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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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DOPO IL DANNO LA BEFFA

Post n°588 pubblicato il 11 Ottobre 2009 da bargalla

          



Nell’ex belpaese tutto finisce a tarallucci e vino. Si rumoreggia tanto, ci si incazza pure, ma poi sazi di gattopardesca rassegnazione ci si rifugia nell’accidiosa inazione concedendo ad un libero “ponzatore” di fare quello che più gli aggrada, magari violare ripetutamente la Legge, pretendere impunità, attaccare con veemenza le Istituzioni, offendere quanti si guardano bene dall’essere sul suo libro paga e schifosamente ponzare, come lui nessuno mai, nel solito vespasiano del ronzante neo dopo aver mal digerito un frutto di stagione che si chiama “lodo” il cui effetto lassativo non è stato ben valutato da un esercito di prezzolati cacasenno ai quali non resta che accorciare ulteriormente i termini processuali così da consentire al loro “assistito” di collezionare un’altra assoluzione grazie all'ennesima legge ad personam.  

Una prescrizione non si nega a nessuno specie se a beneficiare della scadenza termini sono membri scadenti dell’onorata società che pretendono “rispetto” ben sapendo di non meritare altro che disprezzo.
Il frutto delle loro azioni non irrancidisce mai, viene per così dire cristallizzato da una storia personale che si riverbera su quella sociale lasciando al Tempo, il compito di giudicare fatti, persone e comportamenti.

Il modus vivendi dell’utilizzatore finale non lascia adito a dubbi, il suo sistema (il meretricio, il do ut des)  ha fatto scuola e molti suoi epigoni ne ripercorrono le gesta infatuati da un populismo avanguardista, da un falso pragmatismo, da un becero maschilismo senile e da una sessista volgarità di genere che ha permesso ad un suo ruffiano di usare le donne come fossero “tangenti” e merce di scambio.
Un simile scadimento etico e morale non ha eguali e si sublima proprio nel momento in cui, come direbbe Victor Hugo, si trova sul mercato tanta di quella gente che pagherebbe per vendersi.
Per siffatta gentaglia tutto ha un prezzo: i giudici si possono vendere e comprare, le sentenze modificare, gli appalti si possono pilotare e perfino le protesi, ortopediche, peniene e oculari, diventano “infungibili” strumenti di potere che in quanto tali possono perfino pretendere un trattamento di favore concedendo a mezzani e piazzisti di giovarsi della prescrizione dei reati senza giungere a sentenza e far…la franca (e sua sorella!) così come impone la dottrina del glande impunito. Meglio stendere il classico velo pietoso sull’innominato e sollevarlo su quanto accade in Puglia, terreno di nascita e di conquista di squallidi scherani e palafrenieri, fra i quali eccelle uno (elevato al rango di ministro) che si avvale del titolo di “protesi” dell’innominato, anche lui coinvolto in vicende giudiziarie a rischio prescrizione.

Gli addetti ai lavori e gli addetti ai favori guardano con occhio diverso agli sviluppi delle varie inchieste aperte in Puglia sul fonte della sanità malata. Se da una parte c’è chi pretende inutilmente Giustizia, dall’altra c’è chi spera nella cronica lentezza processuale per evitare una condanna giusta e inevitabile.    
Ma indulto e prescrizione potrebbero aver quasi azzerato gli effetti processuali della madre di tutte le inchieste basate sul sistema “gianpi”, quella sulle protesi sanitarie: i reati contestati a più di venti indagati del ramo sanità sarebbero quasi tutti ormai destinati all’archiviazione. 
Fatti i conti sui tempi di prescrizione, considerato che gli ultimi reati contestati sono stati consumati nel 2003, la prescrizione avrebbe già cancellato il grosso degli episodi contestati lasciando in piedi soltanto l’associazione per delinquere e la concussione.
Inoltre l’indulto (che non copre i reati di droga, pure quelli presenti in un filone dell’inchiesta insieme a quelli relativi allo sfruttamento della prostituzione) taglierebbe di tre anni le pene previste: insomma una maxi inchiesta da decine di migliaia di pagine rischia di essere quasi azzerata premiando come sempre la disonestà codificata dal vigente ordinamento tangentizio.
Sarà forse anche per questo che nel mare delle inchieste sulla sanità pugliese il fascicolo più vicino alla conclusione sembra essere quello che riguarda i rapporti fra politica e imprenditoria.  
Un fascicolo che nei suoi mille rivoli ha toccato il cuore delle istituzioni regionali portando alle dimissioni dell’assessore alla sanità “promosso” inspiegabilmente senatore.
Un “pessimo ottimato” chiacchierato prim’ancora che divenisse assessore.
Duole ammetterlo, ma tutti in Puglia sapevano del suo conflitto d’interessi, forse l’unico che non lo sapeva era proprio “le candide” Nichi che ora cade dalle nuvole.

