Un blog creato da acquadolcebg il 28/12/2008

SAGGEZZA INDIANA

Indiani D'America

 
 
 
 
 
 

FRASE 1

Lungo il cammino delle vostra vita fate in modo di non privare gli altri della felicità. Evitate di dare dispiaceri ai vostri simili ma, al contrario, vedete di procurare loro gioia ogni volta che potete!
( Sioux )

 
 
 
 
 
 
 

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YEHA NOHA

ASCOLTATELO...GUARDATELO...

 
 
 
 
 
 
 

O GRANDE SPIRITO...

O GRANDE SPIRITO....ASCOLTAMI,  HO BISOGNO DI TE' ! ... PER L'ANNO NUOVO NON VOGLIO NULLA. NON VOGLIO ESSERE NULLA DI PIU' DI QUELLO CHE SONO,  E NON VOGLIO AVERE NULLA DI PIU' DI QUELLO CHE HO.    ... CHIEDO SOLO FORZA... LA TUA FORZA, PER POTER DONARE UN SORRISO HA CHI E' PIU' IN DIFFICOLTA' E PIU'  "SFORTUNATO" DI ME' COSI CHE CON IL SORRISO POSSA PORTARE PACE CONFORTO E GIOIA A TUTTI COLORO CHE NE HANNO BISOGNO.  Gio.
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Pensiero ...

Post n°63 pubblicato il 04 Settembre 2010 da acquadolcebg

Per essere quello che vuoi essere.
Non c’è limite di tempo, comincia quando vuoi.
Puoi cambiare o rimanere come sei,
non esiste una regola in questo.
Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio.
Spero che tu viva tutto al meglio.
Spero che tu possa vedere cose sorprendenti.
Spero che tu possa avere emozioni sempre nuove
Spero che tu possa incontrare gente
con punti di vista diversi.
Spero che tu possa essere orgoglioso della tua vita.
E se ti accorgi di non esserlo,
spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero.

 
 
 

Preghiera Irochese

Post n°62 pubblicato il 02 Settembre 2010 da acquadolcebg

Rendiamo grazie a nostra Madre Terra,

che ci nutre.

Rendiamo grazie ai fiumi ed ai torrenti,

che ci danno l'acqua.

Rendiamo grazie alle erbe,

che ci danno le medicine per le nostre malattie.

Rendiamo grazie al mais ai suoi fratelli fagioli e alle zucche,

che ci danno la vita.

Rendiamo grazie ai cespugli ed agli alberi,

che ci danno i loro frutti...


 
 
 

Preghiera indiani d'America

Post n°61 pubblicato il 02 Settembre 2010 da acquadolcebg

"Vivi la tua vita in maniera tale che la paura della morte non possa mai entrare nel tuo cuore.

Non attaccare nessuno per la sua religione; rispetta le idee degli altri,

e chiedi che essi rispettino le tue.

Ama la tua vita, migliora la tua vita, abbellisci le cose che essa ti da.


Cerca di vivere a lungo e di avere come scopo quello di servire il tuo popolo.


Prepara una nobile canzone di morte per il giorno in cui ti incamminerai verso la grande separazione.


Rivolgi sempre una parola od un saluto quando incontri un amico, anche se straniero, in un posto solitario.


Mostra rispetto per tutte le persone e non umiliarti davanti a nessuno.


Quando ti svegli al mattino ringrazia per il cibo e per la gioia della vita.


Se non trovi nessun motivo per ringraziare, la colpa giace solo in te stesso.


Non abusare di niente e di nessuno, per farlo cambia le cose sagge


in quelle sciocche e priva lo spirito delle sue visioni.


Quando arriverà il tuo momento di morire, non essere come quelli i cui


cuori sono pieni di paura, e quando arriverà il loro momento essi piangeranno


e pregheranno per avere un 'altro poco di tempo per vivere la loro vita in maniera diversa.


Canta la tua canzone della morte e muori come un eroe che sta tornando alla casa."



Capo Tecumseh 1768-1813

 
 
 

Poesia Indiana

Post n°60 pubblicato il 01 Settembre 2010 da acquadolcebg

Tieni stretto ciò che è buono,
anche se è un pugno di terra.
Tieni stretto ciò in cui credi,
anche se è un albero solitario.
Tieni stretto ciò che devi fare,
anche se è molto lontano da qui.
Tieni stretta la vita,
anche se è più facile lasciarsi andare.
Tieni stretta la mia mano,
anche quando mi sono allontanato da te.

 
 
 

Poesia Indiana

Post n°59 pubblicato il 01 Settembre 2010 da acquadolcebg

Il lungo sentiero e la foresta oscura
son davanti a me,
odo il suono di tamburi lontani
che la magia del vento diffonde nell'aria
e avverto il canto ritmico del mio cuore.
Ascolto nel vento il tuo nome,
sussurro lieve...sospiro d'amore
che aumenta al ritmo del tam tam,
poi torna a defluire fino ad estinguersi.
Comincia il canto melodioso della natura
fra i sottili fili d'erba che il vento
scuote inondando il mio spirito.
Vengo a Te
o voce del vento.
Aspettami.
Sono debole e indifesa
ho bisogno della Tua forza e della Tua mano.
Affidami alle ali del vento
e fa che i miei occhi ammirino
sempre un tramonto dorato.
Fà che io voli alta nel cielo
sicura come un'aquila
e la mia anima ascolti
il sussurro della pioggia.
Rendimi saggia
che capisca la fragilità di una foglia
e la potenza del vento.
La tua forza e la tua dignità
mi siano scudo contro il male.
Fà che io sia sempre vicino a Te
con mani sante e occhi luminosi
fino a quando la luce del tramonto
svanirà in una notte stellata
ed il mio Spirito s'innalzerà a Te
con la dolcezza delle ali di una colomba!

 
 
 

Antiche Poesie

Post n°58 pubblicato il 01 Settembre 2010 da acquadolcebg

Noi e la madre terra,

dovemmo essere compagni con uguali diritti.

Quello che noi rendiamo alla terra, puo' essere una cosa cosi' semplice, e, allo stesso tempo cosi difficile

come il RISPETTO

(Jimmie Begay  Navajo)

 
 
 

INDIANA LUPI

Post n°57 pubblicato il 01 Settembre 2010 da acquadolcebg

indiana Lupi

 

Grazie mille per il pensiero sunrisely !

 
 
 

TESTO DEL MANIFESTO DEI DIRITTI DELLA TERRA

Post n°55 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da acquadolcebg

Gli indiani d’America vivevano riuniti in tribù in ambienti diversi: praterie, montagne, lungo i fiumi e i laghi: erano spesso nomadi e dediti alla caccia e alla pesca. Ebbero i primi contatti con gli Europei dopo che iniziarono le migrazioni di inglesi nel continente americano. A poco a poco il numero dei bianchi aumentò sempre più costringendoli a ritirarsi in zone sempre più ristrette, per i massacri che subivano ad opera degli invasori, fino ad essere confinati nelle riserve. Ma questo non impedì all'uomo bianco di continuare a sterminarli fino alla quasi estinzione. Difatti attualmente i nativi d' America sono circa 500 mila.

Questa lettera fu scritta dal capo dei Pellirossa Capriolo Zoppo nel 1854 al Presidente degli Stati Uniti Franklin Pirce.
Il documento qui integralmente riprodotto è senz’altro una delle più elevate espressioni di sintonia dell’uomo col creato ed esprime la ricchezza universale dei “popoli nativi”, dei veri “indigeni” di ogni luogo della terra ed è la risposta che il Capo Tribù di Duwamish inviò al Presidente degli Stati Uniti che chiedeva di acquistare la terra dei Pellerossa.


"Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Il grande Capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. Ma noi consideriamo questa offerta, perché sappiamo che se non venderemo, l’uomo bianco potrebbe venire con i fucili a prendere la nostra terra. Quello che dice il Capo Seattle, il grande Capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni.

Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?

Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. Perciò. Quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considereremo la Vostra offerta di acquisto. Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo.

Il mormorio dell’acqua è la voce del padre, di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono i nostri fratelli ed anche i vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello.

L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione della terra è la stessa per lui come un’altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando la ha conquistata, egli si sposta, lascia le tombe dei suoi padri dietro di lui e non se ne cura. Le tombe dei suoi padri e i diritti dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate.

IL suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.

Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.

Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca gli orecchi. E che cosa è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte?

Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.

L’aria è preziosa per l’uomo rosso poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro.

L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza.

Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento, che ha dato ai nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai vostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati.

Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’uomo bianco che gli aveva sparato dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.

Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali presto capiterà all’uomo. Tutte le cose sono collegate.

Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.

Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilita per il mio popolo. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa dove spenderemo il resto dei nostri giorni.

I nostri figli hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi dolci e bevande forti. Poco importa dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune.

Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.

Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri stessi rifiuti.

Ma nel vostro sparire brillerete vividamente, bruciati dalla forza del Dio che vi portò su questa terra e per qualche scopo speciale vi diede il dominio su questa terra dell’uomo rosso. Questo destino è un mistero per noi, poiché non capiamo perché i bisonti saranno massacrati, i cavalli selvatici tutti domati, gli angoli segreti della foresta pieni dell’odore di molti uomini, la vista delle colline rovinate dai fili del telegrafo. Dov’è la boscaglia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cos’è dire addio al cavallo e alla caccia? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.

Noi potremmo capire se conoscessimo che cos’è che l’uomo bianco sogna, quali speranze egli descriva ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali visioni egli accenda nelle loro menti, affinché essi desiderino il futuro. Ma noi siamo dei selvaggi. I sogni dell’uomo bianco ci sono nascosti. E poiché ci sono nascosti noi seguiremo i nostri pensieri.

Perciò noi considereremo l’offerta di acquistare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che avete promesso. Lì forse potremo vivere gli ultimi nostri giorni come desideriamo. Quando l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla terra ed il suo ricordo sarà l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora gli spiriti del mio popolo.

Poiché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così, se noi vi vendiamo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra com’essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacità e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli ed amatela come Dio ci ama tutti.

Noi sappiamo una cosa, che il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Anche l’uomo bianco non fuggirà al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo!"

Capriolo Zoppo, 1854

 
 
 

POESIA INDIANA

Post n°54 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da acquadolcebg

LA VOCE INDIANA

Io sono la Voce Indiana.
Voglio che mi sentano in tutti i nostri territori.
Da duecento anni sono prigioniero di guerra
nella mia terra.

Sono prigioniero dell’odio e dell’avidità,
della menzogna e del pregiudizio,
dell’indifferenza e dell’ignoranza,
dell’ingiustizia
degli uomini che schiacciarono
con la forza del loro numero me e il mio Popolo,
da quando scesero sulle mie spiagge
e invasero la mia terra nativa.

Imposero a me
la loro società, la loro religione, le loro leggi,
ed è per questo che la mia gente
ora è ridotta a meno di quanto era,
quando con false promesse vennero
per la prima volta sulle nostre spiagge.

Io sono la Voce Indiana collettiva
e grido forte dalle milioni di tombe
di spiriti senza pace
e milioni sono le grida che si alzano
e chiedono:
Dov’è il mio futuro?
A chi appartiene?
Appartiene al mio Popolo?
Ci sarà felicità sulla terra
Che per diritto è mia?

 
 
 

POESIA INDIANA

Post n°53 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da acquadolcebg

LUNA NUOVA

La luna nuova,una canoa,una piccola canoa d'argento,
naviga e naviga fra gli indiani dell'ovest.

Un cerchio di volpi argentate, una nebbia di volpi
argentate, stanno e stanno intorno alla luna indiana.

Una stella gialla per un corridore, e liti di stelle
azzurre per molti corridori,mantengono una linea di sentinelle.

O volpi, luna nuova,corridori,voi siete la sella
della memoria, bianco fuoco che scrive
questa notte i sogni dell'Uomo Rosso.

Chi siede, con le gambe incrociate e le braccia piegate,
guardando la luna e i volti delle stelle dell'ovest?

Chi sono i fantasmi della valle del Mississippi,
con le fronti di rame, che cavalcano robusti pony nella notte?
Senza briglie le braccia sui colli dei pony,
cavalcando nella notte, un lungo, antico sentiero?

Perchè essi ritornano sempre quando,
quando le volpi argentate siedono intorno alla luna nuova,
un bimbo d'argento, nell'occidente indiano?

 
 
 

PREGHIERA

Post n°52 pubblicato il 25 Settembre 2009 da acquadolcebg

Preghiera alla Donna Bisonte Bianco
 
dentro il ventre del tepee
sono connessa con il battito della madre terra
fuoco che mi scalda
vento che scuote la mia anima
e mi sento uno con il Tutto
 
il mio cuore canta
e attraverso l'apertura
ammiro il firmamento 
brillante  nella sua grandezza
 
in questo cerchio magico
sono protetta da Quattro Venti
trovandomi nel centro dell'universo
 
piano piano
l'odore penetrante della Salvia Sacra
riempie il mio essere
 
Oh Donna Bisonte Bianco
donami la tua Saggezza
Donna Bisonte Bianco
donami la tua Visione!
 
a te sto chiamando
ascolta la mia voce!
 
Affinché l'uomo bianco impari a camminare  sul Sentiero della Bellezza
in armonia con tutte le relazioni
sentendosi come un essere inferiore
per poter ascoltare in umiltà
la saggezza degli Uomini in Piedi
la voce profonda del Nonno Roccia
e il canto della Sorella Fiume!
 
Oh Donna Bisonte Bianco
so che il tempo del Quinto Mondo è qui vicino
 
Il mio canto è per l'umanità intera
affinché possa  vedere l'Alba della nuova Era
con cuore leggero e anima pura
 
che tutti gli uomini possanno essere  aquile 
 che volano
 sotto un brillante arcobaleno.

 
 
 

LA SACRA PIPA

Post n°49 pubblicato il 27 Agosto 2009 da acquadolcebg

La Sacra Pipa è considerata uno degli oggetti più importanti e sacri per molti popoli Nativi.
Quella più conosciuta è il Calumet della pace, che veniva fumato per qualsiasi trattato o accordo di pace, divenne appunto famoso durante le guerre tra Nativi e Bianchi immigranti.
C'è però da precisare che il rito della Sacra Pipa e la Sacra Pipa stessa hanno un valore per in Nativi che va oltre quello ritenuto da molte persone, un valore soprattutto Spirituale; infatti la Sacra Pipa viene fumata in moltissimi altri riti e celebrazioni.
La Chanupa (chamata così dai Lakota) è considerata al pari di un essere vivente, appartenente a Madre Terra: essa è simbolo dell'unione tra Cielo e Terra, sempre costituita di due parti, il cannello (considerato la parte maschile- generalmente in legno) e il fornello (parte femminile-in pietra) che insieme creano la vita.
Per questo motivo quando non viene usata le due parti vengono tenute separate.

