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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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IL PIATTO PIANGE IL BARO VINCE

Post n°617 pubblicato il 14 Giugno 2010 da bargalla

     


Il caldo canicolare di questi giorni mi porta spesso all’ombra degli ulivi e nei pomeriggi assolati distolgo la mente e lo sguardo dagli orizzonti di sempre con il mare che da lontano si confonde nell’aria tremula col cielo e sconfina verso l’infinito di un dolce rimembrare; un viaggio senza ritorno, la mia barca “suditudine” si chiama e segue rotte segnate sulle linee delle mani, tracce indelebili di un immoto presente solcate dalla chiglia di un pensiero che diventa ossessione: nessuno può sfuggire al proprio destino.
Sollecitato dalle variabili di un’attualità che mi fa desiderare di vivere altrove, rivivo il sogno di giovanili ardori, la nostra “meglio gioventù” resta incagliata nelle secche del tempo, il sole tramonta e s’inebria di un mare color del vino così come lo “vide” il cieco cantore di Chios.
Vaghezze d’albe e tramonti sfumano nel crepuscolo di giorni senza più aurore, navigare a vista nel periglioso pelago attratto dal canto delle sirene e dalla corte maliarda e ispiratrice di ninfe ormai muse, mi spinge nella rada assegnata degli ideali perduti, un porto scavato fra le pieghe della mente, alla ricerca di una quiete non fugace, non sempre al riparo da oscure tempeste e da travolgenti quanto effimere passioni.

Attraverso quel poco che ci è concesso di conoscere, giacché il futuro è sulle ginocchia di Giove (e di sporchi e bisunti demagoghi che si credono dei padreterno), si possono scorgere aspiranti dittatori che incontrano affermati dittatori di mezzo mondo per stipulare loschi accordi e masse amebiche osannanti, decerebrate da lunga esposizione mediatica, votate ai gorghi della legge del più ricco che si lasciano docilmente sommergere dagli eventi. Nessuno combatte più nemmeno per tenersi semplicemente a galla, colare a picco sembra essere l’unico desiderio forse perché convinti che solo toccando il fondo limaccioso della sopraffazione si trova poi la forza per emergere tornando ad essere semplicemente Italiani, cittadini e uomini degni di esser tali solo quando ci si libera dalla zavorra della servitù.
Abbandoniamoci pure all’inevitabile, il redde rationem di Nemesi colpirà i pessimi ottimati i probi viri del malaffare e le criminali consorterie di una satrapia in cui si certifica il malvezzo e si avallano per decreto gli abusi di potere perpetrati da coloro i quali ogni giorno oltraggiano impunemente le Istituzioni e i simboli dell’Unità Nazionale  servendosi dello Stato per sovvertirne l’ordinamento democratico e alimentare una smodata propensione a delinquere tipica dei cosiddetti “poteri forti” che riescono anche ad inventare delle nuove entità politiche, dei veri e propri cavalli di Troia con i quali infiltrarsi oltre le mura del Diritto e infettare i gangli vitali di uno Stato ormai incapace di opporre un’efficace difesa anticorpale contro il morbo della dittatura delle “cupole”.

Politicanti autoreferenziali, nominati dal capobastone, non eletti dal popolo che invece deve anche subire l’affronto di sentirsi dire che certi giudici politicizzati vogliono sovvertire il voto popolare.
Ma quale voto, di grazia, se il sistema elettorale vigente consente solo di avallare scelte “suinamente” indotte da una legge definita “porcata”? Meglio non sporcarsi le coscienze con siffatta gentaglia.
In Italia c’è l’obbligatorietà dell’azione penale e se un Magistrato accerta la fondatezza di una notitia criminis riguardante un politico assiso in Parlamento non sovverte nessun voto, applica semplicemente la legge; a meno che quel politico non pretenda anche di essere super leges e reclami quell’impunità che suona di condanna proprio per coloro i quali sono scesi in campo per sfuggire all’azione penale.
E’ in atto uno strisciante colpo di Stato: le spinte secessioniste ed eversive di un pugno di oligarchi affiliati a gruppi di potere supportati da frange estremiste e malavitose stanno provocando un bradisismo istituzionale; il popolo bue si sta assuefacendo all’instaurarsi di un regime fintamente democratico, in cui la libertà e gli interessi di alcuni pregiudicano la Libertà e gli interessi di tutti.

Si guardi a quel che accade in tema di “manovra” economica (sarebbe meglio dire “finanziaria”) tipica di una destra conservatrice (dei privilegi acquistati) che sa solo “tagliare” lo Stato sociale e la spesa pubblica (senza minimente incidere sugli sprechi, sulle prebende, sulle auto blu e su quant’altro fa status symbol): i patrizi mettono al sicuro i profitti, evadono le tasse, eludono il fisco, si fanno letteralmente gli affaracci loro, mentre i plebei e i servi della gleba sono chiamati a stringere la cinghia, a pagare le tasse fino all’ultimo centesimo e a tirare l’aratro. I patrizi, anche se ignoranti, possono permettersi le scuole private, tanto per loro anche la laurea ha un prezzo e se il buon Dio li omaggia con qualche malanno ecco spalancarsi una clinica privata, pronta ad assicurare assistenza, previo lauto compenso.
Tutt’altro discorso per i plebei e i servi della gleba per i quali l’istruzione e la salute stanno diventando un lusso che difficilmente potranno ancora permettersi.
In fondo è questo il vero programma di un governo di riccastri che toglie ai poveri per dare ai ricchi. 
E che dire di quel che accade nell’ex Patria del Diritto, divenuta patria del dritto?
Insulsi “giustiniani” si arrogano il diritto di riformare la Giustizia, per sanare l’anomalia delle toghe rosse, proprio loro che costituiscono un vulnus per la democrazia e continuano a buttare sul piatto della bilancia la tracotanza del capitale e un potere usurpato con l’inganno, frutto di ladrocini, di corruttele e di ingiustizie ingigantite dall’incultura del malaffare, dall’ipocrisia e dal falso perbenismo conformista.
Come affidare all’assassino il compito si scoprire l’autore dell’omicidio!

