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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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"TRADITORE E DOPPIOGIOCHISTA"

Post n°478 pubblicato il 05 Ottobre 2007 da bargalla



Si pensava che l’antica ruggine tra il grande teologo svizzero Hans Kung e il suo compatriota e compagno di studi joseph ratzinger, in arte benedetto sedici, fosse ormai scomparsa, almeno a giudicare dall’incontro apparentemente “amichevole” avvenuto fra i due nel settembre del 2005 a Castelgandolfo, pochi mesi dopo l’elezione del pastore tedesco al soglio di Pietro.
Una “rimpatriata” che aveva fatto pensare ad un ponte gettato dal papa fondamentalista e conservatore all’ala dissenziente e progressista della chiesa cattolica, di cui Kung è uno dei massimi rappresentanti.
Il rendez vous sul lago, tuttavia, non sembra aver sortito l’effetto sperato, perlomeno a giudicare dalle espressioni, per nulla amichevoli e riconcilianti, adottate da Kung per descrivere il rapporto intercorso con il vecchio “ex amico” all’epoca del Concilio Vaticano II, stando alla lettura di alcune pagine tratte dal corposo volume appena pubblicato a Monaco per i tipi dell’editore Piper Verlag, “Umstrittene Wahrheit. Erinnerungen” (Verità controverse. Ricordi), in cui le vecchie dispute teologiche fanno da sfondo e l’immagine che ne esce non è delle più edificanti per quel rampante teologo arrivista, poi divenuto papa, che pur di scalare i vertici della gerarchia ecclesiastica, ha “tradito” il vecchio compagno e collega di studio comportandosi come Giuda Iscariota. 
Si tratta del secondo volume delle memorie di Hans Kung (il primo è uscito nel 2004 con il titolo “Libertà combattuta. Ricordi”) un excursus storico e umano che parte dal 1968 e contiene, fra l’altro, un durissimo atto d’accusa contro l’attuale papa.
“Ratzinger era professore di teologia come me – scrive Kung – ma poi si rivelò il figlio di gendarme quale era. Si piegò alla Curia, mi denunciò come “non cattolico” e mi fece condannare. E lo fece, attuando il doppio gioco: mi scriveva lettere di riconciliazione e intanto preparava sanzioni contro di me”.
Parole molto dure, che stridono con il tono (evidentemente diplomatico) amichevole e rilassato, con cui venne diffusa la notizia dell’udienza chiesta da Kung e concessa da sua maestà il papa, nella reggia estiva di Castegandolfo.
Fu proprio Hans Kung, si legge nel libro, a proporre l’assunzione di quel giovane teologo bavarese (di un anno più grande di lui) che insegnava già a Munster:“Per tre anni lavorammo insieme – racconta Kung – “mi sembrava che fossimo sulla stessa lunghezza d’onda” ma non era così.
Alla fine degli anni sessanta, dopo il Concilio fu il momento di scegliere da che parte stare: Per me come per lui. Al contrario di lui, io decisi di non schierarmi con le gerarchie di Roma e con una chiesa centralista...Volli essere un cristiano cattolico al servizio degli uomini dentro e fuori la Chiesa ”.
Secondo il professor Kung, herr ratzinger, invece, manifestò una netta chiusura ad ogni forma di dialogo con le nuove generazioni, reso più impellente e necessario dal vento del Sessantotto. “Non lo interessava la Chiesa del Nuovo Testamento – scrive con tono piuttosto velenoso e sarcastico – ma la Chiesa del Padre, beninteso senza madre…Ovviamente il figlio di un gendarme cresce diversamente dal figlio di un commerciante!” Nel 1969 ratzinger lasciò Tubingen e dieci anni dopo, scrive ancora Kung “denunciò in pubblico me, suo ex collega. E fece una specie di doppio gioco: su mia richiesta mi scrisse una lettera di riconciliazione. Settimane dopo venne la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della Fede (ex santa inquisizione, della quale, tuttavia, ratzinger non era ancora stato nominato prefetto) che mi privava del diritto di insegnare Teologia nel nome della Chiesa”.
Nell’immediato post Concilio, infatti, Kung aveva approfondito alcuni problemi ecclesiologici, mettendo in dubbio in particolare il dogma dell’infallibilità papale, giungendo a conclusioni sgradite in Vaticano.
Per questa ragione, su mandato di Paolo IV, il cardinale franjo seper, allora prefetto dell’ex santa inquisizione, nel febbraio del 1975 aveva emanato la dichiarazione Sacra Congregatio per censurare due opere di Hans Kung.
Poiché Kung non mutò le sue tesi, lo stesso cardinale seper, questa volta su mandato di papa wojtyla, nel dicembre del 1979, pubblico la dichiarazione Christi Ecclesia con la quale affermava che Kung “non poteva più essere considerato teologo cattolico”.
Nel suo libro di “ricordi” Kung lancia strali feroci anche contro il presidente della conferenza episcopale tedesca, il cardinale karl lehmann, il “liberale numero uno” di Germania che dopo “non ebbe il coraggio di appoggiarmi”.
Resta da vedere se un terzo libro di memorie svelerà il senso e il contenuto dell’incontro con il papa re a Castelgandolfo; ho imparato a conoscere Kung leggendo i suoi libri, pur se “censurati” e credo proprio che in quell’udienza, il teologo dissidente avrà trovato certamente il modo per cantargliene quattro, avendo dalla sua un’onestà intellettuale che ratzinger, il delatore accecato dal suo amor proprio, è costretto a bollare come “eresia”.

                 

 
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