Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianzeMessaggi di Agosto 2008
Nella mia casella di posta elettronica mi sono trovato, tempo fa, una e/mail inviatami da Floriana Porta; aveva visto un mio riferimento in internet e scoprendo che mi interessavo di Teilhard de Chardin mi chiese se potevo inviarLe frasi tratte dalle opere del gesuita francese perché voleva realizzare delle fotografie con inseriti i pensieri di Teilhard.
Ho risposto a Floriana, come rispondo a tutti quelli che mi chiedono qualcosa di Teilhard e da li è nata un amicizia che spero proficua e profonda per tutti e due.
Floriana Porta è una artista eclettica: basta andare in internet e vedere la sua attività di poetessa e di fotografa.
Qui non voglio, perché non mi compete, realizzare un quadro della Sua attività e una presentazione del Suo lavoro. Altri lo hanno fatto ed altri ancora lo faranno, perché, ripeto, l’artista è presente in modo deciso nell’ambito della poesia e della fotografia.
Voglio soltanto esprimere il mio pensiero sulle foto e sulle frasi di Teilhard che Floriana Porta ha pubblicato nei suoi blog, che vi invito ad andare a leggere.
In una società altamente tecnologica come quella in cui viviamo, a volte può passare per la mente un pensiero di totale inutilità dell’attività artistica. Ma credo che se i giovani di oggi sono diventati quello che si legge quotidianamente sui giornali questo è determinato anche dalla mancanza di preparazione artistica manuale e di pensiero. I nostri giovani sono orientati verso meccanismi tecnologici e li utilizzano in modo da limitare, forse senza accorgersene le loro espressioni artistiche, di pensiero e di parole .
Teilhard de Chardin non era un artista nel senso letterale, ma era uno scienziato, un filosofo e un sacerdote che avrebbe voluto in gioventù, essere, vista la sua sensibilità verso la natura, anche un poeta, un musicista o addirittura un romanziere.. Malgrado questo, leggendo le sue opere non possiamo non dire che Teilhard non esprimesse quella sensibilità e quella passione propria dell’artista.. Nel 1916 scriveva alla cugina: “…Esistono evidentemente dei temperamenti in cui l’intuizione nasce da un eccesso di tensione ossia di ardore vitale, ben più che da uno sforzo metodico; ed a questi temperamenti il mio è certamente vicino. Sono un appassionato ben più che uno scienziato”.
Del suo senso della natura, che egli chiamava “senso cosmico” Teilhard ne ha sempre proclamato la necessità di svilupparlo, e persino di suscitarlo grazie alla “frequentazione prudente ma assidua delle realtà più commoventi”, cioè grazie alle arti.
Nelle prime pagine della sua opera, L’Ambiente Divino Teilhard cosi scriveva:”Un suono purissimo si è alzato nel silenzio , – un’iride limida si è diffusa nel cristallo, - una luce è passata negli occhi che ano…Erano tre cose piccole e brevi: un canto, un raggio, uno sguardo. Perciò ho creduto dapprima che fossero entrate in me per fermarvisi e perdervisi. Invece, sono state esse a catturarmi e a rapirmi…Con il pungolo acuto delle tre frecce che mi ha vibrato, il mondo stesso ha fatto irruzione in me e mi ha attratto a sé”.
Ed è questo senso cosmico che ho trovato nell’opera di Floriana Porta. La Sua arte e la Sua poesia fanno tesoro di queste frecce e trascinano l’anima di chi “legge e vede” a ricercare il Bello e il Grande verso l’incontro con il Cristo Cosmico, Alfa e Omega dell’intero creato.
Giovanni Fois
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
|
|
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
TEILHARD DE CHARDIN
Il 14/6/1965, il Generale della Compagnia di Gesù, P. PietroArrupe, ha temuto una conferenza stampa, largamente ripresa dalla stampa internazionale e nostrana, a causa di alcune risposte relative a temi molto attuali e d’interesse per la pubblica opinione. Delle cinque domande sottoposte, riportiamo quella riguardante P. Teilhard de Chardin.
“ Che cosa pensa del fatto che nonostante il Monitum del 30 giugno 1962 con il quale la Santa Sede segnalava i gravi errori filosofici e religiosi che pullulano negli scritti di Teilhard de Chardin, pubblicisti e autori cattolici oggi esaltano Teilhard de Chardin come uno dei più grandi maestri del pensiero religioso cristiano del mondo contemporaneo?”
