tutti i miei vuoti. Ed è anche sbagliato volere che qualcuno lo faccia. E riversare su quel qualcuno tutta una vita di errori e fallimenti e frustrazioni. Nessuno può renderti migliore quando sei una merda. E io nonostante te continuo ad esserlo. E anche se tu mi hai dato fiducia, mi hai dato un senso, mi hai dato qualcosa in cui credere io continuo ad essere la stessa persona depressa, fatta, sterile, malata, inutile, puttana, sporca, violenta, marcia, distruttiva, cattiva, dura, insensibile, superficiale che ero prima che tu mi conoscessi.
Era di questo che avevo paura. Era questo che cercavo di dirti quando mi abbracciavi e mi dicevi che mia madre sbagliava.
Mia madre non sbaglia. Mia madre sa chi sono. E ora forse lo sai anche tu.
Sono solo quello che resta di una persona che poteva essere decente ma che ha fatto di tutto per rovinare se stessa e chi ha intorno.
Non sono gli altri.
Non sono i soldi, né la roba, né i problemi, né i miei genitori, né altro.
Sono solo io.
Sono io che, per paura, distruggo tutto quello che tocco. Sono io che, come trovo un minimo di attenzione, riverso tutto il mio marcio su chi quell’attenzione prova a darmela. Sono io che chiedo all’amore di salvare non solo il mio presente, ma anche il mio futuro e il mio passato. Sono io che non sono in grado di amare normalmente e serenamente. Sono io che non so stare bene, che non so essere felice, che non so essere normale. Sono io che sono malata.
E allora non ti ho messo le mani addosso, ma – appena ti ho sentito un po’ distante - ho riversato su di te tutte le mie paure, la mia distruttività, la mia cattiveria.
Il mio marcio. Il mio buio. Il mio vuoto.
E volevo che tu lo vedessi, lo capissi, lo amassi e mi aiutassi ad eliminarlo.
E quando lo hai rifiutato, come era normale che fosse, ti ho odiato. Ti ho odiato perché mi sono sentita nuovamente abbandonata e incompresa e sola.
Ma poi tu mi hai scritto le cose che volevo sentire e mi sono nuovamente attaccata ossessivamente alla speranza che potesse continuare. Che potesse essere vero. Ma con ancora più paura.
La paura di essere nuda, disarmata, scoperta.
La paura di essere stata vista in tutta la mia merda, in tutto il mio schifo, in tutto il mio marcio.
Ora non posso chiederti altro. Hai visto chi sono e hai visto cosa sono. E se hai letto fin qui, sai anche cosa sento e cosa ho sentito.
Non ti do nessuna colpa, anzi, ti ringrazio per tutto quello che mi hai fatto provare. Quantomeno so che posso ancora farlo. Che ancora, infondo, sono viva. Sono viva e ti amo. Ti amo profondamente.
E, forse, ho capito i miei errori. Ma sono errori talmente profondi e radicati che non posso prometterti niente.
Posso solo garantirti che ti amo e che ti amerò sempre e che sarò sempre qui per te, nella forma che preferirai. Posso solo ripeterti che sei per me la cosa più importante. Posso solo prometterti che ti aspetterò. Ma questa volta in silenzio. Cosicché, se non mi vorrai, non ci sarò. Non ti cercherò più. Ti darò il tempo che vuoi. Permettimi solo di ripagare quello che tu hai fatto per me.
Ti amo da morire.
Ma lo so.
Sono solo parole.

 
 
 

