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« Messaggio #57Messaggio #59 »

Post N° 58

Post n°58 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo sesto

 

Rimasti in quattro, non ci passò neanche per l’anticamera del cervello di buttarci a letto. Si propose di giocare a scopone scientifico. Prendemmo le carte e ci sedemmo al tavolo. Io in squadra con Chicco e Carlo con Michele. Ci circondammo con tutto ciò che sarebbe servito per una buona partita: bottiglia di vino, bicchieri, il necessario per fumare…

-         Sapete? L’altro giorno in piazza c’erano due magrebi che si tiravano dietro pezzi di porfido. Vedessi che scena. Poi sono arrivati gli sbirri quattro manganellate a testa e via in macchina.- Disse Carlo.

… e un argomento su cui sfogare la nostra fantasia.

-         Si tanto domani sono in piazza di nuovo. Dio….

-         Pensa ai soldi sprecati: la pattuglia da pagare, il giudice, l’avvocato, carte su carte, per poi liberarlo dopo due ore.- Mi sentii di dire.

-         Siamo l’Italia. Pensa al fatto dell’indulto. Sono strumenti che si usano dopo le rivoluzioni o le guerre, noi lo usiamo ogni tanto perché le carceri sono affollate. Se lo racconti ad un marziano non ci crede. Ti domanderà subito: “Ma allora perché li mettete in carcere? Non fate prima e risparmiate se evitate di arrestarli.” E tu cosa rispondi?- Domandò Carlo.

-         A me più che gli extracomunitari  mi danno fastidio gli italiani che rubano. Quei tizi che fanno gli sboroni e poi li inculano col cellulare come dei fessacchiotti. Rubano i miliardi. Cioè miliardi. No bagigi?- Disse Chicco.

-         Bagigi?- Domandò il montanaro Michele.

-         Arachidi, lo diceva sempre il mio prof di fisica quando dimenticavi le unità di misura: “Cosa sono quei dieci lì: metri? Celsius? Litri? Bagigi?” Mi piegavo dal ridere.

-         Poi questi manager che sembrano mafiosi russi. Pacchianissimi. Con le loro macchinone, l’occhiale enormemente firmato e lo sguardo che ti dice: “Tu non sai chi sono io. Io ho soldi, schifoso” e allora mi tocca rispondergli con uno sguardo tipo: “Finchè non te lo scrivi in fronte non saprò mai di chi cazzo è questa testa di cazzo. Che i soldi te li sarai fatti vendendo i tuoi neuroni.”

-         Tutto con uno sguardo? Sei bravo però.

-         Diciamo che è impegnativa. Comunque d’istinto mi verrebbe da pensare che sarebbe giusto che più soldi hai più la pena dovrebbe essere alta. Se hanno soldi, hanno più responsabilità verso la società. Come nei lavori, più è alta la tua responsabilità più soldi ti danno.

-         Chicco, se fai così, in base al reddito, ti ritrovi che nessuno prende più una lira.- Obbiettai.

-         Euro.

-         Euro, euro. Che precisini che siamo.

-         No dovresti fare...come si chiama…insomma, dividere: reati penali, reati…quelli delle multe in motorino?

-         Si chiamano amministrativi, Carlo. Firmavi verbali amministrativi.

-         Giusto, e finanziari. Per questi usi il reddito.

-         A parte che mi sembri un professore. Stra fatto. E mi fa ridere e poi penso funzioni già così. Spero.- Dissi non troppo sicuro non avendo mai fatto diritto.

-         Non credo.- Replicò Carlo percependo la mia  indecisione.

-         Ma se falsificare un bilancio rischi meno di vendere del fumo. Dio ….

-         Ah si?

-         Ultimamente.

-         Allora non ho capito un cazzo dalla vita.

A carte vincevamo io e Chicco, ci conoscevamo da tempo e ci capivamo. Lo scopone scientifico è un gioco di mente. Michele per cercare di indebolirci iniziò a girare una mega canna d’erba.

-         Sempre per il discorso che siamo portatori di fortuna.- Disse.

-         Sani però. Dio ….

Michele si era integrato bene e noi ci comportavamo come se fosse nostro amico da sempre. Anche se avrei pagato oro per sapere cosa pensasse di Chicco. Il nostro piccolo reazionario.

-         Che poi più ci penso e più mi domando cosa se ne fanno dei miliardi, quando ti bastano cento milioni per vivere bene.- Disse Chicco.

-         Ma non dovrebbero rubare.- Esclamò il nostro amico teutonico.

-         Si bravo. Non ci dovrebbero essere neanche la guerra e tantissime altre menate.