Padre Arrupe " Rispondo con due osservazioni. Una riguarda autori e pubblicisti che parlano di P. Teilhard. Ce ne sono alcuni che lodano incondizionatamente, ma non tra i gesuiti. Gli ultimi due libri scritti da gesuiti sul pensiero di P. Teilhard ‘La vision de Teilhard de Chardin’ di Pierre Smuldes e ‘La pensée du Pére Teilhard de Chardin’ di Emile Rideau, pur simpatizzando con le sue idee, non mancano di dare le necessarie riserve su alcuni punti ambigui o erronei.
La seconda osservazione riguarda la difficoltà di cogliere il pensiero esatto e definitivo di P. Teilhard; egli ha scritto moltissimo durante la sua lunga vita, ma è continuamente ritornato sulle sue idee, rivedendo, correggendo. Cosicché, su uno stesso problema ci sono molti testi, talvolta differenti e contrari.
Molti suoi scritti, oggi pubblicati non erano destinati alla pubblicazione, ma erano soltanto dei tentativi di ricerca in cui talune cose non erano sufficientemente maturate ed altre erano imperfettamente espresse. Inoltre, ambiguità ed errori, non certamente voluti da P. Teilhard che ha inteso restare assolutamente fedele all'insegnamento della Chiesa possono anche spiegarsi col fatto che, da una parte, il campo in cui si moveva era stato sino allora inesplorato ed il metodo da lui usato era nuovo; dall’altra, egli non era un teologo o un filosofo di professione ed è perciò possibile che egli non abbia visto tutte le implicazioni e le conseguenze filosofiche e teologiche di certesue intuizioni.
Bisogna però dire che nell’opera di P. Teilhard gli elementi positivi sono di gran lunga più numerosi degli elementi negativi o degli elementi che si prestano a discussione. La sua visione del mondo esercita un influsso assai benefico negli ambienti scientifici, cristiani e non cristiani. Il P. Teilhard è uno dei più grandi maestri del pensiero del mondo contemporaneo, ed il successo che egli incontra non deve meravigliare. Egli, infatti, ha compiuto un grandioso tentativo di riconciliare il mondo della scienza con quello della fede: partendo da un'inchiesta scientifica, egli utilizza un metodo fenomenologico che piace ai nostri contemporanei e corona la sua costruzione con una dottrina spirituale in cui la persona di Cristo si trova non solo al centro della vita di ogni cristiano, ma al centro dell’evoluzione del mondo come voleva S.Paolo che parlava di Cristo “in cui tutte le cose hanno consistenza”.
Non si può perciò, non riconoscere la ricchezza del messaggio del padre Teilhard per il nostro tempo.
Del resto, la profondità spirituale del padre Teilhard, che nessuno nega, si radica nella sua vita religiosa quale egli l’ha vissuta alla scuola di Sant’Ignazio Il suo tentativo è in pieno nella linea dell’apostolato della Compagnia di Gesù: mostrare come tutti i valori creati trovano in Cristo la sintesi totale e collaborano alla gloria di Dio".
(da: Aggiornamenti Sociali, n. 7-8 1965 pag.548)
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Ho trovato, tempo fa, sul sito NNTP NewGroup GATEWAY un brevissimo post di Marco O. della Galassia Pinzillacchera. Il post era dedicato a Teilhard e alla fine riportava questa Preghiera Prorpria. Mi è piaciuta e ve la ripropongo. Giovanni
Signore nostro Dio,
nel Teologo e Scienziato Pierre Teilhard de Chardin, noi abbiamo visto un uomo che non ha disprezzato la scienza con la sua fede, e neppure ha abbandonato la fede con la scienza; ma ha vissuto entrambe le ricerche come un dono per l'edificazione dell'uomo. Fa che anche noi, come lui, non disprezziamo il cervello che tu ci hai dato per pensare con la nostra testa, per indagare e scoprire la verità. Allo stesso tempo, fa che serbiamo la fede per compiere atti di amore verso tutti. Per Cristo, nostro Signore.
- Amen.
