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LIBANO

Post n°115 pubblicato il 17 Settembre 2006 da arielasterisco

Pur ritenendo che ci sia una profonda differenza tra la missione in Libano e quelle in Iraq e Afghanistan, l’invio di soldati nella spedizione Unifil non ci trova d’accordo per diversi motivi.


1) In primo luogo la risoluzione 1701 sostiene che il conflitto è scaturito da hezbollah, ma sottace le devastazioni a cui è stato sottoposto il Libano a causa della reazione del Governo israeliano. Senza un’assunzione esplicita di responsabilità da parte del governo israeliano non ci può essere un avanzamento della pace.

2) In secondo luogo le modalità con le quali la risoluzione affronta la questione dell'intervento multinazionale e del disarmo degli hezbollah si presenta come un'ingerenza sulla sovranità del Libano e sulla sua politica interna in contrasto con lo stesso statuto dell’Onu.

3) Inoltre l'Italia ha stipulato in passato un accordo di cooperazione politico-militare con lo Stato di Israele che compromette la sua posizione di imparzialità rispetto alle parti in conflitto, come invece richiederebbe il diritto internazionale, secondo cui l'interposizione deve essere garantita da Paesi terzi.

4) L’Italia dovrebbe assumere una netta posizione di discontinuità rispetto alla politica estera del precedente Governo in particolare con il ritiro dall’Afghanistan

5) Un'altra ragione di dissenso riguarda i costi della missione, che appaiono molto cospicui e che indurrebbero ad una riconsiderazione dell’intero corpo di missioni all’estero anche alla luce dei numeri della prossima Finanziaria.

6) Infine, la condizione della popolazione palestinese, vero nodo politico della crisi, è ormai divenuta del tutto insostenibile sia a causa della repressione israeliana, che si è accentuata nei territori occupati dopo la sospensione del conflitto in Libano, sia a causa dell'insediamento di nuove colonie israeliane nei territori palestinesi. Una situazione finora rimossa che richiederebbe, quella sì, un impiego di forze internazionali per porre fine al massacro dei palestinese e consentire la nascita di uno Stato sovrano nei confini del ’67. Situazione che la 1701 non affronta correndo anzi il rischio di lasciare a Israele tutto il tempo di proseguire nella politica della colonizzazione e dell’occupazione come dimostrano le vicende di questi giorni. Per questi motivi il governo italiano deve impegnarsi per una reale Conferenza di pace con lo scopo di far nascere uno stato palestinese.
Quella che si è aperta è una fase in cui, sulla scia delle difficoltà statunitensi su tutti i teatri di guerra, e in attesa delle elezioni di medio termine, l’Europa ritorna ad avere un ruolo nel rispetto del più classico multilateralismo,quello cioè che vede le due sponde dell’atlantico in un’alleanza competitiva per il controllo delle risorse strategiche, delle vie di comunicazione, per l’egemonia geopolitica. E’ quello stesso
multilateralismo che ha già fallito in passato provocando i disastri di Somalia e Kosovo e che oggi non muta nei suoi elementi sostanziali.
Lo stesso ritrovato ruolo dell’Onu non si inscrive in un ripensamento generale di questa organizzazione mentre la risoluzione 1701 sconta ancora tutto il peso del diritto di veto all’interno del Consiglio di Sicurezza e il ruolo di supporto delle Nazioni Unite alle potenze occidentali come ha dimostrato la mediazione tra Usa, cioè Israele, e Francia sul conflitto.Su tutti questi punti servono degli impegni concreti da parte del governo a partire dalla sospensione dell’accordo politico-militare con Israele e da una subordinazione dell’invio di soldati alla risoluzione della questione palestinese. L’avvio di un nuovo governo palestinese costituisce un’opportunità ma la responsabilità primaria del conflitto, e quindi della sua cessazione, sta nella determinazione di Israele a continuare l’occupazione e l’insediamento delle colonie. La fine dell’embargo, la liberazione dei prigionieri palestinesi e la fine dell’occupazione, a partire dallo smantellamento del Muro, sono passaggi ineludibili per avviare davvero un processo di pace che possa consentire un ruolo attivo, e positivo, della cosiddetta comunità internazionale.
Il sostegno di Rifondazione comunista alla missione Unifil può derivare solo dal soddisfacimento di queste condizioni e in tal senso la Direzione nazionale impegna i gruppi parlamentari.
Serve però un rilancio dell’iniziativa contro la guerra. Le scelte del governo hanno finora avuto come effetto quello di paralizzare e dividere il movimento pacifista che in una sua componente importante ha scelto la strada del collateralismo governativo come con la manifestazione di Assisi del 26 agosto. Si tratta di una scelta che lede l’autonomia del movimento a prescindere dalle posizioni che le sue varie strutture e componenti intendono prendere. E’ piuttosto grave che nella settimana dal 23 al 30
settembre, giornata di iniziativa internazionale promossa dal Forum sociale di Atene non ci sia una mobilitazione unitaria. C’è bisogno comunque di uno scatto di iniziativa per esigere il ritiro dell’Italia da tutti i teatri di guerra, ripensare la politica estera e di difesa, costruire una grande solidarietà alla lotta del popolo palestinese, ridurre le spese militari, chiudere le basi straniere. Su questi punti il movimento può ritrovare uno slancio unitario a condizione di ridefinire la propria autonomia dal governo.

