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Leonora della Genga

Post n°65 pubblicato il 28 Luglio 2013 da livieroamispera
 
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"Fabriano vide a nascer Leonora della Genga, e fu lodatissima, come una di quelle, che a' tempi del Petrarca seppe farsi conoscere per distinta di lui seguace, ciò che non fecero tanti altri che invano tentarono nel suo secolo siffatta via. Andrea Gilio nella sua Topica porta di lei alcuni sonetti, e la Bergalli pubblicò que' due che noi qui sciegliemo. F.Z." (per la fonte della citazione, tratta dal volume 56 del Parnaso Italiano, prima edizione, vedi in fondo al post).
Più sobrie e concise sono le note della Bergalli: "Leonora de' Conti dalla Genca da Fabriano, degna di eterna lode, come una di quelle, che a' tempi del Petrarca seppe farsi conoscere vera di lui seguace, ciò che non fecero tant' altri all' indietro rimasti. M' Andrea Gilio rapporta nella sua Topica de' suoi sonetti. pag 4".
Trascrivo i due sonetti in questione:

Tacete, o maschj, a dir, che la Natura

Tacete, o maschj, a dir, che la Natura
A far il maschio solamente intenda,
E per formar la femmina non prenda,
Se non contra sua voglia alcuna cura.

Qual' invidia per tal, qual nube oscura
Fa, che la mente vostra non comprenda,
Com' ella in farle ogni sua forza spenda,
Onde la gloria lor la vostra oscura?

Sanno le donne maneggiar le spade,
Sanno regger gl' Imperj, e sanno ancora
Trovar il cammin dritto in Elicona.

In ogni cosa il valor vostro cade,
Uomini, appresso loro. Uomo non fora
Mai per torne di man pregio, o corona.


Coprite, o muse, di color funebre

Coprite, o muse, di color funebre
Tutto Parnaso, ed ogni loco appresso;
Svelto il lauro, piantate ivi il cipresso,
Sien le vostre querele ognor più crebre.

Il pianto, che uscirà dalle palpebre
Empia Aganippe, e non si trovi in esso
Altro liquor, che quel, che vi sia messo
Dagl' occhj vostri, e dall' altrui tenebre,

E poi, che avrete con dolenti segni
Mostrati i danni sempiterni vostri,
Per Ortensia gentile a tondo, a tondo;

Direte a tutti i pellegrini ingegni,
Che spendono in lodare i sacri inchiostri,
Questo spirto gentil sì raro al Mondo.


Il Crescimbeni ("L'istoria della volgar poesia", Giovanni Mario Crescimbeni, (Venezia: Lorenzo Basegio, 1731), vol.3, pp. 169-170) riporta anche il seguente sonetto:

Dal suo infinito Amor sospinto Dio

Dal suo infinito Amor sospinto Dio
Volse crear nel sesto giorno l’huomo;
E lo degnò di tal favor, che l’huomo
Fece ritratto ver del sommo Dio.

Perfido ingrato al suo fattore, e Dio
L’offese sì, sì lo sprezzò quest’huomo,
Che perder merito sembianza d’huomo,
E perder la sembianza anche di Dio.

Ma per dar la natia sua forma a l’huomo
Sparse il suo sangue sù la Croce Dio,
Perche fosse color da pinger l’huomo.

O mirabile Amor del nostro Dio,
Che per poter morir, già si fece huomo,
Accioche l’huom si trasformasse in Dio.


Le fonti del post sono:
"Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo" ... parte prima, che contiene le rimatrici antiche fino all'anno 1575
"Lirici del secolo (primo, secondo, terzo, quarto, sesto e settimo.)", Tomo VI, pag. 104 (Venezia 1841), che riporta anche il testo del sonetto.

 
 
 
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