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« Due sonetti di Eleonora ...Il sonetto napoletano »

Il carattere di Eleonora

Post n°160 pubblicato il 24 Settembre 2013 da livieroamispera
 

Il carattere forte di Eleonora Fonseca Pimentel emerge con chiarezza dai due sonetti riportati qui sotto. Le annotazioni in calce ai sonetti sono di Elena Urgnani.

Sonetto 6

Cugin, due mesi son che non scrivete,
e cosa in voi straordinaria è questa;
forse di Malta già su per la testa
gli altèri fumi o il gran catarro avete?

Cugino! e pure voi mi conoscete!
che se in me si risveglia un po' d'agresta
de' miei dardi frizzanti alla tempesta
e Rodi e Smirne scomparir vedrete.

E s'io mi metto a far da Solimano,
misero fraticel di linci e quinci,
voi cercherete un Carlo quinto invano.

Ma dove Malta sta, star non vogl'io;
fra lei scegliete e me pria ch'io cominci,
od altrimenti io vi scugino. Addio.

Eleonora Fonseca Pimentel
Il sonetto è tratto da una lettera indirizzata a Michele Lopez, il giovane cugino che le era stato promesso in sposo, e che l'aveva momentaneamente lasciata per inseguire il cavalierato a Malta, e non era dunque inteso per la pubblicazione e mostra un'Eleonora irritata dal continuo silenzio del cugino.


Sonetto 12

Rediviva Poppea, tribade impura,
d'imbecille tiranno empia consorte
stringi pur quanto vuoi nostra ritorta
l'umanità calpesta e la natura...

Credi il soglio così premer sicura,
e stringer lieto il ciuffo della sorte?
Folle! E non sai ch'entro in nube oscura
quanto compresso è il tuon scoppia più forte?

Al par di te mové guerra e tempesta
sul franco oppresso la tua infame suora
finché al suolo rotò la indegna testa...

E tu, chissà? Tardar ben può, ma l'ora
segnata è in ciel ed un sol filo arresta
la scure appesa sul tuo capo ancora.

Eleonora Fonseca Pimentel
Sonetto di invettive contro la regina Maria Carolina, composto nella prigione della Vicaria, insieme al perduto Inno alla libertà, recitato in Sant'Elmo, menzionato dalla Fonseca in un numero  del "Monitore", oggi introvabile.
Il sonetto fu ricevuto da Maria Carolina a Palermo ed in seguito ritrovato nelle tasche del fratello di Eleonora, Giuseppe Fonseca Pimentel, che anche per questo venne imprigionato. Pare costituisse uno dei capi d'accusa che segnò la condanna a morte di Eleonora. Croce tuttavia ritenne che non fosse suo, per la violenza che ne sprigionava, specie contro Maria Antonietta. Battaglini lo ha ripubblicato in nota a p.  del suo volume La lunga marcia del cardinale Ruffo, alla riconquista del Regno di Napoli (Roma, ), avvertendo che esso venne attribuito anche a Francesco Astore, noto per aver composto il catechismo repubblicano, tuttavia ha aggiunto altrove che «talune violentissime invettive contenute proprio nel "Monitore" potrebbero» giustificarne l'attribuzione alla de Fonseca. Sul "Monitore" n.  ( germile, anno VII, sabato  marzo ) si menziona il fatto che «la Cittadina Pimentel recitò un inno alla libertà, da lei composto in S. Eramo (...) ed un sonetto fatto durante la sua prigionia nella Vicaria. Tutta la sala replicò con lei le strofe di odio ai Re, e di giuramento alla libertà».
La Macciocchi lo accetta senz'altro come opera di Eleonora.

 
 
 
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