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QUARTA PARTE

Post n°34 pubblicato il 01 Ottobre 2006 da angeloingabbia

Non era ancora chiaro,quello che stava accadendo in quel paese,ma il nervosismo che si notava nelle varie fazioni lasciava presupporre che una bomba ad’orologeria si era innescata,e si stava aspettando il momento della sua deflagrazione.Il cammino verso Belgrado,fù lungo e non privo d’imprevisti,più o meno pericolosi e bellicosi,cominciammo a sentire come quel paese si stesse spaccando in più fazioni,e non era solo un fatto politico,o religioso,ma la voglia di fare una pulizia etnica era tanta,da qualsiasi parte la si vedeva l’aria era sempre la solita,serbi contro croati,albanesi che rivendicavano le loro origini,montenegrini che dichiaravano apertamente la loro assoluta indipendenza,insomma un caos infernale,che da ideologico si stava trasformando in guerra civile a tutti gli effetti.
Gia guerra,appena entrammo a Belgrado trovammo un comitato d’accoglienza mica male,una squadra di cecchini lungo la via che portava al centro della città,che sparava su tutto ciò che di umano si muoveva,senza distinzione e senza nessun controllo,l’imperativo era spara e uccidi.
Riuscimmo ad’arrivare nel luogo preposto,non nascondo che eravamo stupiti da quel che avevamo trovato,d'altronde dovevamo solo visionare la situazione,che ci era stata descritta poco pacifica ma non belligerante,e invece trovammo una guerra civile in pieno corso.
Passarono alcuni giorno e non senza difficoltà,prima che qualcuno ci facesse sapere cosa dovevamo fare,e finalmente quel giorno arrivò.
Dalle alte sfere ci comunicarono,che dovevamo spostarci da lì,e raggiungere un posto a sud della città,li avremmo trovato un campo base che da pochi giorni si era insediato,metterci a rapporto con il comandante della base la quale ci avrebbe dato i nuovi ordini.
Una cosa ci lasciò perplessi,la parola “massima velocità”parola che accompagnava un’altra parola”allontanarsi”.
Allontanarsi con la massima velocità,cosa significava?perchè tutta questa fretta?cosa stava per accadere in quel posto?
Era quasi sera quando arrivammo alla periferia sud di Belgrado,non avevamo ancora raggiunto la base,ed’un rumore sordo ma conosciuto ci fece alzare la testa in’aria.
F16 in volo e in assetto di guerra ci stavano sorvolando,come un bambino che vede per la prima volta un qualcosa ,rimasi di pietra,pochi secondi e cambiai di nuovo stato d’animo,dopo la prima esplosione e poi un’altra e ancora altre,ma cosa stava accadendo?Chiesi a Liona se fosse al corrente,sullo stato delle cose o se sapesse di chi fossero quegli F16,dato che l’aviazione slava non li aveva in dotazione,lei annui,nei suoi occhi c’era quella luce che già in passato avevo visto.Quella luce che trasmette solo colui che stà per dirti un qualcosa di orrendo,quella luce che significa morte distruzione.
Quegli aerei che stavano bombardando Belgrado erano della RCAF (ROYAL CANADIAN AIR FORCE),dopo di loro se ne sarebbero aggiunti altri di altre aviazioni,insomma per farla breve gli USA e l’ONU erano scesi in campo
,non c’erano ancora italiani ma pochi giorni e sarebbero arrivati pure loro.
Ci fù dato il permesso di riposarci,come se fosse facile e naturale farlo in quelle condizioni,dopo alcuni giorni,ci fù detto di ritornare in città,i bombardamenti erano cessati,ora toccava a noi.
Quattro squadre,tutti con elevata precisione di tiro,e tutti con una certa esperienza ormai alle spalle,una cosa era strana,tutti civili.
Il compito era semplice,si spiegava tutto in una parola”pulizia”.Benchè non avessi compreso il senso di quel termine in quel momento,mi faceva forza il fatto di avere con me i miei compagni e Liona.
Una ragazza bellissima,fisico gracile,non che io sia stato un’adone fisicamente,non lo sono nemmeno ora.,capelli lunghi nero corvino,occhi verdi,e scusatemi il commento curve da mozzafiato.Insomma una bellissima donna,se oltre all’aspetto fisico ci aggiungi anche una dolcezza disarmante ,sensibile,di poche parole ma quelle poche trasmettevano calore,sicurezza e un velo di tristezza che,molto professionalmente celava ai molti.