Le Sette leggi della Sacra Pipa

Birgil Kills Straight-Oglala Lakota"

“Sette sono le Sacre Leggi che regolano la vita del Popolo Lakota, che ci furono donate, insieme alla Sacra Pipa dalla Donna del Bisonte Bianco. Sette sono le Sacre Cerimoniew che ci venivano insegnate, coì da poter vivere in armonia con l’universo.Sette sono poi le Stelle dell’Orsa Maggiore, che rappresentano i capostipiti dei gruppi che costituiscono il Consiglio dei Sette Fuochi e sette sono le suddivisioni dei Tetonwan, “coloro che che vivono nella prateria”.Sette sono i luoghi sacri situati in Cante Wamakognake, ossia il “Cuore di tutto ciò che esiste”, le Paha Sapa, le Colline Nere. Ad ognuno di questi luoghi sacri corrispondono poi le Sette Sacre Costellazioni del Cielo. Sette sono infine le Stelle Pleiadi, luogo in cui vivevano i Lakota quando ancora appartenevano al Mondo dello Spirito”. Una delle storie più belle che i bambini Lakota, sentivano raccontare dai nonni, nelle fredde serate invernali, seduti attorno al fuoco, era quella della Donna del Bisonte Bianco.Si narra di come, tante generazioni orsono , il Popolo Lakota vivesse in grande difficoltà. Si soffriva la fame, si litigava, i fratelli combattevano fra di loro. Persino gli inverni sembravano più gelidi e duri da superare.Fu proprio in una di quelle fredde stagioni che due cacciatori, lasciarono il campo alla ricerca di bisonti da cacciare. Per giorni e giorni, cercarono tracce, ma senza risultato. Quando delusi, decisero di ritornare al campo, notarono una figura solitaria che si avvicinava da Ovest. Questa figura aveva una strana andatura; non il normale modo di camminare degli uomini, ma uno strano fluttuare, il chè convinse i due cacciatori che doveva trattarsi di un’entità sacra. Quando giunse a breve distanza dai due Lakota, essi si accorsero che si trattava di una donna bellissima, che indossava un candido abito di pelle di daino ricamato superbamente con aculei di porcospino, dai colori brillanti. Portava lunghi capelli, neri, lucenti, sciolti sulle spalle, ad eccezione di una treccia, sul fianco sinistro, avvolta con pelle di bisonte. Alle mani teneva un ventaglio fatto di rametti di salvia e portava appeso alla schiena un involucro fatto di pelle. La sua superba bellezza generò in uno dei due cacciatori il desiderio di possederla, mentre l’altro, con timore reverenziale le tributò il rispetto che si conviene ad un essere sacro. La Donna, rivolgendosi al primo cacciatore, disse che, se proprio voleva, avrebbe potuto avere ciò che tanto desiderava, ma per questo la sua vita si sarebbe consumata in brevissimo tempo. Infatti, di lì a pochi istanti, il corpo dell’uomo si dissolse, riempiendosi di vermi e lasciando di sè soltanto un mucchietto di ossa rinsecchite. L’altro cacciatore terrorizzato per quanto era accaduto al compagno, venne tranquillizzato dalla donna, la quale, con tono dolce gli disse di tornare dalla sua gente , di radunare gli anziani, i capi e gli interpreti spirituali in un ampio cerchio, in mezzo al quale avrebbero dovuto erigere un grande tipi. Il giorno successivo, la Donna avrebbe fatto visita al Popolo, portando in dono un oggetto e degli insegnamenti, che avevano lo scopo di ricordare per sempre alla gente Lakota la sacralità della vita. Così infatti avvenne. La mattina seguente, una volta entrata nel cerchio campale, la Donna fece il suo ingresso nel tipi e sedette al posto d’onore, dove era stata cosparsa della salvia. Per prima cosa, dal fardello che portava sulla schiena estrasse una grossa pipa con il cannello di legno e il fornello di pietra rossa, ornato con penne d’aquila chiazzata. Spiegò loro che il fornello, ricavato dalla pietra, rappresentava la terra e il sangue del popolo, mentre il cannello, intagliato nel legno, simboleggiava tutti gli esseri che vivono sulla terra. Le penne d’aquila, oltre che il simbolo del Popolo degli Alati, rappresentavano il messaggio di Tunkasila, l’Essere Supremo. Mostrò loro come avrebbero dovuto usare la pipa, durante le preghiere, offrendola prima alle Quattro Direzioni, poi al Cielo e quindi alla Madre Terra. Spiegò come il fumo che usciva dalla pipa avrebbe portato in alto, salendo verso il cielo, le loro preghiere e le loro voci.
Dopo di ciò parlò ai Lakota delle Sette Sacre Cerimonie che da allora in avanti, avrebbero rappresentato il centro della loro religione e mostrò come celebrarle. Poi parlò di come ogni individuo avrebbe dovuto assolvere il suo compito dapprima all’interno della famiglia, poi nell’ambito della nazione. A tale scopo sono state date le Sette Sacre leggi, dicendo che solo la stretta osservanza di queste regole avrebbe permesso al popolo Lakota di vivere una vita armoniosa ed equilibrata. Quando ebbe finito, uscì dal suo tipi, compiendo un giro secondo il cammino del sole, si diresse verso i margini del cerchio del campo. Si girò un’ultima volta a guardare la sua gente e non appena ebbe superato il limite del campo, si tramutò in un maschio di bisonte dal colore nero. Inizò’ a galoppare nella stessa direzione da cui era venuta, quindi mutò il colore del suo manto prima marrone, quindi rosso, per poi trasformarsi definitivamente in un bisonte bianco che scomparve all’orizzonte. Quella fu la prima e l’ultima volta che qualcuno la vide, e di lei nessuno ebbe piu’ notizie.            I concetti espressi dalle Sette Sacre leggi che la Sacra Donna ha donato al Popolo Lakota sono profondi ma anche semplici.


La prima Legge e’ Wacante Ognake, che significa “Portare nel Cuore il bene del Popolo”. E’ quindi un invito alla generosita’. Non si possiede la terra, ma noi apparteniamo alla terra. Ne siamo i custodi. E la stessa cosa vale per tutte le forme di vita che la popolano.


La seconda Legge, importantissima deve quasi diventare una seconda pelle per i Lakota. Wawoyuonihan, “Rispettare ed amare tutte le creature che ci circondano”, siano esse del Popolo a Due Gambe, siano esse del Popolo a Quattro Gambe, del Popolo degli Alati, del Popolo dei Pesci, del Popolo dei Vegetali o Minerali.
Il significato di Wacin Tanka e’ “Avere una grande mente”. 

Questa e’ la terza legge che ricorda ai Lakota di essere pazienti e tolleranti.

La Quarta legge, Wowahunsila, insegna ad avere pietà e compassione verso tutte le creature, oltre che ad amarle e rispettarle.

La parola che definisce la Quinta legge e’ un invito alla modestia e all’umiltà: Wowahwala. Chi vuole possedere umiltà e la modestia deve essere silenzioso e quieto. Al centro della parola, troviamo il suono “hwa”, che significa “addormentarsi”. Infatti il sonno e’ anche un’ulteriore ricerca di comprensione. Ed e' anche attraverso i sogni e le visioni che bisogna cercare di capire quello ce avviene attorno a noi.

La Sesta Legge e’ Woohitike e ci ricorda che dobbiamo essere arditi, coraggiosi e senza paura. Non dobbiamo temere di vivere secondo i nostri principi.

