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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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« MA CHE BELLA PONZATA!SCUDI SCUDIERI E SCUDISCIATE »

URGE NELL'URBE UN'ALTRA BRECCIA DI PORTA PIA

Post n°585 pubblicato il 20 Settembre 2009 da bargalla

   

E’ proprio vero: ogni giorno ha la sua pena!
Quella di oggi si chiama renato brunetta, ministro pro tempore del malgoverno berlusconi, il quale in piena crisi comiziale ha pensato bene di attaccare “la sinistra per maleun’elite parassitaria definita “di merda” che insieme ai soliti catto-comunisti, trama per fa cadere l’esecutivo presieduto da un puttaniere che ha elevato a sistema di potere ogni forma di meretricio.
Quand’anche così fosse, quand’anche ci sia il progetto di costringere a furor di popolo il presidente del consilvio alle dimissioni, credo non ci sia nulla da eccepire, anche perché dinanzi all’impennarsi del degrado civico e dell’imbarbarimento della politica, è impossibile restare indifferenti, a meno di non essere tacciati di servilismo, piaggeria e leccaculismo. Requisiti curricolari che nell’italia di berlusconi possono anche comportare la nomina a direttore di giornale, a ministro, a valvassore e valvassino del signore del biscione al cui cospetto c’è chi striscia e c’è chi lecca senza tema di palesare una predisposizione congenita all’adulazione e all’adorazione, retaggio e difetto di una millenaria dominazione secondo cui da una parte ci sono re, papi, padroni e papponi, e dall’altra sudditi, plebei e servi della gleba, o liberti affrancati dall’essere semplicemente fedeli alla linea, scherani, cortigiani e manutengoli.

Chi è fuori da questa concezione, secondo il brunetta pensiero “deve andare a morire ammazzato”.
Non so se provare pena per questo “ministro eversivo” che della Democrazia e della Funzione Pubblica ha un’idea alquanto bislacca e balzana, volendo piegare sia l’Una che l’Altra alla visione del suo signore e padrone, considerato che i fannulloni stanno a sinistra, i poliziotti sono panzoni e passacarte, i registi sono parassiti al pari di quella sinistra elitaria “che prepara un colpo di stato”.
Dinanzi a simili farneticazioni, più che pena provo stomachevole disgusto e rivoltante ribrezzo, giacché sono al cospetto di un  ministronzo (contrazione di due termini che, a proposito di merda, possono diventare sinonimi) che rappresenta degnamente i componenti di una “classe politica ‘per male’ costituita da 20 condannati eletti in parlamento; 20 pregiudicati che violando Principi Fondamentali, legiferano per bloccare i processi e scendono in campo per non finire nelle patrie galere.”

Questi sono quelli che, per l’appunto, dettano legge e la frodano proprio perché sanno di avere a che fare con delle “merde”. E lo dicono pure con quella boriosa flatulenza da biliosi sofferenti di protagonismo e di coliche gassose provocate dall’aver ingurgitato l’aria fritta prodotta dal grande imbonitore.  
Mi fa schifo ammetterlo, ma la gran parte del ceto politico, lordo di potere, puzza di escrementi; certi elementi emanano un afrore tale da non passare inosservati soprattutto perché hanno concesso ad un plutocrate, a proposito di elite, di ponzare a suo piacimento nell’ex belpaese e di nascondere i miasmi del suo impero fra le mefitiche esalazioni  dei cervelli portati all’ammasso nelle discariche mediatiche allestite a cielo aperto in quella cloaca maxima dove è impossibile distinguere le merde degli uni e degli altri.
Soprattutto perché si comportano tutti allo stesso modo.

