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Post N° 49

Post n°49 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo quindicesimo

 

Quando rialzai lo sguardo, erano tutti in cucina ed ai fornelli c’era Alberto e la sua fidanzata che avevano messo sul fuoco una pentola per la pasta e una moka per la loro colazione. Una situazione un po’ assurda. Chicco prese una tazzina poi prese la grappa e ne versò due dita dentro.

-         Così viene pulita. Dio….

Mangiammo. Tutti erano in silenzio, per i più diversi motivi.

Michele era riuscito a schivare l’alcol, ma quando Carlo alzò il bicchiere di vino per il brindisi non poté rifiutarsi.

-         Che non ci sia giorno senza brindisi. Brindo ai brindisi e ai Brindisini già che ci sono.- I cin cin partirono.

La serata era spenta, ma un po’ di riposo ce lo meritavamo. Era molto presto e qualcuno buttò il mazzo di carte sopra la tavola. Ci mettemmo a giocare a squadre in una sottospecie di torneo. Io ormai facevo coppia fissa con Chicco.

-         Sai vecchio che ultimamente ho una paura. Ma proprio paura.

-         Di cosa Chicco?

-         Vedi quando leggo il giornale e vedo queste sparate dei politici mi possono far girare le palle, farmi ridere, mettermi di buon umore, darmi delle idee, ma non mi facevano paura. Fino a qualche mese fa.

-         Cos’è successo?

-         Ho letto di gente che dice di tornare al nucleare. Ma siamo matti?

-         Ora hanno raggiunto un buon livello di sicurezza.

-         Guarda, riguardo a queste cose si possono avere un sacco di punti di vista. Tipo: è ecologica? Secondo me no, ma posso accettare che ci siano persone convinte che lo sia più del petrolio. Posso anche credere che venga costruita con tutte le accortezze e soprattutto con tutto il cemento che serve. Ma le scorie dove le mettiamo? Vuoi sapere un paio di gran brutte storie?

-         Dimmi.

-         Tipo il reattore che si erano costruiti i militari da qualche parte credo in Toscana.

-         Cos’ha?

-         Nessuno sa dove siano finiti i materiali radioattivi. I militari dicono che è stata una ditta a smaltirli e la ditta dice che non l’ha fatto. Capisci? Io non prendo neanche in considerazione il punto di vista ambientale, bisogna andare a livelli peggiori.

-         E l’altra storia?

-         Niente, mafiosi che parlano di scorie radioattive buttate in mare. Sai, è grande.

-         Cos’ì aumenta la biodiversità.

-         Giusto, sarebbe bello crescesse il pesce due palle. Una mutazione genetica.

-         Oppure gli uomini granchio di South Park.

-         Non riusciamo a gestire un sacchetto di spazzatura e ci mettiamo a trafficare con robe radioattive. Ti ammazzano in un secondo. Bisogna essere perfetti e tra morire e comprarla dalla Francia preferisco la seconda ipotesi. Conoscendoci.

-         Potremmo domandare di farcene costruire una da loro, a casa loro, con i nostri soldi.

-         Esatto come i Comuni liberi del mille e qualcosa. Hai presente che chiamavano uno da fuori per farsi gestire perché se no c’erano troppe losche locali.

-         Vedi quanto si può regredire in soli mille anni.

-         I siciliani avevano proposto di andare con gli Stati Uniti.

-         Quando nella seconda guerra mondiale? Se ci vanno ora è il colpo di grazia.

-         Per la Sicilia?

-         No per gli Stati Uniti.

 
 
 

Post N° 48

Post n°48 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo sedicesimo

 

Verso le undici ed un po’ di birre scolate mettemmo via le carte, Michele si alzò e ci comunicò che sarebbe andato a letto, era ancora distrutto. Lo sentimmo che provava a darsi una lavata.

-         Bè ragazzi. Non ve lo detto. Stamattina mi sveglio e qui per terra c’era disteso Michele che dormiva tutto sporco. Che ridere.

-         Si?

-         Ti giuro domanda all’Elisa?

-         Guarda, io se devo essere sincera credevo fosse morto.

-         Ma chi è che è andato a letto per ultimo? Che non me lo ricordo. Dio….