L’ultima e settima legge e’ Woksape…la ricerca della saggezza. Riusciremo a raggiungere questo stato soltanto se saremo riusciti a vivere rispettando le prime sei leggi. Per ricordare a noi stessi l’importanza che queste regole racchiudono, ogni notte dobbiamo alzare gli occhi al cielo e guardare il luogo da cui siamo venuti: le Pleiadi. E per non dimenticarci mai l’importanza di vivere una buona vita, guardiamo la Sacra Pipa e guardiamo alla donna, che consideriamo sacra.

Le Sette Sacre Cerimonie che la Donna del Bisonte Bianco ci insegnò, spiegando che si trattava di sette diversi modi che i Lakota avrebbero avuto da allora in poi, per inviare le voci a Tunkasila, rappresentano ancora oggi, l’essenza della religione Lakota.

 
 
 

Indiano

Post n°48 pubblicato il 31 Maggio 2009 da acquadolcebg

 

 

 

 
 
 

Tribu'

Post n°47 pubblicato il 31 Maggio 2009 da acquadolcebg

Alcune tribù dei Nativi Americani

ALGONCHINI
Gli algonchini (o Algonkini) sono con tutta probabilita’ il piu’ grande gruppo di tribu’ linguisticamente imparentate tra di loro nel Nord America. Distribuiti sull’intero continente dall’Atlantico alle Montagne Rocciose, essi includono gli Algonchini di Ottawa propriamente detti,gli Cheyenne, gli Arapaho, gli Ojibway,i Sac e Fox,i Pottawatomi, gli Illinois,i Miami,i Kickapoo ed i Shawnee.Tuttavia, quando si dice che la leggenda indiana e’ d’origine algonchina, generalmente si vuol significare che proviene da una tribu’ della Costa orientale, come sono ad esempio i pequod, i Mohegan, i Delaware, gli Abnaki od i Micmac.

SIOUX y1ppzvltzalipxjhf4rujb5pp2
La nazione Sioux e' composta da tre etnie, la Lakota o Teton-Wan, la Dakota e la Nakota. I Lakota o Teton-Wan sono le sette tribu' Sioux piu' occidentali tra tutte quelle che abitano all'al di la' del Missouri; essi si chiamano Ikche-Wichasha, i Veri Esseri Umani Naturali. Le Sette Tribu', o cheti Shakowin (Sette Fuochi d'Accampamento), che compongono il gruppo Lakota sono la Hunkpapa, gli Oglala, i Minneconjou, i Brule' (conosciuti pure come Sichangu o Burned Tights), gli Ooenunpa o Two Kettles, gli Itazipcho o No Bows e gli Sihasapa o Blackfeet, da non confondee con gli Algonchini Blackfeet (Siksika) del Montana. Gli strenui cavalieri e cacciatori di buffali Lakota sono Indiani delle Pianure per eccellenza, i Cavalieri Rossi della Prateria, il popolo di Nuvola Rossa, Toro Seduto e Cavallo Pazzo. La loro fu la cultura nomade del tipi e del travois, in un primo momento attaccata al cane ed in seguito al cavallo. Adorano Wakan Tanka - Tunkashila, lo spirito antenato - pregano con la pipa sacra, e vanno alla ricerca di una visione, comportante un digiuno di quattro giorni e quattro notti e praticano tuttora l'autotortura (per perforazione) durante la danza del sole, il piu' solenne di tutti i rituali delle Pianure. La Native American Church, conosciuta anche come Peyote Cult, rappresenta un'interessante sintesi del simbolismo e delle credenze cristiane con i rituali e le pratiche religiose degli indiani d'America. Il peyote è ritenuto una pianta sacra ed è usato dagli indiani d'America per comunicare con la divinità. I riti peyote, sono praticati principalmente dalle tribù sioux e navajo. Durante i primi contatti, i Lakota furono in relazioni amichevoli con i Bianchi, ma quando furono costretti a difendere i loro antichi territori di caccia li combattereno strenuamente. I sioux combatterono al fianco degli inglesi durante la guerra d’Indipendenza americana e nella guerra del 1812. Successivi trattati con gli Stati Uniti confermarono il controllo Sioux su un vasto territorio che comprendeva gran parte degli attuali Minnesota, North e South Dakota, Wisconsin, Iowa, Missouri e Wyoming. Parte di questo territorio fu successivamente venduto agli Stati Uniti. La pressione dei coloni generò tuttavia ripetuti conflitti, che culminarono nella guerra di Nuvola Rossa (1866-67), così chiamata dal nome di un capo sioux. La firma del trattato garantiva ai Sioux il possesso perpetuo delle Black Hills, ma la violazione del trattato da parte del governo federale in seguito alla scoperta di giacimenti d’oro e miniere portò a una guerra che vide l’uccisione del generale Custer e dei suoi 300 soldati a Little Bighorn (1876), a opera del capo Sioux Toro Seduto e dei suoi guerrieri. Il massacro di oltre 200 uomini, donne e bambini Sioux perpetrato dai soldati americani, che avevano una schiacciante superiorita' numerica e cannoni a ripetizione nel 1890 a Wounded Knee piegò la resistenza indiana.
 
CHEROKEE
Il nome Cherokee deriva probabilmente da chiluk-ki, una parola Choctaw che significava Popolo delle Ceverne. I Cherokee sono una delle cosi’ dette Cinque tribu’ Civilizzate una locuzione che ricorre per la prima volta nel 1876 nei rapporti dell’Ufficio Indiano. Queste tribu’ avevvano un loro governo costituzionale, sul tipo di quello degli Stati Uniti, le cui spese erano sostenute per mezzo di fondi comuni. I Cherokee furono anche agricoltori, seguendo in cio’ il costume dei loro vicini bianchi. Abbondanza e terre fertile furono la rovina dei Cherokee. Ai tempi della politica del “Trasferimento Indiano” di Andrew Jackson e Van Buren, le truppe comandate dal generale Winfield Scott scacciarono gli Indiani dalle loro terre ancestrali per consentire ai coloni bianchi di occuparle. Un terzo dei deportati peri’ durante la marcia di trasferimento verso i cosiddetti Territosi Indiani, situati ad ovest del Mississipi, ed oggi ricordata come l’infame Sentiero delle Lacrime. Gran parte dei Cherokee vive oggi in Oklahoma e di essi solo un piccolo numero riusci’ in seguito a stabilirsi in territori piu’ vicini ai luoghi d’origine. La loro popolazione ammonta aggi a circa 7.000 individui, che vivono nei circa 56.000 acri della Riserva Cherokee del Nord Carolina.
 