Tanto per dire questi sono quelli che parlano di pace, ripudiano la guerra e risolvono le contese a mano armata, salvo versare lacrime di coccodrillo (e di caimano) quando qualche “mercenario” (sinonimo di soldato) perde la sua vita senza che nessuno si senta responsabile di quelle morti anche perché sono carne da macello, nati in quel Sud di cui ci si ricorda solo quando le prefiche istituzionali si strappano le vesti e sfoggiano la solita maschera dell’ipocrisia codificata; tanto per dire questi sono quelli che solo a parole riconoscono a tutti i cittadini, il diritto al lavoro giacché poi nei fatti evitano di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza scippando al Sud quasi 900 milioni di euro, parte dei famigerati Fas, inizialmente destinati allo sviluppo agroalimentare del Mezzogiorno e finiti poi nel chissà dove padano; tanto per dire questi sono quelli che  blaterano di Pubblica Istruzione e intanto tagliano i fondi alla Scuola Pubblica e nel frattempo finanziano gli istituti privati, perlopiù confessionali, che pure dovrebbero istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato; tanto per dire questi sono quelli per i quali tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, eccezion fatta per i mammasantissima che possono farsi eleggere, costi quel che costi anche la distruzione dello Stato di Diritto, ai vertici delle Istituzioni avendo l’usbergo dell’impunità concessa dagli arcana imperii.
Così come capita a certi re divenuti tali per grazia di dio e volontà (sic) della Nazione.
Questi sono quelli per i quali la chiesa cattolica dev’essere a carico dello Stato (leggi 5 miliardi di euro, cifra conteggiata per difetto affluente ogni anno dal pubblico erario nelle casse catto-vaticane) e l’ora di religione (cattolica naturalmente) diventa per decreto materia curricolare, come i succitati “requisiti essenziali”.

Prima del pattizio leonino, prima di quel contratto capestro meglio noto come “concordato” sottoscritto dall’omuncolo della provvidenza, un mangiapreti ubriaco di fascismo che ai preti ha garantito pane e companatico consentendo loro di sputare nel piatto in cui mangiano ingerendo e digerendo ad libitum prebende, oboli, privilegi e gravami clericali imposti ad uno Stato che si vorrebbe fosse etico e teocratico, il 20 settembre era festa nazionale, poiché in quella data nel 1870, i bersaglieri del generale Cadorna entrarono a Porta Pia ponendo (provvisoriamente) fine al potere temporale del papato e all’esistenza di quella monarchia che il Congresso di Parigi pochi anni prima aveva definito: “Onta dell’Europa”.
Non fosse altro per la condizione, antievangelica, in cui erano costretti gli “amatissimi sudditi” così il papa-re chiamava gli abitanti dello stato pontificio e in particolare gli Ebrei “concentrati” in quel ghetto imposto da papa paolo quarto, una delle tante violazioni dei Diritti dell’Uomo (a proposito il Vaticano ha sottoscritto quell’accordo?), uno dei tanti “peccati” della chiesa catto-vaticana che a sentire qualche cardinale, hanno un difetto di attribuzione poiché la chiesa dei papi, in quanto depositaria della verità rivelata, in quanto derivazione della volontà divina, è al di sopra della legge umana. Arcana imperii!

Così giustificano l’inenarrabile che nei secoli li ha visti complici e protagonisti: guerre, eccidi, genocidi, crociate e una condotta di vita (vestono di porpora e bisso) che non ha nulla a che fare con quel Cristo di cui si vantano di essere degli alter Christus, ma più che essere suoi seguaci, giacché come il giovane ricco non hanno venduto i loro averi, anzi ne hanno accumulati di altri facendo di mammona il loro padrone, sono diventati propriamente alter, ovvero diversi, altro da Cristo, antitetici a lui e al suo messaggio.
Nietzsche non ebbe remora alcuna nel definirli “Anticristo” anche perché di vero cristiano ce ne fu soltanto uno e morì sulla croce, tutti quelli che son venuti dopo hanno sfruttato (e sfruttano) la sua morte e il depositum fidei per creare e mantenere una chiesa costruita a immagine e somiglianza dei papi.   
La Storia ha lavato quella vergogna fatta di prelati, papi-re, soprusi, angherie, scomuniche, precetti, sante inquisizioni, roghi, non possumus, sillabi, indici, omaggi, salamelecchi e baci della pantofola; ma il tempo, mai come in questo caso tiranno, l’incultura dei cattivi maestri in odore di rancido tartufismo hanno cancellato la memoria storica di quell’evento, lasciando che il clericalume imperante sbattuto fuori dalla Porta, rientrasse nuovamente in pompa magna dalla finestra, con la complicità del fariseume trionfante, in quel cortile starnazzante di oche e pavoni che nel frattempo è diventato l’Italia cosiddetta “repubblicana” che della Res Publica conserva a malapena la ragione sociale avendo smarrito quasi del tutto lo spirito che animò quella breve esperienza che fu la Repubblica Romana e gli ideali Risorgimentali i quali, a dispetto della retorica patriottarda di cui son piene le fosse, continuano ad animare le vicende dell’ex Belpaese, il fu giardino d’Europa d’imperio ridiventato giardino del papa-re.  