Salvatore Cannavò
Franco Turigliatto

 
 
 

IO STO BENE

Post n°114 pubblicato il 14 Settembre 2006 da arielasterisco

è una questione di qualità
o una formalità
non ricordo più bene una formalità
come decidere di radersi i capelli
di eliminare il caffè, le sigarette
di farla finita con qualcuno
o qualcosa, una formalità una formalità

o una questione di qualità
io sto bene io sto bene
io sto male io sto male
io non so io non so
come stare dove stare
non studio non lavoro non guardo la TV
non vado al cinema non faccio sport
io sto bene io sto male io non so

cosa fare non ho arte non ho parte
non ho niente da insegnare
è una questione di qualità
o una formalità
non ricordo più bene, una formalità

 
 
 

Post n°113 pubblicato il 13 Settembre 2006 da arielasterisco
 
La campagna sicuritaria e razzista, iniziata trasversalmente a Brescia dopo
i tragici eventi di questa estate, necessita delle risposte da parte di tutta la società che non crede nelle "facili soluzioni" e nelle strumentalizzazioni politiche che fanno del fascismo e del sessismo il proprio cavallo dei battaglia.
Sabato 16 settembre Forza Nuova, organizzazione neofascista, sarà in piazza a Brescia con parole d'ordine pregne del razzismo più becero, del maschilismo più arretrato, dell'allarmismo più pericoloso.
Noi crediamo che a Brescia esista davvero l'insicurezza ed è quella legata alla precarietà del lavoro, problema della casa, agli omicidi bianchi.
Brescia non ha bisogno di C.P.T. o di "piani di emergenza", ma di un lavoro e di una casa sicura per tutti, italiani e migranti, e di spazi dove le donne possano auto determinarsi senza che nessuno abbia la pretesa di chiamarle "nostre".
Per questo sabato saremo in piazza Loggia e facciamo appello a partecipare alla manifestazione che non vuole essere solo in contrapposizione a Forza Nuova, ma riempirsi di contenuti dell'antirazzismo, antifascismo e antisessismo.


Giovani Comuniste/i - Coordinamento di Brescia
 
 
 

Medioriente, le nuove sfide per il movimento pacifista

Post n°112 pubblicato il 11 Settembre 2006 da arielasterisco

Salvatore Cannavò *

La missione in Libano ha riscontrato un unanimismo evidente, con molti entusiasmi e qualche retorica di troppo, anche nel versante pacifista. Cercherò sommessamente di spiegare perché non mi sento di partecipare a questo coro e perché l'intervento mi sembra sbagliato.

Non c'è dubbio che le mire espansionistiche del neoimperialismo statunitense siano oggi alle prese con un'impasse del progetto strategico del Grande Medioriente. Come segnalava Time, siamo di fronte alla «crisi della diplomazia del cow boy» con l'impasse strategica dell'unilateralismo statunitense. In questa condizione di fallimento strategico, non c'è dubbio che si sia aperto un nuovo ruolo per l'Unione europea, ispirato ai canoni del multilateralismo più classico, quello cioè che senza rompere l'asse con gli Stati uniti cerca di consolidare gli interessi europei in aree a rilevante interesse geoeconomico.
Come ha spiegato D'Alema in un'intervista a Le Monde «Gli americani hanno anch'essi un grande interesse al successo della risoluzione (Onu, ndr). Con tutta evidenza essi cercano una via di uscita alla crisi. L'Iraq è una tragedia e i progetti di 'nuovo Medioriente' un disastro. Questa volta, gli Stati uniti hanno bisogno dell'Europa. Bisogna aiutarli e approfittarne per aiutarli a cambiare il loro approccio». Aiutare gli Stati uniti a cambiare il loro approccio, cioè la loro strategia in funzione dei propri interessi vitali? Auguri. In realtà D'Alema e i maggiori governi europei dovrebbero dire più semplicemente che l'impasse americana offre l'occasione per tornare a un ruolo da protagonisti in un'area dagli enormi interessi economici, fatto che spiega la rinnovata unità europea e la stessa impresa libanese.
Ovviamente non ci sfugge che un cambiamento si è verificato. Quello che dobbiamo saper analizzare è se si tratti di un cambiamento epocale - come affermato da un certo pacifismo governativo - che rende la pace più vicina o se invece non si tratti più prosaicamente di una fase di compromesso tra interessi capitalistici differenti che oggi trovano una nuova composizione e un nuovo equilibrio in vista di una fase successiva. Che si tratti della seconda soluzione, a mio giudizio è dimostrato dalle tante ambiguità della risoluzione 1701. La missione di «interposizione» si disloca infatti solo sul territorio di uno dei due paesi oggetti del conflitto, tra l'altro del paese aggredito e non del paese aggressore. Inoltre l'Italia, come segnalato da Manlio Dinucci e dall'appello di padre Zanotelli, non brilla per «terzietà» visto che ha in vigore un accordo politico-militare con Israele. Lo stesso dibattito sul disarmo o meno dei militanti di Hezbollah è indicativo della natura unilaterale della missione, visto che si tratta di una chiara ingerenza interna al Libano (a cui è interessata la Francia), sia pure nella formula del «sostegno all'esercito libanese».
Ma è soprattutto la totale assenza della questione palestinese a non far sperare per la pace
. Il fatto che l'interposizione a Gaza e nei Territori occupati venga rinviata o solo auspicata è indicativo della cattiva coscienza degli occidentali perché il massacro a opera delle rappresaglie israeliane e la colonizzazione vanno avanti indisturbati. In realtà il messaggio per Israele è netto: la missione Onu offre l'occasione di riprendersi dalla sconfitta, protegge lo stato ebraico a nord lasciandolo indisturbato di proseguire la sua azione a Gaza e nei Territori occupati e «promette» una soluzione complessiva solo quando Israele sarà pronto e cioè quando la colonizzazione arriverà al punto di soddisfazione massima del governo di Tel Aviv.
Per questi motivi restiamo contrari alla missione almeno fino a quando non ne venga dimostrata l'intenzionalità di pace: interposizione a Gaza e in Cisgiordania, cioè sui confini del '67, in funzione della nascita dello stato palestinese; schieramento Onu sul confine israelo-libanese, risolvendo in modo chiaro l'ambiguità circa il disarmo di Hezbollah; un cambio di strategia politica e diplomatica con il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan; nessun aumento delle spese militari.
Cosa può fare il movimento pacifista? Innanzitutto, evitare di riproporre il collateralismo visto all'opera a Assisi, relativizzare le divisioni sul Libano e ridare slancio a un'iniziativa per far uscire l'Italia da tutti i teatri di guerra e dare piena solidarietà al popolo palestinese. Purtroppo, le cautele sull'Afghanistan e l'entusiasmo per il Libano, che vede in prima fila anche Rifondazione comunista, fanno emergere nuove divisioni e più accentuate divergenze. Ed è un peccato. Dissentendo sull'Afghanistan abbiamo ridato voce a una larga opinione contraria alla guerra. Non abbiamo la pretesa di farlo anche per il Libano ma il movimento potrebbe riprendere la parola a partire dalle scadenze già indette, come la giornata del 30 settembre lanciata dal Forum sociale di Atene e, magari, con una vera assemblea di massa, democratica e partecipata in cui discutere contenuti e scadenze di un nuovo movimento contro la guerra.
* Deputato di Rifondazione comunista, capogruppo Commissione Difesa

