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« I racconti di Rachel B.Habanera »

Marziani, andate a casa!

Post n°62 pubblicato il 03 Aprile 2007 da bartelio
 

immagineFredric Brown si alza di scatto dal letto e sempre di scatto si ravvia i capelli. Cerca le ciabatte, le trova. Indossa una vestaglia di seta cotta, regalo della madre, che detto tra noi ha sempre odiato. Lascio al lettore decidere se l'odio per la vestaglia si trasferisca tout-court alla madre oppure meno.

Scosta le tendine e osserva con poco interesse il fiume di traversine che conduce alla stazione di Lambrate.  E' una mattina di luce e speranza. Sul fornello fuma la caffettiera, un piccione sosta accorato presso la ringhiera, uomini muovono cose avanti e indietro, tra i binari, con fare serio ma del tutto privo di senso. Fredric si soffia sulle mani, prende un foglio, lo inserisce nella macchina per scrivere. Si siede, appoggia le dita - che un frusto luogo comune vuole sottili - alla tastiera, e presto scrive:


"Signora Blutner
non stia a pensare
quello che è stato
non tornerà
se ci hanno dati
tutti all'incanto
ora all'incanto
ceda il suo cuor..."

se le caviglie sono allenate
e quei notturni non suona più
sfiori i miei tasti
prenda i miei baci
ed all'incanto
ceda il suo cuor..."
*


Poi si volta verso di noi, ha un vago sorriso e comincia a parlare.

"Ve lo dico subito, questa è una recensione che non va in nessun
posto, quindi mettetevi seduti, state zitti e buoni, fingete che io
sia Bluewillow, se questo vi pare possibile, e ascoltatemi. Se non vi
va di farlo, beh, fatti vostri, amici come prima, non c'è davvero
problema. Vi offrirei volentieri una crema whiskey, posto che mi
piacesse, ma non è così. Peccato. Del resto non ho mai portato le
sottovesti, mi disturbavano parecchio."

Poi si gira di nuovo con le mani alla tastiera e scrive:


"Signora Blutner
la prego accetti
questa passione
questo dolor
la serbo in petto
come un dispetto
che s'affaccenda
dentro di me..."


Fa una rapida giravolta e riprende.

"Questa mattina vi parlerò di Fredric Brown e sarà la prima di una
lunga serie di conversazioni tra me e voi, statene certi. Fredric
Brown, voi forse potete immaginare, a questo punto del giorno credo
sia già parecchio spolpato; di più: ridotto una mummia rinsecchita,
considerato che sono circa trentacinque anni da che è trapassato.
Era nato nell'Ohio, a Cincinnati, nel 1906, ed è morto nel 1972, in
Arizona, terra di vacche, monument valley e indiani, come vuole il
vieto cliché. Peccato, vien da dire, era uno scrittore bravo e
immaginoso; alcuni dicono un uomo schivo, assai modesto, gran
lavoratore, amante degli scacchi e del poker, suonatore provetto di
flauto traverso, bevitore assai morigerato. Peccato davvero, uno
spreco di tanto ben d'Iddio, non trovate? Ma del resto, ne converrete,
non si può vivere in eterno (vien da aggiungere: per fortuna)."

Altra rapida giravolta.


"Lei sa mia cara,
che questo cielo
per quanto grande
si colmerà
di ciò che resta
del nostro pianto
forse un minuto
solo terrà..."


Rapido frusciare della seta cotta.

