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lettera

Post n°167 pubblicato il 03 Giugno 2008 da kodomonoomocha

Non voglio, non posso, non devo perderti.
Ti ho trovato per caso, per fortuna, per destino. Ma ti ho trovato.
Ho trovato l’uomo che ho sempre cercato.
Ho trovato quei gesti, quelle attenzioni, quello sguardo, quell’ascolto, quella pelle che è l’insieme di tutti quei gesti, quelle attenzioni, quegli sguardi, quegli ascolti, quelle pelli che avevo trovato solo parzialmente o momentaneamente negli altri. Gesti, attenzioni, sguardi, ascolti, pelli di cui mi ero accontentata, pensando non fosse possibile trovare tutto insieme, tutto in una stessa persona.
Sei la sintesi di tutto quello che ho amato, cercato, desiderato finora. Sei forte, orgoglioso, intelligente, determinato, testardo e allo stesso tempo sei dolce, premuroso, aperto, sensibile, generoso.
Sei questo e tanto altro. Tanti aggettivi che adesso non trovo, ma che quando ti ho vicino sento. E sento fisicamente. Aggettivi che mi fanno sentire ascoltata, desiderata, amata. Mi fanno sentire importante, mi fanno sentire migliore.
Perché anche quando mi guardi con occhi cattivi, delusi, persi, feriti mi fai comunque sentire importante. Mi fai comunque sentire migliore.
E non voglio, non posso, non devo perderti.
O almeno non posso farlo in questo modo. Senza che tu sappia cosa sei per me. Senza che tu capisca cosa mi hai dato e cosa, anche in questi pochi giorni, sei stato in grado di essere per me. Cosa sei stato in grado di darmi. Di farmi.
Mi hai trovata sfinita, delusa, disillusa, svuotata, nascosta. Mi hai trovata che non credevo più in niente e in nessuno.
Mi hai trovata che andavo avanti più per l’abitudine di farlo che per intenzione. Più per testardaggine che per volontà. Non c’era più senso in quello che facevo. Ma soprattutto non c’era più sentimento. Non ricordo neanche l’ultima vera emozione provata prima di conoscerti.
Depressa, fatta, sterile, malata, inutile, puttana, sporca, violenta, marcia, distruttiva, cattiva, dura, insensibile, superficiale.
Mi svegliavo senza un sorriso, lavoravo senza intenzione, mangiavo senza appetito, stavo solo con chi mi serviva allontanando chi mi amava.
Tutto senza senso e senza passione. Per me che la passione è l’unica benzina.
E sola. Per me che odio me stessa
Mi hai trovata che volevo solo dormire.
E dormivo. Dormivo in continuazione solo per far passare il tempo.
Mi hai trovata che volevo solo fumare. E fumavo talmente tanto che neanche a pisciare, riuscivo più senza pensarci. Ma anche quello solo per velocizzare il tempo, per dare una parvenza di senso alla giornata, per non pensare, per non sentire, per non soffrire, per non rendermi conto della merda che sono.
E funzionava. Non pensavo, non sentivo, non soffrivo, non prendevo consapevolezza. Non vivevo, trascorrevo il tempo e basta. E da tanto tempo ormai. Al punto che, alla fine, anche la galera mi era sembrata decente. Quantomeno lì ci avevo trovato una persona che per un giorno si è presa cura di me.
Insomma mi hai trovata che non avevo senso. Non avevo senso io e non aveva senso il resto del mondo.
Poi sei arrivato tu. Mi hai chiesto perché non mi sono avvicinata io per prima. Ti ho dato tante spiegazioni, ma l’unica vera è che stavi diventando un pericolo. Mi facevi uscire, divertire. Mi facevi compagnia. Mi facevi ridere. Mi facevi stare bene. E io non volevo stare bene. Io volevo solo dormire. Dormire e trascorrere il tempo.
Ma poi ti ho toccato. E ho sentito. Ho sentito cose vecchie che pensavo di non essere più in grado di sentire e cose nuove che non pensavo fosse possibile sentire. Ho sentito la tua dolcezza, la tua onestà, il tuo calore. La completa assenza di sentimenti negativi. .
