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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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ELOGIO DELLA CICALA

Post n°302 pubblicato il 19 Luglio 2006 da bargalla
Foto di bargalla

Non tragga in inganno il titolo che ho dato a queste divagazioni forse dettate più dalle suggestioni dello stagionale stridio di un canto che invero ha ben poco di musicale, che non da un vero interesse etologico per la Lyristes plebeius, alias la gracchiante cicala di ogni bella estate.
Chi abita dalle mie parti sa bene che in vernacolo il coleottero in oggetto sta ad indicare la parte più virile di un uomo, ma non è certo questo "attributo" che si vuol de...cantare, anche se è proprio durante il periodo estivo che la funzione erettile assurge a simboleggiare un'attività che da che mondo è mondo ha sempre allietato con i suoi "alti e bassi" le sonorità di questa e di altre stagioni.
Ma anche a voler cercare un'assonanza per così dire anatomica, un motivo che giustifichi l'attribuzione dell'epiteto "cicala" al membro per antonomasia, qualcosa la si trova, visto che a cantare nelle ore più calde dei mesi estivi sono solo i soggetti maschi, quasi sempre provvisti di un organo stridulatore posto alla base dell'addome che viene fatto di continuo vibrare dalla contrazione di un'apposita muscolatura.
 
Fatta questa doverosa introduzione e sgombrato il campo da pruderie di sorta, chiarisco che il mio interessamento per questo curioso quanto chiacchierato (e chiacchierone) insetto nasce dalla casuale lettura di una massima greca che corregge parzialmente la cattiva nomea che la favolistica classica, prima con Esopo e Fedro e poi con La Fontaine, ha contribuito a contrapporre alla laboriosa formica.
Una riabilitazione della cicala, un elogio del dolce far niente, che non è mai fine a sé stesso, considerando che presso gli antichi questo insetto canoro per eccellenza veniva associato a Platone definito
"dalla prosa armoniosa come quella di una cicala".
Il canto delle cicale tuttavia, non era topico solo perché melodioso, magari a quei tempi lo era, ma anche per la sua continuità: San Girolamo imponendo ad un suo diacono di pregare per tutta la notte, gli ordinava:
"Sii la cicala della notte".
Da qui una valenza negativa, basata sul fatto che un canto incessante a lungo andare può sembrare opprimente, proprio come il frinire delle cicale che nelle ore della canicola estiva diventa quasi insopportabile.
In realtà fondamentale per il topos da sfatare è un passo del Fedro in cui Platone fa ricordare a Socrate che un tempo le cicale erano uomini, tanto amanti del canto, da dimenticare per esso perfino il cibo e quindi morire di fame: di qui la stirpe delle cicale, che possono disinteressarsi del nutrimento, ma non possono fare a meno di cantare dalla nascita alla morte. In effetti ci sono periodi nella vita di un uomo in cui non si vorrebbe fare altro che "cantare" facendo vibrare un ben altro organo "stridulatore" e in quei frangenti anche il cibo passa in secondo piano e le qualità per così dire "canore" si estrinsecano in ben altre melodie che, pur non avendo la durata del canto della cicala, sono pur sempre il risultato di una performance la cui esecuzione, se si trova lo spartito giusto e soprattutto se si sa "suonare" diventa sicuramente magistrale.    
 
A questo punto, giusto per ricavare una morale da una digressione che forse mi ha portato fuori tema, copio e volentieri incollo una favola, poco nota, di Esopo quella de
"La cicala e la volpe"
"Una cicala cantava sulla cima di un albero e la volpe, che voleva mangiarsela, escogitò questo espediente. Ferma di fronte all'albero, si mise a magnificare la bellezza di quel canto e pregò la cicala di scendere, poiché voleva vedere quali fossero le dimensioni di un animale con una voce tanto potente.
Ma la cicala, che aveva subdorato l'inganno, strappò una foglia e la lasciò cadere: la volpe pensando si trattasse della sua presunta vittima fu lesta a piombarvi sopra.
"Ti sei ingannata, cara mia" le disse allora la cicala, "se credevi che sarei scesa. Io mi guardo da quelle della tua razza fin da quando in un escremento di volpe ho visto delle ali di una cicala".
Morale: le disgrazie dei vicini rendono accorti gli uomini di buon senso". 
 
Morale della morale: a meno di un'ora di volo da qui, si combatte una delle tante guerre che infiammano il Pianeta.
Se solo ci rendessimo conto del rischio che corriamo nell'alimentarle con la nostra colpevole faziosità o con la pilatesca indifferenza, forse solo allora capiremmo che le cicale un tempo erano davvero uomini desiderosi solo di cantare e di vivere in pace.

 
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