Ci fù subito un feeling stupendo,in quei momenti di relativa tranquillità ci buttavamo in discorsi che sarebbero potuti durare giorni interi,senza nessun cenno di noia o,paura di scoprirsi troppo.Ci raccontammo tutto delle nostre vite,e quel patto che idealmente ci legava si fortificò ulteriormente,finimmo per diventare l’uno l’ombra dell’altro e viceversa.Mi raccontò la sua storia,di come il marito morì,in un’attentato da parte di quelli dell’UCK,mi parlò della sua bambina,che era riuscita a portarla da sua nonna che viveva a Durazzo;e di come il suo cuore piangesse per questo.
Durante quei discorsi,facemmo entrambi la stesse promesse,la prima fù quella che non riuscimmo a mantenere a lungo,il cercare di non farci coinvolgere emotivamente e sentimentalmente(era un lusso che in quella situazione non ci potevamo permettere),l’altra fù che qualsiasi cosa sarebbe accaduta,l’altro avrebbe preso l’impegno di stare vicino ai suoi cari.
Promessa ardua la seconda dato che nessuno dei familiari sapeva chi fossimo e cosa in realtà facessimo,per vivere.Arrivammo in città,e li ci dividemmo,in base alle zone che ci erano state assegnate,”mi raccomando cerchiamo di fare una buona pulizia”,furono le parole di chi aveva preso il comando di quel gruppo,e aggiunse che se qualcuno aveva dei dubbi sull’argomento quello era il momento dei chiarimenti(meno male che quasi tutti non avevano capito cosa diamine significasse quella frase).Il concetto è semplice rispose,nonostante i bombardamenti di questi giorni,la città e tenuta sotto costante tiro da dei cecchini,il nostro compito è quello di stanarli,non importa come l’importante è farli smettere,dunque avete carta bianca,e aggiunse,con tono stavolta molto più accentuato e carico di rabbia,”staniamoli quei figli di ……. Stanno facendo strage di civili”.
I gruppi si divesero a loro volta in tanti altri gruppi,per non esser di facile bersaglio,dunque si decise di agire in coppia,liona chiese espressamente di stare con me,il capo accennò un si con la testa,e andammo nella via che ci era stata assegnata.
Un domanda da allora mi perseguita e non so se voglia trovare una risposta,il fatto di non sapere se e quanti ne abbia stanati mi ha aiutato tantissimo nel proseguo della mia vita,ma capita ogni tanto che mi ponga questa domanda specialmente in momenti come questi.
Comunque,il primo giorno passò,fù abbastanza movimentato,ci rendemmo conto della reale situazione che c’era intorno a noi,non si trattava di qualche episodio isolato ma di un’intera città presa di mira da tiratori,appostati in qualsiasi posto,tetti,palazzi semi crollati,case abitate e qualsiasi altra postazione possibile..Ma nonostante tutto il compito fù portato a termine secondo i tempi previsti.Mentre ci accingevamo a raggiungere il posto prefissato per l’incontro con gli altri,ci fermammo in una casa abbandonata,la notte era prossima,e l’incontro sarebbe stato l’indomani,dunque decidemmo di passarla li.
Quella notte era serena sopra noi un manto di stelle,che ci fecero scordare la situazione di pericolo che ci attanagliava in ogni istante,e l’aria di guerra si trasformò in aria di pace,fù colpa della troppa adrenalina o forse semplicemente il desiderio di far capire all’altro,quello che stava provando,ci ritrovammo con le labbra che si stavano sfiorando,le mani che comunicavano al corpo dell’altrola forte emozione e il grande sentimento che c’era in quel momento,e senza dire una parola ma solo con lo sguardo fisso uno negli occhi dell’altro facemmo l’amore.
ALLA PROSSIMA

 
 
 
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Un blog di: angeloingabbia
Data di creazione: 21/09/2005
 

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