-         E chi è che l’ha lasciato qui?

-         Tu.

-         Io?

-         No, lui.

-         Macchè a me pareva che lui fosse con me e lei.

-         Io non mi ricordo niente.

-         Neanche tu.

-         E allora cazzo dici.

-        

-         Sono confuso.

-         Ma quanto avete bevuto ieri sera? Non è che voi maschietti ieri sera avete preso anche qualcos’altro?- Domandò l’Elisa.

-         Un funghetto ieri me lo sarei anche preso se li avessimo avuti. O no Carlo?- Disse Chicco.

-         Si un funghetto non è male. E’ l’unica cosa che prenderei.

-         Saranno anni che non tocco più nulla di sintetico. Non ci si può più fidare e poi ormai siamo grandicelli per ste puttanate. Dio ….

-         Perché a che età ti facevi?- Domandò l’Elisa.

-         Ho avuto un brutto periodo a diciannove anni ma ora che ne ho ventidue …

-         Ventitre.- Lo corressi.

-         Quasi ventitre. Comunque ora non mi faccio più nulla. Ho avuto brutte esperienze.

-         Bé io non ho mai pippato.

-         Mai? Neanche fumata?

-         Ti giuro, neanche un tiro. Ho passato un anno, appena ho cominciato a fumare, che se non avevo una canna al giorno schizzavo male. Ho capito che qualsiasi cosa avessi provato ci sarei rimasto sotto. Ma sotto sotto.

-         Fatto bene vecchio.- Disse Filippo.

-         Ora vedo un sacco di ragazzini che fumano eroina. Cioè sono dei bambini.

-         Ma se un attimo fa Chicco hai detto che anche tu ti facevi da più piccolo e ora basta?

-         Si ma trip, pippate. Insomma si ci faceva qualche cartonata. L’eroina è una merda. Merda. Anche solo dopo averla guardata hai voglia di rivederla. Pensa dopo che ti sei fatto? Devi avere due palle enormi per uscirne.

-         Come con la bamba.- Disse Filippo.

-         Molto peggio, fidati, ho un amico che solo a vederlo capisci che è peggio.- Gli rispose Carlo.

-         Poi quando guardi le Iene hai la conferma che i trip di adesso sono nulla in confronto al sintetico di una volta. Cioè vanno ad intervistare gente in disco che ti dice che si è calata tre paste, io all’epoca se prendevo tre paste morivo. Con una figurati se riuscivi a parlare, eri già distrutto. Senza parlare della qualità della bamba. O no Carlo?

-         Hai ragione Chicco. Ora pippano tutti comunque.

-         Tutto grazie al signor Fini.- Dissi intromettendomi.

-         Bella mossa quello di equiparare tutto. Così un ragazzetto di merda che l’unica cosa che sa fare è truccare il motorino vede tutto uguale, prova tutto e si attacca a quello che sballa di più. Tanto rischia uguale. Poi la bamba fa … come si può dire … fa scena da ricchi. Tipo politico che pippa alla Jonny Stecchino.

-         Si Carlo, solo che ora tutto è merda. Ci buttano di tutto. Io vi ripeto, l’unica cosa che mi farei sono i funghi. Anche il fumo è diventato una merda rispetto a dieci anni fa. E le piante saranno sempre le stesse, cazzo. Quindi la merda ce la buttano dentro.

-         Comunque così vedi come ragiona un italiano. Se prendo quello mi puniscono così, se prendo quell’altro mi puniscono in quell’altro modo. Sapete cosa vi dico che prendere cartoni adesso è proprio da stupidi, anzi da ignoranti. Una volta trovavi gente che si faceva in modo, come dire, filosofico, si faceva solo trip e magari neanche toccava una sigaretta, ora si mischia tutto, tanto vale bere benzina.

-         Hai ragione Filippo. Io mi fumo l’erba perché mi piace e non perché è di moda. Mi piace potermi prendere un momento per me e so che mi fa male. Ma mi fa ridere lo Stato che si preoccupa tanto della mia salute per una canna e poi se ne fotte della diossina sui campi o altre puttanate. Non siamo neanche più liberi di scegliere di cosa intossicarci. Tra tutte le cose del mondo è quella che mi fa meno male e me ne fotto se ci sono cose che steccano di più. E poi se ci tenessero alla mia salute mi direbbero “non si può fumare l’erba perché è cancerogeno il modo di assimilazione, ma ecco qui dei confetti di principio attivo dosati e al bando le sigarette”.- Dissi.

