INDICI
Indice delle 907 poesie pubblicate sino al 25 gennaio 2014.
Visto che lo fanno tutti, mo' lo faccio pure io: Questo blog è un'opera d'arte ... Ora, chi passa e legge dirà: ma questo è scemo? Può darsi, nulla può escludersi e tutto è opinabile. Però se abbiamo leggi così fesse, alle quali molti si attengono, che rendono opportuno scrivere "Questo blog non costituisce una testata giornalistica", perché io dovrei tanto sottilizzare? Ma perché, c'è bisogno di scriverlo? Uno non se ne accorge da solo, leggendo, che quella non è una testata giornalistica? Vabbè, il mio dovere l'ho fatto: "Questo blog non è una testata giornalistica, ma un'opera d'arte che io creo come e quando cavolo mi pare e piace. Tiè, pija, pesa, 'ncarta e pport'a ccasa".
Dimenticavo: chiunque dicesse che ho violato diritti d'autore, direbbe una gran frescaccia. Quasi tutte le mie citazioni (perché, in sostanza, a questo si riduce il blog) provengono da libri scritti tra il 1200 ed il 1899 e, pertanto, ritengo che ben difficilmente l'eventuale titolare di un improbabile diritto d'autore abbia sufficiente voce per risentirsi. Se attingo ad una fonte sul web, è mia costante cura citarla. Comunque sono a disposizione per rimuovere ogni sempre possibile, per quanto involontario, mio abuso.
Avviso ai viandanti. Se non ricambierò eventuali visite o non risponderò a commenti -il che è altamente probabile- non è per maleducazione, ma per mancanza di tempo. Ogni visita ed ogni commento sono sempre graditi ed apprezzati, soprattutto se avranno la compiacenza di evitare argomenti di attualità o di carattere politico: per il resto, tutto è lecito, tranne l'insulto, a chiunque diretto (se poi fosse diretto a me, mi inc...diavolerei di brutto) ed il turpiloquio, consentito solo a me. Mi sono autoribattezzato Arcano, ma avrei anche potuto scegliere Philogèlos, Amante del sorriso: sto qui per sorridere, non per litigare o polemizzare, come accade quasi ogni momento del giorno.
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Diego Sandoval De Castro (6)
Post n°613 pubblicato il 19 Gennaio 2014 da livieroamispera
Sei sonetti di Diego Sandoval De Castro. 5 Pinger talor vostra bellezza in carte cantando estimo, e prendo in man lo stile, per dar principio a l'opera gentile, vostre ombreggiando alcune lode sparte. Ma poi ch'incontro la divina parte degna d'altro lavoro e più sottile, e riconosco il mio dir basso, umile, ivi vien meno l'ardimento e l'arte. Così lo stame solamente ordisco de' vostri onori, né 'l gran subbio ch'empio de le fila votar tessendo ardisco. Però, se questa tela i'non adempio, basta ch'incominciarla pur m'arrisco, per dar forse di me non basso essempio. 6 Pioggia di lagrimar, di sospir folta nebbia che 'l seme di mio frutto adugge; pena, che quanto più la tengo accolta, più veghiando e dormendo mi distrugge; voglia senz'ale di volare stolta; pensier, che sempre consumando fugge miei spirti, ond'io la vita odio talvolta, benché rapidamente ella sen' fugge, mi dan dì e notte sì crudele assalto, ch'a schermirmi da loro i'non ho arme, e 'l vostro util soccorso indarno chiamo. Così mi vivo: et oh piegar vostr'alto sdegno potessi con umiliarme: in tale stella presi l'esca e l'amo. 7 Amor, che nel bel lume godi e stai del vivo sol de la mia donna e diva, onde più d'una piaga acerba e schiva con l'aspre tue saette al cor mi fai; se pietà ti commove de'miei guai, che 'n mar m'han posto, che no' ha fondo o riva, mira mia vita di dolzeza priva e quindi ascolta i miei pietosi lai. Scalda poscia costei, che prende in gioco le tue quadrella, del tuo santo ardore, a cui son di mercé chiamar già roco: ch'io temo forte che 'l vitale umore solo non basti a sostener il foco, che smisuratamente m'arde il core. 8 Occhi leggiadri, che soavemente sol col mirar mi depredaste il core, nel giorno ch'io non oprai 'ncontr'Amore l'arme da lui che mi campar sovente, e voi man preste a innamorar la gente, la cui beltà fa 'l mio foco maggiore, se vostra vista acqueta ogni altro ardore, ond' è che sete sì a celarv' intente? Ne le fortune mie voi sete il porto e de la mente travagliata e stanca voi la difesa e voi 'l conforto solo. Ma se l'alto soccorso indi mi manca, con tutto quel che con industria involo, io morrò pria che 'l mio fin giunga a torto. 9 Nobil pensier, che nel mio cor s'annida e d'un cortese desiar s'appaga, la voglia rende innamorata e vaga de la vostra beltà, che 'n ciel mi guida. E tanto l'alma nel valor suo fida, che non teme lo sdegno che l'impiaga, né virtù d'erbe o forza d'arte maga, che dal primo voler mai la divida. Ma voi, che sete alma celeste e diva, come creder potete che 'n voi brami altro ch'aver co' bei vostr' occhi pace? Io non voglio altro che vedervi priva d'odio e pregarvi, poi ch'è forza ch'ami, che non vi spiaccia almen, se non vi piace. 10 Mal s'agguaglia a mia doglia un dolce sguardo, perché l'un fugge qual seren di verno e si fa l'altro eterno, ch'al desir tronca l'ale, ond'io tutt'ardo. E mal s'accorda un riso con l'offese, perché l'un cresce e l'altro fugge via, che potria dar conforto al mio languire. Crudele il dardo e fu la fiamma ria, ond'Amor l'alma mi trafisse e accese il primo dì, ch'a voi non ebbe ardire punger la gonna pur, non che ferire. Ben fu fanciullo: ché, se voi prendea, maggior preda facea, e meglio oprato avria la fiamma e 'l dardo. Diego Sandoval De Castro Tratte da Rime di Diego Sandoval De Castro, Roma, Valerio e Luigi Dorico, 1542 |
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