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Caterina Dolfin Tron

Post n°163 pubblicato il 25 Settembre 2013 da livieroamispera
 
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NATALI, "Il Settecento", terza ed. completamente rifatta [Storia letteraria d’Italia] 1936, pag. 130:
Tennero per più anni lo scettro della bellezza e dello ingegno a Venezia le due cognate Caterina Dolfin Tron e Cecilia Zeno Tron: delle quali ebbe la prima un salotto politico e culturale, la seconda un salotto mondano. Caterina Dolfin, bella colta vivace ambiziosa, troppo lodata e troppo biasimata a torto, moglie prima a un Tiepolo e poi, dal 1733 al procuratore Andrea Tron, divenne una delle persone più adulate e temute di Venezia. Il Goldoni avea dedicato a Caterina Dolfin Tiepolo, La bella selvaggia, e Laura Bergalli avea messo insieme in suo onore una raccolta di Rime di donne illustri (Venezia, 1733), e Gaspare Gozzi alla sua protettrice procuratoressa Tron dedicò il sermone Gl'incomodi della vecchiaja. Riuniva i suoi fidii nel suo casino di San Giuliano, che gl'inquisitori di Stato fecero chiudere. Era allora la regina della moda la cognata Cecilia, che fece girar la testa al Parini (chi non ricorda l'ode Il Pericolo?) [...] I posteri confusero le due Tron: e fu ingiustizia. Così la pensa il Castelnuovo. (nota tratta dal sito Donne in Arcadia).

Tutti i sonetti che seguono sono tratti da "Sonetti di Caterina Dolfino Tiepolo in morte di Gio. Antonio Dolfino", In Padova, 1747, Nella Stamperia Penada, di Caterina Dolfin Tron.

Sonetto I

Se stilla di pietate avete in core
Voi che leggete i miei dolenti versi
Sol d' amarezza e fiera doglia aspersi,
Deh accompagnate il mio crudel dolore.

Piango la morte oh Dio! del Genitore,
Piango i dì lieti in foschi ora conversi,
Piango misera Figlia il ben ch' io persi
Della mia verde età nel primo fiore;

Piango, nè spero, che il continuo pianto
Cessi nè sieno queste luci liete,
Se non tornando al caro Padre accanto.

Deh se pietà nel gentil core avete
Al flebil suon del mio lugubre canto,
L' onte di morte e i danni miei piangete.

Caterina Dolfin Tron


Sonetto II

Io stessa vidi, ahi lassa! io vidi morte
Dispietata vibrar la falce ultrice,
E vidi il Genitore invitto e forte
Nulla temer di sua sorte infelice.

Vidi le guancie scolorite e smorte,
Che mai più riveder a me non lice;
Languir vid' io le sue leggiadre scorte,
Che mi guidavan nell' età felice.

E vidi ahimè! in un momento solo
Sul nascer suo troncata ogni mia spene;
E di guai circondarmi acerbo stuolo.

Ma se col Padre io non gustai che bene
Or senza d' esto in sempiterno duolo
Passar, l' amara vita mi conviene.

Caterina Dolfin Tron


Sonetto III

Dov' è colui che fea mia vita piena
D' ogni dolcezza coll' amato viso?
Dove i begli occhi ed il gentil sorriso,
Dove la fronte oh Dio! chiara e serena?

Dov' è la dolce lingua di Sirena,
Che ogni cuor duro avria vinto e conquiso?
Misera me! chi m' ha da lui diviso?
Chi il dolce aspetto a riveder mi mena?

Dov' è la cara mia costante guida,
Che in questo mar di procellose pene
Reggea la nave mia per l' onda infida?

Non ha più dolce in me la vita, or ch' io
Il Maestro, l' amico ed ogni bene
Nella morte perdei del Padre mio.

Caterina Dolfin Tron


Sonetto IV

Padre, se in Ciel tra l' anime beate
Giungon mai di quaggiù flebili accenti,
Ascolta anima grande i miei lamenti,
Volgimi o Padre le tue luci amate.

Non sorte rea con sue vicende usate
Fia che questo mio cuor strugga e tormenti;
Non di malnato amor sospiri ardenti
Fia che dettino in me debil pietate.

Tanta virtute m' inspirasti in cuore,
Che ormai son fatta a superar capace
L' ira della fortuna e dell' amore.

Ma se in lagrime oh Dio! l' alma si sface
Incolpane di morte il fier rigore,
Che teco mi rapì conforto e pace.

Caterina Dolfin Tron


Sonetto V

Allo specchio talor, Padre, m' appresso,
Lieta di riveder nel mio sembiante
La cara forma del tuo volto istesso,
Qual pingerla potria Zeusi, o Timante.

E il tuo veggendo nel mio volto impresso,
Trova requie il mio cor per breve istante,
Poi più fiero il dolor torna sovr' esso
E ancor lo strugge più crudel che innante.

Che se vedo il tuo volto e il biondo crine,
Non mi sento nel sen per mio rossore
La ferma anima tua di laude degna.

Così passa il mio pianto ogni confine:
Misera me! chi per pietà m' insegna
A far che il mio somigli al tuo gran cuore?

Caterina Dolfin Tron

 
 
 
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