Creato da redazionefuorispazio il 30/06/2009

L'amore secondo noi

ragazzi e ragazze alla ricerca dell'identità di Delia Vaccarello oscar mondadorii

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INTERVISTA su PEDAGOGIKA

Post n°39 pubblicato il 05 Luglio 2009 da redazionefuorispazio

09.04.04 Roma CGIL for the rights

da la rivista Pedagogika


La rivista Pedagogika, nel numero di Marzo-aprile 2006,
dedica una approfondita intervista al libro e alla sua autrice.

“L’amore secondo noi: ragazzi e ragazze alla ricerca dell’identità” (Oscar Mondadori).
Intervista di Maria Piacente a Delia Vaccarello
…..“L’amore è libertà”.
“L’amore è un bellissimo sentimento che si prova verso un’altra persona qualunque sia il sesso”.
“Secondo me l’amore colpisce inaspettatamente e improvvisamente donando gioia, dolore, passione. E’ abbattere le frontiere dell’Io per permettere l’assemblarsi del Noi”.
“L’amore è un gran casino”.
“L’amore è una cosa dove i gay non c’entrano! W la fica”.
“Forse sono bisex, c’è un modo per stabilirlo?”.
“Come si affronta il problema dell’omosessualità con i genitori e con gli amici?” ….




1. Qual è stata la motivazione che ti ha spinta a scrivere questo libro?
Ho scritto “L’amore secondo noi” per cercare e cercarmi insieme ai ragazzi. Non volevo indovinare le “risposte” giuste, ma piuttosto fiutare il modo opportuno per far scattare la comunicazione tra me e i tanti giovani che mi scrivono e che tra le righe lanciano un sos. Mi dicono: “ci sentiamo soli, adulti dove siete?”. Soli in che senso? Si sentono isolati quando provano emozioni forti, sembra loro che questo terreno sia una specie di tabù nella comunicazione con i “vecchi”. L’adulto appare apatico e impaurito. Voglioso di plagiare, di clonare, come dicono loro. L’adulto si mostra ansioso di vedere gli adolescenti come replicanti più giovani, navicelle in miniatura, cloni dell’astronave madre. Il “vecchio”, come dicono loro, appare spaventato dall’avventura emotiva che inizia con l’adolescenza e che accenna alla necessaria separazione. Le prime pulsioni, le fantasie, i coinvolgimenti sono il fischio di partenza del viaggio iniziatico che vede protagonista il/la giovane e terrorizza l’adulto.

1b. I ragazzi vogliono essere ascoltati. Ma che cosa hanno da dire?
Sono gli inviati speciali della società che sta cambiando. La stessa che gli adulti di oggi non sono riusciti a trasformare. Loro sanno di essere più avanti. "Noi questi cambiamenti li stiamo vivendo in diretta e vorremmo che qualcuno ci desse la linea e ce li lasciasse raccontare. Tu ci hai dato la linea e noi ti siamo grati", mi scrive Andrea, 19 anni. “Questa linea la vogliamo eccome, non è vero che siamo "vuoti" e disinteressati nei confronti di tutto; questa è solo una scusa per non farci parlare, anche perché quando parliamo, osserviamo, ci entusiasmiamo, PENSIAMO, per qualcuno è molto molto pericoloso”, riecheggia Consuelo 17 anni. E’ evidente: i ragazzi hanno la netta sensazione di spaventare. I giovani vogliono comunicare, e quando ce la fanno, quando mettono in parallelo la comunicazione interiore e quella col mondo, non si fermano più. Riescono ad accendere il cell. interiore se qualcuno li ascolta, ma a volte possono anche farne a meno. Entrati in contatto con loro stessi, vanno nei blog e parlano a tutti. Questa è la loro forza, che gli adulti sono chiamati a non ignorare.

