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settimanale puntata alla libreria Feltrinelli

Post n°137 pubblicato il 11 Novembre 2013 da andrea_firenze
 

settimanale puntata alla libreria Feltrinelli, di sabato pomeriggio, affondato nella poltrona nera di pelle, a leggere dell'ultima scopata di Buk, sorridendo al mio alter ego immaginario. Il vecchio Buk tutto palle di fuoco, pelosi dischi d'armonia, prometeica sostituzione solare alla famiglia e al focolare. Così, controcorrente, Buk riusciva a mettere a tacere la fame, la paura e il desiderio indefinito che tutti sentiamo, intessuto della stessa astrazione. Lascio l'auto nuova lungo il fiume, l'altra l'ho fatta schiacciare senza pensarci troppo nonostante sia pienamente consapevole di come essa sia un simbolo ben riuscito ed una immagine di muta incisività riguardo a ciò che sono stato; la parcheggio vicino al ponte, imbrigliata nelle strisce blu, e cammino in questa via un po' puttana, larga e vagabonda, che mi piace tanto, piena di extracomunitari smodati che aspettano l'autobus. C'è sempre un libro di Buk che non acquisto mai, con la sigaretta e la faccia devastata dall'alcool in copertina; lo leggo un po' per volta rimettendolo a posto sullo scaffale prima di perdermi di nuovo fra la folla del fine settimana. Passo dieci, quindici minuti a sfogliare le pagine di fronte al banchetto della commessa, che evidentemente pensa che mi sieda così spesso là in bella vista perché la voglia scopare o forse che sia un po' matto. E non mi dispiace che la veda così; infondo mi diverte allargare le ginocchia e mostrare lo strappo nel cavallo dei jeans scuciti finché non ne fuoriescano le palle, innocente come un bimbo che si tiri sù la maglietta e ti faccia vedere la pancia. Non so perchè mi ostino a venire in questo posto. Forse mi piacerebbe poterti dare una pietra grande e liscia, sarebbe il massimo che ti potrei comunicare. E tutto sommato non saprei dare una spiegazione neppure del perché continui ad insistere su questi pensieri; non ti sarebbero dovuti analizzando con chiarezza i fatti. È solo che ci cammino ancora dentro, come ad ogni cosa, e spesso ne avverto i passi, qualche volta rumorosi, altre appena percettibili, come quelli degli amanti nella valle degli echi. Li sentirò ancora a lungo, mischiati all'abituale contorsione di emozioni e pensieri, perché è così che sono fatto; impiego molto tempo a digerire gli avvenimenti, come altro potremmo chiamarci; anche se, non diversamente dagli altri, alla fine ti cagherò fuori; come succede; come è già successo, sul cesso, con poca vergogna infondo. Mi fa paura pensare che sarà lo stesso anche per te, che farai la stessa fine dello stronzo nello scolo. Ha ragione Buk, la gente è disumana, ma non credo sia solo quanto più si arricchisca in denaro. La gente è disumana quando vive, nella normalità, quanto più desidera scopare e radersi la faccia e comprarsi dei bei vestiti e l'auto nuova, utilitaria o fuori serie, e ballare e condurre l'esistenza, con licenza, in questa modesta, codarda, impomatata commedia della pace. Mi chiedo cosa abbiano di differente rispetto ad un giardino sofferente tutti gli accomodamenti estetici, le rappresentazioni sociali, le suppellettili comunitarie fra cui ci barcameniamo. Entrate nelle strade del centro. Scegliete pure una città ricca, fiorente. Prendete un giorno d'estate. Fermatevi in mezzo alla gente e guardatevi intorno. Non vedrete altro che sofferenza. E sì alcuni fiori sono più belli di altri, ma sfioriranno; alcuni signori sono ben vestiti ed alla moda ma anche fra questi c'è chi suda, chi puzza o chi semplicemente sbuffa e si annoia. Alcuni sono ormai insofferenti a tutto, al sesso, ai capelli radi, alle grida, all'ingombro altrui, proprio come me. Per non parlare dei cenciosi, degli invalidi, degli allupati con gli occhi bramosi di fiche che non leccheranno mai se non con la violenza, dei truzzi, dei ragazzetti che infastidiscono qualcuno fra loro più imbranato, dei bimbi in carrozzina a cui manca l'aria, greggi di bambini al guinzaglio di zoccole sui cavalli; e considerate l'ostentazione degli atteggiamenti, le regine occhialute della magra decrepitezza che ostentano i loro fetidi buchi e le ossa color tannino come l'ostia il