"Sia come sia, miei cari lettori, Brown nella sua carriera di
scrittore ha pubblicato un bel gruzzoletto di gialli, polizieschi,
noir, e tutti piuttosto pittoreschi (per dirne brevemente: in alcuni
c'è di mezzo un nano, in altri un lupo mannaro, in altri ancora una
ragazza che teme d'essere uccisa da creaturine spaziali: insomma un
tipino mica male, 'sto Brown, vi pare?). Quando la passione dettava al
sentimento e il sentimento muto corrispondeva, ha scritto pure una
bella sporta di racconti, spesso brevi e spesso fulminanti. Ma a
Lambrate, miei cari, non ha avuto gran fortuna. I suoi libri sono
stati sì tradotti, e in buon numero, in particolare per i Gialli
Mondadori benemeriti (avete mai comprato un Giallo Mondadori presso
l'edicola di una stazione ferroviaria? Io spesso, se saperlo produce
un piccolo balzo nel vostro cuore), ma sono al momento largamente
fuori catalogo, come avviene sovente nei casi migliori.
Altro aspetto sorprendente della personalità variegata di Brown è la
produzione di cinque dico cinque romanzi di fantascienza, uno dei
quali -Assurdo universo, disponibilissimo presso la collezione Urania-
tanto piacque a Federico Fellini, che per un tratto breve o lungo (non
chiedete a me) della propria esistenza meditò persino di farci un
film."

Si passa leggero le mani tra i capelli, colpetto di tosse, sbottona il
colletto del pigiama, sino ad allora piuttosto arcigno.


"Mia cara Ida
mi si confidi
tra un biscottino
una tazza di thé
son più che certo
che il nostro amore
via più sicura
pur troverà
e se non va
come io penso
resta pur sempre
il ricordo di lei
mia dolce Ida
mi stringa al cuore
non c'è dolore
che possa fermar
questa passione
che provo in petto
questa stagione
di vento e color..."


Sguardo pensoso verso il soffito, leggero tremito alla palpebra
dell'occhio sinistro.

"Del resto questo libro che ho per le mani, 'Marziani andate a casa'
(Martians go home), del 1955, l'ho comprato a peso in un supermercato,
come solito fare (in questo distinguendomi un'altra volta da BlueWillow,
come potrete apprendere qui) per la modica cifra di 90 centesimi e devo dire
che ne vado soddisfatto. Si tratta di un romanzetto, mi si perdoni il
vezzeggiativo, divertente anzi che no e davvero unico nel proprio
genere, o almeno così credo, nella mia bieca e crassa ignoranza, hi hi
hi. Il romanzo tratta della discesa dei marziani sulla Terra, niente
di meno. Dopo tanto parlar di loro, questo manifestarsi è tutt'altro
che scontato: tanto per dire, non rispetta affatto i canoni della
fantascienza classica. Anzittutto i marziani decidono di atterrare
(posto che atterrino: in gergo browniano tecnicamente "kwimmano", che
è una sorta di trasmissione telepatica di sé stessi) non solo a
Cleveland o Minneapolis, ma in ogni parte del Globo Terracqueo, quindi
presumibilmente pure a Lucca, con buona pace di Fruttero e Lucentini.
Se in questo loro apparire ravvisiamo un certo rispetto per le
convenzioni formali - sono piccoli ometti verdi, del tutto
impalpabili, sapete - è pur chiaro che essi tradiscono abbondantemente
la sostanza: sono scassacazzo mica da ridere, non fanno altro che
giocare tiracci agli umani, spiandoli in ogni dove, persino
nell'intimità delle camere da letto (con effetti spaventevoli sulla
pratica dello sport più amato dagli uomini, u know), importunandoli
con grida improvvise e terribili, frapponendosi tra gli umani e gli
oggetti, con conseguenze catastrofiche, ma soprattutto usando l'arma
più temuta dal genere umano tutto: l'onestà."

In sottofondo lo sferragliare del treno, una rapida bestemmia, lo
scacazzamento di un piccione, l'ennesimo, sulla ringhiera, lo
sciabattare della padrona di casa al piano di sopra.


"Signora cara
non si disperi
quel vento tenue
ritornerà
prenda la mano
che lesto le porgo
prenda il mio braccio
venga con me
lenti nel viale
cammineremo
il tempo certo
ci seguirà..."


Colpetto di tosse. Raucedine. Niente che non si possa curare con un
poco di Aulin e Barbera.

"I marziani sembrano votati o condannati all'onestà: dicono tutto,
spifferano ogni cosa, che si tratti di spiegare alla moglie
l'adulterio del marito o di svelare ai russi i segreti atomici degli
americani e viceversa (siamo nel 1964, piena guerra fredda,
ricorderete; che gusto c'è, pensate, a combattere una guerra in cui i
marziani aiutino sia voi che i vostri nemici, non c'è sale, si va
verso lo stallo, l'indecidibilità, la non soluzione, no?). Le cose si
mettono assai male, l'economia entra in crisi profonda, per ragioni
che non vi sto a raccontare, sennò viene notte e non è davvero il
caso: credetemi sull'unghia, sulla parola.
Insomma, questi marziani sono insopportabili e ogni persona dotata di
raziocinio arriva a desiderare in breve di potersene presto o tardi
liberare. Ma pare che la  liberazione non sia esattamente dietro
l'angolo e nemmeno all'orizzonte. Richiesti di un parere tecnico circa
il loro ritorno sul Pianeta Rosso, i marziani, carognoni, rispondono
invariabilmente ' fatti gli affari tuoi, Mack'. Mack è l'esemplare
terrestre di sesso maschile, mentre 'Toots' è l'equivalente del genere
opposto: questo nella visione semplificata del marziano comune.

In tutto questo rincoglionente casino, l'unica persona che dice di non
vedere i marziani, dopo una prima breve crisi, e quindi di poter
lavorare e vivere tranquillamente è Luke Devereux, scrittore di
fantascienza. Devereux arriverà presto a domandarsi se i marziani non
siano delle volte un parto della propria mente, se quindi tutti vedano
i marziani a causa di un suo surplus di immaginazione, siano insomma i
personaggi di un universo creato da lui medesimo: il solito
solipsismo, suggerisce Brown, che si diverte (e ci diverte) nello
scavare attorno al ruolo del sognatore-autore-lettore** e ci regala, è
proprio il caso di dirlo, una storia davvero graziosa, scritta con
mano abile, ironica e leggera."

Qui Brown si ferma, guarda dietro di sé, scosta ancora per un poco le
tendine. Punta il dito verso di noi, come volesse alludere a un colpo
di teatro.

"Esistete?" dice "Ne siete certi?"


"Mia cara Blutner
veda s'è il caso
di lesinare
sul taffetà
non c'è sospiro
senza ritorno
di uguale aria
altro di che
e se non crede
si lasci dire
io ora l'amo
lei m'amerà..."


"Tra le altre cose, nel finale una piccola chicca. L'esasperazione
umana è tale che bislacchi inventori autodidatti, improbabili
segretari delle nazioni unite malati di logica, nonché stregoni
africani, tutti quanti cercano di fare del proprio meglio per
ricacciare l'insopportabile marziano a casa propria. A tal proposito
vale ricordare lo stregone Bugassi della tribù africana dei Moparobi,
convocato dal suo capo, tale M'Carthi, perché risolva con un potente
incantesimo la questione degli insopportabili omini verdi. Brown dice
esplicitamente che il capo tribù non è parente dell'omonimo senatore
Joseph Mc Carthy, tristemente noto per la caccia alle streghe
comuniste che infestavano gli anni Cinquanta degli Stati Uniti, ma è
evidente che mentre lo dice ci strizza l'occhio in segno di
complicità. Il risultato, vi prego di credermi nuovamente sull'unghia,
è davvero spassoso. E se non mi credete, provateci di persona. Magari
frugando tra le bancarelle dell'usato. O tra i banchi del
supermercato, si sa mai.  Un romanzo che merita di essere letto o
riletto, assieme a tutti gli altri romanzi di Brown e ai suoi
racconti.

E con questo credo di aver finito.
Andate in pace e così sia."


"Mia cara Blutner
che lei sia certa
o solo frutto
del mio cotè
malinconia
fatta persona
certo mi serve
per dir così
solo guardare
dalla finestra
levare un piede
batter le mani
siete qui tutti
è tutto qui..."


Piccione che vola verso un sole rosso accecante.



* le prime due strofe sono tratte da 'I pianoforti di Lubecca' di
Vinicio Capossela, il resto è produzione propria, doc.



**si veda a tal proposito quel che ha scritto di recente  l'amico
semiconduttore, in un raro accesso di lucidità, tra un laphroaig e l'altro
(del resto non si spiegherebbe come una persona lucida possa tifare
per quella squadraccia innominabile).

 
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