NEZ PERCES
I Nez Perces (dal francese “nasi forati”) devono questo nome alla loro abitudine di portare un pezzo di conchiglia di dentalio infilato nel setto nasale. Appartenevano alla cultura seminomade degli Alpini, ed erravano nell’alta ed arida regione dell’Idaho e nelle regioni orientali dell’Oregon e dello Stato di Washington. Erano noti per il loro acume commerciale, il loro coraggio, la loro generosita’, la loro bravura nell’allevare i famosi cavalli Appaloosa ed i bei canestri intrecciati dalle loro donne. Furono con coerenza amici dei bianchi e pure una grande tribu’ della famiglia linguistica Shahaptin. Le loro dimore tradizionali erano costruite da grandi case comuni, capaci di ospitare parecchie famiglie. Ingiustamente scacciati dalla loro amata Wallowa Valley, combatterono con fierezza ed abilita’ durante la guerra Nez Perces del 1877 sotto la guida del loro grande leader Chief Joseph, che si guadagno’ l’ammirazione persino dei nemici per il coraggio e l’umanita’ con cui condusse quella guerra. Oggi i circa 1.500 membri della tribu’ vivono sugli 88.000 a Lapwai, Idaho
 
IROCHESI
Il nome Irochesi, che significa “vere vipere”, e’ di origine algonchina. Gli Irochesi si riferiscono a se stessi come a Noi Che Appartengono Alla Tenda Estesa. Non sono affatto un gruppo tribale, ma un’alleanza di tribu’ che dominava la vasta aera che si estende dalla Costa Atlantica al Lago Erie, e dall’Ontario sino al loro lega fu costituita intorno al 1570 per gli sforzi di Hiawatha, un Mohawk (che non deve essere confuso con l’eroe romantico Longfellow), e del suo discepolo Dekanawida, un hurone di nascita. L’originaria confederazione delle Cinque Nazioni fu composta dai Mohawk, Oneida, Cayuga e Seneca, tribu’ che prima di allora erano state in guerra tra loro. La lega formo’ una repubblica tribale con consigli composti da delegati liberamente eletti. I capi erano eletti su designazione delle matrone della tribu’ ed agivano con il consenso e la cooperazione delle donne in eta’, di procreare.
 
CHEYENNE
Il nome forse deriva dal termine "Sha-hi'-ye-na" che in lingua Lakota significa "Popolo che parla una lingua strana". Loro invece preferivano chiamarsi "Dzi'tsiis-tas", cioè "La Gente che è Uguale". Di lingua algonchina, agricoltori ed artigiani, un tempo vivevano nella zona dei Grandi Laghi (Minnesota), ma si dovettero spostare verso le Pianure in seguito alla pressione dei Lakota e degli Ojibway. Vivenano nei Wigwam, capanne fatte di pali piantai nel terreno e incurvati alle sommità e legati fra loro, ricoperte con erba secca e fango e rivestite dicon corteccia e canne intrecciate. In estate, durante il periodo della caccia, invece conducevano vita da nomadi e le loro abitazioni erano delle semplici tende ricoperte di pelli e trasportate dai cani, animali molto vicini a questa popolazione. Agli inizi del secolo scorso, dopo altri trasferimenti ancora più ad occidente, conobbero il cavallo. E' così cambiata radicalmente la loro organizzazione socio-economica; divennero nomadi delle Pianure e sopravvivevano con la caccia al bisonte, vivendo nei tipici Tepee (le classiche tende coniche). Divennero degli eccellenti cavalieri. Essi si dividevano in due gruppi principali: i Cheyenne settentrionali, influenzati dai costumi e lingua dei Sioux, e quelli meridionali, confinanti con gli Arapaho. I Cheyenne nella loro terra nativa praticavano l'agricoltura,la caccia e la raccolta,ma nelle nuove terre nelle quali si trovarono ad abitare, passarono alla caccia al bufalo e cominciarono a condurre vita nomade.I Cheyenne erano guerrieri (suggestiva e cruenta la loro pratica della danza del sole).Negli anni Cinquanta dell'Ottocento, quando arrivarono in massa i cercatori d'oro,i Cheyenne si videro rubare le loro terre e da allora i conflitti si fecero sempre più aspri, fino a sfociare nel massacro, da parte delle truppe statunitensi,di un gruppo pacifico di uomini,donne e bambini Cheyenne a Sand Creek (Colorado) nel 1864. Nel 1876, gruppi di guerrieri Cheyenne e sioux inflissero una sconfitta al generale George Custer e alle sue truppe nella battaglia di Little Bighorn.I Cheyenne si arresero nel 1877 e furono trasferiti dal governo statunitense nei Territori Indiani (nell'odierno Oklahoma), purtroppo in una zona infestata dalla malaria e altre gravi malattie; guidati dai capi Coltello Spuntato e Piccolo Lupo, una parte della tribù tentò disperatamente un ritorno nei territori d'origine e riuscì ad ottenere il permesso di stabilirsi nel Montana, nella Riserva Cervo Zoppo, mentre la restante parte della tribù rimase invece in Oklahoma.
 
APACHE10
Il nome Apache deriva dalla parola Zuni Apachu, che significa “nemico”. Il nome con il quale si definiscono e’ N’de o Dineh, che vuol dire Uomini. Agli inizi del sedicesimo secolo alcuni gruppi che parlavano la prima lingua Athapaska abbandonarono la loro patria d’origine nel Canada occidentale per emigrare a sud in quei territori che attualmente comprendevano l’Arizona, il New Mexico e l’area dei quattro angoli. Erano divisi in quattro piccole tribu’ e bande che comprendevano i Lipan, gli Jicarilla (termine spagnolo che significa “piccolo canestro” e che si riferiva alle loro coppe per bere intrecciate a spirale), i Chiricahua, i Tonto, i Mescalero e gli Apache White Moutain. Gli Apache erano un popolo nomade e vivevano in ripari di frasche conici (wickiups) ai quali aggiungevano sovente una ramada, quattro pali ritti che sostenevano un tetto di rami. Cacciavano e raccoglievano piante selvatiche, e solo in seguito iniziarono a piantare granturco e meloni. Abitualmente i loro abiti erano di pelle di daino e portavano i capelli lunghi e sciolti, tenuti fermi da una benda allacciata intorno alla testa. Gli uomini indossavano pure un gonnellino aperto sui fianchi. I loro alti mocassini, allacciati sotto le ginocchia, erano una importante parte del loro abbigliamento in un terreno coperto di rovi, boscaglia e cacti, poiche’ erano prevalentemente corridori d’incredibile resistenza piuttosto che cavallerizzi (benche’ avessero ottenuto presto i cavalli e fossero eccellenti Cavalieri). La loro arma principale era l’arco, che avevano usato per molto tempo prima di possedere i fucili. Le donne Apache intrecciavano canestri di eccezionale fattura, alcuni dei quali legati in modo cosi’ ermetico da non lasciar passare tra le sue spirali nemmeno un ago. Portavano i bimbi in culle ad asse, giocavano un ruolo importante negli affari di famiglia e potevano possedere una loro personale proprieta’ e divenire sciamane. Gli Apache Lipan vissero all’inizio in pace con i Bianchi, con i quali erano venuti in contatto nel sedicesimo secolo. Cavalieri nomadi e selvaggi, i Lipan erravano nel Texas occidentale e prevalentemente nel New Mexico ad est del Rio Grande, e con il trascorrere del tempo divennero il flagello dei minatori e dei coloni, particolarmente in Massico. Tra i loro grandi capi vi furono Cochise e Magnus Colorado, e pure Goyathlay, Quello Che Sbadiglia, meglio conosciuto come Geronimo. Gli attacchi degli Apache ai bianchi non erano immotivati, perche’ queste tribu’ furono spesso vittime di tradimenti, patti non rispettati e massacri perpetrati dai Bianche e dai Messicani. Essi non furono domati se non negli anni ’80 del secolo scorso. I Jicarilla, il cui numero oggi ammonta da 1.500 a 2.000 individui, vivono in una riserva di 750.000 acri situata sulle montagne del New Mexico settentrionale. Gli Apache White Mountain (chiamanti pure Sierra Blanca o Coyotero) vivono in Arizona e New Mexico, e tra essi ci sono anche i circa 6.000 individui della Riserva Fort Apache dell’Arizona che si estese su uno spazio di 1.600.000 acri. Nel 1905 soltanto 25 Lipan erano sopravvissuti, e con il tempo furono sistemati nella Riserva Apache Mescalero.

