Creato da atsinistra il 09/01/2011

a sinistra

il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

 

Riflessioni sul 15 ottobre (1 parte) - Vincitori e sconfitti

Post n°81 pubblicato il 23 Ottobre 2011 da atsinistra
 

 

 

…è passata una settimana dal 15 dicembre di Roma, e considerando il livello di dibattito che è scaturito, alcune riflessioni ritengo siano necessarie e opportune. 
Vincitori e sconfitti - E’ evidente a tutti che il grande sconfitto della giornata del 15, risulta in tutta la sua miscellanea, il movimento nella sua totalità, nella lotta contro chi ha causato la crisi e contro chi ha deciso che la crisi non l’avrebbero pagata i responsabili dei flussi finanziari, le banche con le loro politiche sopranazionali e gli elusori ed evasori fiscali che sono a tutti gli effetti una cifra considerevole del “debito” 
Se la manifestazione avesse trovato il suo epilogo, in Piazza San Giovanni, molti, come del resto era stato annunciato, non sarebbero tornati a casa e San Giovanni sarebbe diventata una delle piazze “indignate”. Considerando i numeri che sono ballati il 15, forse la più grossa piazza indignata del mondo, e, lunedì, forse sarebbero partite le piazze indignate di Genova, Milano, Pisa. E chissà quante altre,erano pronte a calarsi nel conflitto. 
Vittoria bipartisan, del governo che è il gran protagonista passivo dei diktat della BCE e dell’opposizione parlamentare, che non essendo stata in grado di formulare alcunché nella demarcazione tra chi il debito debba pagarlo e chi non se lo accolla perché gia comunque con scarse coperture sia salariali che di stato sociale, cerca legittimazione nell’ipotesi di un cambio di guardia nella maggioranza parlamentare presso le Banche centrali e tutti gli organismi bancari internazionali. 
Non eravamo arrivati a Roma per una passeggiata rituale, ma per fermarci. L’unico modo per impedircelo è stato renderci impraticabile il luogo simbolo della nostra contestazione, e per chi era in quella piazza è stato evidente come i così detti violenti siano stati sospinti verso chi violento non era e non aveva ne cappucci ne armi atte ad offendere.
Loris

a sinistra

 
 
 

Comunicato - da Genova sul 15 ottobre

Post n°80 pubblicato il 19 Ottobre 2011 da atsinistra
 

 


Comunicato
Noi, che siamo stati parte del coordinamento nazionale 15 ottobre, ribadiamo che quel giorno ha segnato in tutto il mondo la nascita di un nuovo gigantesco protagonismo sociale. Milioni di cittadini ovunque in tutti i continenti hanno manifestato per difendere la democrazia ed i diritti, messi a rischio dall’arroganza dei governi, delle banche, dalla finanza speculativa e dalle istituzioni finanziarie come il FMI che vorrebbero fare pagare la crisi ai cittadini ed alle cittadine.
A Roma si è registrato il numero più alto di partecipazione, a dimostrazione della straordinaria vitalità dei movimenti e della società civile italiana. Cinquecentomila persone sono venute a Roma con le loro proposte e la loro indignazione, con l’obiettivo di riprendersi quegli spazi di partecipazione e parola che sono stati loro negati in questi anni.
Famiglie, lavoratori e lavoratici, studenti, ricercatori, precari, pensionati, artisti, associazioni, comitati territoriali, parrocchie, forze politiche, sindacali e sociali: un’Italia plurale ieri si è manifestata contro le politiche di austerità e per cambiare le politiche economiche in Italia ed in Europa.
Il diritto alla parola ci è stato invece negato da parte di chi ha aggredito il corteo e la città. Centinaia di persone hanno fatto la gravissima scelta di violentare la nostra manifestazione ed hanno in realtà manifestato contro di noi. Il corteo ha reagito, si è ribellato, difendendo il proprio diritto alla partecipazione.
Denunciamo le gravissime responsabilità delle forze dell’ordine che, in Piazza San Giovanni, hanno seminato panico con le cariche dei furgoni fra i manifestanti, riportandoci alle situazioni e alle immagini di Genova 2001.
Durante e dopo il corteo si sarebbero dovute produrre, promosse da diverse organizzazioni, performance e azioni diverse. In molti si sarebbero accampati per la notte a San Giovanni, al Colosseo e ai Fori Imperiali per simboleggiare –attraverso la riappropriazione delle piazze e delle strade- la volontà di riprendersi il diritto alla partecipazione, la democrazia, i diritti di cittadinanza.
Le ragioni che ci portano a continuare il nostro impegno sono sempre più presenti. La gravità della crisi e le ricette sbagliate che continuano a imporci sono i motivi che ci spingono a continuare la nostra lotta. Per il bene comune. Per il bene di tutti e tutte.
Genova – 18 ottobre 2011
Antonio Bruno (del Forum della Sinistra Europea Genova)
Giuseppe Gonella (dell'Ass. Culturale Punto Rosso Genova)
Rita Lavaggi (della Rete 15 ottobre Genova)

Loris Viari (della Rete 15 ottobre Genova)


rete15ottobre.genova@gmail.com 

 
 
 

15 ottobre - io ci sarò

Post n°79 pubblicato il 12 Ottobre 2011 da atsinistra
 

mi scuso dell'evidente rallentamento di questo blog ma la preparazione della manifestazione di Roma del 15 è totalizzante.

