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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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ANOMALIA ALLA VACCINARA O ALLA PUTTANESCA

Post n°590 pubblicato il 01 Novembre 2009 da bargalla




Sull’ex belpaese grava un’atmosfera cupa come di attesa, c’è qualcosa di pessimo in ballo come se la sorte di tutti dipendesse dal destino di uno; spira un’aria asfittica, di crisi profonda carica di tensioni e mille incognite, la si respira insieme ai miasmi putrescenti che si levano da quelle discariche a cielo aperto costituite dai palazzi del potere, un cimitero di sepolcri imbiancati in permanente odore di corruzione, rifiuti socialmente pericolosi, putridi, difficili da smaltire giacché il loro eversivo percolato ha inquinato forse irrimediabilmente la falda democratica del sistema Stato.
Ma c’è di peggio poiché il degrado ha preso la forma e il peso delle Istituzioni proprio a causa di certi inqualificabili omuncoli che indegnamente si sono arrogati il diritto di rappresentarle; la degenerazione anche concettuale del sistema si concretizza nei comportamenti, negli stili di vita adottati da un ceto politico sempre più ipocrita e arrogante, nelle infiltrazioni mafiose, nelle commistioni malavitose, nelle scelte prevaricatrici, nel malaffare, nelle sistematiche menzogne, negli egoismi sfrenati, nel disprezzo degli altri, nella gratuita violenza di parole, di scritti, di gesti di caste, cosche e camarille condizionate dal capriccio di un lenone che è riuscito a trasformare impunemente la res publica in res privata.

Tutto ciò rappresenta una grave minaccia per le Istituzioni pubbliche, per la Democrazia, la Libertà, l’Uguaglianza e la stessa Giustizia: Principi Fondamentali sviliti e svuotati del loro significato e divenuti mercimonio di quel meretricio politico e istituzionale ben sintetizzato dal classico do ut des, il motto del “troiaio italiota” e pazienza se perfino l’habeas corpus viene sacrificato sull’altare degli interessi privati.
Provo un profondo disagio leggendo, ascoltando e vedendo trasmissioni costruite sulle res gestae di una classe dirigente (e digerente) che si dibatte fra bulimie populiste alla vaccinara, vizi privati e pubbliche virtù alla puttanesca; un’associazione di inutili idioti incapaci perfino di ammaestrare la muta di cani rognosi che latrano, leccano e scodinzolano a comando; provo insofferenza per le cose che taluni pennivendoli debbono raccontare, per il modo col quale lo fanno, per il modo con cui altri le tacciono, per la distanza che spesso s’intravvede tra quel che davvero pensano e quel che poi scrivono con l’imbarazzo tipico di chi non è d’accordo neanche con se stesso e non ha l’onestà intellettuale per ammetterlo dinanzi a tutti temendo di non essere abbastanza fedele alla linea concordata con l’editore di riferimento.
Mi chiedo se e come sia possibile scrivere senza rattristare e senza offendere, senza tacere e senza sbraitare, senza inquietare, ma senza scoraggiare ingenerando assuefazione e rassegnazione. 
Come raccontare dell’anomalia italiota, dell’immondizia e della melma senza sporcarsi…

E poi la domanda che più preme: ma davvero conviene conoscere e raccontare la realtà?
Serve a qualcuno, a qualcosa? Aiuterà a costruire o a distruggere?
Mai come in queste settimane, tuttavia, mi è apparsa attualissima la convinzione di Andrea Trebeschi. Un grande intellettuale, amico di Piero Calamandrei e protagonista della Resistenza bresciana, che davanti allo sfacelo del Paese e alla scandalo di tanti tradimenti scriveva nel 1943, due anni prima di morire a Gusen di Mauthausen: “Se il mondo fosse monopolio dei pessimisti, sarebbe da tempo sommerso da un nuovo diluvio; e se oggi la tragedia sembra inghiottirci, si deve alla malvagità di alcuni, ma soprattutto all’indifferenza della maggioranza. Il
credo di troppa gente non ebbe, fin qui, che due articoli:
– “non vi è nulla da fare”
– “tutto ciò che si fa non serve a nulla”
Quel che importa è che ognuno, secondo le proprie possibilità e facoltà, contribuisca di persona alle molte iniziative di bene, spirituale, intellettuale e morale. Un mondo nuovo si elabora. Che sia migliore o ancor peggio, dipende da noi».
Ciò non esclude naturalmente che si debbano chiamare le cose con il loro nome, altrimenti sarebbe impossibile affrontarle e correggerle: la prepotenza, la volgarità dei potenti e il fariseume trionfante, la presunzione, il dogmatismo del clericalume imperante, l’occupazione del potere civile da parte di bande organizzate e di cupole mafiose, l’aggressione alle libertà di pensiero, di informazione e di stampa, l’ostilità e la violenza verso gli uomini di cultura, religione, sesso o patria diversi…