2. Il libro: “L’amore secondo noi” ci spinge inevitabilmente a porti questa domanda: cos’è l’amore secondo gli adolescenti?
Sarebbe meglio dire cosa sono “gli amori”, perché i sentimenti sono tanti, ma una è la domanda segreta. All’amore i ragazzi chiedono di svelare la propria identità nascente. La sorpresa che per loro costituisce l’accoppiamento tra sentimento e sessualità è uno stupore identitario. “Senza di te io chi sono”, è il titolo di una delle storie che mostra la dipendenza dall’amore e contemporaneamente la scommessa in atto, questa: se amo, inizio a scoprire chi sono. “Quando mi innamorerò sarà una frana”, dice una sedicenne. Frana sta per crollo dei vecchi schemi, del “troppo noto” delle abitudini familiari, a vantaggio di una tensione verso un modo nuovo di essere. Frana è evento temuto e desiderato. L’amore è una promessa. In una società omologata, spesso bloccata nel suo percorso trasformativo, l’adolescente che ama, e dunque che interpreta il suo compito - cioè quello di diventare se stesso, di differenziarsi dal nucleo di origine, di autonomizzarsi - fa paura. Ma lui/lei invece non ha paura di questo percorso. Anzi forse intuisce che è solo così che potrà superare gli adulti e diventare “grande”. Solo così potrà esperire il fascino di sentirsi unico e non la paura di sentirsi solo.

3. Quali sono state le domande che più sono emerse da questo confronto?
“Quando siamo pronti per fare l’amore?”: questa è tra le più frequenti, e denota che alla scoperta del corpo che si trasforma, diventando pronto per fare l’amore, loro vogliono giungere “pronti” anche dal punto di vista emotivo. Vogliono presentarsi “interi”. “Perché il gruppo ha paura della passione a due?”: interrogativo che rivela la tensione tra l’essere e l’identificarsi. “Come faccio a scoprire se sono etero o bisex. Mi sento vago, devo decidermi per forza?”: domanda che getta luce sul terreno della ricerca dell’orientamento sessuale, battuto dai ragazzi, spesso demonizzato dagli adulti.

4. I giovani di cui si parla in questo libro sono assetati di un ascolto libero e di un confronto emotivo, desiderano parlare delle loro esperienze più intime e personali. Come si possono porre gli adulti rispetto a questo?
Gli adulti devono gestire il magone che li prende - a volte si tratta di vere e proprie ferite - quando impattano con l’emotività dei figli. Oggi gli adulti sono fragili: assenza di ideali collettivi, senso di morte e distruzione in dosi massicce, pericolo di essere invasi da nemici in carne e ossa o virali o sotto forma di “macchine volanti” ecc.ecc., latitanza di etiche eque e solidali, sia religiose che laiche, senso di isolamento, “greggismo”, rarefazione del valore della dignità che offre il lavoro, incapacità di trovare forme sociali di convivenza all’insegna della qualità dei rapporti, questi sono solo alcuni dei motivi che vedono gli adulti “giovani invecchiati”. La società italiana rischia di perdere la scommessa trasformativa per ripiegare su modi di vivere anni ’50. Gli adulti di questa società sono individui che spesso hanno mancato l’appuntamento con la storia, personale e collettiva.
Come possono vedere i loro figli? Come estranei, piccoli alieni in casa, che devono in tutti i modi essere “annessi”, omologati. I giovani di oggi hanno strumenti di informazione che dieci anni fa erano solo un sogno. Internet li mette a contatto con le società che hanno vinto la sfida trasformativa a differenza di quella italiana. Internet, e non solo, fornisce loro grandi possibilità di comunicare.
Ci siamo occupati del web e dei ragazzi non abbastanza da valutare, a mio avviso, le grandi potenzialità del mezzo nel campo della comunicazione. E i ragazzi sono assetati di comunicazione e protestano perché ne trovano troppo poca. Ancora. Loro sono pronti a partire, e dicono che hanno bisogno di imparare. Cosa? Possono conoscere molto e vogliono imparare a scegliere. Un adulto che non ha scelto non riesce ad educare i giovani a scegliere. Allora l’adulto deve farsi piccolo. Ha il dovere, se vuole sentirsi adulto “amante”, di individuare i suoi limiti. Oggi gli adulti sono come erano gli analfabeti che mandavano i figli a scuola. Devono tifare per loro, sapendo che presto, prestissimo, i ragazzi li supereranno. Allora, consapevoli dei propri limiti storici ed esistenziali, devono sapere ascoltare e cercare di capire. Devono avere anche la forza di dire: non capisco tutto, ma proviamo a vedere in che modo potrai farcela.