 
 
 

Pecoraro:no gli inceneritori della Sicilia.De Zordo L'Ulivo toscano troppo arretrato

Post n°111 pubblicato il 11 Settembre 2006 da arielasterisco
 

Gli inceneritori sono un pericolo per la salute e non vanno costruiti per motivi di interesse pubblico, ovvero perchè sono pericolosi per la salute dei cittadini in quanto emettono sostanze pericolose come la diossina. E' con questa motivazione che il Ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha bloccato, contro la volontà del governatore Totò Cuffaro, il Piano dei Rifiuti approvato della Regione Sicilia che prevede la costruzione di quattro inceneritori.

"Questa notizia è molto importante per il nostro territorio -ha affermato
Ornella De Zordo, capogruppo di Unaltracittà/Unaltromondo - perchè sono finiti i tempi del governo Berlusconi e del ministro Matteoli durante i quali si "regalavano" le autorizzazioni all'emissione dei fumi in atmosfera a tutto vantaggio del profitto di pochi a scapito della salute di tutti. Dispiace constatare piuttosto che le politiche dei rifiuti della Toscana portate avanti da Martini, Renzi e da sindaci come Domenici -agite contro gli interessi dei cittadini - siano così arretrate rispetto alle posizioni avanzate espresse da Pecoraro Scanio."

"Quanto successo in Sicilia fa riflettere più in generale sul livello più avanzato di gestione del territorio che si ottiene quando al governo c'è l'Unione piuttosto che il solo Ulivo che, come è evidente in Toscana, resta su posizioni più arretrate - ha concluso De Zordo - rinunciando, come nel caso dei rifiuti, a politiche innovative che hanno il merito, è il caso della raccolta differenziata al posto dell'incenerimento, di far progredire la società."

 
 
 

Le lacune dell'informazione italiana sulla situazione in Libano

Post n°110 pubblicato il 05 Settembre 2006 da arielasterisco


di Susanne Scheidt

Gli italiani non sanno praticamente nulla su una "missione" in Libano
che li coinvolge in prima fila e che sempre più precariamente rispetto
al passato può essere presentata come "di pace"... La responsabilità di
un apparato, i media, di disinformazione programmata dove operano
autentiche nullità.

Guardo sempre i notiziari della RAI e di RAInews24 per sapere come le
cose vengono presentate all'opinione pubblica - tenendo conto che la
maggior parte della gente non legge i giornali, tanto meno guarda le TV
estere e prende le sue informazioni, appunto, dalla TV locale.

Ieri e l'altro ieri i notiziari RAI erano stracolmi delle gesta delle
truppe italiane, che venivano amorevolmente riprese durante gli sbarchi
sulla spiaggia di Tiro. Queste immagini, intercalate dai commenti di
Alessandro Politi, Direttore dell'Osservatorio Nomisma e da Gianni
Rufini, docente universitario, e da qualche aggiornamento mandato dai
corrispondenti RAI dal Libano che sempre ruotavano attorno agli sbarchi,
erano le uniche informazioni sul Libano e sui rapporti tra Italia e
Libano. L'immagine che veniva trasmessa al pubblico italiano, era di
"impegno per la pace nel mondo, gloria per l'Italia" che, si dà ad
intendere, guadagnerebbe
enormemente di prestigio grazie a questo contingente militare operante
in Libano, al quale, ben presto s'assocerebbe la "società civile" sotto
forma di numerose organizzazioni non-governative italiane.

Ma la RAI non ha fatto nessuna parola, invece, sul sit-in che dall'altro
ieri mattina 100 su 128 parlamentari libanesi stanno facendo presso il
Parlamento a Beirut per protestare contro il perdurante assedio
israeliano alle vie marittime e allo spazio aereo del Libano, definito
una continuazione della guerra ed una violazione della stessa
Risoluzione 1701 in nome della quale le truppe italiane stanno già
sbarcando in Libano.
Certo, parlare della manifestazione di protesta dei
parlamentari libanesi avrebbe potuto sollevare anche tra gli ingenui
spettatori televisivi la domanda se, assedio israeliano persistendo, le
nostre truppe forse stessero entrando in una situazione tuttora
caratterizzata da occupazione militare...

