a sinistra
il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)
Post n°123 pubblicato il 30 Giugno 2013 da atsinistra
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Post n°122 pubblicato il 05 Giugno 2013 da atsinistra
La metafora che più è compresa è quella del marito che si tagliò il pisello per far dispetto alla moglie. Parliamo di finanziamento pubblico ai partiti, argomento estremamente delicato e di cui tanti, un po' troppi a mio giudizio, ne auspicano e caldeggiano l'abolizione. Il fatto che la disputa sia se il finanziamento debba essere pubblico o privato, e non quali siano state o avrebbero potuto o dovrebbero essere le regole per il finanziamento pubblico, è estremamente indicativo. Altrettanto indicativo è la richiesta di riduzione del numero di parlamentari in un Paese dove la magistratura sta indagando sulla compra-vendita di parlamentari al fine di salvare un governo Meno parlamentari in assoluto, meno parlamentari da comprare. Meno parlamentari meno rappresentanza politica. La sola possibilità che "privati" possano finanziare i partiti è un concetto che con la democrazia ha poco a che spartire, perché è evidente che ci saranno soggetti a cui sarà impedito l'accesso alla politica proprio in virtù dei costi della politica.
In un paese in cui, in più di vent'anni, non si è arrivati ad una legge sul conflitto di interessi, con un premier che di conflitti ne aveva anche sulla eleggibilità, credo che pensare di legiferare affinchè lobby non prendano il controllo politico del paese, equivalga a raccontare qualche romanzo di Asimov: assai verosimile grazie alla sua bravura di narratore, ma pur sempre fantascienza. Le recenti esternazioni dell'attuale primo Ministro Letta, sulla possibilità di una deriva "presidenzialista", sono un' ulteriore sirena d'allarme per la nostra democrazia e per la depauperazione della nostra Costituzione. Ricordiamoci che nel caso degli sperperi di denaro pubblico nei Consigli Regionali, la vera colpevole è una presunta interpretazione del "federalismo" e dell'autonomia dell'istituto delle Regioni. Che i primi ad affondare le mani nella marmellata siano stati proprio i "paladini" del federalismo non deve sorprenderci più di tanto. Sono gli stessi paladini di una legge elettorale più letamaium che porcellum. Riaffermiamo il valore della Costituzione e delle modalità di rappresentanza democratica. Rivendichiamo una riforma che affermi il finanziamento pubblico della politica con regole certe e trasparenti. La Democrazia non può essere privatizzata. Loris
ps.in direzione ostinata e contraria
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Post n°121 pubblicato il 22 Maggio 2013 da atsinistra
Se devo trovare una metafora per far comprendere cos’è venuto a mancare a Genova quella della Lanterna è la più azzeccata. Con Don Gallo se n’è andata forse l’ultima di quelle figure che hanno fatto la storia di Genova dal dopoguerra ad oggi. Il suo profondo legame con la città e la sua incessante opera a sostegno degli “ultimi” hanno fatto di lui un riferimento imprescindibile per chiunque abbia intrapreso iniziative sociali o politiche a Genova e non solo. Lo ricordiamo nelle giornate del G8 a rivendicare l’altro mondo possibile o al gay pride a chiedere diritti per i trans. ....>>continua qui
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Post n°120 pubblicato il 15 Maggio 2013 da atsinistra
Oggi, 15 maggio, ci sarà l’ultimo saluto alle vittime del disastro della Torre di Controllo del porto di Genova. Dal momento del disastro, guardare il porto incute sentimenti contrastanti, difficili anche da spiegare. Non è la prima volta che si contano dei morti su quell’area. Quelli che fanno più male in assoluto, sono quelli sul lavoro. Fanno male perché la cultura del lavoro e della solidarietà è stata per anni la cultura dei lavoratori del porto di Genova. Fanno male perché attraverso quella cultura il lavoro era elemento di emancipazione del lavoratore stesso perché diventava il diretto interlocutore con armatori, spedizionieri e quanti in quel porto creavano commercio, altro lavoro, altri traffici e faceva crescere di fatto l’economia della città e di tutto il Paese. Le cose sono però mutate: alla storica autogestione dei portuali , attraverso la compagnia dei portuali, il “mercato” ha chiesto concorrenzialità, apertura a “imprenditori” privati e tempistiche e metodi di lavoro che guardano al profitto come unico fine. Il porto non è mutato in questi anni, ma le navi si. Sempre più sovente anche per gli osservatori meno attenti, accade di rimirare autentici “colossi del mare” da un numero sconsiderato di ponti, adibiti al mercato crocieristico. Quello che è successo all’isola del Giglio è ancora davanti agli occhi di tutti. Per garantire il fondale adeguato, al porto di Genova, recentemente sono state fatte brillare delle microcariche per limare via scogli che hanno visto la navigazione nel porto di Genova sin dai tempi dei romani ma sarebbero potuti essere un problema per i “mercati” che trattano megamotonavi da crociera o portacontainer che più grandi sono e maggiori profitti riescono a movimentare e incassare. Con non poco raccapriccio ho sentito il presidente dell’autorità portuale parlare di un ipotetico spostamento della diga foranea di 500 metri a mare, per consentire a navi come la Jolly Nero di poter navigare e manovrare con disinvoltura in quello che più che un canale di calma diventerebbe un “mare interno”. Il costo di questa operazione sarebbe tutto riversato sull’ ambiente, marino soprattutto, che sicuramente porterebbe ad una ulteriore riduzione degli arenili e il completamento di un esproprio progressivo di quello che è un “Bene Comune” come l’accesso al mare.