-         Però non puoi guidare.

-         Logico, come con l’alcol.

-         Fumiamo?

-         Si. Ci sto.

-         Anch’io. Mi sono innervosito.

-         Pure io.

Preparai la mista, versai un po’ di vino nel bicchiere di Carlo e feci un brindisi con lui, sapevo non avrebbe rifiutato. Gli passai la pipa ad acqua e fumò, poi fu il turno di Chicco, Alberto e Carlo. Iniziai a fare il secondo giro e l’Elisa si aggiunse sicura. Fumò e andò subito fuori a vomitare. Una scena da ridere forte. Tornò dentro tutta sconsolata dicendo che stava male e si buttò a letto. Noi ci guardammo negli occhi e alzammo le spalle. Se le cercava, ma aveva il nostro rispetto.

 
 
 

Post N° 47

Post n°47 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo diciassettesimo

 

Qualcuno spense lo stereo dove andava un cd dei Korn. Si decise di guardare un film, ma la Valeria, che era stata zitta tutta il tempo, mi fece un gesto. Voleva parlarmi in privato. Mi alzai, dissi che volevo un po’ d’aria e lei si offrì gentilmente di accompagnarmi.

-         Non ce la faccio più.- Esordì appena fuori -Che cosa ho fatto? Ho rovinato la vacanza. Guarda sono tutti smonati. Per colpa mia.- Una lacrima iniziò a scendere.

-         Ma hai parlato con Filippo?

-         Mi vergogno un sacco. Gli ho detto che ero ubriaca e per dirti la verità non mi ricordo gran che bene di tutto quanto. Lui, mi ha detto la stessa cosa. Con Carlo non ho parlato, anche perché guardarlo in faccia dopo questa mattina…- La fermai.

-         Primo: la serata è così perché ieri sera la bomba era gigantesca. Noti che nessuno si ricorda cos’ha fatto? Secondo: tra te e lui la merda è lui, lo sa e sta zitto. Ieri sera abbiamo bevuto tantissimo. Lui doveva essere fedele alla sua ragazza, magari tu l’hai tentato, ma eri ubriaca. E lui ci è stato. Magari era ubriaco anche lui, ma lui doveva trattenersi. Nel senso, tu se sei ubriaca, non sai che stai seducendo una persona e comunque non è reato. Tutto ciò nella mia testa mi porta a pensare che ogni volta che lui è ubriaco e trova una ragazza ubriaca se la fa.- Stava per interrompermi, ma continuai.

-         Terzo: ti invidio. Cioè non sono omosessuale.- Rise e iniziai a pensare di aver risolto il caso. -Volevo dire che ti sei goduta una serata. Se l’è goduta anche lui. Tu di più però, vecchia briccona. Basta, chiuso qui. Nessuno sa niente, nessuno si ricorda di niente. Se eravate in camera magari neanche ti ricordavi di essertelo fatto. Non sarai mica innamorata di lui? Magari eri convinta di esserti fatto Carlo…Scusa.

-         Ti giuro che non so cosa mi è preso.

-         Ci credo.

-         E tra l’Elisa e Filippo?

-         Ma lo conosci. Poi era leso.

-         Che merda. Mi sento una merda.

-         Ma perché? Non ci sono eventi belli ed eventi brutti, ma solo eventi. Vivila così la cosa. Lascia andare, sta sera ti proteggo io, però farai tutto quello che ti dico se no iniziò a raccontare una storia ad alta voce.

-         Daiiii.

-         Su su. Vieni dentro che tanto Carlo sa perché siamo qui fuori, vieni fregatene, lui se ne frega ancora di più. Vedi Filippo preoccupato? No. E’ tranquillo, questo non vuol dire che non sa di essere un coglione, ma è tranquillo. Dai dai che un giorno ci pisceremo addosso dalle risate.- Così dicendo rientrai, ridendo pensando proprio a quel momento.

