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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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PLENILUNIO DI SETTEMBRE

Post n°332 pubblicato il 07 Settembre 2006 da bargalla

In queste serate in cui l'onda lunga di una caldissima estate invita a stare quanto più possibile all'aperto, ciò che più risalta è l'alterco stridente fra i tanti grilli parlanti che sproloquiano e pontificano sulle umane cose e il canto dei grilli, quelli veri,  che al chiarore della luna piena sembra farsi ancora più acuto, intenso e persistente.
Tanto questo è melodioso e dolce da ascoltare, tanto quello che rimbalza nel bla bla parolaio, è cacofonico e stonato.

Lascio da parte il lupanare della politica, il trash di una telespazzatura piena zeppa di rifiuti speciali, i personaggi e gli interpreti di una farsa che diventa ogni giorno più burla e mi soffermo su questa serata in cui la protagonista assoluta è la luna "delle maree madre" e principio eterno di un'idea del femminile che tra sogno e realtà, mi conduce nel periodo in cui riuscivo a vedere anche la faccia nascosta e più intima della luna.
Tanti anni fa vidi un film di B. Bertolucci "La luna".
Dovrei rivederlo, non ricordo più la trama, però mi sembra che la luna in quel film era vista come metafora della madre e della maternità.
Sarà un caso ma studi recenti dimostrano che proprio nel plenilunio di ogni mese si registra negli ospedali il più alto tasso di natalità.
L'epifisi delle partorienti, stimolata dalla maggior luce notturna, blocca la melatonina, scatena un perfetto meccanismo a cascata liberando  gli ormoni che stimolano le contrazioni e il parto.
L'effetto luna piena si estrinseca anche in questi aspetti che sono tutt'altro che marginali. Se si pensa poi che coloro che vedranno la luce in queste ore sono stati concepiti intorno al solstizio d'inverno, quando cioè si allunga il fotoperiodo, allora è proprio il caso di dire che sono "figli della luce".
Mi affascina l'influenza che quel pezzo di roccia orbitante, satellite nato dal pianeta Terra, esercita non solo sul mare, generando le maree, ma anche sulla procreazione del genere umano.
L'aria palpita di mille armonie, è piena di invisibili richiami, anche stasera mi ritrovo in compagnia di me stesso per cancellare un altro giorno che la mia ombra allunga nell'acceso, bianco riverbero di una luna piena sospesa nel microcosmo di un'esistenza intessuta di sola luce riflessa.         
Ho spento tutte le luci esterne, dovrei essere circondato dal buio ma stanotte c'è il plenilunio di settembre e qui in campagna quel che Natura dice o tace ha il sentore di assolute verità rivelate dal baluginare  improvviso degli ulivi d'argento e dai mille fili d'erba del prato o nascoste dallo stormir di foglie scosse dal volo silenzioso di una civetta, uccello sacro alla grande Dea che mi omaggia col suo triste, notturno richiamo. 
Ripercorro
la mia giornata, sgrano il mio rosario fatto di chicchi di grano e spine di rose e mi accorgo di non poter violare il confine di un destino che langue di nostalgia per un tempo che continua a ripiegarsi su se stesso, si svolge e si riavvolge come un nastro intorno ad un giorno, un solo giorno, sempre uguale, sempre quello, nel malinconico avvicendarsi di un mattino, di un pomeriggio e di una sera.
Scansione di un tempo in cui manca la Notte e l'alba di un altro giorno che non sia quello già vissuto di oggi e di ieri.
Un desiderio, una memoria mai sopita, una voglia viscerale di unire i miei ricordi con i tuoi per consentire non la sopravvivenza dello sterile rimembrare, ma per far rivivere un insieme di esistenze, per intrecciare solitudine e malinconia, per dare, se possibile, ancora un senso, magari un'illusione, l'ennesima, a questo mio sgranare un rosario che vorrebbe forse essere preghiera.
Annodo i miei ricordi ai tuoi, trasformo la nostra memoria in qualcosa che appartiene solo a noi, fino a scoprire l'origine di quelli che furono i nostri sogni, per rivivere le emozioni e le sensazioni che scaturiscono dall'aver vissuto quel sogno che continuo a sognare. 

 
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