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Come abbiamo più volte citato Padre Teilhard venne "invitato" ad andarsene dalla Francia e dall'insegnamento con la scusa che in Cina avevano bisogno di lui per le ricerche paleontologiche. Ma come sappiamo il vero motivo era quello di allontanarlo per le sue idee evoluzioniste. Teilhard obbedì alla "Chiesa" e andò in Cina dove non si chiuse in se stesso e nel lavoro di paleontologo, ma si aprì al mondo circostante aprendosi con sensibilità alla cultura spirituale cinese e diventando di fatto anche un missionario della cristianità.
Il 18 ottobre 2006 Marco Nicolini-Zani tenne una relazione al "Centro Missionario PIME" di Milano sul tema: Una lunga storia di incontri: il missionario cristiano in dialogo con la cultura cinese. Voglio qui riportare alla vostra attenzione il passaggio in cui Marco Nicolini-Zani parla dell'incontro di Teilhard con la cultura cinese.
"Il missionario cristiano è chiamato a lasciarsi trasformare, a permettere che l’alterità cui si fa prossimo muti le proprie forme espressive esteriori e interiori. Questo lo avvicina a quella che è la terza tappa, o il terzo livello del dialogo, dell’incontro. L’accoglienza, all’interno della propria personale visione della realtà, del punto di vista dell’altro, dello sguardo e del pensiero dell’altro, resta il punto di arrivo mai raggiunto, cui sempre tendere; non in una «fusionalità» in cui l’altro si confonde con me ed è annesso al mio pensiero, ma in una reciproca ospitalità e accoglienza, che ha come fine la vera, profonda comprensione delle ragioni dell’altro. Come ha scritto Louis Massignon: «Per comprendere l’altro, non bisogna annettere l’altro a sé, ma divenirne l’ospite».
Siamo dunque al piano più profondo dell’esperienza dell’incontro e del dialogo, in cui il pensiero stesso dell’altro non è più estraneo, nella fattispecie il pensiero cinese. Evidentemente, questa meta non può che essere raggiunta se non attraverso un percorso di tutta una vita segnata dall’apertura e dall’ascolto dell’altro, di incontro in incontro, di dialogo in dialogo.
Il missionario cristiano che, attraverso questo percorso, è uscito da sé e si è lasciato permeare dal «mondo umano cinese», si troverà già naturalmente immerso anche nel «mondo spirituale cinese», essendo realtà umana e spirituale intrinsecamente connesse. Per «spiritualità cinese» si intende quell’ampio spazio in cui sono racchiuse tutte le relazioni dell’uomo cinese con le realtà terrene e ultraterrene, al cui interno vi sono anche le credenze religiose.
Fra i tanti esempi che si potrebbero citare a questo proposito, vorrei soltanto ricordare l’esperienza di ascolto della spiritualità orientale vissuta dal padre Teilhard de Chardin (che non sappiamo però attraverso quali letture sia passata), da lui accennata in vari passaggi del suo epistolario, e anche descritta in modo più sistematico in due saggi: “La route de l’Ouest” (“La strada dell’Occidente”, 1932), in cui paragona la mistica orientale alla mistica occidentale, e “L’apport spirituel de l’Extrême Orient” (“L’apporto spirituale dell’Estremo Oriente”, 1947). Sintetizzando, il padre Teilhard sentì la spiritualità orientale - quella cinese in particolare - a lui vicina, e la accolse, la ospitò senza timore nel proprio pensiero teologico cristiano, recependone in particolare alcune direttrici.
Innanzitutto, l’ampiezza e la vastità dell’orizzonte del pensiero orientale. Fin dai suoi primi anni in Cina, il pensiero di Teilhard viene come dilatato dalla “multiforme” alterità del pensiero orientale, le cui forme rivelano una tale esuberanza di «possibilità» nella filosofia, nella mistica e nella morale umane, che non ci si può affatto rappresentare un’umanità interamente e definitivamente racchiusa nell’angusta rete di precetti e di dogmi entro i quali alcuni si immaginano di aver sviluppato tutta l’ampiezza del cristianesimo.
In secondo luogo, la riflessione filosofica cinese sull’uomo. Del pensiero cinese antico, soprattutto della scuola confuciana, Teilhard de Chardin ritenne «un gusto persistente, e alla fine sempre vittorioso, dell’Uomo e della Terra». Nel saggio, “L’apport spirituel de l’Extrême Orient”, ripete la stessa convinzione: «Se è possibile e permesso condensare in una secca formula l’esuberante realtà diffusa in tremila anni di virtù, di arte e di poesia, non si potrebbe, non si dovrebbe forse dire che ciò che caratterizza l’anima della vecchia Cina è il gusto, molto più che la fede, nell’uomo?».
