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Sonetti di Isabella Andreini

Post n°116 pubblicato il 24 Agosto 2013 da livieroamispera
 

Con gli otto seguenti sonetti si aprono le "Rime d'Isabella Andreini Padouana comica gelosa" Dedicate all'IIIustriss.' & Reuerendiss.Sig. Il Sig. Cardinal S. Giorgio Cinthio Aldobrandini. I Milano, appresso Girolamo Bordone, & Pietromartire Locarni compagni. 1601. Il secondo ed il sesto sonetto sono riportati anche da Luisa Gozzi Bergalli in "Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo" ... parte seconda, che contiene le rimatrici dell'anno 1575 fino al presente [1726] (Venezia: Antonio Mora). Per una biografia di Isabella Andreini, si veda il post precedente.

SONETTO I

S' alcun sia mai, che i versi miei negletti
Legga, non creda à questi finti ardori;
Che ne le Scene imaginati amori
Usa à trattar con non leali affetti:

Con bugiardi non men con finti detti
De le Muse spiegai gii alti furori:
Talhor piangendo i falsi miei dolori,
Talhor cantando i falsi miei diletti;

E come ne' Teatri hor Donna, ed hora
Huom fei rappresentando in vario stile
Quanto volle insegnar Natura, ed Arte.

Così la stella mia seguendo ancora
Di fuggitava età nel verde Aprile
Vergai con vario stil ben mille carte.


SONETTO II

S'avverrà mai, ch'ad alcun pregio arrive
L'amoroso mio stil nato di pianto,
Sarà vostra la lode, e vostro il vanto
O de l'Anima mia luci alme, e dive.

Voi le fiamme d'Amor nel sen più vive
Rinovellando in me dettate il canto;
Sol voi dettate, in voi sol leggo quanto
Suona la lingua, e là mia penna scrive.

Ma perche più dolce uso un giorno prenda
L'amaro suon de' lagrimosi accenti
Bella pietate in voi fiammeggi, e splenda.

Che s'un dì sien men gravi i miei tormenti
Farò, che'l valor vostro alto s'intenda
Da le rive gelate à i lidi ardenti.


SONETTO III.

Dolci asprezze, e soavi, aspri, & noiosi
Vezzi, frali ragioni al mio ben tarde,
Menzogne vere, verità bugiarde,
Affanni lieti,e'n duol piaceri ascosi,
 
Riposate fatiche, egri riposi,
Tema piena d'ardir, forze codarde,
Foco gelato, giel, che mai sempr'arde,
Mesti canti d'amor, pianti gioisi,

Inferma sanità, morte vitale,
Stabil martir, diletto fuggitivo,
Odiata beltà, ch'affiige, e piace,

Piaga, che vien da rintuzzato strale,
Odio amoroso, e combattuta pace
Son l'aspra vita a ond'io morendo vivo.


SONETTO IV.

Qual ruscello veggiam d'acque sovente
Povero scaturir d'alpestre vena
Sì, che temprar pon le sue stille a pena
Di franco Peregrin la sete ardente

Ricco di pioggia poi farsi repente
Superbo sì, che nulla il corso affrena
Di lui, che'mperioso il tutto mena
Ampio tributo à l'Ocean possente;

Tal da principio havea debil possanza
A danno mio questo tiranno Amore,
E chiese in van de' miei pensier la palma.

Hora sovra'l mio cor tanto s'avanza,
Che rapido ne porta il suo furore
A morte il Senso, e la Ragione, e l'Alma.


SONETTO V.

Spirando l'aure placide, e feconde
Al lampeggiar di due luci serene
La nave del desio carca di spene
Sciolse'l mio cor da l'amorose sponde;

Quando'l raggio benigno ecco s'asconde,
E spumoso fremendo il Mar diviene,
Ed hor al Cielo, hor à le negre arene
Del profondo sentier ne portan l'onde;

Cresce la tempestosa empia procella:
Tal che la tema è viè maggior de l'arte*
E vince ogni saper Fortuna avversa.

Così tra duri scogli in ogni parte
Spezzata la mia debil Navicella
Ne gli Abissi del duol cadde sommersa.


SONETTO VI.

Tu, che de' più famosi, e de' più chiari
E i corpi, e i nomi ancor chiudi sotterra;
E le Torri superbe à l'ima Terra
Adegui, e secchi Fonti, e Fiumi, e Mari;

Tu, che de' sette Colli illustri, e rari,
Che un tempo a te fer sì honorata guerra
Vittorioso al fin mandarti a terra
Ponti, Colossi, Terme, Archi, ed Altari;

Tu, che l'opre non pur di man mortale,
Ma d'altissimo ingegno a Febo grato
Ogni nobil fatica al fin distruggi

Alato Veglio, che volando fuggi
Al Tempio tuo di tanti fregi ornato
Fra tante spoglie appendi anco il mio male.


SONETTO VII

Empio se d'amarissimo veleno
E gorghi, e fiumi entro'l mio sen tu versi
E forza pur, che i miei languidi versi,
E l'egro slil sia d'amarezza pieno.

Porrà quest'Alma a le querele il freno
Crudo, s'avezza l'hai sol'à dolersi?
Gioirò se da indi in quà, ch'i'apersi
In te gli occhi non vidi un dì sereno?

S'à pianger sempre mi costringi, hor come
Potrò cantando in questa, e'n quella parte
La bcltade innalzar, c'hò'mpressa al core?

E qual trà fidi Amanti havrai tu nome,
Poiché solo vedran ne le mie carte
Scritto la tua fierezza, e'I mio dolore?


SONETTO VIII

Disprezza pur quelli sospiri ardenti
Anima cruda chiudi gli occhi a queste
Lagrime amare, e le preghiere honeste
Portin per l'aere del tu' orgoglio i venti:

Nulla avanza di me, ch'aspri tormenti,
De l'amorose mie fiere tempeste
Reliquie miserabili, e funeste,
Ch'ombra mi fan d'angosce, e di lamenti.

Scoprasi pur d'ogni pietate ignudo
L'empio tuo cor, e l'ostinata voglia
Facciati al mio languir superbo, e schiuo;

Te stesso avanza homai ne l'esser crudo:
Ch'altro ancider potrai, che la mia doglia
Se mal tuo grado nel tuo petto io vivo?

 
 
 
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