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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

Benvenuti nel mio blog!

Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Una donna senza fortuna - Richard Brautigan

Post n°1091 pubblicato il 28 Giugno 2013 da bluewillow
 

Titolo: Una donna senza fortuna. Viaggiando all'indietro con due camicie soltanto. Titolo originale: An Unfortunate Woman Autore: Richard Brautigan Traduzione: Enrico Monti Casa editrice: ISBN pag: 132

“Probabilmente le cose più vicine alla perfezione sono quegli enormi buchi completamente vuoti che gli astronomi hanno scoperto di recente nello spazio. Se davvero dentro non c'è niente, com'è possibile che qualcosa vada storto?”

una donna senza fortuna - brautiganScritto nel 1982, se vogliamo prestar fede alle date riportate in questa specie di semi-diario, o come la definisce Brautigan una “cartina -calendario del mio viaggio attraverso la vita”, proprio a partire dalla data di compleanno dell'autore, il 30 Gennaio, “Una donna senza fortuna” è l'ultimo libro di Richard Brautigan, prima che l'autore si suicidasse nel 1984.
Il libro fu (a mio parere inspiegabilmente) rifiutato dall'editore dello scrittore e rimase impubblicato per molto tempo dopo la morte, fino a quando nel 1994 l'amico critico Marc Chénetier ne curò la traduzione in francese e lo fece stampare con il titolo “Diario di un ritorno da Troia”, come scrive Enrico Monti, traduttore e curatore del volume, nell'introduzione. Solo a partire dal 2000 il volume è approdato negli Stati Uniti, patria di Richard Brautigan, e in Gran Bretagna, nonché in Italia.
A questo punto vi chiederete perché tanto travaglio nella pubblicazione di un libro di un autore in fondo noto e amato e credo di aver trovato la mia risposta in questo: precorreva i tempi, ancora una decina di anni e gente come David Foster Wallace avrebbe usato la stessa tecnica narrativa ( con una base reale tratta dalla biografia che dà poi luogo a lunghi excursus in cui si espongono le più varie teorie, aneddoti e astrazioni) con successo di critica e di pubblico, senza far storcere il naso agli editori.
Credo che, come anche in American Dust, che ha moltissimo in comune con questo libro, Richard Brautigan abbia capito in tempo che l'epoca della beat-generation, che gli aveva regalato il successo, era ormai passata per sempre e che abbia provato disperatamente ad adattare la sua tecnica di scrittura a nuove sfide, passando ad una narrazione più intimista e personale che attingeva ad ampie mani dalla sua biografia: il suo problema è stato non essere capito, se non troppo tardi, forse perché a carte troppo scoperte ha mostrato di aver giocato con gli eventi reali per piegarli alle necessità narrative o per il piacere di raccontare qualcosa di divertente.

“Una donna senza fortuna” non è un vero e proprio romanzo, ma una specie di diario di viaggio, in cui l'autore ha annotato, dal Gennaio al Luglio del 1982, una serie di pensieri e riflessioni sulla sua vita, mentre si muoveva da una zona all'altra del contenente americano, perché sempre secondo le sue parole, “uno degli scopi disperati di questo libro è cercare di tenere insieme passato e presente in simultanea”. Come in altri libri di Brautigan, il reale e il fittizio si confondono, così come il passato ed il presente: la figura dell'amica morta per infarto a soli 38 anni, a cui è dedicato il libro, Nikki Arai,  si mescola con quella di una donna morta per suicidio dopo la malattia per cancro che, come un fantasma, appare a volte nei pensieri dello scrittore, memento del pensiero ricorrente  di una fine della vita forse desiderata, più che temuta o di cui si intuisce l'approssimarsi.
Nonostante il titolo e nonostante quelle che potrebbero sembrare fin troppo tristi premesse, questo libro è in realtà tutt'altro che deprimente, è anzi dotato di una rara levità nel descrivere il senso di estraneità alla modernità dell'autore: Brautigan è un maestro nell'inserire scene davvero molto buffe nella sua narrazione, come quando descrive i tentativi di scattare una foto-ricordo di Honolulu mentre stringe al suo fianco una gallina, di cui dice “Oddio come era seria quella gallina”, o come quando allestisce una specie di processo a sé stesso in stile “Alice nel paese delle meraviglie” perché si autoaccusa di non aver scritto per troppi giorni.
Tuttavia in mezzo alle scene comiche emergono, più luminose di altre, quelle in cui lo scrittore descrive sé stesso come qualcuno che non comprende più la società che lo circonda, fatta di persone che riempiono carrelli della spesa di migliaia di articoli, usano la macchina come se non avessero più le gambe o passano il tempo a contemplare gli incendi divampati nella città come se fossero spettacoli di varietà. “Ci sono sempre i pratici in mezzo a noi. Stabiliscono le priorità e non si aspettano altro” dice l'autore, come volesse rimarcare che non c'è più spirito, ma al suo posto solo obiettivi materiali, concreti, senza spazio per l'amata fantasia (che nel suo caso si fa iperbole) o per autentici rapporti umani.
A pesare sul cuore dello scrittore è anche il difficile rapporto con la figlia ventunenne, appena sposata e di cui non approva il matrimonio, ma con la quale per motivi insondabili non riesce a riallacciare i fili di un rapporto troppo teso.
Richard Brautigan ha davvero messo tutto sé stesso in questo libro (con in più un mucchio di cose inventate, ma verosimili come al solito, ovviamente), compreso il suo desiderio di una convivenza più facile con se stesso:
“Invece di avere soltanto qualche chilometro e talvolta soltanto pochi centimetri tra un problema e l'altro, perché non incrementare la distanza? Sarebbe bello una volta tanto avere 47 chilometri tra un problema e l'altro e magari in 47 chilometri un po' di pace potrebbe spuntare come una giunchiglia in mezzo ai miei problemi.”
Nel complesso il volume assomiglia tantissimo ad un blog, di cui si leggano i post dall'inizio cronologico alla fine, perché in fondo anche un blog è molto simile ad un diario, suddiviso negli “scompartimenti” dei vari post, che possono e non possono essere legati tra loro, ma in qualche modo raccontano la storia di chi lo ha scritto. 
L'autore giura di aver dato all'editore il libro senza rileggerlo: non gli credo minimamente, ma credo sul serio che, pur rileggendo e correggendo qualcosina, non abbia riscritto nulla, perché chi scrive un diario o un blog non riscriverebbe mai totalmente il passato, sarebbe come cancellarlo.
“Una donna senza fortuna” è un libro poetico e malinconico che sa alternare il comico al tragico in un equilibro forse un po' precario, perché non sempre tutti i fili della narrazione si riallacciano, come ammette alla fine lo stesso autore, ma che dalla prima all'ultima riga non smette mai di essere affascinante e in cui con poche pennellate, magari solo due righe, Brautigan sa far apparire dal nulla paesaggi, sentimenti, personaggi, descritti in maniera viva ed emozionante. Se “American Dust” era un viaggio nel passato e nell'infanzia, “Una donna senza fortuna” è invece il racconto del Brautigan adulto, un uomo che non ha smesso mai di sentirsi un po' strambo, fino a quando forse il mondo non è diventato più strambo di lui.

Di Richard Brautigan ho recensito anche:

American Dust

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