Così, come non si è parlato della manifestazione di protesta dei
parlamentari libanesi, non si è fatta parola delle decisioni dei
governi tedesco e turco di sospendere l'invio di truppe per la nuova
missione UNIFIL finché non siano chiare le cosiddette "regole
d'ingaggio" - che determineranno l'operato di fatto di dette forze
armate
. Il governo italiano, occorre constatare, non si è preoccupato di
queste "regole d'ingaggio", perché i partiti politici che occupano il
Parlamento ed il Senato non hanno sollevato alcuna domanda al riguardo.
I governi tedesco e turco, invece - e stiamo sempre parlando di governi
NATO, non di quello di Hugo Chavez o di Fidel Castro -, non osano
mandare un solo soldato finché queste regole non siano conosciute. Prima
di allora, i parlamenti non verranno convocati per votare sulle
relative risoluzioni.

Inoltre: il governo tedesco avrebbe dovuto rendere noto, entro questo
fine settimana, l'esatto numero di truppe che avrebbe mandato. Invece,
il governo tedesco ha comunicato di non essere in grado né di
quantificare le truppe - causa mancanti "regole d'ingaggio" - né di
indire una riunione del parlamento per votare la relativa risoluzione,
in quanto non avrebbe ancora ricevuto una richiesta ufficiale da parte
del governo libanese di inviare un contingente militare a rinforzo
dell'UNIFIL. E senza questa richiesta ufficiale e formale da parte del
governo libanese, il governo tedesco non si muove.

Domanda: ma il governo italiano ha ricevuto una richiesta ufficiale e
formale da parte di quello libanese prima di inviare un contingente
militare italiano? o la richiesta era pervenuta solo da Kofi Annan e da
Alain Pellegrini? I notiziari RAI non hanno trasmesso alcuna
informazione circa queste importantissime circostanze.

E non si è parlato della situazione in Turchia, dove le promesse del
governo in sede NATO di fare onore al suo atlantismo con l'invio di
truppe e di navi della marina militare in Libano ha mandato in tilt le
relazioni con l'opposizione, ma anche quelle tra il Primo Ministro
Tayyip Erdogan ed il Presidente Ahmet Necdet Sezer. Ciò che è iniziato
come una protesta, capeggiata da Sezer, contro la "protezione di
interessi di altre nazioni" a scapito dei propri interessi (in questo
caso, per non vedere nascere un Kurdistan dal corpo dell'Iraq che si
sarebbe incuneato in quello della Turchia), ha nel frattempo innescato
un ampio discorso tutt'altro che gradevole per gli USA: il blocco che
s'oppone all'invio di truppe in Libano sta dando voce alle insistenti
preoccupazioni che l'imminente ingerenza negli affari interni del
Libano, affiancata dalla presenza di truppe militari a guida NATO (la
targa ONU sembra ingannare solo il pubblico
italiano), potrebbe fare piombare il Libano nel caos e nella violenza
creando una situazione simile a quella nella quale è stato inabissato
l'Iraq, coinvolgendo non solo la Turchia, ma il Medio Oriente per intero.

La fatidica riunione del Parlamento turco è stata indetta per martedì.
Per aumentare le sue prospettive di farcela e far passare la sua
risoluzione, il Primo Ministro Tayyip Erdogan ha dovuto promettere che
nell'eventualità che le truppe UNIFIL in Libano venissero incaricate dal
Consiglio di Sicurezza ONU di disarmare Hezbollah, il contingente turco
verrebbe immediatamente ritirato.

Le preoccupazioni che Erdogan si è precipitato a sminuire sembrano molto
fondate se si tiene conto che contemporaneamente, anche il governo
tedesco ha dovuto rimandare una discussione in parlamento, dopo che le
parole del Ministro alla Difesa, Jung, avevano scatenato un putiferio
nella Commissione parlamentare per le questioni della Difesa: Jung,
riferendosi alla nuova forza UNIFIL da costituire in base alla
Risoluzione ONU 1701
<http://www.un.org/News/Press/docs/2006/sc8808.doc.htm>, si era fatto
scappare che le nuove, tuttora ignote "regole d'ingaggio" avrebbero
previsto l'invio di "truppe di combattimento". Mentre il testo della
risoluzione sottoposto al voto in parlamento parla di una "missione di
mantenimento di pace". Le stesse preoccupazioni che incombono
sull'opinione pubblica in Turchia.

Ma la RAI non intervista né esponenti turchi e né tedeschi dei
rispettivi orientamenti pro e contro, né un solo parlamentare libanese
che sta prendendo parte nell'attuale sit-in. In altre parole: i media
italiani fanno disinformazione per mezzo di grossolane lacune.

 
 
 

Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 02 Agosto 2006 da arielasterisco

 
 
 

TURIGLIATTO

Post n°107 pubblicato il 29 Luglio 2006 da arielasterisco
 

Prendo la parola in questa assemblea con preoccupazione, anzi con angoscia. Il provvedimento in discussione parla eufemisticamente di missioni internazionali, ma come tutti sappiamo stiamo parlando di guerra, quella guerra che proprio in queste ore ancora una volta in Medio Oriente, distrugge le vite di centinaia di donne, bambini, uomini, senza che la conferenza di ieri a Roma, sia stata capace di imporre il cessate il fuoco, o anche solo abbia voluto chiederlo.

Il governo ha posto la fiducia sul provvedimento. Ho apprezzato l'equilibrio politico con cui il ministro Chiti ha affrontato il problema della discussione con i cosidetti dissenzienti nel rispetto delle reciproche posizioni e divergenze.