In terzo luogo, la riflessione, soprattutto taoista, sull’armonia cosmica e il costante divenire cosmico, fondato sulla dualità dinamica di “yin” e “yang”, e la sua tensione verso l’Unità. «La grandezza incomparabile delle religioni dell’Oriente - scrive Teilhard - è quella di aver vibrato come nessun’altra della passione per l’Unità». Infine, la speculazione filosofica (mistica) buddhista. Teilhard pare sia stato sedotto soprattutto dalla scuola buddhista della “Terra Pura” (“amidismo”); su questo si confrontò anche con il confratello Henri de Lubac, conoscitore e studioso di questa scuola. Da ciò che possiamo intendere dai suoi scritti, Teilhard fu particolarmente affascinato dalle elaborazioni filosofiche del buddhismo antico.
Padre Jacques Leclerc, un prete cattolico francese che ha vissuto per un certo periodo in Cina in tempi più recenti, conferma questo piano più profondo dell’esperienza dell’incontro e del dialogo. Scrive Leclerc nella sua autobiografia spirituale: «Ecco la ragione più importante della mia vita in Cina: lasciar crescere (in me) l’uomo spirituale. L’uomo non è spirituale se non nell’alterità, nell’ospitalità. I cinesi sono un’alterità molto esigente. Essi mi danno la possibilità di diventare quest’uomo nella sua umanità spogliata, in cammino, affamata, svuotata, e autentica... in una parola, l’uomo spirituale».
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
In uno Speciale di Liberal (n.3) è stata pubblicata una interessante intervista al filosofo Jean Guitton. L'intervista realizzta dal giornalista Marino Parodi ha affrontato anche una domanda su Teilhard de Chardin. Ecco la domanda e la risposta di Guitton.
Parodi: "Non si può parlare di fede e scienza nel Ventesimo secolo senza perlomeno accennare a un'altra grande figura a lei ben nota: padre Teilhard de Chardin. Lei ha scritto, nel suo libro Chaque jour que Dieu fait: «Non oso dirlo, ma potremmo augurarci un futuro Teilhard-guittoniano, ovvero una sintesi tra le teorie di Teilhard, che è un genio, da un lato, e le idee di Guitton dall'altro, il quale non è un genio ma è dotato di un solido buon senso». Che cosa ha inteso dire con ciò?
Guitton: " Intendevo dire che sono sì per Teilhard de Chardin, a condizione di correggere le esagerazioni del suo pensiero, che tendono a uscire dal seminato rispetto alla fede cattolica. Benché nel Vangelo di San Giovanni leggiamo che Cristo afferma di essere l'Alfa e l'Omega, sino a Teilhard de Chardin Cristo è stato visto soltanto come alfa, ovvero come principio della storia umana e non come omega, ovvero come termine. La genialità di Teilhard consiste appunto nell'aver quindi collocato Cristo al centro del futuro ed è interessante notare che, con la teoria dell'evoluzione, la scienza gli ha sostanzialmente dato ragione. Teilhard ha così brillantemente risolto uno dei più gravi problemi del pensiero religioso: per il cristiano Cristo non può che essere al centro dell'universo e non già stretto entro i limiti di quel breve periodo storico che è la Rivelazione".