Ecco il perché di una torre di controllo in un posto in cui non doveva essere, una nave che non doveva navigare tra i moli come un toro lambendo la muleta, e un porto che non poteva contenere nella piena sicurezza navi dalle dimensioni spropositate. Con questa consapevolezza oggi saluteremo questi nostri morti sul lavoro, nostri perché appartengono a tutto il paese, appartengono al mondo che lavora, indipendentemente dal ruolo, dalla divisa o dalla provenienza geografica. Per queste ragioni fanno ancora più male, perché su quella rotta, in quello spazio a condurre navi o a osservare da quella torre c’era il profitto. Ricordiamoli: Daniele Fratantonio, Michele Robazza, Marco De Candussio, Davide Morella, Sergio Basso, Maurizio Potenza,Francesco Cetrola, Gianni Jacoviello, Giuseppe Tusa,
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Pubblicato su azionecivile.net Ormai tutti sono concordi che quella che attraversiamo è una crisi di sistema. La crisi della politica è di fatto l’esito di un fallimento di quello spazio pubblico in cui i cittadini, attraverso le proprie rappresentanze , sarebbero chiamati a partecipare. La modalità che ha portato alla rielezione il Capo dello Stato e la successiva formazione del Governo sono l’evidente immagine di questo processo di distacco della politica dal sentimento comune del Paese Reale. Chi sta pagando il prezzo più alto di questa rappresentatività è quella porzione di cittadini che prima di ogni altra cosa, per condizione sociale poi per cultura sono la “ base “ della sinistra. Riuscire a rendere rappresentanza politica a strati sociali fondamentali per la crescita e lo sviluppo di un paese diventa pertanto un dovere al fine di garantire attuazione alla Costituzione nel richiamo alla sovranità popolare dell’art.1. Sono due le strade da percorrere per ridare dignità e autorevolezza politica alla sinistra italiana : . - una proposta politica capace di galvanizzare le istanze che oggi vengono espresse in miriadi di gruppi, comitati, partiti e movimenti . - l’attivazione e la facilitazione a tutti quei processi di democrazia partecipativa istituzionalizzati dove allargare la base del consenso attraverso la cittadinanza attiva diventa il miglior strumento facilitatore per una mai attuata autoriforma dei partiti. Oggi sono diverse le proposte di soggettività nuove a sinistra, tutte sicuramente pregevoli e a cui dedicare tutte le attenzioni possibili. Ma, se questi processi che provengono da contesti disaggreganti, come il PD del governo Letta o la sconfitta elettorale di Rivoluzione Civile non intraprendono percorsi di contaminazione culturale e rimescolamenti delle classi dirigenti non per unire “debolezze” ma per ricostruire un modello politico di una Sinistra nuova, gli sforzi rischiano di essere inutili. La necessità è di una Sinistra di governo che intercetti le diverse forme in cui si affacciano le problematiche legate al lavoro nel rispetto della sostenibilità e che ci dia le motivazioni per rimanere in una Europa dei diritti e del lavoro in antitesi all’Europa delle banche e del fiscal compact. Processi quindi, di ricostruzione inclusivi senza “primati” della proposta o volontà egemoniche del percorso. Non strategie unificanti dal fiato corto, ma un vero e proprio progetto di un soggetto politico in grado di ridare voce a un popolo della sinistra portatore di un valore antico di solidarietà e di lotta ; moderno nel captare le mutazioni sociali e l’esigenza di fornire risposte adeguate sul piano dei diritti, della solidarietà e della legalità. Loris Viari |
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