Creato da antonio.gambini il 12/02/2007

Morte Di Gambini

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EARTHQUAKE

Post n°531 pubblicato il 06 Aprile 2009 da antonio.gambini

ROME — At least 27 people died and thousands were left homeless when an earthquake with a magnitude of 6.3 shook central Italy early Monday morning, seriously damaging buildings in the mountainous Abruzzo Region east of Rome, officials told Italian news media.

The epicenter was in L’Aquila, a picturesque Medieval fortress hill town, where at least eight people died and more were trapped under rubble, officials said. Aftershocks shuddered through the area, hampering rescue efforts.

The situation is “extremely critical, as many buildings have collapsed,” Luca Spoletini, a spokesman for Italy’s Civil Protection Agency, told the ANSA news agency. Prime Minister Silvio Berlusconi declared a state of emergency in the region.

ANSA said fatalities were reported from six locations near L’Aquila. . Four children died in hospital after their house collapsed, ANSA reported. A fifth child died in the village of Fossa, eight miles from L’Aquila.

The quake struck around 3:30 a.m. and could be felt as far away as Rome, some 95 miles to the west, where it rattled furniture and set off car alarms.

Part of a student dormitory, a church tower and other historic buildings were reported to have collapsed, ANSA said. L’Aquila cathedral was damaged. Initial reports said one person died when part of the student dormitory crumbled and seven people may be missing in the debris.

Electricity, phone and gas lines were also reported damaged.

Hundreds of L’Aquila’s 80,000 residents rushed from their houses and gathered in the central Piazza Duomo, where nuns from a local convent attended to frightened residents, ANSA reported.

“There are many palazzi that are cracked — walls have fallen in,” Joshua Brothers, an American missionary, told CNN. He also noted that a church in town had been badly damaged. “The bell tower has crumbled,” he said.

He said many people had poured out of their homes after the quake.

“There were people calling for people that they know. They were very worried,” he said. “Most people are outside with luggage.”

 
 
 
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Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


 

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"Il mondo … questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, né come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non c’era stato niente prima di esso. Niente. Non c’era stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che m’irritava : senza dubbio non c’era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse.

 
Voglio dire che, per definizione, l’esistenza non è la necessità. Esistere è essere lì, semplicemente : gli esistenti appaiono, si lasciano incontrare ma non li si può mai dedurre. C’è qualcuno, credo, che ha compreso questo. Soltanto ha cercato di sormontare questa contingenza inventando un essere necessario e causa di sé. orbene, non c’è alcun essere necessario che può spiegare l’esistenza : la contingenza non è una falsa sembianza, un’apparenza che si può dissipare; è l’assoluto, e per conseguenza la perfetta gratuità. Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene conto, vi si rivolta lo stomaco e tutto si mette a fluttuare … ecco la Nausea".

"Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione d'esser lì, né gli uni né gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto si sentiva di troppo in rapporto agli altri. Di troppo: era il solo rapporto ch'io potessi stabilire tra quegli alberi, quelle cancellate, quei ciottoli. Invano cercavo di contare i castagni, di situarli in rapporto alla Velleda, di confrontare la loro altezza con quella dei platani: ciascuno di essi sfuggiva dalle relazioni nelle quali io cercavo di rinchiuderli, s'isolava, traboccava. Di queste relazioni (che m'ostinavo a mantenere per ritardare il crollo del mondo umano, il mondo delle misure, delle quantità, delle direzioni) sentivo l'arbitrarietà; non avevano più mordente sulle cose. Di troppo, il castagno, lì davanti a me, un po' a sinistra. Di troppo la Velleda…
 
Ed io - fiacco, illanguidito, osceno, digerente, pieno di cupi pensieri - anch'io ero di troppo. Fortunatamente non lo sentivo, più che altro lo comprendevo, ma ero a disagio perché avevo paura di sentirlo (anche adesso ho paura - ho paura che questo mi prenda dietro la testa e mi sollevi come un'onda). Pensavo vagamente di sopprimermi, per annientare almeno una di queste esistenze superflue.
 
Ma la mia stessa morte sarebbe stata di troppo. Di troppo il mio cadavere, il mio sangue su quei ciottoli, tra quelle piante, in fondo a quel giardino sorridente. E la carne corrosa sarebbe stata di troppo nella terra che l'avrebbe ricevuta, e le mie ossa, infine, ripulite, scorticate, nette e pulite come denti, sarebbero state anch'esse di troppo: io ero di troppo per l'eternità"

(JP Sartre, La nausea)
 

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