Ho fatto voto di non pronunciare più il nome dell’innominato, non perché abbia paura di lui e dei suoi “bravi” che vorrebbero fossimo tutti dei pavidi don Abbondio; la mia preoccupazione non è lui, bensì noi, italiani, ancora consenzienti, succubi e complici di “questo” capo di governo, oppure oppositori disillusi, dignitosi e inerti nella consapevolezza della propria impotenza e minoranza.
Che purtroppo nasce anche dalla disinformazione o dalla scarsa informazione capace, nonostante tutto, di suscitare interrogativi e rompere gli steccati della stampa di regime riuscendo, anche grazie a internet, a veicolare la sua forza dirompente contribuendo alla formazione della pubblica opinione chiamata a confrontarsi sulle verità sottaciute e sulle menzogne propalate ad arte unicamente per sopprimere il dissenso, denigrare e distruggere l’avversario politico, così come peraltro accade nei regimi dittatoriali.
Non so più che cosa ci si debba aspettare, anche se sono convinto che il fondo non sia stato ancora
toccato.
C’è chi rievoca il fascismo e parla di emergenza democratica.
Potrebbe essere un’idea se tutti, specie le nuove generazioni cresciute per fiction nei reality show, sapessero che cos’è stato e per quale consenso è nato. E se si facessero le opportune dislocazioni temporali, perché la Storia non si ripete se non con varianti che fanno parte di contesti differenti e non comparabili, almeno da quando abbiamo incominciato ad addormentarci davanti a un televisore a cui attribuiamo così tanto credito da non essere riusciti a boicottare la tentacolare influenza del grande “fardello orwelliano” credendo fideisticamente che i telegiornali filogovernativi dicano il vero.
Se ciò che “fa più notizia” sono i cani che mordono e gli uccelli che volano, gli omicidi passionali, gli emigranti clandestini, l’influenza suina, e solo “dopo” si accenna alla crisi economica e all’inettitudine di una classe politica autoreferenziale intenta a celebrare la liturgia del puttanesimo e il malcostume mezzo gaudio del così fan tutti, allora siamo già dentro fino al collo nella merda prodotta dai parassiti della politica e nel pattume della strumentalizzazione mediatica che attenta universalmente alle aspirazioni partecipative e democratiche di un popolo che si vorrebbe sempre e comunque ancora più bue.

Gli “italiani” (vale ancora la pena definirsi tali?) hanno una storia a dir poco tormentata e forse non hanno mai avuto il senso dello Stato: i francesi  già nel IX secolo, regnante Carlo Magno sentivano di essere un’unica Nazione; gli italiani attesero secoli per vivere in uno Stato unitario e proprio mentre stanno per celebrare 150 anni dell’Unità d’Italia, una canea di dementi tenta di disgregarne il tessuto nazionale con un federalismo padanamente secessionista.
E dire che questi “terroristi” istituzionali hanno anche giurato fedeltà alla Repubblica Italiana!   
Difficile farsi carico dell’ignoranza di essere non popolo di sudditi, ma cittadini di pari diritti.
Tuttavia non è normale e tanto meno giustificabile che il Paese, non solo abbia dato una maggioranzaassoluta a un imbonitore dissoluto, un tycoon in permanente conflitto d’interessi con il Bene Comune, ma neppure si sia accorto che, una volta insediato sulla scena politica, ha imposto le leggi ad berlusconem  per violare impunemente la Legge, i vari lodi per regalarsi d’imperio un’immunità da basso impero, la violazione dei diritti elettorali con una legge definita “porcata” dagli stessi proponenti, la sistematica delegittimazione dei poteri costituzionali esautorando il Parlamento, producendo grave discredito al Paese in ambito internazionale; reprimendo la Magistratura e tentando di portarla alle dipendenze del governo, tagliando dai bilanci la spesa sociale con una politica degli annunci tipica di chi propaganda e promuove solo se stesso dando perfino evidenza alla propria attività di “ricettatore-video” nel caso Marrazzo e cercando inutilmente di negare il proprio ruolo di corruttore nel “caso mills” rivolgendo l’accusa ormai insensata di “comunismo” indifferentemente ai Giudici che osano metterlo sotto processo perché c’è una notitia criminis che lo riguarda e agli avversari politici tout court, proprio mentre è alleato non solo di putin, ma di gheddafi, dittatori riconosciuti, dei quali assume i comportamenti più plateali e buffoneschi.
Per non dire della Scuola e dei tagli indiscriminati ad un settore influenzato, come ogni altro in Italia, dai diktat clericali e dai non possumus di una chiesa catto-vaticana a carico dello Stato Italiano; per non dire del progetto di riformare la Giustizia condizionandone l’efficacia e l’efficienza, per esempio con le riduzioni delle intercettazioni e la separazione delle carriere con un “avvocato dell’accusa” che dovrebbe dipendere dall’esecutivo; per non dire del cosiddetto “decreto- sicurezza”, vergognoso quanto a violazione patente dei Diritti Umani e temibile per l’uso di “ronde” fasciste e razziste che dovrebbero “aiutare” una Polizia che non riceve i finanziamenti per l’ordinaria amministrazione, a partire dalla benzina per gli automezzi e il materiale di consumo, informatico e di cancelleria; per non dire delle minacce e delle intimidazioni rivolte alla libera stampa e del killeraggio per interposti sicari adottato unicamente per intimidire, in puro stile mafioso, quanti osano gettare vivida luce sull’ombra oscura di un immenso potere esercitato in funzione di inconfessabili interessi.  

