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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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PENSIERI AFFIDATI ALLE ONDE DEL MARE

Post n°375 pubblicato il 13 Dicembre 2006 da bargalla

                immagine

Ci sono giorni nei quali il mare all'orizzonte è così vicino da poterlo quasi toccare, ci sono giorni in cui tutto il turchese e l'azzurro del cielo sembrano sciogliersi nello sguardo distratto di chi guarda senza vedere la meraviglia che ha sotto gli occhi.
Quante volte ho guardato il mare da lontano, quante volte l'ho sfiorato cercando di immaginarne il moto, quante volte al tramonto ho visto il sole spegnersi per accendere di rosso fuoco anche il cielo, prima che la notte scendesse col suo nero velluto per coprire e cancellare un altro ieri.
"Il mare color del vino" cantato dal cieco di Chio, l'Egeo di Omero "il mare di porpora" che all'occaso si tinge di cremisi come ogni altro mare, come il mio Ionio che di giorno ha tutti i colori del cielo e di sera rosseggia e scurisce sfumando nel buio della notte insieme a queste onde inquiete che forse hanno anche toccato le mitiche sponde.  

Immergo le mani nell'acqua, le porto alle labbra per sentire il sapore del sale, cammino lasciando le orme sulla sabbia prima che il mare le cancelli col suo eterno movimento.
Basta un'immagine, una sensazione per far riemerge qualcosa da un passato che in parte preferirei dimenticare, ma del quale mi porto dentro tutto il peso, insieme alla soave, poetica levità di una memoria sitibonda che a piene mani attinge come a fonte di sorgente per assaporare il retrogusto dolce e amaro di ricordi che vagano lungo l'impervio sentiero di un cuore che a fatica cela la sua pena e nasconde il suo tormento. 
Il vento stasera passa al vaglio i miei pensieri, gli ideali mai sopiti, l'Amore sognato e svanito, la mia Nadia, soprattutto lei che mi ha regalato i suoi giorni migliori, ciò che poteva essere e non è stato; ma giunge anche l'eco di un improperio che forse voleva essere solo una maledizione, quel "potevi diventare un signor qualcuno e invece diverrai un emerito nessuno" che dalla mia notte arriva a squarciare ogni giorno il velo del presente.
Risento nella mente echeggiare quella frase pronunciata a denti stretti, con rabbia, dal rettore più viscido e arrogante di quegli anni bui trascorsi in un vecchio seminario dove ho imparato sì ad amare i Classici e la Filosofia, ma dove ho anche iniziato a odiare i preti, il loro mondo così falso e ipocrita e la loro religione costruita da uomini per altri uomini che usano il loro dio come uno specchietto per le allodole.
Un odio viscerale, esacerbato dal ricordo di un lupo travestito da agnello al quale ebbi l'ardire, il piacere e la grandissima soddisfazione di sferrare un calcio di una potenza divina nelle invereconde pudende.
Lo rivedo piegato su di sé, mentre contro di me sibila imprecando quella frase e guaisce come un cane bastardo e bastonato.
Quanti anni sono passati, tanti, forse troppi, ma non abbastanza per non continuare a prenderlo a calci, giacché quel calcio idealmente gli arriva ogni volta che vedo un prete, un prelato o un papa che si affaccia su qualche giornale o alla televisione per catechizzare i furbi e gli orbi.
Devo però in qualche modo sdebitarmi perché, grazie a lui, col tempo sono diventato un anticlericale, un apostata, un "laicista vituperato" e orgoglioso delle proprie ragioni e convinzioni. Ebbene sì, sono rimasto un emerito nessuno, ma ho salvato la mia dignità e ho acquisito una formazione che nessun dogma, catechismo o precetto di santa romana chiesa potranno mai minimamente scalfire.
Pensieri sparsi sulle onde, il bilancio di una giornata di "riposo" trascorsa sfogliando i giornali vicino al mare: le contestazioni a Prodi, (anche oggi ha avuto la sua bella razione di fischi) il ghigno satanico di un certo silvio & C. sempre bravo nell'arte di infinocchiare; i pacs e le elucubrazioni mentali di uno Stato mai laico e libero di legiferare, il paparatzinger che un giorno blatera di pace e l'altro cita ex cathedra il Paleologo Michele (che un politico diversamente colto chiamò "dermatologo") lo spionaggio ai danni di esponenti politici, puttanopoli, vallettopoli, caramelle al polonio per onorevoli col vizio di spargere merda, la finanziaria che scontenta tutti, un debito pubblico stellare schizzato a quota 1.600 miliardi di euro, un governo che indulge e delude e il grido drammatico di un uomo che chiede di essere liberato da un corpo che sente come prigione.
"Staccare la spina" il cattivo dibattito sulla "buona morte" condizionato dalle ideologie e dalle lobby clericali cancella il diritto di ognuno all'autodeterminazione, il rifiuto di un accanimento terapeutico che serve solo ad aggiungere un po' di inutile cera ad una candela che non vuol saperne più di ardere.
Per capire certi drammi bisogna viverli, per immaginare solo un po' la condizione in cui versa la vita sospesa di un malato terminale, bisognerebbe sostare per qualche minuto soltanto in una rianimazione e indugiare lungo l'incerto confine della "non vita" per desiderare una cosa soltanto: passare a miglior vita.  
Mi hanno colpito le parole di Umberto Veronesi che faccio mie: "Negare l'eutanasia ad un paziente che la chiede in piena lucidità è una vera tortura ai danni di una persona incapace di difendersi".
Nel silenzio della sera la voce del mare come preghiera si leva e alla mia si unisce nel mormorio del vento di ponente per librarsi sul lento ondeggiare di una risacca che mi conduce in un luogo senza tempo dove vorrei ricominciare a sperare senza più illudermi di niente.

 
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