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« avevi gli occhi molli di lumacaè stato in un pomeriggio... »

vene che affiorano

Post n°139 pubblicato il 14 Novembre 2013 da andrea_firenze
 

vene che affiorano e si gonfiano come dune sulle braccia. Pensieri impantanati, incollati, sudati, precoci, appiccicosi, aggomitolati ed impacciati come il bucato nella lavatrice fanno irruzione dall'interno, spingono la pelle, la tendono come una busta di nylon sulla testa di un assassinato, senza fiato. I dorsi delle mani si fanno rigidi e leggeri come remi a pelo d'acqua con cui perdere la direzione. Il cielo, gli alberi e le grida dell'inferno affondano nel petto in una oscillazione di mezzaluna; la lingua è la bocca spalancata di tuo padre, morto là sulla strada, come un bruco; la voce una rete bucata strascicata sul Pacifico, su ciò che non riesci a recuperare. La notte è cristallina come un notturno di Britten; vi trascorro ore di solennità giapponese, fra il balenare di bagliori di lame affilate. Il giorno è la pace in gabbia del nostro sud. Il sudore mi irrora il collo come uno scialle, come i tentacoli di una piovra. Gli uccelli grattano l'aria, gracchiando. Aspetto che la mia vita inizi nella mia coltivata inettitudine; ma forse è un prologo senza commedia, la vita; un parto della mente, di mia creazione; ed ho la prelazione su ciò che vedo, sempre riuscito male: macchine, semi e seni mangiatempo. Non so neppure io quanto ho aspettato e cosa; perché stia ancora aspettando. Le persone sono tele da imbrattare ed io il tredicesimo apostolo, nero, rinnegato. Raglio in re minore su un treno che deraglia e sogno i pub di Soho e Chesil beach, dove il rifiuto è un regalo da decifrare; e tutte queste cose così vivide e precise come numeri di Harshad, sono pesanti interi positivi divisibili per la somma delle cifre, consoni alla morfologia dell'adattamento culturale e sociale, conformi all'origine della specie. Il cielo si inarca ed ingroppa nuvole formose, dell'est, bianche come pecore. Le strade cedono sui vuoti delle fogne parigine, su ogni rivoluzione. Non è poi così strana la realtà. I semafori, i cornicioni, le auto, le persiane, le magliette colorate non sono esauste ed ambigue quanto la mia presenza che spunta come un corno sulla strada, che traccia diagonali, inebetita, erroneamente fiduciosa come Ippolito con i compagni sulle rive del mar Morto. Scatta il rosso e s'infuria di sangue l'occhio del cavallo imbizzarrito. Esco, corro; scorro i campi di grano; sudo e sudo. Ho perso almeno sei chili negli ultimi mesi e non sono mai stato un gigante. Ti accarezzo. Faccio la spesa: Coop piatti al limone, lettiera cinque chilogrammi per gatti, due confezioni di latte intero alta qualità, il resto deve essere merda; colluttorio, pomodori cuore di bue, come pugni, mi agita prenderli in mano per pesarli sulla stadera; un melone semiretato, yogurt Yomo da cinquecento grammi agli agrumi, chicchi di patate, zucchero semolato, sottonoce a fette, biscotti oro Saiwa alle fibre, per cagare regolarmente; rucola già lavata due confezioni, crescenza Coop, mezzo chilo di pane cotto a legna, scatolette Dreesy per animali domestici. Prendo tre buste, riempio tutto, meccanicamente; mostro i muscoli, sopraffatto da incipienti borbogli inguinali, energici come alimentatori per batterie Bosh. La cassiera è più gentile del solito, troppo. È diventato così faticoso scopare. Passo via, veloce. Per la maggior parte del tempo sono una persona assente, col sorriso. Alla sera ti aspetto in macchina mentre ti sbatti una troia, a Novoli, nella valle della carneficina, ore due e quarantadue, contro la parete del retro del distributore; come è successo tante volte. Certe cose non cambiano mai, nonostante gli anni; altre non sono mai se stesse. Non mi annoio. Mi piacerebbe indossare una mini di pelle, come quella sul tuo culo sodo e debordante; scherzare a bocca larga insieme a voi, avere la vostra, all'inizio costretta, presto acquisita noncuranza verso il proprio corpo: è ironico che il corpo sia l’unica, delle cose su cui abbiamo controllo e che più curiamo, a non appartenerci, che usiamo ma che altri consumano. Soffiamo nella macchina dell'alcool test ridendo su un'altra patente ritirata. Il cuore è un pozzo di petrolio che picchia contro lo sterno. Riporti in auto con te l'odore famelico e forte delle puttane ed è repellente per me quell'intimità rubata come se io fossi l'unico cui sia consentito puzzare. Non vedo l'ora di scaricarti. È facile depersonalizzare gli altri satirosauri, anche se hanno la faccia del tuo migliore amico, ma non funziona allo stesso modo con se stessi. Tiro fuori il baco da sego e mi faccio una sega, come lassativo per l'anima e i nervi, sgrullandomelo, sbatacchiandolo qua e là, bistrattandolo con violenza fra le note di Duke Ellington, senza sentimento, catatonico, viscido come la pelata di Johnny Moncherino, solo. Non ci sono Bess McNeill ad aspettarmi. Non esistono Bess McNeill che infrangano le onde. Sono solo puttanate.

 
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Commenti al Post:
alive_2012
alive_2012 il 15/11/13 alle 10:50 via WEB
Sicuramente il tuo post č uno spaccato di vita davvero notevole...Complimenti :-)
(Rispondi)
 
 
andrea_firenze
andrea_firenze il 15/11/13 alle 21:08 via WEB
Grazie :)
(Rispondi)
 
emma01
emma01 il 15/11/13 alle 11:06 via WEB
concordo con alive, descrivi che con calma e precisione e gran sicurezza una sequenza frenetica, quasi parossistica, di immagini. molto particolare.
(Rispondi)
 
 
andrea_firenze
andrea_firenze il 15/11/13 alle 21:09 via WEB
ci provo ;) grazie!
(Rispondi)
 
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