Se solo le cose andassero come dovrebbero, di sicuro emergerebbe un sistema per la spartizione degli appalti che ruotano intorno alla sanità pugliese, un business da sei miliardi di euro l’anno, che potrebbe essersi ramificato fino a raggiungere, ungere e condizionare le intrallazzanti e sempiterne segreterie dei partiti con la consumazione di reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione, dalla concussione al falso e all’abuso d’ufficio, dal voto di scambio all’illecito finanziamento dei partiti.  
Gli addetti ai lavori (e gli addetti ai favori) conoscono benissimo i meccanismi con i quali girava (e forse gira ancora) il sistema “gianpi” in Puglia, dato che il fornitore delle protesi si sceglieva senza particolari formalità eludendo i controlli della direzione medica di presidio.
Gli acquisti, per migliaia di euro l’uno, si facevano senza badare all’effettiva utilità: qualcuno per giustificare la spesa sarebbe addirittura arrivato ad aprire le confezioni sterili dei dispositivi inutilizzati così da non dover permetterne la restituzione.
Il ricorso all’infungibilità era un altro degli espedienti collaudati, l’insostituibilità (tutta da verificare) di determinate protesi e strumentari vari, costituiva un trucco, un mezzo (notissimo) per aggirare gli ostacoli dando la propria esclusiva ai prodotti di un determinato fornitore il quale, grato, sapeva come manifestare la propria riconoscenza; ma il malvezzo di questi contatti del terzo tipo non riguardava, tanto per dire, soltanto l’ortopedia o l’oculistica: qualche luminare “spento” ha tentato perfino di acquistare costosissimi farmaci sperimentali per la radioterapia da migliaia di euro a confezione, ben sapendo di non poterli poi effettivamente usare, proprio perché sprovvisto di quel particolare apparecchio radioterapico.         

Chi di dovere dovrebbe guardare oltre il mercato delle protesi e magari avviare un’indagine sulle forniture di apparecchi elettro-medicali per l’assistenza domiciliare e la diagnostica strumentale.
Forse avranno bisogno di un ombrello per ripararsi dalla pioggia di costosissimi ecografi abbattutasi solo qualche mese fa sulla disastrata sanità pugliese.
Di buono c’è che si è chiusa la stalla, ma solo dopo che i buoi sono scappati, così come sempre accade nell’ex Patria del Diritto divenuta, ahinoi, patria del dritto e lo è ancor più dopo che l’Italia si è trovata ad essere terreno di coltura di un “virus” che annulla le difese immunitarie distruggendo l’organismo Stato.
E così dopo le varie patologie eversive e mafiose tuttora in atto, dopo l’influenza aviaria e suina ora in Italia, paese dei buoi secondo un etimo antico, c’è quella equina con la variante ancor più nefasta del cavaliere senza cavallo laddove l’agente infettante non è il vettore, ma il cavalier servente.

In Italia vige un’impunità strisciante e generalizzata, i causidici sanno bene che basta cavillare su qualche nequizia burocratica e procedurale per prolungare sine die qualsivoglia procedimento penale avviato nei confronti di politici e imprenditori i quali, pensando di non essere dei comuni mortali, affidano le loro sorti alle berlusconiane leggi ad personam; in sub ordine c’è sempre l’incertezza della pena a salvaguardare la propensione a delinquere di noti criminali travisati da statisti, banchieri e imprenditori di successo.
Non per niente la saggezza popolare ha coniato un detto secondo cui “se rubi poco vai in galera, ma se rubi tanto fai carriera”.
E magari diventi anche senatore, ministro e deputato al pubblico ladrocinio convintissimo di non essere poi additato al pubblico ludibrio da una legislazione che premia i furbi e condanna gli onesti tanto che nel “trionfo del malaffare chiunque può vedere pregiudicati e delinquenti d’ogni risma e colore mettere sull’attenti compunti picchetti d’onore”.

 
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Commenti al Post:
ossimora
ossimora il 16/10/09 alle 00:19 via WEB
Amaraggiata.Buonanotte.
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 16/10/09 alle 00:19 via WEB
amareggiata ...pardon
(Rispondi)
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