1) Voterò a favore della fiducia per una sola ragione, per un senso di lealtà  e di vincolo verso quell'elettorato che ha battuto le destre e ha permesso la nascita di questo governo, verso tutti quei lavoratori che in queste settimane mi hanno detto di apprezzare la nostra battaglia, ma nello stesso tempo mi hanno chiesto di non far cadere il governo, di permetter loro di verificarne ancora la sua azione nei prossimi mesi. Questa decisione non fa venire meno, però, il mio dissenso di fondo, irriducibile e immodificabile nei confronti di un provvedimento che  ( pur tenendo conto della domanda di massa del ritiro dall'Iraq), contempla contemporaneamente la continuazione della missione di guerra in Afghanistan.
2) Che sia di guerra lo dicono tutti gli analisti militari e la stessa Nato che non a caso chiede ai paesi membri di raddoppiare gli sforzi, in uomini e mezzi, e che ha già cambiato, nel febbraio di quest'anno, le regole di ingaggio per prepararsi all'offensiva dei talebani. Una missione di guerra, quindi, che si inscrive nel progetto strategico della nuova Nato, quella nata con il patto di Washington del 1999 e che prevede per l'Alleanza atlantica un ruolo innaturale e illegittimo di "gendarme mondiale".
3) E' proprio questa natura del conflitto e della vicenda di cui stiamo discutendo che mi ha indotto a ritenere del tutto insufficiente il compromesso realizzato nella maggioranza di governo che non é stato in grado di inserire alcun elemento di controtendenza in un progetto di intervento militare all'estero che rimane permeato dalla filosofia multilateralista e dalla concezione della "guerra umanitaria", la stessa che aveva caratterizzato il conflitto del Kosovo. Non solo il governo non intende realizzare alcuna exit strategy ma addirittura rafforza il dispositivo militare complessivo che ci vede impegnati in Afghanistan e nella missione Enduring Freedom collegata a quel conflitto.
4) Questo dissenso di fondo è del resto in sintonia con quanto affermato, e praticato, dalle forze della sinistra radicale e pacifista negli ultimi cinque anni, da quando, cioè, il voto sulla missione in Afghanistan vede impegnato questo parlamento. Un comportamento perfettamente coerente con le istanze del movimento pacifista che dall'ottobre del 2001 ha iniziato a battersi contro la guerra degli Usa in Afghanistan e poi contro l'invio di soldati italiani in quel teatro di guerra. Una coerenza  che rivendichiamo appieno e che non può certo essere costretta dentro il gioco delle tattiche parlamentari o delle geometrie di governo. Anche perché nessun programma di governo ha mai deciso di affrontare una questione sulla quale nessuno può vantare un vincolo di mandato.

In queste settimane non mi sono sentito un anacronista,un ribelle, un dissenziente, al contrario, mai come in questi giorni, mi sono sentito in sintonia con quel 62% che vuole il ritiro delle truppe dall'Afghanistan e che arriva ad essere il 73% dell'elettorato dell'Unione. Riflettete ancora: come non comprendere che la presenza di eserciti stranieri non può non essere percepita dalla popolazioni locali come una presenza di ingrerenza, di dominio e di manipolazione; come non comprendere che i nostri soldati sono considerati come gli altri militari  presenti, come occupanti, come partecipi di una guerra che ha un tragico bilancio di vittine civili (il 97%).

NO,  rappresentanti del governo, no, parlamentari, non è giusto, è profondamento sbagliato continuare su questa strada; non si possono tenere i nostri soldati in Afghanistan ad uccidere e a farsi uccidere.


5) La decisione del governo di porre la fiducia su questo provvedimento ci costringe a sacrificare il nostro dissenso di fondo per non mettere a repentaglio la vita del governo. E' una scelta dolorosa, che comprime le nostre coscienze e le nostre convinzioni politiche. Riteniamo di essere stati sottoposti a un ricatto che non accettaremo più in seguito. E' bene che il governo ne prenda nota perché sulla guerra non ci potrà  essere un nuovo voto di fiducia. Se l'esecutivo riterrà di continuare a impegnarsi in una missione di guerra lo farà con i voti di chi sostiene questa scelta, il nostro voto negativo. Così come sarà negativo per altre operazioni militari, come quella in Libano ventilata in ambito Nato. Se davvero l'Italia vuole dare un contributo alla pace in Medioriente si batta fino in fondo contro la politica di Israele, che sta bombardando indiscriminatamente, con il sostanziale consenso dei paesi occidentali, un paese inerme provocando devastazioni incredibili tra le popolazioni civili; si batta per la costruzione di un reale stato palestinese e, in questo quadro, per una missione di interposizione Onu non solo tra Israele e Libano ma anche sulla striscia di Gaza e sui confini del 1967 tra Israele e Cisgiordania! Dica chiaramente al governo israeliano che se Israele ha diritto alla stabilità, questa è possibile se riconosce i diritti di tutti gli altri popoli del Medio Oriente, a partire da quelli dei palestinesi, oggi schiacciati e negati.


6) Il movimento pacifista è il nostro reale interlocutore in questa vicenda; questo movimento cerca oggi di rimettere in moto i propri meccanismi, le proprie idealità  e la propria ambizione di pace. Crediamo di aver contribuito attivamente, con l'esplicitazione del nostro dissenso, a riaprire a tutto campo, una discussione che sembrava già  chiusa. Diverse iniziative sono state realizzate nel paese, anche con il nostro contributo, altre ci saranno in seguito. Noi prenderemo parte a tutte queste per arrivare al prossimo voto sulle missioni militari con il più ampio schieramento contrario alla proroga di operazioni militari inaccettabili. Lo faremo nella chiarezza e nella limpidezza delle posizioni, lo faremo senza sottostare ad altri ricatti e intimidazioni. Lo faremo in nome della pace e della coerenza politica che caratterizza il nostro impegno, con la consapevolezza di essere parziali ripsetto al movimento, ma necessari.