CROW
I Crow erano una tribu' di strenui cavalieri e cacciatori di buffali tipica delle Pianure. Si separarono dalla tribu' Hidatsa intorno alla seconda meta' del diciottesimo secolo: a detta di alcuni, a motivo d'una controversia per della carne di buffalo; secondo altri, quale conseguenza della rivalita' tra duecapi. In seguito i Crow si divisero in due bande: i River Crow ed i Mountain Crow. Un tempo piantatori semisedentari di granturco, che vivevano in capanne di terra e le cui donne praticavano l'arte della ceramica, i Crow erano gia' ritornati un popolo cacciatore nomade quando furono incontrati per la prima volta dai Bianchi. Questo cambiamento fu dovuto probabilmente all'introduzione nella loro cultura dei cavalli e dei fucili, due elementi che rendevano il modo di vita nomade facile e glorioso. Come altri Indiani delle Pianure, vivano in tende che avevano fame di essere le piu' grandi tra quelle di tutte le tribu'. Erano ardenti combattenti ed abili nell'universale sport di rubarsi cavalli tra tribu'. I Crow intrattennero generalmente rapporti amichevoli con i Bianchi e fornirono esploratori all'esercito degli Stati Uniti durante la guerra indiana. Oggi i Crow vivono nella loro riserva del Montana, non lontano dal Campo di Battaglia di Custer.

NAVAHO
I Navaho sono una tribu’ Athapasca che intorno al 1300 emigro’ dal Canada nordoccidentale nei territori del Sudovest. Essi si chiamano Dineh, il Popolo, come fanno i loro cugini da circa 1.500 miglia. Fieri, ricoperti di pelli, cavalieri nomadi, terrorizzarono le tribu’ agricole sedentarie del Sudovest. I Pueblo li chiamavano apachu, che significa “nemici-stranieri”; da questo derivo’ la locuzione mista di tewa e spagnolo “Apaches de Nabahu”, che alla lunga fu contratta in “Navaho”. I Navaho adottarono molte abitudini culturali dei loro vicini Pueblo, come le danze con maschere (yebichai), l’intrecciare canestri e il modellare vasellame. Divennero raffinati ergentieri, avendo quell’arte dagli Spagnoli, proprio allo stesso modo in cui avevano imparato a tessere dai Pueblo. Verso la meta’ del diciannovesimo secolo cominciarono a fare gioielli ed a tessere coperte; le loro semplici coperte dei capi si sono evolute nelle odierne ben note coperte Navaho. Con una popolazione di oltre 130.000 individui, io Navaho sono la piu’ grande tribu’ degli Stati Uniti. La loro riserva si estende per 200 miglia nel New Mexico e nell’Arizona, dalla zona di Gallup sino al Gran Canyon, ed e’ ricca di meraviglie naturali, come il Monument Valley ed il Canyon de Chelly, e di giacimenti di carbone e petroliferi. Ma sul loro territorio si possono anche vedere fattorie e grandi mandrie di pecore, nonche’ qualche mandria di bovini. Si puo’ dire, dunque, che a confronto delle altre la Navaho e’ sicuramente una nazione ricca. Le donne indossano ancora il loro tradizionale costume: camicette di velluto, lunghe gonne colorate che scendono sino alle caviglie e collane di argento e turchese. La loro casa tradizionale e’ l’hogan, una bassa struttura conica di pali ricoperta di terra e fango, con un’apertura per il fumo sulla cima.
 
SENECA
I Seneca, termine che significa Luogo della Pietra, erano una tribu’ che facevano parte della Lega delle Sei Nazioni degli Irochesi. Erano anche conosciuti come il Popolo della Montagna e nella confederazione occupavano la carica di “custodi della grande porta nera”. Il grande profeta e capo religioso irochese Loga Bello era un Seneca. Fuse la tradizionale religione irochese con certi concetti bianchi, insegnando al suo popolo a costruire case simili a quelle degli agricoltori bianchi, a lavorere sodo, ad istruire i bambini e ad astenersi dalle bevande intossicanti dell’uomo bianco. Il codice di Lago Bello e’ tuttora seguito da molta gente del popolo irochese. Originalmente i Seneca vivevano ad ovest del lago Erie e lungo il fiume Allegheny. Credendo che gl’Inglesi li avrabbero protetti dai coloni sempre avidi di terre, si unirono ai Mohawk comandati da Joseph Brant (Thayendanegea) per combattere a fianco degli Inglesi durante la guerra d’Indipendenza. Oggi vivono in vari luoghi del Nordest, incluse le Riserve Allegheny, Cattaraugus e Tonawanda dello Stato di New York. Negli anni ’50 l’Army Corps of Engineers costrui’ la diga di Kinzua, che inondo’ una gran parte della Riserva Senaca dello stesso George Washington, assicurasse gli Indiani che quella terra non sarebbe mai stata loro sottratta.
 
PAPAGO
I Papago - il Popolo dei Fagioli - sono una tribu’ del Sudovest strettamente imparentata con i Pima. Sono probabilmente i discendenti degli antichi Hohokam. I Papago sono un popolo agricolo che irriga inondando. Benche’ frugali e pacifici, essi diventavano violenti se attaccati e si difendevano con risolutezza contro le scorrerrie delle bande degli Apache. Le donne Papago sono rinomate per i loro meravigliosi canestri in fibra di iucca intrecciata. Le loro case tradizionali erano rotonde, a forma di cupola, con la parte alta piatta, con un diametro che variava da 12 a 20 piedi ed alle quali era di norma unito un riparo di frasche (ramada). Attualmente vivono nella quarta parte di una riserva di quasi tre milioni di acri in Arizona, e solo alcuni rami della tribu’ vivono a Sonora, Messico.

SIOUX BRULE'
I Brulé appartengono all'Oceti Shakowin, il consiglio dei sette fuochi della nazione Lakota o Teton-Wan, cioe' le sette tribu' Sioux Occidentali. Il loro nome deriva dalla parola francese brule', "bruciato". I Brule sono un popolo molto tradizionale, che conserva ancora gli antichi costumi e rituali che includono la danza del sole, l'offerta delle carni, la cerimonia della tenda-del-sudore, la ricerca d'una visione e le cosiddette cerimonie yuwipi. Molti Brule appartengono alla Chiesa Nativa Americana, che pratica il culto del peyote. Oggi occupano Rosebud, una grande riserva nella parte sudoccidentale del Sud Dakota.
 
