Mi sono sentita sperduta, come una bambina lasciata sola in un luogo sconosciuto, dove tutto è ostile ed estraneo. Non c'era un argine o un ciglio che potessi toccare per riconoscere un sentiero già percorso, nessuna briciola da seguire per ritrovare la strada sicura. L'unica certezza era il mio stomaco aggrovigliato e dolente per la paura di un non ritorno. Credo fosse una foresta impervia e cupa nel buio, dove ogni albero esponeva radici infide al passo, così ogni parola avrebbe fatto inciampare senza mani tese a sollevare.
La sera mi aveva già sfiancata e io non avevo più forze per attraversare. Le avevo prestate alle bambole scure della notte e ai loro orchi, immaginandomi nell'oscillare spavaldo ma sgomento di trampoli sull'asfalto. Che prezzo avrebbe avuto allora la mia libertà? E il turbine di paure e pensieri nel tempo scandito dai salti di inquiete ranocchie: comprendi la mia tristezza? Quale tristezza più grande di un mondo perduto per me e per loro? Di quello non vissuto per un soffio? Quella nostalgia struggente per ciò che avrebbe potuto essere, per quell'attimo cristallizzato e sospeso in cui si apre una finestra su un'altra vita.
In attesa, sul fondo.
Tu togli dalle tasche quel possibile, quella rinuncia, quella speranza di felicità in nome di un sorriso certo. Non sai quanto male fa la tua luce contro il buio della notte.
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