“Adesso non mettermi alla porta”, mi hai detto la prima volta che abbiamo fatto l'amore.
Cosa potevo fare in quella situazione?
Chiudermi completamente o lasciarmi andare.
E mi sono lasciata andare. Amandoti ogni momento di più. Amandoti completamente, totalmente, con tutta me stessa. E poi hai cominciato tu. A dimostrarmi il tuo amore. A parlarmi di domani. A farmi credere che domani saremmo stati insieme. A farmi credere.
Credere in un senso. Credere che potevo non essere più sola. Credere che potevo essere migliore se qualcuno mi avesse amata.
Ma nessuno mi può amare così. E’ troppo colmare tutti i miei vuoti. Ed è anche sbagliato volere che qualcuno lo faccia. E riversare su quel qualcuno tutta una vita di errori e fallimenti e frustrazioni. Nessuno può renderti migliore quando sei una merda. E io nonostante te continuo ad esserlo. E anche se tu mi hai dato fiducia, mi hai dato un senso, mi hai dato qualcosa in cui credere io continuo ad essere la stessa persona depressa, fatta, sterile, malata, inutile, puttana, sporca, violenta, marcia, distruttiva, cattiva, dura, insensibile, superficiale che ero prima che tu mi conoscessi.
Era di questo che avevo paura. Era questo che cercavo di dirti quando mi abbracciavi e mi dicevi che mia madre sbagliava.
Mia madre non sbaglia. Mia madre sa chi sono. E ora forse lo sai anche tu.
Sono solo quello che resta di una persona che poteva essere decente ma che ha fatto di tutto per rovinare se stessa e chi ha intorno.
Non sono gli altri.
Non sono i soldi, né la roba, né i problemi, né i miei genitori, né altro.
Sono solo io.
Sono io che, per paura, distruggo tutto quello che tocco. Sono io che, come trovo un minimo di attenzione, riverso tutto il mio marcio su chi quell’attenzione prova a darmela. Sono io che chiedo all’amore di salvare non solo il mio presente, ma anche il mio futuro e il mio passato. Sono io che non sono in grado di amare normalmente e serenamente. Sono io che non so stare bene, che non so essere felice, che non so essere normale. Sono io che sono malata.
E allora non ti ho messo le mani addosso, ma – appena ti ho sentito un po’ distante - ho riversato su di te tutte le mie paure, la mia distruttività, la mia cattiveria.
Il mio marcio. Il mio buio. Il mio vuoto.
E volevo che tu lo vedessi, lo capissi, lo amassi e mi aiutassi ad eliminarlo.
E quando lo hai rifiutato, come era normale che fosse, ti ho odiato. Ti ho odiato perché mi sono sentita nuovamente abbandonata e incompresa e sola.
Ma poi tu mi hai scritto le cose che volevo sentire e mi sono nuovamente attaccata ossessivamente alla speranza che potesse continuare. Che potesse essere vero. Ma con ancora più paura.
La paura di essere nuda, disarmata, scoperta.
La paura di essere stata vista in tutta la mia merda, in tutto il mio schifo, in tutto il mio marcio.
Ora non posso chiederti altro. Hai visto chi sono e hai visto cosa sono. E se hai letto fin qui, sai anche cosa sento e cosa ho sentito.
Non ti do nessuna colpa, anzi, ti ringrazio per tutto quello che mi hai fatto provare. Quantomeno so che posso ancora farlo. Che ancora, infondo, sono viva. Sono viva e ti amo. Ti amo profondamente.
E, forse, ho capito i miei errori. Ma sono errori talmente profondi e radicati che non posso prometterti niente.
Posso solo garantirti che ti amo e che ti amerò sempre e che sarò sempre qui per te, nella forma che preferirai. Posso solo ripeterti che sei per me la cosa più importante. Posso solo prometterti che ti aspetterò. Ma questa volta in silenzio. Cosicché, se non mi vorrai, non ci sarò. Non ti cercherò più. Ti darò il tempo che vuoi. Permettimi solo di ripagare quello che tu hai fatto per me.
Ti amo da morire.
Ma lo so.
Sono solo parole.

 
 
 
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