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UN TESTO DI ROMANO GUARDINI

Post n°218 pubblicato il 23 Ottobre 2009 da bioantroponoosfera
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Il filosofo Romano Guardini  ha scritto un bellissimo testo che riporta alcune lettere teologiche inviate ad un amico.  Tra le lettere,  che trattano vari argomenti,  Guardini ne invia una  in cui scrive di Pierre Teilhard de Chardin.

La lettera è la numero sei ed è del 20 giugno 1964 ed ha come titolo:

 

“TEILHARD DE CHARDIN COME SINTOMO”

Le lettere sono pubblicate nel volume: Sul limite della vita. Lettere teologiche ad un amico, Vita e Pensiero edizioni.

 

 

In questi giorni ho avuto una intuizione: essa si collega con il nome di Teilhard de Chardin.

Finora sono stato, nei suoi confronti, in un atteggiamento di grande diffidenza, soprattutto perché è diventato tanto di moda.  Ho sempre considerato tali improvvisi favori della moda come dei pretesti per osteggiare qualche idea o qualche persona.  Ma adesso il nome di Teilhard de Chardin è divenuto molto importante per me.

Nel libro di Helmut de Terra, Men Weg mit Teilhard de Chardin (1962) si afferma che Teilhard è stato influenzato da Bergson.  Allora ho capito perché egli è stato accolto con tanto favore,m anzi con tanto entusiasmo, e voglio tentare di chiarire meglio questo fatto.

Il cristiano cattolico ha – se così si può dire, con una grossa semplificazione – considerato il mondo come lo spazio, più o meno stabilmente definito, in cui si svolge il destino dell’uomo: creazione del cosmo e dell’uomo, peccato, redenzione, restaurazione e giudizio.

Questo mondo era così importante come opera di Dio, come luogo dell’esistenza cristiana e del suo dramma, ma  aveva in definitiva solo la funzione di scena per il veramente-Importante, e – non bisogna dimenticarlo – era un pericolo sempre incombente su quest’ultimo.  In sé e per sé, non aveva alcun interesse per il cristiano.  Non entrava neppure nel vero e proprio divenire.

Tutta la concezione di ciò che significa  essere cristiano aveva anche, nel suo rapporto con il mondo, qualche cosa di singolarmente limitato, quasi meschino.  Il mondo in cui il credente professava la sua fede e la viveva e il modo in cui l’uomo moderno sperimenta, domina e plasma il mondo, divergono.  Nel senso moderno della vita tutto è in movimento e precisamente in un movimento creativo, da cui promana di continuo un elemento nuovo e così assicura la fede nel progresso – più elevato.

Questo movimento si compie a partire da un passato remotissimo ed è diretto verso il futuro, altrettanto lontano.  Immenso è lo spazio in cui avviene il movimento stesso.  Ciò che è in moto sono masse, energie enormi.  Il concetto del cosmico si dilata in una grandezza sempre più imponente e, corrispettivamente, il cosmo si riduce a una piccolezza sempre più esigua.

Tutto ciò non è solo un “luogo” in cui l’uomo vive, ma l’uomo è essenzialmente partecipe al suo continuo divenire.  Anch’egli “diviene” e il modo del divenire del mondo costituisce per lui un problema esistenziale, una questione che riguarda il suo destino. 

Per il cristiano cattolico moderno i due “capi”, se così si può dire, cioè divenire del mondo e decisione della salvezza, divenire del cristiano, sono disgiunti.  In questo consiste ciò che mi è venuto in mente: si tratta dunque di comprendere il messaggio cristiano nel suo rapporto con il mondo.  Il lavoro di Teilhard ne costituisce  una prima espressione, che forse definisce un’epoca.

Il mondo,  e il suo divenire, è importante per Dio e importante per l’uomo come cristiano.  Il messaggio del vangelo non può più assolutamente essere inteso in un senso pietistico e limitato, distaccato dal mondo.  Come si compia il divenire del mondo e se questo realizzi le possibilità insite in esso, è pure, in un senso ancora da definirsi, una questione salvifica.  E vedere e sviluppare ciò dovrebbe costituire un compito del pensiero teologico.

Teilhard si serve per questo del concetto di “Logos”, desunto dalla teologia greca.  Logos significa, prima di tutto, il Figlio  eterno del Padre, in cui si attua la divina forma primordiale, la forma della vita divina.  Ma designa anche il modo in cui questa forma primordiale viene posta dal Creatore alla base del mondo.

Nel Nuovo Testamento l’idea trova un’espreessione sempre molto significativa.  Anzitutto si afferma genericamente che il  Logos ha creato il mondo. Inoltre dichiara che il Logos, divenuto uomo, ha redento il mondo decaduto..

In altri termini, si afferma che la forma dell’Uomo-Dio glorificato, come principio formale interiore, come energia operante, costituisce  l’“uomo nuovo”, che anzi, come Chiesa, questa destinazione si estende, al di là degli individui, a tutto il complesso umano, anzi, addirittura al di là dell’umano, nel cosmo, e produce “il nuovo cielo e la nuova terra” e innalza l’intera  creazione sino a Dio nel simbolo della Gerusalemme celeste.

Contro tutto questo sorge un’obiezione.  E’ lecito applicare anche al mondo naturale, cosmico, quell’’attività divina, di cui è espressione il Figlio di Dio incarnato, e che sta nella categoria della grazia (spesso, equivocamente, in quella del soprannaturale) ?  E’ ciò che fa manifestamente Teilhard e costituisce, a quanto mi pare, l’obiezione più forte contro di lui.

Ma non dobbiamo dimenticare che i grandiosi abbozzi delle lettere agli Efesini e ai Colossesi, come anche l’immagine della “nuova Gerusalemme”, fanno parte della Rivelazione.  Non dobbiamo neanche dimenticare che il concetto di soprannaturale, separabile dal naturale, è di data più recente e proviene dal bisogno della teologia di operare distinzioni.

Sembra che Agostino non compia ancora  questa distinzione, ma parli base al tranquillo possesso del credente, che, nello stesso tempo, è l’uomo creato naturale.  In lui manca l’aspetto materialistico del fenomeno, ma c’è quello storico.  La storia della “civitas Dei” è, per lui, semplicemente la storia.

Adesso sembra che, analogamente, il concetto del “mondo nuovo” debba essere riassunto in quello del mondo in genere.  E cioè in maniera che ci sia solo quel mondo che è diretto verso la Gerusalemme celeste.  Naturalmente il pericolo che questo processo porti ad un miscuglio panteistico e che le categoria del vangelo siano naturalizzate, secolarizzate, è grande.

Tuttavia il compito rimane, e viene proposto alla teologia futura come alla coscienza cristiana in divenire.

 

ROMANO GUARDINI

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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