MOHAVE
I Mohave (o Mojave) sono la piu’ numerosa e bellicosa delle tribu’ Yuma, che vivono su entrambe le rive del fiume Colorado. Descritti dai primi viaggiatori di bell’aspetto, atletici e coraggiosi, coltivavano granturco, melopoponi, zucche, fagioli e meloni; raccoglievano pinoli e pescavano. Usavano dipingersi e truccarsi il corpo e cremare i morti. Vivevano in ripari sparpagliati, ciascuno dei quali era formato da quattro bastoni laterali che sostenevano una copertura di frasche e fango, e riponevano le granaglie in strutture cilindriche dal tetto piatto. Sulle prime fecero una buona accoglienza agli Spagnoli, ma quando gli invasori cercarono in seguito di forzarli ad adottare il modo di vita dell’uomo bianco, opposero una fiera resistenza. I Mohave ed i loro cugini Chemehuevi vivono oggi nella Riserva del Fiume Colorado in Arizona, approssimativamente 270.000 acri dove meno di 2.000 persone.
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LE QUATTRO STREGHE (Navajo)

Post n°46 pubblicato il 06 Maggio 2009 da acquadolcebg

Il Distruttore, figlio del dio Sole, si mise in cerca un giorno di quattro streghe, perché voleva ucciderle.
La prima che incontrò tremava e si torceva al suo cospetto, però non di paura. Freddo era il suo nome. "Se tu mi uccidi" disse "il caldo regnerà e il grano non potrà crescere senz'acqua che lo bagni."
Il Distruttore disse: "Vecchia hai ragione, io non ti ucciderò".
Fame era la seconda, ella così parlò: "Se tu mi uccidi il cibo verrà a noia alla tua gente". Ed egli disse: "E vero, la gioia di ogni festa sparirebbe con te. Io non ti ucciderò".
La terza era Povertà. "Uccidimi" ella disse sono così infelice! Però sappi che morta io mai più i vestiti potranno consumarsi e la tua gente non avrà più il sapore delle cose nuove.
Ed egli disse: "È vero, la mia gente gode degli abiti nuovi. Non ti ucciderò".
L'ultima strega, la più vecchia e curva, disse: "Se tu mi uccidi, la Gente non morirà mai più, né nuovi bambini nasceranno, al mondo sarà un popolo di vecchi.
Lasciami andare e la Gente crescerà, giovani forti prenderanno il posto dei vecchi che prenderò per mano.

Sono la Morte, amica non compresa della Gente."
"Nemmeno te posso uccidere" concluse il Distruttore.
È così che Morte, Miseria, Fame e Freddo, vivono tra di noi.
Il figlio del Sole, tornato dal suo viaggio, spiegò a tutti quanti queste cose.
 

 
 
 

IMMAGINE LUPI

Post n°45 pubblicato il 04 Maggio 2009 da acquadolcebg

GRAZIE MILLE !!!

 
 
 

ICONOGRAFIA INDIANI D'AMERICA : GLI ANIMALI

Post n°44 pubblicato il 14 Aprile 2009 da acquadolcebg

L'AQUILA: sicuramente uno degli animali più importanti. Questo uccello infatti vola più alto di tutti gli altri e pertanto è il più vicino a Wakan Tanka. Di conseguenza è considerata come un messaggero che pota le preghiere umane sino alle orecchie del Grande Spirito. Il potere dell'aquila era riservato ai capie il suo spirito presiedeva i consigli, le battute di caccia e le spedizioni di guerra.

IL BISONTE: attorno al bisonte ruotava la vita delle grandi nazioni delle pianura. Come spiega Cervo Zoppo infatti:_"il bisonte ci dava tutto quello di cui avevamo bisogno. Senza i esso non saremo potuti sopravvivere....) Da ciò si può capire il perchè i bianchi si accanirono contro questi animali; distruggendo loro avrebbero avuto partita vinta contro le popolazioni nomadi. Tuttavia non riuscirono nel loro intento: oggi i bisonti esistono ancora così come gli Indiani d'America

IL CANE: prima dell'arrivo del cavallo era sicuramente il miglior amico della tribù; a lui ci si affidava per il trasporto delle masserizie, anche se aveva il grande difetto di richiedere un controllo continuo essendo facilmente distraibile. Con l'arrivo del cavallo il suo ruolo si ridimensionò di molto ma restò comunque un ottimo guardiano del villaggio. In alcuni riti religiosi il cane veniva sacrificato o addirittura mangiato (per acquisirne la ferocia). A questo animale si attribuivano: impulsività, sregolatezza e codardia.

IL CERVO: anch'esso oggetto di molti miti  leggende, era una preda molto ambita per i cacciatori che in suo onore celebravano riti e danze (sopratutto tra i pueblo). Simboleggia vitalità e bellezza.

IL CAVALLO: importato nel continente americano dagli spagnoli, cambiò ben presto la vita dei nativi in tutti i campi: economico, bellico, religioso e nella caccia. Per spiegare le sue origini nacquero molto leggende. L'introduzione di questo animale permise di poter trasportare più cose sui travois (prima portati dai cani). In battaglia i guerrieri curavano minuziosamente l'aspetto del loro "compagno" dipingendolo con simboli che avevano un preciso significato. Il cavallo divenne anche simbolo di ricchezza, più cavalli si possedeva maggiore era il prestigio all'interno del villaggio, pertanto frequenti divennero le scorrerie per rubarli sia ai bianchi che alle tribù ostili.I nativi divennero molto bravi ad addomesticare i  cavalli, nutrendo però sempre un profondo rispetto per essi.

IL CASTORO: spirito protettore del lavoro e delle provviste

IL CARIBU': era per gli eschimesi quello che il bisonte era per i Lakota: il centro dell'universo

IL CORVO: per le popolazione del nord-ovest e dell'Alaska è l'eroe mitico che nel tempo della creazione ebbe un ruolo centrale nella formazione della terra, delle stelle e del sole. Per altre nazioni invece è visto come il briccone che si diverte a combinarne di tutti i colori per ottenere due cose per lui fondamentali: cibo e sesso.

IL COYOTE: oggetto di molti miti e leggende che in lui vedevano: trasgressione, ribellione, allegria, imbroglio, malizia ecc. Tutte qualità piuttosto negative, anche se in qualche caso interveniva per aiutare l'uomo, mentre il suo hobby principale era quello di portare disordine....

IL FALCO: anch'egli come l'aquila molto vicino al Grande Spirito, infondeva due doti importanti: agilità e resistenza oltre all'altruismo e al coraggio; proprio per questo motivo le sue penne ornavano gli scudi e i copricapi dei guerrieri

LA FARFALLA: presso le tribù meso-americane era simbolo del trascendentale essendo la sua vita molto breve e in continuo rinnovamento

IL GUFO: associato alla morte o messaggero di cattive notizie. Secondo alcune leggende questo animale sa chi deve morire e pochi giorni prima chiama il predestinato. Presso alcune tribù tuttavia è considerato come dispensatore di saggezza e consigli

IL LUPO: fratello del coyote, il suo compito era quello di creare tutte le cose buone che venivano infastidite dalla sua metà. Simbolo di saggezza.

L'ORSO: è indicato come il guaritore e se in una visione egli rivela all'uomo una medicina quest'ultima sicuramente funzionerà e sarà potente.

IL RAGNO: personaggio molto controverso nella mitologia indiana; per i Sioux è considerato il compagno di giochi del coyote mentre per gli Hopi è colui che creò l'umanità

LA RANA: spirito protettore dei poteri occulti (presso i Sioux)

LO SCOIATTOLO: simbolo di agilità e velocità in battaglia

LA TALPA E L'ALCE: Potenti spiriti amorosi

LA TARTARUGA: spirito protettore della vita; simbolo della sopravvivenza

UCCELLO DI TUONO: simbolo di pioggia, fuoco, verità e diversità. E' presente in moltissimi miti indiani, assomiglia molto all'aquila ma è di dimensioni molto più grandi. Il suo compito è quello di portare le pioggie, con lampi e tuoni. La sua vita procede in senso contrario a tutte le cose. E' considerato sacro e invocato in molte cerimonie e a testimonianza della verità mentre si fuma la sacra pipa; chi dice il falso infatti potrebbe essere fulminato.