Stonature

Post n°166 pubblicato il 14 Marzo 2008 da kodomonoomocha
Foto di kodomonoomocha

E alla fine è arrivata pure la galera.
Un’infamata, le due del pomeriggio, una macchina che mi blocca sul viottolo di casa mia, 8 sbirri che perquisiscono me e la mia casa, urla, foto, 2 palline e mezzo io e 2 palline su Petrillo appena uscito da casa mia, 100 euro, stagnole, buste e bilancino, le quattro del pomeriggio, la questura, 5 ore di interrogatorio, “perché una come te si butta via così”, foto e impronte, un’offerta di 3 mila euro per infamare il tunisino spacciatore, la telefonata al mio amico per andare su dai cani, una colletta per darmi sigarette e soldi, frasi di circostanza degli sbirri, la promessa di tenere fuori i giornali, consigli e “ci dispiace”, le 9 di sera, una pantera che mi porta alla casa circondariale, sezione femminile, una piccola stanza dove lasciare le cose in “matricola”, una bella voce che canta Grande Grande Grande, una nuova perquisizione, ”via il reggiseno perché imbottito!”, lenzuola, asciugamani, tazze, scarpe, una piccola cella dotata di tutti i comfort, tv funzionante compresa, una ragazza accusata di rapina a mano armata come compagna di cella moglie di uno zingaro anche lui in cella e con tra figli che sicuramente non faranno fine diversa, le 10 di sera, il grande fratello da guardare alla tv, 10 gocce di EN e la prima notte da passare tra muscoli tirati da un’astinenza da due grammi al giorno, conati di vomito, dolori di pancia, lacrime, richiami all’assistente per qualsiasi altra medicina, voglia di accoltellarsi pur di non sentire un minuto ancora di dolore, le tre di notte, le parole della compagna che cerca di calmarmi con i suoi racconti, le 4, ancora dolori lancinanti, le 5, “ma quanto cazzo arriva l’infermiera?”, le sei, il cambio dell’assistente, una sarda che mi dice “lo hai voluto te e non puoi romperci i coglioni”, le 7, le 8, finalmente l’infermiera, 30 gocce di valium, e giù in matricola per nuove impronte, e poi di nuovo su in cella, per continuare con i dolori, “latte, te o caffè?”, urla di una detenuta malata di aids che chiede di andare in ospedale di “non farla morire lì dentro”, altre parole della mia compagna, tecniche di furto e poi la sua storia, un primo figlio a 15 anni con uno zingaro, poi altri due con un altro, storie di ordinaria tristezza, furti, rapine, spaccio di droga, i carabinieri che sfondano la porta alle 4 di notte, i bambini che urlano, lo sciacquone che viene tirato giù e un’accusa di 6 mesi di galera, le 12, la socializzazione, un’altra cella con la mia compagna una bulgara e una napoletana, nuove urla con le assistenti, altre storie, per fortuna nuovamente l’infermiera, nuovamente la terapia, nuovamente il valium, “niente pranzo che mi viene ancora da vomitare”, le due, il ritorno in cella, i programmi del pomeriggio, beautiful, centovetrine, uomini e donne, amici, settimo cielo, il milionario e nel frattempo una merendina, neanche mezzora di sonno, altre litigate con le assistenti, accuse di aver fatto la furba durante la notte, “si vede proprio che non avete idea di un’astinenza, eppure qui dentro sono quasi tutte recluse per droga!”, le 8 di sera, la notifica dell’incontro per la convalida dell’arresto, la cena, altri racconti con la mia compagna, di una sua precedente compagna con problemi di droga e la sua solidarietà, le 9 di sera, i RIS, la promessa di farsi un giro di carte la mattina seguente, consigli su come affrontare la convalida, un bel ragazzo che passa con la terapia per la notte, commenti e risa delle carcerate, 30 gocce di valium e finalmente un sonno lungo fino alle 8 della mattina seguente, colazione, lavaggio tra bidet e lavandino del bagno della cella, vestiti “nuovi” dati dall’assistente, qualche goccia di EN, il medico del sert che vuole parlarmi, “S. ma che ci fa qui? L’ultima terapia l’avevi finita bene…”, “Dottore, lo sa anche lei come vanno queste cose, comunque domani provo a riiniziare”, “ti aspetto e sta tranquilla”, ore 9 di nuovo in cella, ore 10, “c’è l’avvocato di sotto per te”, l’avvocato di ufficio, la mia storia, qualche consiglio e poi davanti al giudice, un giudizio abbastanza duro ma seguito dall’ovvio ordine di scarcerazione con l’obbligo di firma, ore 11, ultimo ritorno in cella, un giro di lettura di carte, saluti, raccomandazioni, consigli, promesse di sentirci e finalmente l’uscita, il recupero delle cose in matricola, il saluto delle carcerate, degli assistenti, delle guardie, il cancello, la porta, la fermata dell’autobus e finalmente la mia casa.