www.liberalfondazione.it/archivio/speciali/Terzo_Millennio/Guitton.htm http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/990323a.htm
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Liberamente tratto da un articolo di Jennifer Cobb Kreisberg del 1995 Uno sconosciuto Gesuita, Pierre Teilhard de Chardin, concepì una struttura di coscienza planetaria, ordinata come Internet 50 anni fa:Dagli anni venti agli anni cinquanta, Pierre Teilhard de Chardin abbozzò una serie di opere poetiche sull’evoluzione recentemente riscoperte come fondamento di nuove teorie evoluzionistiche. Teilhard immaginava uno scenario dell’evoluzione caratterizzato da una complessa membrana di informazioni che avviluppavano il globo e alimentato dalla coscienza umana. Teilhard previde che l’avvento di Internet con un anticipo di più di mezzo secolo. Credeva che questa vasta membrana si sarebbe alla fine agglomerata nella “unità vivente di una singola trama” contenente i nostri pensieri ed esperienze collettive. “La filosofia dell’evoluzione di Teilhard nacque dalla dualità insita nel suo doppio ruolo di padre gesuita ordinato nel 1911 e di paleontologo, carriera che intraprese nei primi anni ‘20. Teilhard presto sviluppò una filosofia che sposava la scienza del mondo materiale con l’ardore sacro della Chiesa Cattolica. Tra gli anni ’40 e ’50, la Chiesa era sul punto di scomunicarlo, ma il filosofo rifiutò di smettere di scrivere come di abbandonare la Chiesa. Il resto del suo lavoro fu pubblicato dopo la morte, avvenuta la domenica di Pasqua del 1955, provocando un piccolo rivolgimento nel mondo teologico. “ Teilhard de Chardin diede troppo poco credito alla qualità della sua visione” afferma Ralph Abraham, uno dei padri fondatori della teoria del caos “Egli fu con successo privato della sua influenza dai papi”. Ma di cosa avevano così tanta paura i papi? La risposta è semplice: dell’evoluzione. Agli inizi della sua carriera, prima che la scienza ebbe la grande conferma dell’esistenza del DNA, la teoria dell’evoluzione non era largamente accettata. Teilhard vi gravitava attorno, sentendo che essa avrebbe potuto gettare un ponte tra il suo amore per le pietre e l’amore per Dio. Avrebbe più tardi descritto l’evoluzione come “la condizione generale a cui tutte le altre teorie, tutte le ipotesi, tutti i sistemi, devono inchinarsi, e che devono d’ora in poi soddisfare quindi per essere pensabili e vere. L’evoluzione è un faro che illumina tutti i fatti, una curva che tutte le linee devono seguire”. Teilhard fece avanzare Monod di un passo, affermando che l’evoluzione era guidata dal caso e dalla necessità: In conclusione , questo portò Teilhard al cuore della sua doppia eresia – se l’evoluzione ha avuto una guida, essa ora come sta operando? E dove la sta portando? Sentì che la scintilla della vita divina era una forza presente attraverso il processo evolutivo, guidando e formando ogni essere quanto le forze materiali della fisica. Avrebbe codificato più tardi queste forze in due distinti fondamentali tipi di energia – “radiale” e “tangenziale”. L’energia radiale era l’energia dei fisici newtoniani:l’energia del “fuori”: L’energia tangenziale, d’altra parte, era l’energia del “dentro”, in altre parole, la scintilla divina. Teilhard descrisse tre tipi di energia tangenziale. Negli oggetti inanimati, la chiamò “pre-vitale”. Negli esseri non auto riflessivi, la chiamò “vita”. E negli esseri umani “coscienza. Concluse che in quegli organismi in cui l’energia tangenziale era più significativa, le forze della vita e della coscienza avrebbero guidato le leggi del caso e della selezione naturale. Teilhard andò oltre. Osservò che assieme all’equilibrio dell’energia tangenziale, si era sviluppata naturalmente anche la coscienza e che un incremento della coscienza viene accompagnato da un incremento nell’intera complessità dell’organismo. Teilhard la chiamò “legge della complessità della coscienza” che affermava che alla crescita della complessità consegue un aumento di coscienza. Come ha segnalato Abraham, tale legge della complessità – coscienza è la stessa che noi pensiamo della rete neurale. Ora sappiamo dalla tecnologia della rete neurale che quando vi sono più connessioni tra punti in un sistema e vi è una più grande forza tra queste connessioni, vi saranno improvvisi aumenti nell’intelligenza, dove l’intelligenza è definita come indice di successo nel portare a compimento un compito.” Se qualcuno accetta questo potere delle connessioni, allora il network neurale planetario di Internet è terreno fertile per l’emergere di un’intelligenza globale”. | ||||||
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
"L'originalità del mio pensiero consiste nel fatto che esso ha le sue radici in due zone considerate antagoniste.
Per educazione e per formazione intellettuale appartengo ai figli del cielo, ma per temperamento e per professione sono un figlio della terra.
Poichè sono stato posto dalla vita al centro dei due mondi, dei quali conosco attraverso l'esperienza quotidiana le teorie, il linguaggio, i sentimenti, non ho eretto bastioni interiori. Piuttosto ho lasciato reagire in piena libertà uno sull'altro influssi apparentemente contrari all'interno di me stesso.
