Creato da bargalla il 30/01/2005
"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

Archivio messaggi

 
 << Agosto 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31  
 
 

 

Ultime visite al Blog

rdapiaggiossimorasteph27nikya1pinellogiuseppenapoli891540mariomancino.mluisinioIl_Signore_RaffinatocamarossogiacintoingenitoMaurizio_ROMAmonacoliomassimo.sbandernopmichepel
 

Area personale

 
Citazioni nei Blog Amici: 10
 

Ultimi commenti

insisto...nella speranza di risentirti...anche in privato...
Inviato da: ossimora
il 16/02/2016 alle 10:03
 
Sarebbe bello rivederti comparire...con qualsiasi scrittura...
Inviato da: ossimora
il 06/07/2014 alle 17:07
 
torna....
Inviato da: ossimora
il 23/03/2012 alle 02:52
 
Adoro gli idra!
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 10:51
 
Carino sto post ... :-)
Inviato da: fantasista76
il 03/11/2010 alle 08:33
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

« ATTUALITA' DI TRASIMACOMENEURS DES FOULES »

PAPI E PAPPONI

Post n°508 pubblicato il 08 Giugno 2008 da bargalla

    

Il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo” si legge nel vangelo di Matteo e più avanti lo stesso “Figlio dell’Uomo” ci tiene a precisare che il suo “Regno non è di questo mondo”, a scanso di equivoci, invita ancora i suoi discepoli a non accumulare tesori sulla terra né a mettersi al servizio di due padroni poiché, inevitabilmente, finirà che ci “si affezionerà all’uno e si trascurerà l’altro: non potete servire Dio e Mammona” dice, infatti, quasi con rabbia, forse perché presago del simoniaco mercimonio che di Lui faranno i suoi rappresentanti e per fugare ogni ulteriore dubbio li esorta a non mettere in saccoccia “né oro né argento né rame” a non prendere “né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né calzari, né bastone, poiché l’operaio ha diritto alla sua mercede”. Eppure a vedere quanti mercanti ci sono nel tempio e il modo col quale se la spassa la presunta derivazione di quella che fu la chiesa delle origini, si rimane a dir poco perplessi dinanzi allo stravolgimento di un messaggio che ora viene propagandato (e venduto) alla stregua di un qualsiasi prodotto commerciale, in forza di un’esclusiva (di un depositum fidei) che concede alla chiesa catto-vaticana lo sfruttamento di un marchio grazie al quale i rappresentanti usano il Rappresentato per consolidare un impero fondato sulle aspettative escatologiche di un Regno nel quale “è più facile vedere un cammello passare dalla cruna di un ago” che un ricco tentare di entrarci per la porta principale.
Un ingresso già precluso da quel “guai a voi ricchi” che il Cristo pronuncia a completamento del discorso delle Beatitudini, così come riporta il vangelo di Luca. Un monito che dovrebbe suonare da maledizione soprattutto per una gerarchia ecclesiastica che veste di porpora e bisso, banchetta e copula con i potenti della terra, se la fa con il ricco epulone lasciando cadere solo le briciole per il Lazzaro di sempre: “andate via da me, voi che operate l’iniquità”.
“Ma guai a voi, ricchi, perché avete la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché vi lamenterete e piangerete”.
“Andate via da me, maledetti, perché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi dissetaste, fui forestiero (clandestino) e non mi accoglieste, nudo e non mi ricopriste, infermo e carcerato e non mi visitaste”.
Se ne facciano una ragione gli “eunuchi per il regno dei cieli” nella migliore delle ipotesi in quel Regno saranno preceduti dalle “puttane”, dagli “ultimi” e da quelli che il Nazareno definisce “i semplici…i più piccoli” con i quali Cristo si identifica prendendoli ad immagine di sé, poiché “quanto avete fatto ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”.
Reminiscenze di tempi andati, battaglie (perse) e interminabili dispute teologiche sul pauperismo che in altri tempi mi sarebbero valse l’accusa di eresia, emergono con prepotenza e si affollano di citazioni evangeliche, di note appuntate a margine delle pagine del libro di Curzio Maltese (“ la Questua ” quanto costa la chiesa agli italiani. Feltrinelli ed.) che ho terminato di leggere proprio, mentre scorrevano le immagini del presidente del consilvio che si esibiva, tronfio e fresco di benedizione, nel bacio della pantofola del papa re, con il suo seguito di cortigiani e gentiluomini in quel sinedrio chiamato vaticano, sede di un impero fondato sull’ipocrisia che rende (nel senso di rendita) la città del vaticano “lo stato più ricco del mondo con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite”. 
Un impero incompatibile con il Regno dei Cieli, proprio perché depositario di un potere temporale che la gerarchia ecclesiastica non manca di esercitare, sputando sentenze e anatemi in deroga ad ogni altro mandato di ordine spirituale, ormai pressoché assente, che ha consentito alla setta catto-vaticana di pretendere l’erezione di un contraltare sul quale lo Stato Italiano ogni giorno immola la sua laicità.