E così mi sono violentemente risvegliata da uno stato semi-catatonico commisto di un delirio di onnipotenza e di uno stato di perenne d’ansia, imparando che:
1 – gli sbirri non sono poi così male(*)
2 – in carcere non bisogna mai andare con reggiseno e scarpe imbottite che tanto te li tolgono
3 – in carcere si possono trovare bravissime persone
4 – le sarde sono triste impestate
5 – le crisi di astinenza sono una brutta bestia
6 – forse forse è arrivato il momento di riprendersi

Mi sento bene solo se
Mi faccio male e
Il bene in fondo che cos'è
Ognuno ne ha per se
Rovescia e contrariata a
Contraddizioni di
Donna arrivata e libera
Sono stonata a

Un gran dolore come se
Spina nel cuore e
Diversa da com'ero o
Nero mistero o
Distorta ed eccitata a
Donna vietata a
Scema mi sto sentendo o
Venire meno
La la la la

Mi sento bene solo se
Mi faccio male e
Il bene in fondo che cos'è
Ognuno ne ha per se
Rovescia e contrariata a
Contraddizioni di
Donna arrivata e libera
Sono stonata a
La la la la

Deviata stonata
Deviata stonata

 
 
 

A volte ritornano

Post n°165 pubblicato il 17 Gennaio 2008 da kodomonoomocha
 
Foto di kodomonoomocha

E se tornano, tornano!

Si perchè la mia vita è come la mia fame.
O c'è troppo o non c'è per niente.
A prescindere dal mio appetito.
Ed è sempre stato così.
E allora posso stare giorni senza toccare cibo.
Uno, due, tre, quattro.
Tanti da far sì che il primo - successivo - boccone bruci nel palato.
Tanti da far sì che il primo - successivo - boccone già riempia l'elasticizzatissimo stomaco.
O al contrario mangiare e mangiare e mangiare, indiscriminatamente, qualsiasi cosa mi capiti tra le mani, strafogandomi fino ad arrivare al colmo della faringe.
Tanto da far sì che il successivo - ultimo - boccone bruci lo stomaco fino a lacerarlo.
Tanto da far sì che il successivo - ultimo - boccone mi conduca con le braccia attorno al cesso a conare un magma sputato di sangue.

Eccessivo per spiegare un post in più?

Forse.
Ma d'altra parte, qui, non si è mai trattato di semplice scrittura.
Ma di studio, analisi, interpretazione, introspezione.
E allora una banale idea si trasforma in un flusso logico di emozioni descritte che provo a valutare. E allora mi accorgo di analogie (e dislogie), di simmetrie (e asimmetrie), di ripetizioni (e ridondanze) che non interessano nessuno fuorchè me.
E quindi sono importanti, essenziali.

E allora mi rendo conto di come quei prevedibili meccanismi che ho sempre criticato negli altri, sono soprattutto miei. E di come sarebbe facile controllarli, modificarli, automatizzarli, plasmarli se solo avessi un briciolo di quella che chiamano volontà.
E invece...
E invece imperterrita continuo a seguire i miei indiscriminati impulsi, mangiando troppo o non mangiando per niente. E la colpa non si sa.
Che 
non è poi (e non può essere) questione di gusto, di appetito, di voglia.
Ma solo di pure e semplice fame.
Pura, semplice, istintiva e indiscriminata fame.
Si parli di cibo, di post, di lavoro, di sesso.
Di vita.

 
 
 

Fango

Post n°164 pubblicato il 17 Gennaio 2008 da kodomonoomocha
 
Foto di kodomonoomocha

Da oltre 2 mesi sono immersa nel fango.
Nessuna metafora, sono proprio immersa nel fango.
Letto, divando, pavimento, vestiti, scarpe... tutto infangato.
Dopo svariati tentativi di piantatura d'erba, perdite di tubature esterne, corse di cane, il giardino alla fine ha vinto.
E dalla gioia mi ha sborrato di fango tutta l'attuale esistenza.

D'altra parte, Astra lo diceva anche che il 2008 sarebbe stato un anno di terra!
E la mia parte di cuspide nonchè ascendente Vergine è pure di terra.
Inevitabile che la terra mi circondasse.
Speriamo solo che anche le previsioni di rinascita, cambiamento e fortuna siano vere!
Io intanto mi sono comprata 5 nuovi diari (su uno dei quali ho iniziato ad appuntare la storia di Alice nei paesi delle meraviglie) e 100 g di metadone.

ci si sente soli dalla parte del bersaglio
e diventi un appestato quando fai uno sbaglio
un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te
ma ti guardi intorno e invece non c'è niente
un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che
hanno ancora il coraggio di innamorarsi
e una musica che pompa sangue nelle vene
e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi
smettere di lamentarsi
che l'unico pericolo che senti veramente
è quello di non riuscire più a sentire niente

di non riuscire più a sentire niente
il battito di un cuore dentro al petto
la passione che fa crescere un progetto
l'appetito la sete l'evoluzione in atto
l'energia che si scatena in un contatto

Ma chissà di che segno saranno i miei vicini e i loro giardinetti ben curati?