Ora, a conclusione di questa operazione, dopo vent'anni dedicati alla conquista dell'unità interiore ho l'impressione che una sintesi fra le due correnti che mi hanno attratto si sia operata in me "
PIERRE TEILHARD DE CHARDIN
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Riporto all'attenzione dei lettori del mio blog una breve nota apparsa sul quotidiano cattolico AVVENIRE del 27 maggio 2005.
"Ai tempi di Teilhard de Chardin l'ecologia ancora non esisteva ma oggi, rileggendo il suo pensiero nel cinqiantenario della sua morte, possiamo dire che "il gesuita proibito" sia da considerare un ecologista "ante litteram", perchè aprì la strada a quella sensibilizzazione verso la natura che oggi è il cavallo di battaglia di tanti ambientalisti. Il pensatore cattolico Thomas Berry sostiene, forse a ragione, che i cristiani non sono mai stati particolarmente sensibili verso le problematiche dell'ambiente quando invece "il rinnovamento della religiome in futuro dipenderà dalla nostra capacità di apprezzare il mondo naturale quale il luogo dell'incontro del divimno e dell'umano" Seguendo questa linea di pensiero Hentik Skolimoski scrive che il compito dell'ecologia è "creare un atteggiamento mentale nel quale la dimensione ecologica e quella spirituale coincidano".
Questa linea di pensiero fu in qualche modo anticipata da Teilhard de Chardin quando cominciò a scrivere sulla "spirito della Terra" e sulla "costruzione della Terra", ma soprattutto quando anticipò quell'immagine di "pianeta azzurro" che divenne patrimonio comune il giorno in cui gli astronauti di "Apollo 11" fecero vedere agli uomini l'immagine del nostro pianeta visto dalla Luna. Secondo Teilhard, però, l'azzurro che avvolgeva la terra aveva un significato profondo, perchè era la Noosfera, vale a dire la densità del pensiero. E la visione di quel "pianeta azzurro" sospeso nell'oscurità è stata per noi, come scrive Bernice Marie-Daky, "un'immagine della nostra evoluziomne verso l'unità e la coscienza globale che Teilhard aveva previsto". Riesaminando oggi alcune opere di Teilhard come "Il posto dell'uomo nella natura" o "La Messa sul Mondo", si scopre una visione ecologica secondo la quale la Terra e l'umanità formano un'unità indissolubile. Nella sua opera "Il mio universo" Teilhard scrive che tutto l'universo è "carne", quasi a voler ribadire quel senso di rispetto per la materia che oggi sta alla base dell'ecologia".
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
IL “GESUITA PROIBITO” E L’INTEGRAZIONE TRA SCIENZA E FEDE | ||
Teilhard De Chardin cinquant'anni dopo | ||
Realizzò una brillante sintesi tra dati della scienza e il pensiero teologico tradizionale, offrendo un’originale lettura cristiana di quella chiave di volta della ricerca scientifica che tanto preoccupò gli uomini di Chiesa degli ultimi due secoli, ossia il concetto di "evoluzione". Tuttavia, la sua grandezza consiste proprio nell’affrontare con coraggio e naturalezza temi cruciali e attualissimi. | ||
«Mi piacerebbe lasciare questo mondo nel giorno della risurrezione», aveva dichiarato padre Pierre Teilhard de Chardin il 15 marzo 1955. Pare proprio che il Signore lo abbia ascoltato: il 10 aprile successivo, domenica di Pasqua, il «pensatore cattolico più inquietante che il mondo cattolico abbia avuto nel secolo scorso», per dirla con Giulio Nascimbeni, se ne andava colpito da un infarto.
