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« QUARTA PARTESESTA PARTE »

QUINTA PARTE

Post n°35 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da angeloingabbia

Fu la notte più emozionante della mia vita,quella notte e
mai avrei immaginato,che quell’evento diventasse negli anni parte indelebile
dei miei ricordi.



Ricordi carichi di emozioni,sapori,odori e lacrime
versate,ricordi che ti segnano dentro,che ti portano verso spiagge in cui non
vorresti mai approdare,in sabbie mobili nella quale non solo il tuo corpo viene
inghiottito,ma anche l’ultima tua speranza,l’ultimo tuo sogno,l’unica tua fede.



Quella notte,in cui due esseri si sono fusi in un unico
spirito e corpo,quella notte in cui tutto si fermò,il tempo,il battito del
cuore,la paura del domani.



Ma il domani arrivò,spietato più che mai,il sole sorse,e
come se tutto fosse nella normalità,insieme al sole anche i fucili dei cecchini
ripresero a suonare.



Giusto il tempo di uno sguardo,di un saluto dato con gli
occhi carichi di soave gioia,che una voce gracchiante fuoriuscita dalle nostre
radio ci riportava nella cruda realtà.



“Delta bravo,delta bravo,qui base date vostra posizione
passo” li facemmo tribolare un po’ ma poi rispondemmo a quella chiamata,”base
qui delta bravo siamo a circa due ore di cammino da voi,dateci la situazione
passo”,”occhi aperti delta bravo,nell’ultimo caseggiato in fondo alla strada ci
sono tre o quattro scimmie appostate,stanatele e rientrate passo”,”ok base
diamo il buongiorno e rientriamo passo e chiudo”.



Riprendemmo il cammino verso la base,ci lasciammo tutto alle
nostre spalle,ora non c’era tempo per ricordare le nostre menti dovevano esser
lucide,già,come se fosse facile liberarsi di quello spirito che ti è penetrato.



Passo dopo passo,mentre facevo opera di convincimento nel
liberarmi di quelle emozioni,mi rendevo sempre più conto di come fosse
impossibile liberarmi di lei,del suo profumo,del suo calore,ma ci riuscii,grazie
al sibilo di un proiettile,che mi sfiorò il viso,e finì la sua corsa in una persiana
lì accanto alla mia faccia.



Strana la cosa,nessuno di noi aveva sentito partire il
colpo,e ancor più strano era il calibro di quel proiettile,un 12 nato.



Chi aveva sparato quel colpo,anche perché sino a quel
momento non ci eravamo mai trovati difronte a dei cecchini muniti di
silenziatore e con quel calibro,l’arma più sofisticata che avevamo incrociato
erano dei vecchi garand.



Capimmo che da lì in poi la cosa si sarebbe complicata ancor
di più,ci dividemmo in squadre da due come da prassi,e continuammo la
caccia,stanammo tre scimmie,fu semplice dato che erano male
appostate,individuammo anche la quarta,ma la cosa si mise subito male.



Era in gamba e molto ben coperto,inoltre a complicare la
cosa c’era anche una scarsa visuale dalla nostra,dunque dovevamo svincolarci da
quel posto,con la speranza di trovar migliore postazione.



Non so dire di preciso quanto tempo girammo,ma riuscimmo con
un colpo di culo a stanare quel maledetto,mikael rimase ferito lievemente,una
strisciata al braccio nulla di che,ma la paura si leggeva nei suoi occhi,circolava
la voce che alcuni cecchini usassero proiettili trattati chimicamente,in modo
che bastasse anche una lieve ferita per infettarti di chissà quale malattia.



Mi chinai su di lui,e lo aiutai ad’alzarsi,udimmo uno sparo
e un altro ancora,mollai mikael,e mi buttai su di lui,”tutto bene ragazzi”era
la voce di liona tirai un sospiro di sollievo,ma fù solo un sospiro,un’attimo,e
il corpo di liona cadde su di me.



Riconobbi subito l’odore che penetrava nelle mie
narici,cominciai in cuor mio a pregare,convincendomi che si trattava del sangue
fuoriuscito dal braccio di mikael,ma non era così.



Le braccia di liona mi strinsero,la sua voce fioca e
sospirata mi implorava di non dimenticarla mai,di portarla sempre con me,di non
rinnegare mai quello che in una notte straniera ci aveva travolto.Urlai e
imprecai non so quante volte,chiesi a mikael di coprirla,stanai quel maledetto
non so quanti colpi gli scaricai adosso,so solo che rimasi a secco,tornai
indietro era ancora viva,mi supplico di portarla alla base,e incurante di
quello che avremmo potuto trovare lungo quel breve tragitto che mancava verso
la base ,la presi in braccio e la portai via da lì.



Giungemmo alla base,urali di portare un medico,ma non servì
a nulla,mi diede una carezza,e disse lasciami andare,uralai di tener duro,che
poteva,doveva farcela,le mi disse graziedi ciò che sei e di cosa sei,furono le
sue ultime parole,da li a poco tirò anche l’ultimo sorriso e respiro.



Giurai che quella sarebbe stata la mia “ultima missione di
pace”qualche giorno dopo riuscì a rientrare in’italia,mi diedero qualche giorno
di riposo per rimettermi,e per riflettere su quelle che erano state le mie
decisioni.



 



 

 
 
 
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Un blog di: angeloingabbia
Data di creazione: 21/09/2005
 

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