 
 
 

Evidentemente

Post n°163 pubblicato il 28 Novembre 2007 da kodomonoomocha
 
Foto di kodomonoomocha

Evidentemente quella luce non faceva per me.
O forse il problema non sono luci e colori. Ma sensi e sensazioni.
E allora il mio tempo preferisco sputtanarlo tra masmallos (è scritto così nelle confezioni dell’autogrill) e sudoku killer, gonfiando mente e corpo per… per… per…
Che poi non so se è più equivoco quel per o quel preferisco.
Infondo l’unica verità è che il tempo – per quanto mi riguarda - si è definitivamente fermato.
La cosa strana è che questo girotondo mi sembra forse la soluzione a me più adatta.
Perché questo restare ferma e sola, mi ha finalmente liberato di tutti quei pesi che mi sentivo addosso.
No, no, non fraintendetemi nuovamente. Non sono triste né rattristata.
“Ferma” e “sola” sono accezioni negative solo nella dimensione di una comunicazione condizionata. E ora non mi sento né obbligata, né diretta, né costretta, né condizionata.
Ho forse fatto pace con la libertà? Sta di fatto che mi sento più leggera. E seppur non so bene cosa fare e cosa volere so che posso farlo e volerlo. Ed essere felice.
Anche se solo per un momento. E portarmi addosso quella felicità, con la consapevolezza che è stata tale solo perché è durata un attimo. Senza voler di più.
Smettendo di piangermi e rimpiangermi.
Appagata. Soddisfatta. Contenta.
Nonostante la caduta del mio quarto dente, nonostante A. se ne sia andata in provincia di Trento, nonostante una vita passata ad evitare l’astinenza, nonostante le quotidiane rotture di coglioni. Nonostante la quotidianità, insomma.
E allora grazie K., per una manciata di notti che non avrei mai sospettato di vivere.
In una città straniera, in una lingua straniera, in un modo di vivere uguale.

Due solitudini si attraggono: tu chi sei?
Come due intrusi che sorvolano le tangenziali dell’intimità
Fiutando diffidenze e affinità.
Resta qui!

E con me ferma e sola su una metropolitana che mi riportava in hotel alle 9 della mattina. Lasciando una persona che avrebbe potuto anche farmi del male. Uno sconosciuto. Un diverso. Anche lui solo e fermo in una città non sua. Un incontro casuale.

Due solitudini si avvolgono
Due corpi estranei s’intrecciano
Duemila esitazioni sbocciano
Stai con me.

Senza pesi, senza condizionamenti, senza limiti di tempo, spazio, età. lingua, distanza, colore e cultura. Attaccandosi totalmente a delle ore che non potevano far altro che passare

Da quanto siamo qua non chiederlo,
Dalle finestre luci scorrono,
Lenzuola stropicciate ...che ora è?
Stai con me!

Dando in quel momento tutto quello che si è in grado di dare. Conoscendosi più a fondo possibile. Conoscendo come non conosco la maggior parte dei miei amici. La sua storia, i suoi desideri, le sue paure. E la mia storia, i miei desideri, le mie paure.

Se c’è un motivo trovalo con me
Senza ingranaggi senza chiedere perché
Dentro i miei vuoti puoi nasconderti,
Se c’è un motivo trovalo con me.
Senza ingranaggi senza chiedere perché
Senza dormire nemmeno un momento
.

Aspettando un domani che non volevamo. Stay hare, sleep with me. Don’t go away. You are special. Tutto così eccezionalmente romantico Per una storia d’amore. Amore vero. E profondo. E assoluto. Anche se solo per una manciata di giorni. Ma Romeo e Giulietta si sarebbero amati così tanto se il loro amore invece di 3 giorni fosse durato anni?

Dentro i miei vuoti puoi nasconderti.
Le tue paure addormentale con me
Le tue paure addormentale con me
Le tue paure addormentale con me
Le tue paure addormentale con me
Le tue paure addormentale con me
Se c’è un motivo.

Peccato solo che il tono che acquisisco scrivendo non renda giustizia ai miei reali stati d’animo. Ma è così difficile comunicare senza pregiudizi! Dovrei riabituarmi forse a stare tra gli altri. Ma semplicemente non ne ho voglia. Questo mio ritorno è forse un primo passo? O forse mi stanno annoiando anche sudoku e marshmallows.

 
 
 
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