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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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UN CALCIO A QUESTO CALCIO

Post n°337 pubblicato il 13 Settembre 2006 da bargalla

Avendo scelto di ignorare tutto quello che gravita intorno al mondo del calcio e deluso da un ambiente in cui girano troppi interessi che ancora lo espongono ad appetiti tutt'altro che leciti, non ho visto domenica scorsa il programma di quelli che continuano a pensare che il calcio sia uno sport degno di essere definito tale.
Ma ho letto delle comprensibili e condivisibili reazioni di sdegno  seguite all'intervento in studio di quello che è considerato essere l'ex mammasantissima di un sistema che da lui ha preso il nome e che forse più di altri ha contribuito a rompere un giocattolo col quale impunemente ancora pensa di gingillarsi.
Un personaggio come Luciano Moggi che ha deturpato forse irrimediabilmente l'immagine di una gloriosa società sportiva dalla storia ultracentenaria, non potrebbe avvalersi neanche del diritto di parola e di replica, la cui concessione dovrebbe esclusivamente esercitarla nelle sedi opportune e cioè nei Tribunali e non in un ossequioso studio televisivo, in cui praticamente senza contraddittorio, si è esibito in un monologo autodifensivo buono solo a far montare l'ennesima polemica sull'uso spregiudicato, privato e strumentale che taluni, spesso i più compromessi e meno credibili fanno, del servizio  pubblico.

Quello che ha detto Moggi mi interessa relativamente, anzi non mi interessa per niente, i dubbi sui verdetti della giustizia sportiva da lui espressi sono viziati dal pregiudizio di uno che pensava di essere abbastanza potente e arrogante da non incappare nelle maglie di una Giustizia, sia essa sportiva o ordinaria, che di solito guarda sempre con occhio strabico e benevolo proprio quanti si ritengono al di sopra della Legge e dei regolamenti.  L'imputato eccellente (oppure onorevole) diventa giudice di se stesso, un problema di cultura giuridica e legale incancrenito dalla convinzione che le sentenze avverse siano emesse in anticipo e  dettate da un fumus persecutionis che in certi ambiti dovrebbe non solo affumicare ma asfissiare quanti rifiutano di farsi processare.
Quello che lascia perplessi è che a tenere bordone nel telecazzeggio domenicale ci sia stato anche o' ministro di Grazia e Giustizia che si è premurato di far sapere all'inclito pubblico il suo parere decisamente negativo riguardo le sentenze emesse da un organo giudicante che, anche se non ricadente nella giurisdizione ordinaria, rimane pur sempre un soggetto terzo le cui decisioni vanno comunque rispettate. 
Una volta si diceva che le sentenze non si commentano ma si applicano, ora a seconda di come tira il vento anche le sentenze sportive diventano banderuole sul pennacchio di qualcuno che oltre  a perdere la faccia ci rimette anche quel poco di credibilità che la sua funzione gli accredita.
Faccio parte di quelli che il calcio non lo seguono più, anche perché in giro c'è gente come Moggi e  come o' ministro che la domenica entrano non invitati nelle case degli italiani per fingere una bonomia che sa tanto di presa per i fondelli, soprattutto per quelli, come la Simona Ventura che si presta ad un gioco dal quale farebbe meglio a prendere le distanze.
A meno che pure lei non si sia briatorizzata così tanto nelle tante frequentazioni estive smeraldine da comportarsi come se tutto fosse un varietà, in cui lo share e l'audience sono le uniche regole da rincorrere e rispettare.

 
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