In cucina stavano guardando “L’era glaciale”. Mi sedetti e feci sedere la Valeria vicino a me. Carlo era andato a letto, io con una scusa andai in camera e lo trovai ancora sveglio. Mi avvicinai.

-         Oh vecchio potevi dirmi della Valeria.

-         Non sei mica mia sorella.

-         Va bo’. Hai ragione. Ma tu non eri assieme a una tipa all’università?

-         Mica mi metto assieme a tutte quelle che mi faccio.

-         Quindi zero problemi.

-         Meno di zero, è che speravo di fare una cosa un po’ più completa. Si vede che qualcuno ha rubato il lavoro di una serata.- Dicendo questa ultima frase a voce più alta.

-         Stsss. Ebete. Comunque lei è in para.

-         Cazzi suoi. Cosa vuoi che ti dica. Gli passerà. Ora lasciami dormire che non sto bene. Questa mattina devo aver preso freddo.

Tornai in cucina e la Valeria mi guardava in cerca di notizie, ma ero imperturbabile, anzi gli dissi:

-         Sono andato in bagno, la pipì scappa anche a me.- Le passai la canna appena arrivata in mano.- Fuma.- Le intimai.

Lei fumò e poi il film fece il resto. Ci mise tutti di buon umore e ogni tanto imitavamo gli animali. Girarono una marea di cannoni e la Valeria fece parecchi tiri. Io le parlavo e la facevo ridere. Finito il film Alberto prese il Risiko. Visto che eravamo in sei una partita ci stava. Spiegammo le regole a tutti, per chi non le sapeva e per chi le aveva dimenticate e iniziammo.

Fu il delirio. Aprimmo birre su birre e dopo un paio d’ore la fidanzata di Alberto era ridotta all’osso e fu annientata. Poi capitolò la Valeria.

Filippo era rimasto in silenzio, ma ora a forza di birre, amari e canne iniziò a formulare parole e dire le solite stronzate. Io e Alberto con occhio di intesa iniziammo a logorarlo e alla fine cedette. Eravamo rimasti in tre ed io ero ubriaco marcio, come tutti del resto. Dopo un’altra ora i miei amici-nemici decisero che avevo dato tutto e distrussero le mie armate.

Non continuammo perché uno contro uno sarebbe stata una palla mostruosa. Così si vinceva in due e si era tutti più tranquilli. Guardai l’ora ed erano le quattro e mezza.

La fidanzata di Alberto fece per andare a letto e lo stesso fece Filippo. Vidi la Valeria alzarsi, ma io la presi per un braccio e la feci risedere.

-         Dove vai? Siediti qua. La notte è giovine, troppo giovine.

Eravamo rimasti: io, Chicco, Alberto e la Valeria.

Prendemmo il mazzo di carte e incominciammo a giocare a scopone. La partita fu intensa, io ero completamente distrutto e Alberto continuava a riempire i bicchieri di vino bianco. Finimmo la bottiglia e la partita.

Chicco preso da un delirio personale e incomprensibile agguantò un pennarello, andò in camera da letto e tornò sghignazzando. Andammo curiosi a vedere perché rideva tanto.

Aveva fatto dei disegni un po’ sconci sulle fronti di tutti. Mentre a Carlo aveva disegnato la zeta sulla fronte, come nel film “Paura e delirio a Las Vegas”.

Tornati in cucina preso da una ventata di energia bloccai per le braccia Chicco mentre la Valeria, capito al volo le mie intenzioni, gli scarabocchiò il viso, poi Alberto prese il pennarello e gli disegnò un pene sulla fronte, poi gli fece la “A” di anarchia su una guancia mentre nell’altra ci scrisse: “Io sono un deficiente”. Chicco si lasciava fare, ma appena fu libero prese il pennarello e scarabocchiò la Valeria ed anche me. Subito tutti ci guardammo e bloccammo Alberto con un placcaggio a tre, lo scaraventammo a terra ed iniziammo a scrivergli di tutto ovunque schiena e natiche comprese.

Poi, placati, ci alzammo, Alberto riempì quattro bicchieri di grappa. Brindammo divertiti. Neanche il tempo di appoggiare i bicchieri che la Valeria era a terra con Alberto sopra che usava la sua fronte come lavagna.