5. Che cosa possiamo fare noi adulti per alimentare le passioni relativamente a sentimenti, relazioni, politica, amicizia, amore, pace e libertà di scelta?
E’ semplicissimo: innamorarci. O, meglio, amare profondamente. Appassionarci. Sentire la vita senza schermi, con la schiena dritta, senza ripiegare, recuperare, “taroccare” come dicono i giovani. Dobbiamo smettere di rinunciare e cominciare a vivere. Noi, quarantenni, cinquantenni, sessantenni di oggi, tendiamo a vivere con la testa fuori dalla vita e confiniamo i ragazzi nell’anticamera. Ci siamo collocati altrove – nel già visto, nel troppo noto, nel “vecchio”, appunto - e riserviamo a loro un posto nella sala d’attesa. Nel frattempo pochi vivono. Dobbiamo essere umili e iniziare noi per primi un percorso di trasformazione e di rinnovamento per vivere non passioni tristi, ma passioni degne di questo nome. Per cercare soluzioni nuove. I ragazzi sgraneranno gli occhi. Ci riconosceranno come interlocutori. Faccio un esempio. Quando si parla con loro, penso che non bisogna mai dire: fai così. Ma portare, per creare la giusta empatia, esempi in cui noi stessi abbiamo dovuto prendere una decisione complessa. E mostrare loro che l’”emozione” e la “comprensione” sono corredi e funzioni che servono ad ognuno nel proprio viaggio personale, e non titoli vuoti di libri che non si aprono mai, lasciati a morire sugli scaffali. L’adulto autoritario oggi non può funzionare. Quello “amicone” fa danni. Occorre l’adulto pronto ad ascoltare e a rinnovarsi per primo, non un adulto sconfitto. Occorre l’adulto “in divenire”, un divenire intelligente di sé e rispettoso di ciò che non sempre può capire. Essere adulti, secondo me, vuol dire diventare capaci di rendere comunicabile l’avventura umana che viviamo con pienezza. In questo modo non respingiamo, attiriamo. Nutriamo.


6. Sembra che questi ragazzi possano esistere e riconoscersi solo negli sguardi e parole di adulti che sappiano essere un punto di riferimento. Così come dice Maria Zambrano: “ Ci vediamo nell’altro, e solo quando qualcuno raccoglie la nostra storia, la storia delle nostre pene, della nostra contentezza e del nostro fallimento, solo allora ci conosciamo. Come conoscerci se non ci conosce nessuno?”
Quando non ci conosce nessuno la nostra identità diventa un puzzle da comporre. Spesso di alcune parti di noi stessi abbiamo un vago sentore, mentre inabissiamo quelle originali a vantaggio delle parti accettate socialmente. I ragazzi che non trovano orecchie che li ascoltino devono fare un lento lavoro compositivo. Un lavoro che in parte è fisiologico per ognuno che cresce, nessun orecchio infatti ascolta la nostra interezza. Forse a farlo è l’orecchio della nostra interiorità, quando è capace di unire consapevolezza e inconscio. Comunque abbiamo bisogno dell’Altro. Ci sono altri capaci di restituirci ampie immagini di noi, e altri in grado di darci solo schegge, frammenti. Altri ancora sono superfici opache. Allora diventiamo esploratori. Ci muoviamo con un io sconosciuto tra persone che spesso non hanno voglia di ascoltarci, e dobbiamo scoprirci da noi. I tanti ragazzi che mi scrivono sono assetati di storie in cui identificarsi, di libri che centrino il fondo delle questioni. Sono assetati di conoscenza. Molti sono stati colpiti dalla vicenda di Carlo Giuliani, per loro è diventata una storia emblematica e necessaria per la costruzione del sé. Se mancano adulti che facciano da specchio e da contenitore, i giovani si cercano nella cultura: storie, musica, fumetti, Internet. E si costruiscono in silenzio, rischiando di lasciare anche dentro il proprio sè vaste aree prive di parole. Credendo spesso che comunicare sia un’utopia. La comunicazione è sistemica e segna un punto di non ritorno: se iniziamo a comunicare non la smettiamo più. Ma per comunicare davvero dobbiamo farlo sia con noi stessi che con gli altri.