Penso che non valga più la pena scrivere sull’acqua il proprio malcontento. Indignarsi non basta più, se alla parola non segue l’azione, la protesta è destinata a isterilirsi nel vuoto parlarsi addosso.
Anche un osservatore distratto capitato per caso nell’ex bel paese si accorgerebbe del distonico fluire di omuncoli che alterano a loro piacimento ogni regola di un gioco ogni giorno sempre più sporco in cui chi vince lo fa con la sfacciataggine e l’insolenza di un baro che confida unicamente nella corrività di un popolo sempre più bue. Così da assistere impotente, come scrisse con spirito profetico il buon Raboni, al trionfo dell’arroganza in cui “il Menzogna impartisce reprimende” perché certa magistratura (dall’innominabile definita “politicizzata”), la libera stampa e gli Italiani non ancora sudditi della real casa del biscione remano contro e gli impediscono di rifare l’Italia legiferando, more solito, pro domo sua.
I suoi insopportabili sproloqui amplificati dal regime mediatico, i suoi diktat sono rivolti non soltanto ai sodali più riottosi ma anche e soprattutto agli avversari (di carta pesta) dimostrando di credere che ricevuta la prescritta unzione, uno come lui diventa ipso facto padrone dell’Italia, come se si trattasse dell’acquisto di una villa, di una tenuta con annessi fabbricati rurali o di uno stuolo di mantenute e di manutengoli, un esercito di scudieri schierati in quell’aula sordida e grigia trasformata in un bivacco di manipoli sempre pronti a sfornare à la carte leggi ad uso e consumo del committente.
Provo vergogna per tutti quei leccaculo, fra i quali vedo alcuni sudisti immaginari e italiani immaginifici, che stanno vendendo le loro terga e la dignità di un popolo per uno scipito piatto di lenticchie servite al ricco desco del dio po dal curatore fallimentare di una Res Publica divenuta res privata.
Con questo popò di politicanti da strapazzo l’unica cosa da fare è tirare lo sciacquone sperando che non ingorghino più di tanto gli scarichi di quella cloaca massima prossima ad accogliere e a diffondere i miasmi di un altro decreto alvino ponzato alla bisogna.

La legge bavaglio sulle intercettazioni evidenzia un chiaro intento censorio poiché lede il diritto all’informazione, la natura criminogena che la ispira e la anima, è uno degli ingredienti dell’ultima porcata preparata dalla cucina di bassa lega di una politica ancillare che con la scusa di proteggere la privacy dei comuni mortali finisce per tutelare la vis criminale di cricche, potentati e oligarchie che hanno fatto della disonestà la loro ragione sociale. Il connubio fra affari sporchi e politica corrotta ha bisogno di una legge (sic) dello stato per celebrare un matrimonio d’interesse!
Un leguleio della scuderia del ronzinante ha nitrito affermando che “la sinistra ignora il diritto alla privacy”. Se così fosse, egli riconosce implicitamente che la destra ignora il dovere della trasparenza.
Un personaggio cosiddetto “pubblico” dovrebbe essere trasparente come e più della moglie di Cesare, anche quando è nel privato, in caso diverso ha tanto nascondere da scendere precipitosamente in campo per difendere le malefatte compiute e commissionare una delle tante leggi ad personam che consentono a lui (cribbio!) e alla sua corte dei miracoli di continuare a tradire e a infinocchiare un’intera Nazione.
Parlano di macelleria mediatica per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da ben altre macellerie in cui si uccidono il welfare e lo Stato sociale con dei tagli che solo dei boia patentati riescono a fare.
E che dire di quella “macelleria messicana” aperta e chiusa durante il G8 di Genova?

L’Italia dell’innominabile è un tavolo verde sul quale da anni si gioca una partita d’azzardo dove vige un’unica regola: barare. Chi non riesce a farlo, a sentire lui e i suoi scherani, è un disfattista sul quale pende la posta in gioco di una Costituzione considerata “un inferno” da un ignobile solone populista che ha imboccato senza remore la via dell’eversione democratica, uno spregevole imbonitore che, se non fosse per le “inindagabili ricchezze” accumulate, sarebbe uno dei tanti potenziali malviventi “candidati” a soggiornare nelle patrie galere e invece, nel trionfo del malaffare, cito sempre il buon Raboni: “Chiunque può vedere pregiudicati e delinquenti d’ogni risma e colore mettere sull’attenti compunti picchetti d’onore.”

 
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