-         Dai che avevi solo uno striscietto.

A turno finivamo sotto le grinfie del pennarello che passava di mano in mano interrotto nel suo viaggiare da qualche altro brindisi a cui la Valeria non poteva scappare.

Dovevamo aver fatto abbastanza casino, si aprì la porta della camera e comparì l’Elisa.

-         Caricchetta, carichetta.- Partì subito il coro.

-         No no.- Poi guardandoci meglio. -Ma cosa vi siete fatti? Ma quanto ubriachi siete?

Noi iniziammo a ridere. Lei guardava noi e noi lei. Chicco le aveva scritto quasi ovunque. In particolar modo si notava il mega fallo nel centro della faccia. Aveva passato con il pennarello i contorni del naso a forma di pene e degli occhi come testicoli. Con titolo scritto in fronte: “Che cazzo volete?”.

 
 
 

Post N° 46

Post n°46 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

Capitolo diciottesimo

 

Lei non capiva perché ridevamo e noi concepimmo tutti assieme che non si era vista allo specchio.

-         Carichetta.- Le dissi. - Ti chiamerò così d’ora in poi.

-         No basta cariche, ma cosa avete fatto alle facce?

-         Niente stavamo scherzando.

-         Però una carichetta noi la facciamo. Dio….

-         Io ci sto.

-         Anch’io.

-        

-         No. Io vi ho detto basta.

-         Avete sentito la risposta della Valeria?- Domandai.

-         Non la faccio.- Disse lei in modo titubante.

-         Dai se la fa l’Elisa la fai anche tu.- Proposi.

-         Dai Elisa la faccio anch’io che non mi prende bene. Dio ….

-         Ma sei fuori?

-         Dai così facciamo fumare la Valeria.

-         Ma sei fuori? Elisa non farlo.- Cercò di dissuaderla.

-         Dai. Che la fa.- Caricai la pipa e gliela porsi.

-         E’ grande.- Disse prendendo in mano la pipa.

-         E’ piccola, è piccola. Non ti preoccupare.

-         Non farla ti prego.

-         Falla.

-         Falla

La fece e sulle prime reagì bene. Presi e ne preparai una per la Valeria, facendola piccolina e le spiegammo come fare. Fumò e si sentii subito male.

Noi ridevamo come matti. L’Elisa accompagnò fuori la sua amica, noi ci guardammo e alzammo le spalle. Fumammo tutti un giro e quando stavamo per iniziare il secondo entrò la Valeria che portava dentro l’Elisa che aveva vomitato e non il contrario. Noi ridemmo ancora di più dicendo sotto voce “Carichetta”, loro si guardarono e andarono a letto.

-         Che ridere.

-         Ma tu ti rendi conto l’Elisa.

-         Vuoi dire Carichetta.

-         Caricchetta. Dio…

-         E’ tre giorni che la sbombardiamo.

-         Mi fa troppo ridere.

-         Cioè si sveglia e non da una dormita, ma da un collasso, avuto da cosa? Da una carica e tu gliene fai fare un’altra. Alle ore sei e meno un quarto.

-         Dio…. Sono le sei meno un quarto?

-         Sei meno un quarto.

-         Oh oh, che campioncina.

-         Oh no. Ragazzi...

-         Cos’è successo?

-         Che ora è?

-         Le fottute sei meno uno stracazzo di quarto. Allora?

-         Dovevo essere a casa per l’una, l’avevo promesso a mia mamma. Mi sgriderà.

-         Che coglione che sei.

-         Tu scherzi. Lascia stare.

-         Comunque a parte tutto, vado a scrivere ai miei che sono arrivato e quando torno. Voi?

-         Io mi sono dimenticato di dirgli che andavo via. Dio….

-         Ma sei fuori?

-         Scherzo. Scherzo. Uffa.

-         Prendiamo i cellulari e vediamo se ci sono arrivati messaggi, prende appena fuori dal paese. Ci fumiamo una canna, ci tracanniamo una birra e andiamo a letto.

-         Ok. Gira la canna.

-         Non ciò voglia.

-         Allora niente.

-         Ok. Ok. La giro io.