Non scriverò nessuna considerazione, ma, lascio i link per dare l'informazione anche su questa piattaforma.

Loris

 

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Barletta - la parola alle donne

Post n°78 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da atsinistra
 

 

Sono stato molto combattuto sullo scrivere della strage di Barletta. Parlare di indignazione, di sconforto, di precariato e quant'altro sarebbe stato comunque insufficente di fronte ai 5 cadaveri di donne sacrificate al lavoro per 4 euro all'ora, senza diritti senza sicurezze. 
Potrei scrivere di ministri come Sacconi, avezzi alla macelleria sociale, o di premier indegni, quando parlano di aiuti a famiglie in difficoltà, ma sarebbe offensivo alla memoria di quelle 5 donne, essere anche lontanamente accumunate in un ragionamento a queste pochezze della politica.
Prima che lavoratrici donne, per questa ragione è alle donne che lascio il compito di ricordarci, documentarci e insegnarci, estrapolando da questo blog di donne.





Noi per esempio stragi del genere le inseriremmo nella lista dei femminicidi perché sono crimini nei confronti di lavoratrici deboli e ricattabili che in quanto tali accettano di stare nascoste negli scantinati perché non si sappia quante sono e cosa stanno facendo.


Ce l’avevano un contratto regolare? Quelle che sono morte ammazzate, dico. Ce l’avevano o no? I parenti ci dicono di no e ci dicono che lavoravano in nero per 4 schifosissime euro l’ora. Quella ditta ce l’aveva il permesso per stare in quella stamberga? Non sarebbe obbligatorio per i luoghi di lavoro averci una serie di norme per la sicurezza da rispettare? E se ci fosse stato un incendio? Come potevano uscire quelle povere anime da là sotto? Quanti anni avevano? Erano in quell’età che ti costringe a stare fuori dal mercato del lavoro, destinate nei sotterranei per arrivare a morte certa? Lo capite o no che tra quelle donne poteva starci chiunque tra noi? Chiunque tra le tante precarie che combattono ogni giorno in Italia?


Intrappolate come topi e non servono le parole di commiato e tutta l’indignazione che si può spendere adesso perché in Italia c’è un sommerso di lavoro infame che recupera persone ricattabili e le tratta da bestie.


A prescindere da tutto, dall’illogica capacità di certi enti di ignorare le segnalazioni per non farsi carico di cose che costano responsabilità, come già fu per la casa dello studente dell’Aquila o per la scuola elementare delle marche, com’è per mille luoghi strutturalmente fragili che pure ci abitiamo e lavoriamo, a parte tutto questo, dico, c’è il fatto che a morire sono sempre gli ultimi e le ultime.


Ne sono morte cinque, infine, e noi speravamo di no, invece, e ci dispiace che sui giornali si taccia sulle dipendenti e si sottolinei in mille modi che a morire c’era pure la figlia quattordicenne dei titolari che era passata a trovarli, ché forse la pietà può fermare i pensieri, le critiche e le riflessioni? Ci spiace, moltissimo, e comprendiamo e rispettiamo il dolore, ci spiace davvero, come ci è dispiaciuto per il figlio del sindaco del paese in cui crollò la scuola elementare ma averci un figlio tra le vittime non ci esonera dalle responsabilità, anzi le amplifica e ce le ributta sotto il naso ché non ci sono giustificazioni per cose del genere. E quella responsabilità va sicuramente ripartita e bisogna parlarne se non si vuole che accada ancora.


Ci sono quelli che per spuntarla con le tasse e tutto il resto e per guadagnare sul lavoro altrui aprono una ditta in un sotterraneo e poi prendono personale in nero e poi ci sono quelli che saltano controlli e quelli che sfruttano l’indotto per subappaltare lavori e mi ricordo dei racconti di Saviano in Gomorra mentre diceva di quelle persone che stavano nascoste a cucire gli abiti della grandi marche italiane per pochi euri l’uno. Abiti che poi li rivedevi nelle sfilate per gli oscar indossati dalle grandi attrici.


Non servono le parole di commiato, serve strappare le donne dalle condizioni di ricattabilità. Le donne e gli immigrati che sono l’altra grandissima categoria debole. Questi sono crimini che vanno addebitati a chi ha organizzato il lavoro in quel modo e a chi continua a pensare una organizzazione sociale che rimanda le donne negli scantinati e in luoghi pericolosi e bui dai quali è impossibile uscire in caso di “tragedia annunciata” come questa.


Queste giornate sono da ricordare, come il primo maggio o l’otto marzo, come tutte quelle giornate di resistenza attiva in cui ci sono persone, donne, cadute sul campo di battaglia mentre tentavano di racimolare qualcosa per portare il pane in casa.