VOLPE E TASSO: simboli di furbizia e scaltrezza

 
 
 

MITI E LEGGENDE

Post n°43 pubblicato il 06 Aprile 2009 da acquadolcebg

 
CoyoteLa mitologia del Coyote è una delle più popolari tra i Nativi Americani.Nei miti della creazione, Coyote compare nelle vesti del creatore stesso.

Secondo la tradizione Old Man Coyote personifica il creatore, “Old Man Coyote raccolse una manciata di fango e da questa fece la gente”. La sua potenza creatrice è diffusa anche con queste parole: “Old Man Coyote pronunziò i nomi del bisonte, del cervo, dell’alce, dell’antilope e dell’orso. E tutti questi cominciarono a esistere”.

In questi miti il Creatore Coyote non è mai menzionato come un animale, anzi, per di più, può incontrare la sua controparte animale, il coyote: si rivolgono l’uno all’altro con gli appellativi di “fratello maggiore” e “fratello minore”, parlando e passeggiando insieme.

Nei miti Chelan, Coyote appartiene alla popolazione animale, ma nello stesso tempo è “una potenza esattamente uguale al Creatore, il capo di tutte le creature”. Tuttavia, il suo essere “esattamente uguale al Creatore” non significa veramente che sia “il Creatore”: non di rado il Coyote-Esattamente-Uguale-al-Creatore è soggetto al Creatore, al Grande Capo che sta in Alto, il quale può punirlo, scacciarlo, togliergli i poteri e così via.

Nella tradizione del Pacifico nordoccidentale, ci si riferisce a Coyote per lo più come a un messaggero, o a una potenza minore: “Coyote è stato mandato all’accampamento del capo della tribù Cold Wind per consegnare una sfida; Coyote è andato intorno per dire della contesa a tutta la gente di entrambe le tribù”; come anche, Coyote “è stato trattato crudelmente, e la sua opera non è stata mai compiuta”.

In qualità di eroe della civiltà, Coyote compare in varie tradizioni mitiche. I suoi maggiori attributi eroici sono la capacità di trasformista, il viaggiare, le gesta valorose e la potenza. Tra le sue occupazioni, il cambiamento dei corsi dei fiumi, il sorgere delle montagne, la creazione di nuovi paesaggi e procurare alle popolazioni oggetti sacri.

Secondo la tradizione Wasco, Coyote fu l’eroe che combatté e uccise Tunderbird, l’Uccello di Tuono assassino di persone, senza tuttavia poter far ciò per mezzo della sua potenza personale, ma con l’aiuto dello Spirito Capo: Coyote cercò di fare del suo meglio, lottò duramente, e aveva dovuto digiunare dieci giorni prima del combattimento, secondo il consiglio dello Spirito Capo. In molti miti Wasco, Coyote gareggia con la Cornacchia .

Ha anche la capacità del trasformista: in certi racconti è un giovane aitante, in altri un animale, in altri ancora si presenta come una semplice potenza.

 
 
 

MITI E LEGGENDE

Post n°42 pubblicato il 06 Aprile 2009 da acquadolcebg

 
Mito della creazione dei Choctaw
I Choctaw che ancora vivono nello stato del Mississippi raccontano questa storia per spiegare come giunsero nella terra in cui ora vivono e come ebbe origine il Tumulo Naniah Waiya.

Due fratelli, Chata e Chicksah, condussero la popolazione originaria fuori da una terra nel lontano ovest che aveva cessato di essere prospera. La gente viaggiò a lungo, guidata da una verga magica. Ogni notte, quando la gente si fermava per accamparsi, la verga veniva piantata nella terra e al mattino la gente avrebbe camminato nella direzione da essa indicata.
Dopo aver viaggiato per lunghissimo tempo, giunsero finalmente in un luogo in cui la verga restò dritta. In questo luogo fecero riposare le ossa dei loro avi, che avevano trasportato in bisacce di pelle di bisonte dalla terra delle loro origini che si trovava a ovest. Il tumulo ebbe origine da quella grande sepoltura. Dopo la sepoltura, i fratelli scoprirono che quella terra non poteva dare sostentamento a tutta la popolazione.

Allora Chicksah prese con sé la metà della gente e partì verso nord, dove infine ebbe origine la tribù dei Chickasaw. Chatah e gli altri rimasero presso il tumulo e sono ora conosciuti col nome di Choctaw. Gli anziani della tribù affermarono quel giorno stesso che il suolo presso il tumulo e la grotta erano sacri, e che chi si fosse trovato troppo lontano da quella terra si sarebbe ammalato e sarebbe morto.

 
 
 

MITI E LEGGENDE

Post n°41 pubblicato il 06 Aprile 2009 da acquadolcebg

IL MAGO DELLA TERRA

Mito dei pellerossa dell'Arizona

In origine non esisteva nulla: regnava l’oscurità che col tempo era diventata una massa enorme. Da qui uscì il Mago della Terra, spirito leggero che volteggiava nell’aria come un fiocco di cotone. Per fissare la sua dimora il Mago preparò un impasto con quel po’ di polvere che aveva e fece una pagnottella di terra. C’era finalmente un primo pezzo di terreno. Il Mago vi fece crescere un cespuglio; sui rami si vedevano passeggiare strani insetti neri che producevano senza sosta una gomma nera.

Una termite raccoglieva le gocce di gomma e via via dava loro la forma. Così il mondo cresceva ad era meraviglioso. Il Mago pensò di dare al mondo una copertura circolare e fece il Cielo. La Terra era ancora fragile e instabile: continuava a capovolgersi. Il Mago allora ordinò al ragno di filare una tela per legare i bordi alla terra e al Cielo. Poi creò tutto ciò che doveva esistere: le acque, le montagne,ogni genere di pianta. Gettò nel Cielo un blocco di ghiaccio e fece il Sole: con un pezzo più piccolo costruì la Luna e con i frammenti le Stelle. Infine con il suo bastone tracciò nel Cielo la via Lattea.

Ora la Terra era pronta per essere abitata e il Mago vi pose ogni specie di animali; infine con della creta plasmò gli uomini. A quel tempo gli uomini non conoscevano la morte, continuavano a vivere e a riprodursi; aumentavano continuamente e soffrivano per la mancanza di cibo e di spazio.
Il Mago della Terra decise allora di cancellare tutto ciò che aveva creato: fece precipitare il Cielo sulla Terra e schiacciò ogni forma di vita. Poi iniziò a ricreare tutte le cose: il Cielo, le Stelle, gli esseri viventi e gli uomini. Ma questa volta stabilì che gli uomini non potessero vivere per sempre. Pose un termine alla loro vita in modo che la Terra non rischiasse di sovraffollarsi.

 
 
 
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PROFEZIA CREE

Solo dopo che l'ultimo albero sarà abbattuto, Solo dopo che l'ultimo lago sarà inquinato,Solo dopo che l'ultimo pesce sarà pescato,Voi vi accorgerete,che il denaro non può essere mangiato Profezia Cree

 
 
 
 
 
 
 

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FRASE 2

QUANDO AL MATTINO TI SVEGLI, RINGRAZIA IL TUO DIO PER LA LUCE DELL'AURORA, PER LA VITA CHE TI CHE HA DATO E PER LA FORZA CHE RITROVI NEL TUO CORPO. RINGRAZIA IL TUO DIO ANCHE PER IL CIBO CHE TI DA' E PER LA GIOIA DELLA VITA. SE NON TROVI UN MOTIVO PER ELEVARE UNA PREGHIERA DI RINGRAZIAMENTO, ALLORA VUOL DIRE CHE SEI IN ERRORE (Tecumseh)

 
 
 
 
 

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