La feci in tempo zero e uscimmo mettendoci i primi giubbotti che trovammo. Io avevo quello di Carlo che praticamente arrivava fino a terra. Mentre Chicco prese quello dell’Elisa che gli arrivava appena all’ombelico e doveva tenerlo aperto perché se no si sarebbero strappate le maniche.

-         Mi sento tanto fashion. Dio….

Raggiungemmo la strada fuori dal paese dove erano posteggiate le macchine e ci sedemmo su un muretto. Tutti accesero i cellulari e stappammo la birra.

La canna, la birra e la concentrazione da mettere per scrivere un paio di messaggi mi esaurì la forza celebrale. Il sole si alzò lentamente e fu molto bello. Luce ce n’era da un paio d’ore, ma ora vedevamo la nostra stella. Ero contento. Pensai: “Ecco qua, vista un’altra alba. Ancora giorno” “Ancora giorno”.

Finimmo le birre, la canna, i messaggi da spedire e soprattutto le forze. Ce ne tornammo a casa andando come schegge a letto senza passare neanche per il via.

Mi coricai e presi sonno in un nanosecondo.

 
 
 

Post N° 45

Post n°45 pubblicato il 12 Maggio 2008 da anonimalamente

Ancora giorno

 

VENERDI’

 

Capitolo diciannovesimo

 

Sveglio. All’improvviso. Non percepivo diverse parti del mio corpo a causa della posizione assurda in cui mi trovavo disteso e iniziava a possedermi un formicolio crescente alle mani. Guardai attorno e vidi la luce entrare dalla finestra.

“Ancora giorno” pensai.

Decisi di sgranchire le gambe intorpidite e andai in cucina dove trovai, con molta sorpresa, la bella Elisa intenta nella lettura di un libro. Mi guardò sbigottita.

-         Ma tu quanto poco dormi? Sei tutto sporco.

“Sporco?”

-         ….

-         Sei sporco. Le scritte in faccia. Hai presente? Cucù. Ma ti ricordi qualcosa di quello che fai?

-         ….

Non la guardai negli occhi, presi una bottiglia d’acqua e ne bevvi mezza. La testa ricominciò a girare vorticosamente e non ci volle molto a capire che se avessi voluto riprendere sonno questo risultava essere il momento più adatto. Tornai a letto.

 

Mi risvegliai mezzo sudato senza sapere quanto tempo fosse passato, ma deciso a lavarmi per bene. Appena in piedi mi fermai un minuto per capirmi, avevo male allo stomaco e dovevo organizzare i pensieri.

Presi il beauty con il sapone, vestiti nuovi e asciugamani. Barcollando qua e là per raccattare il tutto vidi soltanto Michele e Alberto dormienti e scarabocchiati. Non sapevo ancora l’ora, ma avevo intuito che probabilmente era tardi. Almeno per come la vedevo io.

Filai veloce in bagno e mi lavai accuratamente, anche se con l’acqua fredda, strofinandomi per bene. Ero cosparso di scritte e non tutte si cancellavano con facilità. Dopo essermi lavato i denti con una tonnellata di dentifricio, causa alito pessimo, ed aver indossato abiti puliti, mi sentii di nuovo pronto.

Andai in cucina dove solo gli occhi della Valeria iniziarono a puntarmi e nessun altro, allora come un automa preparai il caffé. C’era silenzio e avevo un brutto presentimento. Non volevo rimanere solo con quella donna che mi fissava. Cercai di giocare in anticipo.

-         Dove sono tutti?

-         Sono andati a comprare le sigarette, c’era solo un pacchetto. Te ne hanno lasciata una sola, dicendo: “perché siamo buoni”. Dimenticavo: a comprare qualcosa da bere.

-         Ma da quanto sono partiti?

-         Dieci minuti.

-         Ma adesso che ore sono? Giusto per orientarmi un attimo.

-         Le cinque e dieci.

-         Onesto.

Finché portavo la tazzina alla bocca il mio cervello iniziò automaticamente un conto alla rovescia: “cinque, quattro, trova qualcosa da dire, tre, du….”

-         Ti devo parlare.- Mi disse lei continuando a fissarmi.