La precarietà uccide. L’irresponsabilità idem. Ed è ora che tutti si assumano le proprie responsabilità. Vogliamo i nomi delle donne che sono morte ammazzate. Vogliamo le loro faccele loro storie, vogliamo ricordarle e sapere chi erano e perché erano costrette a stare in quel posto terribile. Vogliamo toccarlo con mano il dolore e lasciarci ferire perché siamo già ferite e non ne possiamo più di vedere le donne morire una dopo l’altra, per un motivo o per un altro.


Buonanotte sorelle. Fate un buon sonno e riposate finalmente. Assieme ai vostri cari ci siamo anche noi a piangervi e ci rincontreremo un giorno, nel paradiso delle precarie resistenti che hanno lottato fino all’ultimo e che sono morte lottando per la propria sopravvivenza. Noi verremo a manifestare e ad abbattere muri. Senz’altro porteremo uno striscione con i vostri nomi e vi abbracciamo, una ad una. Tutte.

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Documento finale dell’assemblea svoltasi il 1° ottobre al teatro Ambra Jovinelli di Roma

Post n°77 pubblicato il 04 Ottobre 2011 da atsinistra
 

 

Documento finale
dell’assemblea svoltasi il 1° ottobre
al teatro Ambra Jovinelli di Roma
approvato all’unanimità (meno 2 astenuti e 2 contrari) dalle/dai 700 partecipanti all’assemblea nazionale delle/dei firmatari dell’appello “Dobbiamo fermarli.
Noi partecipanti all’assemblea del 1° ottobre a Roma: “Noi il debito non lo paghiamo. Dobbiamo fermarli” ci assumiamo l’impegno di costruire un percorso comune.
Tale percorso ha lo scopo di affermare nel nostro paese uno spazio politico pubblico, che oggi viene negato dalla sostanziale convergenza, sia del governo sia delle principali forze di opposizione, nell’accettare i diktat della Banca Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Confindustria e della speculazione finanziaria. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico, che rifiuti le politiche e gli accordi di concertazione e patto sociale, che distruggono i diritti sociali e del lavoro. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico nel quale si riconoscono tutte e tutti coloro che non vogliono più pagare i costi di una crisi provocata e gestita dai ricchi e dal grande capitale finanziario e vogliono invece rivendicare sicurezza, futuro, diritti, reddito, lavoro, uguaglianza e democrazia.
Vogliamo partire dai cinque punti attorno ai quali è stata convocata questa assemblea
1. Non pagare il debito, far pagare i ricchi e gli evasori fiscali, nazionalizzare le banche
2. No alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, no alla corruzione e ai privilegi di casta
3. Giustizia per il mondo del lavoro. Basta con la precarietà. Siamo contro l’accordo del 28 giugno e l’articolo 8 della manovra finanziaria.
4. Per l’ambiente, i beni comuni, lo stato sociale. Per il diritto allo studio nella scuola pubblica.
5. Una rivoluzione per la democrazia. Uguale libertà per le donne. Parità di diritti per i migranti. Nessun limite alla libertà della rete. Il vincolo europeo deve essere sottoposto al nostro voto.
Ci impegniamo a portare i temi affrontati in questa assemblea diffusamente in tutto il territorio nazionale, costruendo un movimento radicato e partecipato. Così pure vogliamo approfondire i singoli punti della piattaforma con apposite iniziative e con la costruzione di comitati locali aperti alle firmatarie e ai firmatari e a chi condivide il nostro appello. Intendiamo organizzare una petizione di massa sul diritto a votare sul vincolo europeo.
Nel mese di dicembre, a conclusione di questo percorso a cui siamo tutti impegnati a dare il massimo di diffusione e partecipazione, verrà convocata una nuova assemblea nazionale, che raccoglierà tutti i risultati e le proposte del percorso e che definirà la piattaforma, le modalità di continuità dell’iniziativa, le mobilitazioni e anche eventuali proposte di mobilitazione e di lotta.
Intendiamo costruire un fronte comune di tutte e tutti coloro che oggi rifiutano sia le politiche del governo Berlusconi, sia i diktat del governo unico delle banche. Diciamo no al vincolo europeo che uccide la nostra democrazia. Chi non è disposto a rinviare al mittente la lettera della Banca Europea non sta con noi. Questo fronte comune non ha scopo elettorale, ma vuole intervenire in maniera indipendente nella vita sociale e politica del paese, per rivendicare una reale alternativa alle politiche del liberismo e del capitalismo finanziario. Questo fronte comune vuole favorire tutte le iniziative di mobilitazione, di lotta, di autorganizzazione che contrastano le politiche economiche liberiste. Questo percorso si inserisce nel contesto dei movimenti che, in diversi paesi europei e con differenti modalità e percorsi, contestano le politiche di austerità e la legittimità del pagamento debito a banche e imprese.
Su queste basi i partecipanti all’assemblea saranno presenti attivamente anche alla grande manifestazione del 15 ottobre a Roma sotto lo striscione “Noi il debito non lo paghiamo”.
VIDEO - ASSEMBLEA PUBBLICA ALL' AMBRA JOVINELLI DI ROMA

 

gli interventi singoli sono caricati sul seguente canale di Libera Tv man mano che vengono sbobinati

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