Il clericalume imperante filosofeggia e detta l’agenda politica, il fariseume trionfante esegue gli ordini, si adegua ai diktat e, manifestando un’ipocrisia pari a quella esibita dai preti, se ne esce con delle affermazioni che se raffrontate con la realtà, fanno venire il voltastomaco: “Noi (è il berlosko che parla) siamo dalla parte della chiesa, crediamo nei valori di solidarietà, giustizia, tolleranza, rispetto e amore dei più deboli. Siamo sullo stesso piano su cui opera la chiesa da sempre…Il mio governo non può che compiacere il pontefice e la chiesa”.
A proposito, come si fa a benedire e a dar credito ad un personaggio simile, ad un ipocrita patentato, ad un riccastro sfondato che nella vita quotidiana ama apparire e si comporta in modo diametralmente opposto a quanto spudoratamente annunciato al cospetto del cosiddetto “santo padre”?
A proposito: “Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il vostro Padre, quello celeste”. Ma, nonostante il dettato evangelico, c’è ancora chi si atteggia a “padre”. Padre sì, ma snaturato e degenere che gioca a fare il “pontefice”, altro titolo usurpato ad una religione, quella dell’antica Roma, dalla quale hanno rubato anche l’emblema: le chiavi, una d’oro e l’altra d’argento, chiavi che erano di pertinenza del dio Giano.
Sommersi dalle macerie dei ponti campati in aria, assolutizzano e, a seconda delle convenienze, relativizzano lo scibile umano: “Legano carichi pesanti e difficili a portarsi e li pongono sulle spalle degli uomini, essi però non vogliono muoverli neppure con un dito”; non riescono più a distinguere il grano dal loglio, seminano zizzania e intanto concimano con lo sterco del diavolo i loro sporchi interessi.
Herr ratzinger, se fosse davvero quello che dice di essere, dovrebbe riconoscere e condannare senza mezzi termini gli ipocriti e i farisei, ma essendo egli stesso fatto di quella stessa pasta, non può che manifestare la sua teutonica “cioia” per l’attuale clima politico nel quale “il lievito dei farisei e dei sadducei” ha prodotto e sfornato una classe politica rancida, arrogante, intollerante e razzista che già dai primi atti di governo ha dimostrato quello stesso fanatico e inumano integralismo che l’avvicina pericolosamente ai sistemi totalitari e teocratici. 
“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Invano essi mi prestano culto insegnando delle dottrine che sono precetti di uomini”. Riecheggia nella mente questo passo del profeta Isaia ripreso dal Messia il quale continua a scagliarsi contro i farisei di ogni tempo condannandone la doppiezza, il falso perbenismo, una moralità di facciata solo a parole evocata e puntualmente smentita da una realtà che è sotto gli occhi di tutti.
“Mi vergogno di essere italiano e cristiano”  scriveva qualche giorno fa Alex Zanotelli.
Mi vergogno di appartenere ad una società sempre più razzista verso l'altro, il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano che è diventato oggi il nemico per eccellenza.
Mi vergogno di appartenere ad un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove essere clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non è un crimine emigrare, ma che è invece criminale un sistema economico-finanziario mondiale (l'11% della popolazione mondiale consuma l'88% delle risorse) che costringe la gente a fuggire dalla propria terra non per vivere, ma per sopravvivere.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare, ma poi li rifiuta, li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che dà la caccia ai Rom come se fossero la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all'Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano Rom, la “soluzione finale” iniziò proprio con la caccia ai Rom, agli omosessuali, ai diversi). Noi abbiamo fatto dei Rom il nuovo capro espiatorio.
Mi vergogno di appartenere ad un popolo senza più memoria (“Un popolo che ha dimenticato il suo passato è costretto a riviverlo”) un popolo che fino a ieri  è stato un popolo di emigranti («quando gli albanesi, i marocchini, i rumeni, i terroni eravamo noi»): si tratta di oltre sessanta milioni di italiani, un’altra Italia, forse la più vera che oggi vive all'estero perfettamente integrata.
I nostri emigranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti.
Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi?
Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere, l’egoismo?
Sono figlio di emigranti, per qualche anno lo sono stato anch’io: meridionale e terrone entro i confini di una Padania che tuttora mi considera “straniero” e sento sulla mia pelle l’oltraggio quotidiano di gentaglia parolaia e bacchettona che a parole rivendica “le radici cristiane” e di fatto vegeta come quell’albero di cui si parla nel vangelo: “Non può l’albero buono portare frutti cattivi, né l’albero cattivo portare frutti buoni…Li riconoscerete dunque dai loro frutti”. E i frutti sono sotto gli occhi di tutti.
Solo i furbi e gli orbi benedetti dalla chiesa di ratzinger, evitano di valutarne la tragica portata.
Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi, quando noi siamo più criminali di loro? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro "paradiso"?