“Uno.” La guardai sottomesso, non potendo sottrarmi.

-         Ho pensato a quello che mi hai detto ieri sera e ti ringrazio, ma comunque non mi sento bene con me stessa.

-         Guarda, ci sarebbe una bellissima pagina in un libro di Baricco, che ora sarebbe utilissima. Paragona la vita umana a dei calzini. O una cosa del genere.

-         Vita e calzini?

-         Si, non ricordo più il dialogo però ricordo il senso. Praticamente c’è un adulto che cerca di spiegare ad un bambino il fatto che nella vita due tre cazzate ci stanno anche bene. Se no non si riesce più a dormire tranquilli.

-         In che senso? E i calzini cosa centrano?

-         “Noi non siamo qui con il fine principale di essere puliti, come i calzini.” Mi è venuta in mente la frase e per me vuol dire che certe volte dobbiamo toglierci degli sfizi, fare delle schifezze, il problema è non farne troppe. Ed accettare le conseguenze.

-         Che è il mio problema.

-         Non propriamente. Solo tu puoi decidere le tue conseguenze ed anche quelle degli altri. Sei fortunata. Se ti convinci di metterci una pietra sopra e di aver fatto una cazzata non succede nulla. Se invece vuoi nobilmente dire tutto, fallo, però sai che costerà qualcosa. Vedi tu quanto vuoi pagare. Per una cazzata. E sappiamo tutti e due di chi è la colpa.

Silenzio. Mi sentivo felice della fluidità del mio discorso. Non me ne ricordavo già più l’inizio, ma percepivo tranquillità nell’aria.

-         Grazie, dovrei parlare più spesso con te.

-         Quindi? Che si fa?

-         Fare cosa? Io non ho fatto niente.- Disse sorridendomi e abbracciandomi.

In quel contatto però iniziai a sentire dentro di me una sensazione triste. Non ero così sicuro di aver combinato la cosa giusta. Avevo insegnato ad una persona come mentire a se stessa. Forse. Non volevo nessun abbraccio e sentivo il bisogno di veder spuntare qualcuno dalla porta. Dissimulai il disagio mettendomi a girare una canna e la fumai condividendola col silenzio creato.

Stavo ancora fissando la porta quando dalla camera da letto spuntò Michele e lo abbracciai come si usa fare con l’amico di più vecchia data.

-         Come stai vecchio tricheco?- L’apostrofai.

-         Bene, proprio bene.

-         Ci credo hai dormito una botta.

-         Non sono abituato ai vostri ritmi. E comunque c’ho messo un’ora per lavarmi. Chi mi ha scritto “vomitino” in fronte?- Domandò, ma non era arrabbiato.

-         Non lo so. Anch’io ero pieno di scritte.- Dissi guardando la Valeria e trattenendo le risate.

-         Dopo indagheremo. Gli altri dove sono finiti?

-         A prendere le sigarette e comprare una ricarica per il frigo.

-         Bene bene. Ora la colazione, finalmente.

Si avvicinò ai fornelli e si preparò un the caldo. Mentre raffreddava si sedette e iniziò a girare una canna. Faceva parte del “pacchetto colazione” di tutti noi maschi, ormai.

-         Ma la sigaretta per la mista da dove l’hai tirata fuori?- Domandai incuriosito.

-         Io ho tre pacchetti. Erano rimasti in camera.

-         Furbo.

-         Furbo? Li avevo dimenticati lì. Cosa facciamo?- Intanto si era allungato e aveva acceso il portatile. - Filmata?

-         Ci sto.

Finì la sua “colazione” e senza domandare nulla a nessuno accese il computer, chiuse le finestre e i balconi, avvicinò al tavolo delle birre, il suo sacchetto di marijuana, la pipa ad acqua e tutto il necessario per fare la mista.

-         Preparatevi. Ora vedrete il film più gordo di sempre. Si chiama “A morte Holliwood”.

Lo guardammo e me ne innamorai. Michele mi disse di averlo visto per la prima volta durante una serata in appartamento, ad un’ora improponibile e su Rai Tre. Secondo lui per opera di Ghezzi, l’autore di Blob. Immediatamente l’aveva scaricato. Lo ringraziai.

 
 
 
 
 

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