 
 
 

CECINA BY NIGHT

Post n°105 pubblicato il 21 Luglio 2006 da arielasterisco
Foto di arielasterisco

 
 
 

Afghanistan

Post n°103 pubblicato il 09 Luglio 2006 da arielasterisco
 

Chomsky scrive ai parlamentari italiani
Gli echi del braccio di ferro italiano sul nodo «Enduring Freedom» arrivano anche oltreoceano. Noam Chomsky, infatti, annuncia per lettera la sua solidarietà ai parlamentari delle sinistre impegnati contro la missione in Afghanistan: «Ho appreso - scrive il linguista americano - della vostra coraggiosa presa di posizione contro la partecipazione militare dell'Italia all'operazione militare della Nato, un intervento di forze internazionali subordinate agli Stati Uniti d'America. L'espansione della Nato ad Est, in violazione dell'accordo siglato con Gorbaciov che aveva permesso l'unificazione della Germania nel quadro Nato, costituisce una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Il nuovo e sempre più aggressivo ruolo che la Nato sta assumendo pone serie minacce all'ordine internazionale. Voglio esprimervi il mio personale apprezzamento per la vostra coerenza nel difendere i principi dell'articolo 11 della Costituzione italiana: 'L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali'».

 
 
 

Pomigliano:

Post n°101 pubblicato il 08 Luglio 2006 da arielasterisco
 

Chi vi scrive insieme ad altri compagni dell'area di "Sinistra Critica"( 3° doc. della Conferenza GC) giovedì sera era presente alla festa provinciale di Liberazione con un banchetto di libri e riviste.
Dopo meno di 1 ora si avvicina il senatore Sodano,infastidito dalla nostra presenza per il solo fatto che sul banchetto stavamo anche raccogliendo le FIRME CONTRO IL RIFINANZIAMENTO DELLE SPESE MILITARI IN AFGHANISTAN.
Ci avvisa in maniera secca che non potevamo farlo perché "il partito ha una diversa posizione"!!! Gli facciamo notare,come lui ben sa,che in Italia e nel Partito si sta dibattendo oramai da settimane sulla vicenda dell'Afghanistan,proprio a partire dalla presa di posizione di alcuni senatori pacifisti (4 di rifondazione e in particolare 2 di Sinistra Critica - Malabarba e Turigliatto - e 2 dell'aria dell'Ernesto)che si sono nettamente schierati contro il rifinanziamento.
Infatti non sbagliamo,è proprio questo che da fastidio!
Entrano in scena nello stesso momento altri compagni(fortunatamente una piccola minoranza tra i tanti li presenti)intimandoci di andarcene e trattandoci in malo modo,tanto che noi a questo punto spostiamo il nostro banchetto fuori dallo stand di Rifondazione per continuare a fare quello che legittimamente stavamo facendo.
I toni da parte di questi continuano a riscaldarsi,volano parole pesanti ma sono i concetti che colpiscono.
Qualcuno vorrebbe far passare l'idea che il dissenso non deve esistere,che chi lo esercita nelle forme della democrazia non ha diritto al rispetto e deve essere sbattuto ai margini se non proprio fuori e che non c'è niente su cui si possa discutere se chi "esercita il potere"(a tutti i livelli)non vuole che si discuta!!!
Evidentemente però queste persone si sbagliano.
Non solo si sbagliano ad esercitare il potere nelle forme più antidemocratiche in linea solo con la storia buia del comunismo,ma si sbagliano anche a credere che il partito e la società tutta non abbia voglia di interrogarsi ed interrogare su quello che la sinistra e nello specifico il nostro partito dalla sua entrata nel governo Prodi sta facendo.
Infatti proprio mentre ci urlavano in tutti i modi di andarcene,creando in questo modo un capannello di persone(che brutta figura per il Partito!)le firme che raccoglievamo sono cresciute vertiginosamente e tante sono state le dimostrazioni di solidarietà.

Ancora una volta quindi chiediamo a tutt* i compagn* di firmare
l'appello mandando una mail a :

noafghanistan@libero.it

 
 
 

Post N° 99

Post n°99 pubblicato il 02 Luglio 2006 da arielasterisco

In Afghanistan c'è una guerra a cui l'Italia partecipa pienamente tramite la missione a guida Nato.

Il governo Prodi, in continuità con quello precedente, ha deciso di mantenere le truppe italiane in Afghanistan senza modificare in alcun modo la sua presenza militare.

In questi anni abbiamo manifestato "senza se e senza ma" contro tutte le guerre, anche quella in Afghanistan.

Per queste ragioni l'Italia non può e non deve partecipare a quella missione e le forze della sinistra pacifista, a cominciare dal Prc, non devono approvarla.

Facciamo appello ai parlamentari affinché votino in coerenza con le proprie convinzioni e all'Unione perché prenda atto di questa posizione limpida operando un'inversione di rotta in direzione di una "exit strategy" dall'Afg hanistan nel rispetto di quell'articolo 11 della Costituzione inscritto nel programma di governo.

INSERIRE NOME COGNOME E INDIRIZZO E-MAIL PER ADERIRE ALL'APPELLO OPPURE CONTATTACI ALL'INDIRIZZO noafghanistan@libero.it

 
 
 

Il silenzio del rumore

Post n°94 pubblicato il 22 Giugno 2006 da arielasterisco

Il silenzio del rumore
delle valvole a pressione
i cilindri del calore
serbatoi di produzione...
Anche il tuo spazio è su misura.
Non hai forza per tentare
di cambiare il tuo avvenire
per paura di scoprire
libertà che non vuoi avere...
Ti sei mai chiesto
quale funzione hai?