-         Dovresti leggere “Il conte di Montecristo.”- Dissi.

-         Perché cosa c’è scritto?

-         C’è un bellissimo discorso che fa’ alla servitù. Praticamente ad un certo punto chiama il suo cameriere e gli dice che il periodo di prova era finito e che gli era piaciuto come aveva lavorato anche perché crestava il giusto dalle spese. Il cameriere si difende e dice che non è vero che cresta le spese. Bé, lui gli dice che è inutile mentire, e comunque a lui va bene, gli ruba il giusto. Se rubasse di più lo avrebbe licenziato.

-         E cosa significa?- Domandò Carlo incuriosito.

-         Che è inutile sperare in cose assurde, tanto lo sappiamo che non le raggiungiamo. Più tosto diamoci obbiettivi più raggiungibili. E’ inutile sperare che la gente non rubi, molto meglio che capisca che c’è rubare e rubare.

-         Esatto. Quello che volevo dire io. Posso capire rubare per vivere, ma questi uccidono bambini in Cina per avere quattro ville quando ne hanno già tre. Poi vanno in tv a piagnucolare che c’è la crisi e tutte le stronzate del mondo. Stanno esagerando.- Mi disse Chicco.

-         Oppure chi ruba sull’ambiente. Anche i mafiosi. Se fossi napoletano mi incazzerei con lo Stato, ma andrei anche sotto casa di qualche cammorista a dirgli che finché è cocaina può anche andare, ma con la mia salute non si scherza. Cazzo.

Al trentuno arrivammo prima noi e la partita si concluse. Carlo voleva la rivincita e io cambiai cd.

Tolsi i White Stripes e misi dentro Jamiroquai. Era stata fatta una pausa per poter andare in bagno a fare pipì, ma i nostri avversari andarono a produrla fuori per parlarsi. Probabilmente Carlo voleva spiegargli delle tecniche di gioco perché noi sapevamo il fatto nostro, dopo anni di scuola. Tornarono ed i suggerimenti si videro subito. Io e Chicco forse anche deconcentrati perdemmo le prime manche di brutto.

La seconda partita finì e avevamo perso. Ora eravamo sull’uno ad uno e si giocava la bella. La squadra perdente come pegno aveva una bottiglia di vino, da litro, da finire entro l’ora successiva.

Si ricominciò a giocare e la stanza diventò una ciminiera.

-         Che poi si vestissero bene. Sarà bello vestirsi come delle automobili, stessi colori metallizzati e scritte enormi degli sponsor.

-         Basta Chicco, hai rotto. Concentrati un attimo.

-         No dimmi, come si dovrebbero vestire. Sono molto interessato.- Disse Carlo.

-         Non parlo più. Vi ho capito voi furbetti. Volete sconcertarmi. Dio….

Eravamo quasi in parità, la differenza era solo di pochi punti e sarebbe bastata una mano sbagliata per far vincere i nostri avversari, ma avevo fiducia nel mio compagno.

Di fatti alla fine vincemmo e fu travasato, dal bottiglione da cinque, un litro di vino in una caraffa.

Uscimmo dalla stanza fumosa a fare l’ennesime due gocce e da fuori si vedeva l’aria che avevamo respirato e, almeno a me, vennero i brividi. Aprii porte e finestre per arieggiare l’ambiente e spuntò Alberto con la sua ragazza.

La sua dolce metà guardò l’ora e visto che erano appena passate le due se ne andò a dormire.

-         Filippo?- Domandò Alberto.

-         Il vecchio mandrillotto ha seguito il tuo esempio.- Gli disse Chicco battendogli la mano sulla spalla.

La stanza era divenuta fredda, ma ben ossigenata, Stavamo per tapparci dentro  quando sentimmo bussare alla porta. Era Filippo con l’Elisa ancora sbronza e un po’ scombussolata.

Ci guardammo negli occhi e in nessuno c’era la voglia di andare a letto. Prendemmo il computer e mettemmo un film. “Tenacius D e il destino del rock”.

Si creò un clima strano, avevamo voglia di distruggerci in silenzio. Si aprì una bottiglia di grappa che passò di mano senza sforzo, anzi.

Tutti avevano dato esami, passato il mese di agosto con l’angoscia dello studio e sembrava che solo ora la tensione fosse calata. Tutti volevano azzerare la mente per poter ripartire.

Quindi guardavamo il film in silenzio e ognuno fumò e bevve a suo piacimento, perciò tanto.

Io quando iniziai a star male veramente decisi di usare le ultime forze per scaraventarmi a letto e non feci neanche a tempo a focalizzare in quale mi fossi buttato che avevo già preso sonno.

 
 
 
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