L’indecorosa licenziosità dell’uomo pubblico è solo un aspetto, nemmeno il più mostruoso, di una tracotanza che non conosce limiti; d’altronde chi è abituato a comprare tutto e tutti non si ferma di fronte a niente e nessuno proprio perché ha un’idea di democrazia e libertà prezzolata e deturpata dall’abuso più che disinvolto e spregiudicato del potere “plutocratico” e dalla dittatura di una maggioranza parlamentare (da “partito unico”) talmente schiacciante e coesa che deve procedere a colpi di fiducia e di decreti legge per assecondare i desiderata à la carte del padrone del vapore.
E’ ovvio a questo punto che chi mistifica la realtà fino a stravolgerla, accusi gli altri di farlo proprio perché questi altri mettono a nudo un re che nasconde le sue pudende dietro la classica foglia di fico.     
C’erano da sempre forti riserve nei confronti di un personaggio che, duole ammetterlo, ha fatto le corna sulla testa di colleghi in riunioni internazionali, che ha nominato ministre in virtù di carriere non politiche, che è stato definito “un malato” dalla moglie. Ma adesso ogni limite è superato dallo stato dell’arte di infinocchiare il popolo bue scientificamente obnubilato dal panem et circenses di buffoni, cortigiani e megafoni della voce del padrone ascoltando i quali si avverte il disagio di quando si respira l’aria viziata, tipica di un ambiente confinato; un’aria la cui purezza è altrimenti assicurata dalla circolazione delle idee e dalle opinioni al netto di ogni menzogna che solo la Libertà (quella non vincolata ad un popolo come denominazioni sociale di un partito) può giustamente assicurare.
Qualcuno parla di emergenza democratica e forse ha ragione dinanzi ad un diversamente premier che si loda e s’imbroda da solo allorquando si proclama il migliore primo ministro che l’Italia unita abbia avuto in centocinquanta anni. L’innominato il migliore dei primi ministri italiani? Di certo è il più megalomane!

Dalle mie parti la saggezza popolare ha coniato un detto che cade a fagiolo: “Ci se vanta sulu vale nu pasulu” ovvero “chi si vanta da solo vale un fagiolo”. Per il mio personale metro di giudizio l’innominato vale ancora meno di un fagiolo, anche perché continua a non seguire i consigli rivoltigli da Emma Bonino:
Non fare le corna in una riunione dei capi di governo, non ostentare il proprio gallismo, non scambiare i propri difetti per virtù e i qui lo dico e qui lo nego per abilità politica.”
La modestia è una virtù assente nel campionario virtuale dei valori non negoziabili dell’innominato, l’inadeguata formazione politica un difetto fatto passare per pregio, l’assenza della cultura del limite un dato di fatto. Non per niente, come scrive Piero Ignazi ne “La fattoria degli Italiani” assistiamo oggi alla deformazione grottesca del sistema democratico che culmina proprio con il “populismo alla vaccinara” dell’innominato che all’occorrenza adotta la strategia “da Blitzkrieg infinito in cui l’esternazione di oggi cancella definitivamente quella di ieri” arrivando perfino a negare la realtà piegandola ai suoi capricci.
Scrive Ignazi: “Ormai il nostro Paese vive in una bolla ‘patafisica’ dove il reale è immaginario e viceversa…Lo spettacolo continuerà finché il direttore avrà in mano le chiavi del teatro e il pubblico, sollecitato da un’abile claque, applaudirà, sommergendo i fischi” di quelli che vorrebbero semplicemente respirare un po’ di aria pura.

 
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