Troppi giardinieri, troppi fattori zotici e villani, troppi mezzani e cortigiani in tutti questi anni si sono premurati di corazzare quella Porta richiudendo la breccia divenuta sinonimo di Libertà prontamente svillaneggiata da quanti si pregiano affondare le loro “radici cristiane e cattoliche” nelle crepe di una società infestata proprio dalla mala pianta dell’ipocrisia e del falso perbenismo, anche perché è dai frutti che si riconosce l’albero, checché ne dicano i soloni folgorati sulla via del fondamentalismo vaticano che ignorano perfino il significato del termine laicità, atteso l’uso strumentale che ne fanno avendo essi rinunciato a considerare lo Stato “indipendente e sovrano”.
Non così i cugini francesi che fin dal 1905 si diedero una legge che fa della Repubblica Francese uno “Stato Laico”. Per tutta risposta nel 1929 il regime fascista firmò con la chiesa cattolica quel concordato che Antonio Gramsci considerava la capitolazione dello Stato moderno.
Vale la pena ricordare le sue parole: “Un concordato non è un comune trattato internazionale, nel concordato si verifica di fatto un’interferenza di sovranità in un solo territorio statale poiché tutti gli articoli di un concordato si riferiscono ai cittadini di uno solo degli Stati contrattanti sui quali il potere di uno Stato estero rivendica determinati diritti di giurisdizione. Il concordato è dunque il riconoscimento esplicito di una doppia sovranità in uno stesso territorio statale”.    

Ecco perché poi i gerarchi catto-vaticani si permettono di ingerire negli affari interni di uno Stato a sovranità limitata dalla loro ingombrante presenza, impugnando sentenze e pronunciamenti di poteri diversi da quello religioso. A proposito, che significa re ligere?
Significa forse tacciare di bieco e negativo illuminismo quanti negano il primato della fides sulla ratio?
Significa forse contestare una sentenza di un Tribunale Amministrativo e ribadire la supremazia di un tribunale ecclesiastico? Se così è bisogna riconoscere che Gramsci aveva ragione nel prefigurare la capitolazione dello Stato a favore di una religione, di una chiesa, espressione di un potere assolutistico e teocratico che impone i suoi precetti e la sua morale dogmatica violando diritti inalienabili in base ai quali ognuno è libero di professare una religione o di non averne alcuna. Con tutto quel che segue!

Nel 2011 cade il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, un “accidente” della Storia che meriterebbe di essere ricordato anche ripristinando una festività nazionale ingiustamente cancellata da un dittatore sulle cui orme si muove ai nostri giorni un omuncolo della provvidenza spalleggiato da quella corte papale nei cui confronti ci vorrebbe un’altra Porta Pia, soprattutto perché 
                                      
                         
Io dir non vi saprei per qual sventura
                             o piuttosto per qual fatalità
                            da noi credito ottien più l’impostura
                              che la semplice e nuda verità
.” 
                                             
        (Casti citato da A. Schopehnauer  ne “Il Fondamento della Morale”)  


         

 


 

 
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