 
 
 

Post N° 93

Post n°93 pubblicato il 22 Giugno 2006 da arielasterisco

 
 
 

Foedere Et Religione Tenemur

Post n°91 pubblicato il 22 Giugno 2006 da arielasterisco
 
Foto di arielasterisco

Associazione per delinquere: intendevano realizzare all'estero, in Libia o in Russia, per esempio, fossero legati ad affari realizzati attraverso una loggia ai cui vertici ci sarebbero sia Vittorio Emanuele, sia suo figlio Emanuele Filiberto «Il Savoia - scrive il Gip - sistematicamente utilizza i suoi legami istituzionali e massonici per penetrare l'organo istituzionale di interesse, ponendo le basi e curando le lineee fondamentali degli accordi corruttivi».

il riciclaggio ipotizzato nelle banche di San Marino quando nel maggio 2005, Emanuele Filiberto segnala, preoccupato, al factotum Achille De Luca, l'esistenza di un sito web che contiene notizie, informazioni e scritti denigratori sulla famiglia Savoia e sui personaggi che la frequentano. E al telefono esclama: «C'è un casino col Vaticano lì dentro, bisogna capire chi è dietro». il riciclaggio ipotizzato nelle banche di San Marino e la presunta associazione per delinquere intendevano . In questa chiave, potrebbe risultare più chiaro l'attacco informatico al sito Pravdanews. Il sito parla dell'ordine dei Santissimi Maurizio e Lazzaro definendolo illegale e utile solo a far soldi. Poi riferisce di diversi nomi eccellenti della moda e della Chiesa

un'accusa pesante ma non più di omicidio colposo: accusato, processato e assolto senza però uscire del tutto indenne dalla vicenda che causò la morte del giovane tedesco Dirk Hamer: era l'estate del 1978.

E per finire: contatta l'ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, per contrattare il rientro in Italia. Ne parla con Catricalà, all'epoca segretario generale della presidenza del Consiglio. In cambio assicurare a Berlusconi i voti dell'elettorato di fede monarchica. Un consiglio ricevuto da Windisch-Graetz, uomo d'affari, definito dalla procura «intermediario del principe in operazioni di lobbying», che propone al Savoia: «Concordiamo una breve nota, perché puoi essere molto incisivo su Berlusconi, se gli dici due frasi». Frasi del tipo: «Lei mi dica come la posso aiutare... per le elezioni». Il suggerimento è accolto positivamente. Più tardi, dopo aver incontrato Berlusconi, Vittorio Emanuele affermerà: «Questo viaggetto è stato più che positivo. E questo è molto importante, perché bisogna agire molto velocemente, prima della fine di febbraio, perché siccome lui perderà le elezioni, gli altri ce lo mettono nel culo». Più sagace di un sondaggista. E infatti, nella telefonata, aggiunge: «Allora ho detto: signor presidente, non possiamo permetterci il lusso di perdere queste elezioni. E il peggio è che la gente per pigrizia non va a votare. Perché le sinistre, loro figli di puttana, i bolscevichi ci vanno sempre, capisci». Così Vittorio Emanuele prende posizione per la destra e, in particolare, per Forza Italia: «Ebbè - commenta - faccio bene. Io faccio i cazzi miei». Sarà una coincidenza, ma qualche tempo dopo Windisch gli riferisce di aver ricevuto una telefonata: «Mi ha chiamato cinque minuti fa Gianni Letta. Ti manda rispettosi saluti e mi ha promesso che la prossima settimana avrà dei risultati».

 
 
 

Comunicato Stampa P.R.C. "Antonio Gramsci" Sesto F.no

Post n°90 pubblicato il 20 Giugno 2006 da arielasterisco
 

Le Farmacie comunali saranno inglobate da una società di multiservizi in nome della riorganizzazione dei servizi pubblici. Il rischio è quello di assistere ad una vera e propria privatizzazione in pieno stile toscano. Infatti si deve considerare che c'è uno studio in corso, commissionato ad ANCI&CISPEL Toscana Consulting Srl, che ha l' esplicito obiettivo di privatizzare il servizio.
 
Eppure le farmacie comunali sono il fiore all' occhiello delle partecipate sestesi, è un modello che dimostra come un' azienda pubblica ben gestita possa essere efficiente.
 
L' Azienda delle Farmacie deve sopportare costi importanti, come quello dei fitti per locazioni che sono aumentati nell' ultimo anno. Alcuni degli immobili sono del comune ma la grossa parte delle spese per affitti, ben 120.000 euro – pari a tre volte il guadagno annuo delle farmacie –, va a privati. Dobbiamo trovare il modo di sgravare l' azienda da queste spese...basterebbero per stabilizzare qualche farmacista precaria.