E' la nuova tratta degli schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell'Africa all'Europa: nelle reti dei pescatori del canale di Sicilia incappano i cadaveri di chi non vedrà mai la terra promessa, ormai solo sulle paranze dei pescatori siciliani riecheggia la voce affratellante del Cristo, e quel suo “Seguitemi e io vi farò pescatori di uomini” pur avendo nell'occasione un certo che di macabro e di tragico, accende un barlume di umana pietas su un mondo nel quale si proietta l’ombra lunga della morte e della sopraffazione.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che si dice cristiano, ma che di cristiano non ha più niente e perciò si definisce giustamente “cattolico” dimostrando la sua universale ipocrisia.
I cristiani sono i seguaci di un sovversivo, quel povero Gesù di Nazareth, crocifisso fuori le mura come un malfattore, che si è identificato con gli affamati, i carcerati, gli stranieri: “quanto avete fatto ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”.
Già, e che cosa fa l’11% della popolazione mondiale per ridurre il divario con la restante parte? Eleva steccati ideologici e religiosi, traccia nuovi confini disegnati dal dio-capitale, si chiude nel falso moralismo costruito a immagine e somiglianza di una società del “malbenessere” oppressa dalla logica perversa del capitalismo mondiale.
Che cosa fanno i cattolici, che cosa fa il clericalume imperante?
Si inventano la finta carità a buon mercato, il business dei progetti caritativi per cespite, l’otto per mille, questue, oboli, offerte esentasse per il parassitario sostentamento del clero.
Un diabolico meccanismo truffaldino messo a punto anni addietro da uno specialista in paradisi fiscali, consente alla setta catto-vaticana di incassare un miliardo di euro l’anno rinveniente dal gettito del solo otto per mille, per pubblicizzare il quale la chiesa cattolica nel 2005 ha speso nove milioni di euro, il triplo di quanto ha poi destinato alle vittime dello tsunami (lo 0,3%) che in quell’anno furono i protagonisti di una pubblicità chiaramente  ingannevole.
Il gioco vale la candela, a maggior ragione vale se la “truffa” è abilmente mascherata da una verità indotta da un’efficace campagna promozionale secondo cui “credenti e non credenti sono convinti che la chiesa usi i fondi dell’otto per mille soprattutto per la carità in Italia e nel Terzo Mondo. Le due voci occupano il 90 per cento dei messaggi, ma sono in realtà solo il 20 per cento della spesa reale: l’80 per cento del miliardo di euro rimane alla chiesa cattolica, per una serie di usi e destinazioni che le campagne pubblicitarie in genere non documentano.”
In pratica ogni 5 euro che incassano, solo un euro viene destinato alla cosiddetta carità. Inoltre: il 60 per cento degli italiani non esprime preferenze sul suo 8xmille. La cifra globale viene però ripartita in base alle preferenze espresse dal restante 40 per cento. Il risultato è che il 90 per cento del gettito complessivo “con un meccanismo fiscale unico al mondo” finisce nelle casse della chiesa cattolica. In Italia l’8xmille viene così sottratto (stavo per dire rubato) al gettito fiscale e in pratica si rivela per quello che è: un aiuto di Stato ad una chiesa a carico quindi dello Stato che non solo è incompatibile con la tanto sbandierata laicità, ma viola i diritti di chi appartiene ad un altro culto o di chi si professa apertamente ateo.
Non solo, lede anche il principio delle pari opportunità facendo risaltare le differenze di genere poiché, cito sempre da la Questua : “ Lo Stato italiano finanzia direttamente o indirettamente un’azienda, la chiesa, che opera una clamorosa discriminazione sessista nei confronti dei propri dipendenti. I preti hanno infatti riconosciuto il diritto allo stipendio e alla pensione, le suore no. Le donne nella chiesa non percepiscono un euro di salario né un euro di pensione”.        
Con la scusa di combattere la povertà, la chiesa cattolica e lormonsignori bussano a denari, sputano nel piatto in cui mangiano reclamando altro e più abbondante foraggio, possibilmente brevi manu (così come faceva Romano Prodi allorquando, da presidente dell’Iri, nel cui gruppo orbitava il Banco di Santo Spirito, banca legata alla chiesa cattolica, si recava come d’abitudine in Vaticano per consegnare nelle mani del papa una parte dei profitti) e così con la scusa della povertà, foraggiano innanzi tutto se stessi e le loro confraternite, come se dalla povertà in quanto tale traessero la loro ragion d’essere, come se “Madonna Povertà” fosse meramente funzionale all’esistenza stessa di chiese, sette e quant’altro.
Mi piace pensare che non sempre sia stato così, anche perché Gloria Dei vivens pauper (la gloria di Dio si manifesta nel dare la vita ai poveri) una formula di Lutero adottata da Oscar Romero, compianto esponente di una Teologia della Liberazione avversata e combattuta dagli osservanti fondamentalisti di una religione che ogni giorno “uccide” (così come ha lasciato che assassinassero Oscar Romero) hic et nunc - qui ed ora – ogni speranza di redenzione.     

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963