sacerdote prima dell'eucaristia. Andiamocene pure in pace dopo aver mangiato, se sei forte abbastanza da non aver vomitato. Queste vie piene di gente sono una battaglia dove non ci si tocca, dove non ti capita di avvertire l'odore nauseabondo delle carogne perché le armi di conquista si sono affinate e non provocano spargimenti di sangue; ed i bottini sono vani e di poco conto, benché nella stessa misura desiderati. Questa pace è un principio innaturale costruito sull'essere ma che ci somiglia molto, è guerra regolata elargita come misericordia; e se per la bellezza spiccia ed il piacere della carne è necessario lottare allora ciò significa che un artificiale stato di non belligeranza o è un sottile, studiato sotterfugio o una condanna certa che abbiamo ereditato, agghindata, edulcorata come la lama della misericordia sulla testa decollata di San Giovanni dalle stesse pseudo ignare vittime la cui unica consolazione è adularsi della potenza della tua immagine e somiglianza. Resto annichilito della mia ed altrui indifferenza verso la palese colpevolezza dell'essere stimati innocenti; sbalordito e rassegnato che sia così diffusa l'agnosia della responsabilità, purché non sia scritta, e che la miopia, l'astigmatismo, l'ipermetropia, l'acromatopsia, la presbiopia ed il daltonismo sociale siano difetti genetici. Solo raramente ricordo di esserne affetto anch'io. Infondo non sono malattie mortali. Con maggiore pertinenza potremmo dire che quasi incidentalmente appartengono ai mortali. Ed in più, se consideriamo l'uso di tale aggettivo "mortale" che comunemente attribuiamo ai veleni, ai tanfi pestilenziali, all'astrazione del lampo e delle reti elettrificate e poi, per assurdo ma con meno rigore, a noi stessi, è evidente che non lo utilizziamo nella stessa accezione transitiva, ma con fare assolutorio, con tono di compassione, quasi impersonale e con un pizzico di vanità dovuta al fatto che infondo riteniamo non ci riguardi. Una specie di "siamo mortali, ma forse io, con un po' di fortuna e a scapito vostro, mi salverò". Perché in realtà noi causiamo molte più morti della morte, noi siamo davvero mortali; e la sensazione che il delitto non ci appartenga, che sia di qualcun altro la colpa sta nell'incapacità del riconoscimento della sede stessa della nostra personalità. Mi guardo dentro ed indago e mi chiedo dove siano le cose preziose e dove esattamente la mia coscienza ed il pensiero e quale sia il substrato ed il momento, il limite esatto in cui avvenga lo scarto della prevalenza e dell'intenzione di questo corpo di cui il cervello è solo una funzione. Cerco di mettere a fuoco, ma l'anima si rimpiatta dietro l'albero a sbirciare me malato e io cerco di trattenerla; la cucio alla pelle incidendovi dei tatuaggi che rappresentano orge di sesso, d'emozione e d'amore senza riuscire a delineare i volti delle persone che sono lì aggrovigliate, perchè ho cominciato a dimenticarle; pensa che di te sono riuscito a disegnare solo le punte dei piedi che si toccano; e così provo a caso auspici nella bolla di sapone delle viscere di un maiale, invasato come uno stregone, fra droghe ed alcool nella speranza che ciò che uggiola dentro lo stomaco come una pentola dimenticata sul fuoco affiori e faccia irruzione attraverso le inferriate insormontabili della confusione e dell'impenetrabile non fatto che si inerpica e si frappone fra di noi. Ma non ci sono rivelazioni oltre la nebbia indistinta da cui sogno di emergere. Lei mi guarda ancora, come un estraneo; e com'è desolante che io non mi riconosca mai e che senta forte la stranezza di ciò che ho accanto, cresciuto non per caso come un fiore selvatico fra i rovi, ma coltivato con le mie stesse mani.

 
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Commenti al Post:
bloody_blonde
bloody_blonde il 11/11/13 alle 20:18 via WEB
I tuoi post mi hanno colpito tantissimo, arrivi dritto al cuore, come un pugno che lo trafigge. Bravo, sei veramente molto bravo. Buona serata, Simo
(Rispondi)
 
 
andrea_firenze
andrea_firenze il 11/11/13 alle 22:36 via WEB
:) grazie
(Rispondi)
 
 
 
REGINA.LEONESSA
REGINA.LEONESSA il 12/11/13 alle 00:31 via WEB
Perņ ci vuole una giornata per leggerlo...^_^ Sogni regali
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