7. Quali sono, secondo te, gli elementi di differenziazione nella costruzione dell’identità di genere tra l’attuale generazione e quella passata?
Le ragazze sono più cariche, hanno più spinta di quanto non l’avessero prima. I ragazzi hanno un sotterraneo ma vivo desiderio di aprirsi. Le ragazze lesbiche si sentono meno ufo, le ragazze etero esplorano il pianeta bisex. I ragazzi gay fanno fatica ma non si nascondono sempre. I ragazzi etero tacciono meno di prima. L’identità di genere, l’essere maschio o femmina, è meno potentemente condizionata dal ruolo sociale di genere, cioè da quanto la società impone al genere per tradizione. Io ricevo lettere anche da diciassettenni trans, questo significa che si comincia a poter parlare di identità di genere non come dato biologico ma come acquisizione della consapevolezza di genere.


8. Freud afferma: “Nell’inconscio la differenza sessuale non esiste”. Cosa ne pensa a proposito?

Posso parlare dell’Inconscio da scrittrice. Mi misuro con l’esperienza che ho di zone remote dentro di me che, se raggiunte dal mio sentire, mi mettono in contatto anche con un sentire più vasto, collettivo e transtemporale. In questo mondo interiore, lunare, singolare e collettivo, possiamo esperire dimensioni universali. Possiamo identificarci con un maschio anche se siamo femmine, con un giovane anche se siamo adulti, con un animale anche se siamo esseri umani. L’inconscio ci può mettere in condizione di trascendere la nostra finitezza e i nostri confini. Quando questo avviene l’esperienza è di forte intensità. Ma solo se abbiamo una identità solida, e per identità intendo anche l’identità di genere e sessuale, possiamo, a mio avviso, “naufragare in questo mare”

9. Secondo lei quanto la società odierna condiziona la scelta sessuale?
La condiziona a colpi di ignoranza. I ragazzi sono bombardati di immagini e sono poco raggiunti dalle informazioni. C’è poi un’avanzata del dogma cattolico repressivo che azzera i presupposti stessi della scelta, definendo normale l’eterosessualità e deviante il contrario. A mio avviso la scelta sessuale consapevole fa parte della scelta più vasta che un individuo fa nella propria vita. Io direi che oggi, essendoci ampie aree di incertezza, c’è la possibilità della sperimentazione e persino della “sana confusione”. Ma non c’è l’educazione alla libertà, e quindi non c’è l’educazione alla scelta.


10. Che peso ha la famiglia nello sviluppo psico – affettivo degli adolescenti relativamente alla strutturazione dello sviluppo affettivo?
Enorme. Un adulto padre o madre “sviluppato”, in grado di amare, è di per sé un insegnante. Un adulto insicuro, conformista, strumentale, è un diseducatore. Poi ci sono gli adulti innamorati dell’essere genitori. E non solo la norma. Chi è innamorato trepida e si cerca, e cerca i modi di far fiorire l’altro. I “genitori innamorati” sono rari, ma esistono. E contribuiscono alla felicità dei figli. Ma non dimentichiamo il peso degli altri adulti. Gli zii, i nonni, i cugini più grandi. Non dimentichiamo il valore delle nuove convivenze, la presenza delle persone omosessuali nelle famiglie…. Una famiglia solida è una famiglia che si apre alle differenze e dunque allo sviluppo dei suoi componenti.

