Antonio Gambini è un Grande Interprete. Antonio Gambini non esiste. Antonio Gambini è artificiale. Antonio Gambini è un esperimento riuscito.
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di ROBERT POGUE HARRISON da ''The New York Review Of Book'' GIACOMO LEOPARDI, Canti, translated from the Italian and annotated by Jonathan Galassi, New York, Farrar, Straus and Giroux, pp. 498, $ 35,00 Letteratura: una nuova edizione americana dei Canti di Leopardi è recentemente uscita in America. Ma come è possibile tradurre in un’altra lingua una poesia così musicale e profonda come quella del poeta di Recanati? Un’analisi delle difficoltà di traduzione dei testi è integrata da una ricerca approfondita sulla vita e sulla poetica di Leopardi. Giacomo Leopardi (1798-1837) soffrì di molti disturbi nel corso della sua infelice esistenza1 – asma, scoliosi, oftalmia, stitichezza, idropisia e depressione, per citarne alcuni –, ma l’insonnia è quello più strettamente associato al suo genio. Mentre tutti dormivano nella sua città natale, il piccolo borgo di Recanati, Leopardi rimaneva sveglio a leggere, scrivere, tradurre o fantasticare. Come figlio primogenito di un conte, poteva pretendere che i domestici di famiglia, nonostante la loro rabbia, gli servissero la prima colazione nel pomeriggio e il pranzo a mezzanotte. Mai in pari con i ritmi diurni del resto del mondo, era, nel miglior senso nietzschiano del termine, “inattuale”. Leopardi trascorse la giovinezza tra gli antichi, in una delle più grandi biblioteche private d’Europa: quella di suo padre. Quando gli altri bambini della sua età ancora recitavano i tempi dei verbi, lui già padroneggiava la lingua latina e aveva imparato il greco da autodidatta, leggendo in ordine cronologico tutte le opere di autori greci trovate sugli scaffali del padre. A sedici anni presentò al padre un’opera filologica sulla vita di Plotino, con traduzione latina e commento. Nello stesso anno elaborò un commentario sui retori del II secolo dopo Cristo e poco tempo dopo imparò l’ebraico per leggere la Bibbia senza mediazioni. L’elenco delle sue traduzioni e dei suoi commentari giovanili fa tremare i polsi. Se, nei primi anni dell’adolescenza, non avesse compromesso la sua vista e sviluppato una deviazione della spina dorsale come risultato del troppo tempo speso a studiare ricurvo sui testi, la filologia avrebbe guadagnato un grande genio, mentre la storia letteraria molto probabilmente avrebbe perso un sommo poeta. Oltre che la filologia, Leopardi studiava assiduamente e in maniera frenetica anche le opere in poesia e in prosa dei maestri italiani. Imparò inoltre la scienza moderna e il pensiero illuminista, indagò a fondo l’astronomia post-copernicana, l’empirismo inglese e la teoria meccanicistica della natura. Poco più che ventenne aveva già compreso il pensiero di Galilei, Pascal e vari pensatori dell’Illuminismo, così come le metriche di Virgilio. Aveva letto Voltaire, Locke e decine di altri contemporanei nella loro lingua. In questo modo la sua erudizione spaziava ampiamente tra epoche e discipline, attraverso lingue antiche e moderne, e in tutta l’Europa, nonostante egli non si fosse avventurato oltre i confini della sua provincia natale fino all’età di 24 anni. |
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"Il mondo … questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, né come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non c’era stato niente prima di esso. Niente. Non c’era stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che m’irritava : senza dubbio non c’era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse.