Creato da Maddalena_e_oltre il 30/04/2013
C'è una forza misteriosa nelle cose esteriori [...]. Un attore, per immedesimarsi perfettamente nello spirito del personaggio da rappresentare, deve indossarne il costume.*
 

 

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12.08

Post n°106 pubblicato il 11 Agosto 2014 da Maddalena_e_oltre

 

Mi chiedono di parlare di te. E mi accorgo che ancora non so cosa dire, che tu sei ancora lì, dove la parola si spezza. Sei sensazione, sei immagine, sei... dentro, ancora. Le parole su di te sarebbero un atto conclusivo, un'etichetta su una teca da archiviare. Non trovo parole per raccontare ciò che sei stato, ciò che eri. Intanto dovrei essere in grado di spiegare che c'è stato un prima e un dopo. Che il confine non è stato così netto e immediatamente percepibile. O forse ero io distratta e non l'ho colto, forse non ho voluto vederlo. Poi c'è stato l'inganno dei passi progressivi, quell'impercettibile avanzata che nel quotidiano sfugge, finchè la devastazione non è evidente e ti urla contro.
Ecco, le parole io non le avevo quando c'eri, perchè ogni discorso perdeva significato per me di fronte alla solida realtà della tua malattia. Così, forse sbagliando, sono stata muta, non sapendo se tu volessi rimanere ancorato al mondo o se ne fossi già distaccato, anche solo nell'intenzione. Potevo leggerti le parole d'altri. Allora trovavo un nesso con quel passato vissuto assieme, gioioso e raro. Con quel tempo che era stato solo nostro, quasi fossimo due innamorati a raccontarci di viaggi e di corsari. Era il nostro mondo che nelle mie letture evocavo e che a voce alta ti riproponevo come ultima fuga da ciò che ti ancorava tanto pesantemente. Quale ragazzina non si innamorerebbe del padre esploratore, di quello che disvela mondi e apre nuovi orizzonti? Mi piace pensare che quegli stessi mondi siano stati il tuo spiraglio, le mete dei tuoi lunghi silenzi. Mi piace pensare che tu mi abbia portata con te qualche volta, guardando oltre la mia incapacità di parlarti.
Se ci ripenso, mi fa male il tuo grazie per le piccole cose, quando il mio avrebbe dovuto essere immenso. Mi fa male la rabbia che spesso ancora mi invade per l'ingiustizia che fa soccombere la fragilità umana. Mi stordisce di dubbi quel che hai vissuto, lasciandomi in balia della ricerca insensata di un "perchè?".

Non avevo le parole allora. Non le ho adesso per poterti raccontare. Forse non le voglio neppure cercare, perchè sei sangue che ancora vive in me e io non voglio trovare parole che ti cristallizzino nelle memoria. Ti voglio qui con me, ora. Voglio conservare il senso di protezione che mi dava la sola tua presenza, come la certezza di una roccia salda. La sensazione di un braccio attorno alla spalla che il tuo sorriso di prima mattina riusciva a trasmettermi.

... e ti cerco, ancora, nello specchio, sul mio viso.

 

 
 
 
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