11. Dal suo libro emerge che una parte dei giovani incontrati siano orientati verso una scelta omosessuale. Può essere considerato un passaggio? (Nota: ho tolto transizione perché mi sembra ripetitivo l’accostamento tra passaggio e transizione)
Questa è la “domanda tipo” di chi veicola un pregiudizio. Ai giovani gay e lesbiche si dice spesso: “vedrai, è una fase, ti passerà”. E loro si vivono come in un’eterna anticamera, in attesa di entrare nella camera vera, quella della scena eterosessuale. In nome della par condicio facciamo questa domanda anche rispetto alla eterosessualità. Può essere considerata un passaggio l’eterosessualità di molti giovani incontrati? Certo, in adolescenza può essere considerato un passaggio sia l’amore etero che l’amore omosex. L’orientamento sessuale è una acquisizione della maturità affettiva. Le pratiche sessuali sono solo indicatori in tal senso. In realtà scopriamo il nostro orientamento sessuale quando per la prima volta ci sentiamo davvero completati da un altro essere che viviamo come compagno di vita. Il sesso di questo essere ci rivela il nostro orientamento. Ci sono persone che non raggiungono mai una vera solidità di relazione. Tutti coloro, ad esempio, che possono “sostituire” l’oggetto amato e che in ogni relazione apparecchiano il medesimo scenario. Individui che non approdano mai al rapporto con l’Alterità dell’oggetto amoroso, nel cui inconscio, c’è un messaggio segreto indirizzato al nostro. Dunque non demonizzerei le transizioni, né enfatizzerei le apparenti solidità che spesso sono applaudite perché rassicuranti per il gruppo. Chiederei ai giovani se conoscono l’amore. Ed è quello che ho fatto.

12. Se scoprirsi omosessuali porta a un senso di inadeguatezza, quanto questo malessere interferisce nel processo di formazione di identità personale?

Interferisce se non ci sono interlocutori. L’inadeguatezza può essere solo sociale, non di esperienza. Ne “l’amore secondo noi” ci sono espressioni di amore omosex altissime così come espressioni di amore etero. E’ il pregiudizio sociale che disturba la ricchezza delle relazioni. Il ragazzo/a che non può tornare a casa raggiante perché si è innamorato di un compagno, che impara a nascondere i segnali del coinvolgimento, è un ragazzo che rischia di abituarsi a inabissare le emozioni e che deve conquistare ciò che agli altri coetanei spesso è dato come ovvietà. L’identità si costruisce nelle relazioni, e se ci sono troppi silenzi le relazioni risultano mutilate. C’è però un’opportunità in più oggi per i giovani omosex: la passione vive di segreti. Oggi il gruppo si impone – il gruppo familiare, di ragazzi, sportivo… - e osteggia la passione a due. Nel gioco della passione la ragazza lesbica e il ragazzo gay potrebbero avere un’opportunità formativa in più rispetto al ragazzo e alla ragazza etero, che vengono subito inclusi e annessi nel gruppo sociale oggi molto omologante. Non dimentichiamoci che i ragazzi hanno bisogno dei segreti, dovendo loro stessi scoprire il proprio. Nel segreto che ognuno di noi è in grado di reggere riposa spesso il volto del nostro talento, viene custodito il respiro della libera immaginazione che potrebbe essere soffocato da presenze troppo contigue. Nel mondo misterioso che l’adolescente riserva a se stesso, ed è in grado di proteggere, c’è una promessa di creatività. Nel buio, illuminato dalla fiammella di un sé generoso e sensibile, riposa l’artista, il poeta, la grande persona del futuro.
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