 
 
 

Il cammino interminabile

Post n°89 pubblicato il 20 Giugno 2006 da arielasterisco

Se vuoi conoscere i tuoi pensieri di ieri osserva il tuo corpo oggi


Se vuoi sapere come sarai domani osserva i tuoi pensieri di oggi

 
 
 

Stop alla precarietà. Ora

Post n°88 pubblicato il 20 Giugno 2006 da arielasterisco
 

Noi, donne e uomini che in questi anni hanno lottato contro il liberismo e la guerra, per un altro mondo possibile, vogliamo impegnarci a suscitare e organizzare un grande movimento contro la precarietà.
La precarietà del lavoro e delle condizioni di vita segna oggi donne e uomini, occupati e disoccupati, nativi e migranti.
Le donne sono le più colpite dai processi di precarizzazione del lavoro, dallo sgretolamento e dalla privatizzazione dei sistemi pubblici di servizio alla persona. La lotta contro la precarietà è parte della lotta per l'autodeterminazione. La condizione migrante concentra su di sé tutti gli aspetti della vita precaria, per le lavoratrici, per i lavoratori e per le loro famiglie. La lotta per la parità dei diritti per i migranti, per la fine della persecuzione nei loro confronti, per la chiusura dei Cpt, per la fine della schiavitù dovuta al vincolo del permesso di soggiorno legato al posto di lavoro, fanno parte della lotta contro la precarietà e di quella per i diritti universali di cittadinanza. La lotta contro la precarietà oggi si svolge in tutto il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti, al Nord come al Sud, e percorre la società, la cultura, la politica con conflitti sempre più diffusi ed estesi.
In Italia è giunto il momento di rivendicare un cambiamento radicale di tutta la legislazione che in questi anni ha precarizzato il lavoro e la vita sociale. Si devono estendere conflitti e movimenti nella società per conquistare il diritto a condizioni di vita dignitose, per la libertà di decidere per sé e per il proprio avvenire. Per queste ragioni proponiamo come primi terreni e obiettivi comuni di mobilitazione, i seguenti punti:
1. L'abrogazione delle tre leggi simbolo della politica per la precarietà del governo delle destre

2. La fine del regime della precarietà a vita che oggi tocca milioni di lavoratrici e lavoratori. La lotta contro la precarietà nel lavoro e nella vita delle persone (e, in primo luogo, delle giovani e dei giovani)

3. La redistribuzione delle ricchezza, per aumentare le retribuzioni e per conquistare la garanzia del reddito e della contribuzione pensionistica in ogni periodo della vita, anche attraverso il ripristino di una pensione pubblica adeguata e sufficiente.

4. L'estensione a tutti i lavoratori dei diritti sindacali

5. La messa in discussione delle politiche liberiste a livello europeo. In particolare occorre cancellare la direttiva Bolkestein e quella sugli orari di lavoro e contrastare alla radice ogni tentativo di mercificazione dei beni comuni, di privatizzazione dei servizi pubblici, di concorrenza al ribasso tra aree e paesi sui diritti sociali e del lavoro.

ci diamo appuntamento per sabato 8 luglio a Roma, per una grande assemblea che sviluppi e approfondisca i contenuti di una piattaforma di lotta contro la precarietà.

 
 
 

Cuffaro e gli inceneritori siciliani

Post n°87 pubblicato il 15 Giugno 2006 da arielasterisco
 

Salvatore Raiti deputato e coordinatore Regione Sicilia dell’IDV ha rilasciato questa dichiarazione, che sottoscrivo completamente, su Cuffaro:

“Cuffaro è senza vergogna. A tre giorni dalla chiusura della campagna elettorale compie atti illegittimi e, forse, anche illeciti.
Non si capisce come possa emanare, in qualità di Commissario Delegato all’Emergenza Rifiuti, l’ordinanza n. 482 del 22.05.2006 (una settimana prima delle elezioni regionali) che autorizza la realizzazione degli impianti di termovalorizzazione in Sicilia, disattendendo le ordinanze del Tar regionale e una mozione approvata dalla Regione siciliana che vanno in direzione totalmente opposta. Spieghi, poi, Cuffaro quale interesse legittimo ha che giustifichi la comunicazione della stessa ordinanza, nello stesso giorno, tramite fax, all’azienda che deve realizzare i termovalorizzatori medesimi (lo stesso giorno alle 16.33!).
Con i miliardi di euro che servono alla realizzazione di questi impianti e con la salute dei siciliani non si gioca, per questo chiedo al ministro dell’Ambiente e al Presidente del Consiglio di intervenire direttamente per ripristinare la legalità, ritirare a Cuffaro la delega di Commissario straordinario e revocare immediatamente l’ordinanza in oggetto”.

Mi riservo di valutare se esistono gli estremi per una segnalazione alla magistratura penale in relazione ad eventuali abusi.
Chiederò inoltre al ministro dell’Ambiente di intervenire al più presto e, comunque, porterò la questione al Consiglio dei ministri.

DAL BLOG DI RIGITANS

 
 
 

La legalità al governo....

Post n°84 pubblicato il 13 Giugno 2006 da arielasterisco
 

Borghezio Mario (europarlamentare Lega Nord)

condannato in via definitiva per incendio aggravato da "finalità di discriminazione", per aver dato fuoco ai pagliericci di alcuni immigrati extracomunitari che dormivano sotto un ponte di Torino, a 2 mesi e 20 giorni di reclusione commutati in 3.040 euro di multa.


De Angelis Marcello (senatore An)

condannato in via definitiva a 5 anni di carcere per banda armata e associazione sovversiva come elemento di spicco del gruppo neofascista Terza Posizione.

D'Elia Sergio (deputato Rosa nel Pugno)

condannato definitivamente a 25 anni per banda armata e concorso in omicidio per aver fatto parte del vertice di Prima Linea e aver partecipato alla progettazione dell'assalto al carcere fiorentino delle Murate in cui, il 20 gennaio 1978, fu ucciso l'agente Fausto Dionisi. Appena eletto deputato, è stato subito nominato dall'Unione segretario della Camera.

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 14/11/2005
 

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Per seguire le leggi di natura che prevedono
l'unione tra un uomo e una donna.

Per garantire la continuità della specie...

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THEODOR ADORNO

Non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze. 
 

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