Teologo, filosofo, geologo, paleontologo, saggista, questa controversa e poliedrica figura dalla vita avventurosa e dal carisma fortissimo – Indro Montanelli, che lo intervistò nel 1951, fu affascinato da quel «bellissimo vecchio, tutto bianco, con due occhi azzurri e infantili, che ricordava un po’ nell’aspetto Bertrand Russel e Gustavo di Svezia» – non ha mai cessato di suscitare accesi entusiasmi e roventi polemiche. Anzi, a rendere particolarmente attuale questo gesuita, nato nel 1881 da una ricchissima e aristocratica famiglia francese, che annoverava tra i propri antenati personaggi del calibro di Voltaire da parte di madre e di Pascal da parte di padre, è quello che si può considerare il fil rouge della sua ricerca e della sua missione: la mediazione tra fede e scienza. O, per meglio dire, il muoversi a suo agio in un campo come nell’altro, giacché – in questo rivelandosi un acuto precursore – per il "gesuita proibito" (così Giancarlo Vigorelli, nel 1963, intitolò un libro a lui dedicato) l’integrarsi reciproco, lungi da qualsiasi tensione e contraddizione, dell’una e dell’altra fu sempre un fatto limpido ed evidente.
Addentrarsi nei misteri delle galassie oppure dei primordi dell’umanità rendeva sempre più chiara allo scienziato, prima ancora di consacrarsi sacerdote nel 1911, la presenza di Dio nella natura e nel cosmo, sin dai tempi della determinante "esperienza egiziana". Giovanissimo professore di fisica e chimica al collegio gesuita del Cairo, di fronte alle gloriose vestigia di una delle più antiche civiltà della storia, quella egizia, scriveva: «Nel mondo, è il Cristo che si completa... Come in un’estasi, mi sono sentito gettato in Dio da tutta la natura».
► Il complesso pensiero del sacerdote scienziato
Per padre Teilhard l’unica scienza possibile è quella che «aiuta a scoprire la crescita dell’universo». La materia organica ha un volto interno e uno esterno: la "fisi" e la "psiche", mentre l’intera vicenda cosmica è caratterizzata da un dinamismo irreversibile, il quale si esprime storicamente in due fasi fondamentali: la "cosmogenesi" e l’"antropogenesi". L’homo sapiens, emerso da un antropoide a lui molto vicino, rappresenta la grande svolta in quanto non solo sa, ma sa di sapere. L’uomo neolitico, sorto trentamila anni orsono, è capace di organizzare la sua vita, dispone di linguaggio e di mezzi tecnici. È il frutto di una evoluzione biologica e psicologica inarrestabile, irreversibile, teleologica, e da allora si può parlare di una "stoffa" oscuramente autocosciente della natura, di un crescente processo di "ominizzazione" della materia vivente.
Proprio in quanto "essere pensante", l’homo sapiens ha potuto pervenire al dominio su tutte le forze della natura. L’uomo è il punto di arrivo di tale processo evolutivo, peraltro già portatore di ulteriori sviluppi. In costante evoluzione, negli ultimi secoli a ritmi sempre più accelerati, è in particolare la coscienza dei singoli individui, al punto da avvolgere la terra come una "noosfera", tanto che Teilhard vede lo spirito destinato a staccarsi gradualmente dalla realtà, arrivando addirittura a liberare l’uomo dai limiti dello spazio e del tempo. Meta ultima di tale cammino non potrà che essere il "riassorbimento" dell’universo in Dio e la fine dell’avventura cosmica.
Tutto ciò era già presente nell’occulto pensiero dell’Alfa, il punto di partenza, il "fiat" iniziale. Tuttavia sono occorsi milioni di anni e l’avvento di Cristo affinché il processo si compisse secondo le leggi di natura, attraverso spietate selezioni. La natura è a suo modo divina, la vita va vissuta in spirito di gioiosa accettazione e ciascun individuo è chiamato ad aprirsi all’umanità tutta, interamente assorbita nel suo ultimo destino.
► «Nelle steppe dell’Asia non ho né pane, né vino, né altare...»
Va da sé che un’esposizione così sommaria di un pensiero complesso può lasciare perplessi, tuttavia nel saggio Il fenomeno umano, una delle opere principali di Teilhard, essa è invece «dedotta con una ricchezza di osservazioni scientifiche tale da trascinare il più riluttante lettore», come ebbe a dire Eugenio Montale. Nel 1923 Teilhard fu sospeso dall’insegnamento di geologia all’Institut Catholique di Parigi in quanto, stando ai suoi superiori, la dottrina del peccato originale risultava pesantemente annacquata nella costruzione del filosofo scienziato. Tuttavia, pur acquistando un ruolo meno rilevante rispetto al magistero tradizionale (né avrebbe potuto essere diversamente, vista l’impostazione fondamentalmente ottimistica del suo pensiero), non si può certo dire che il male – nel quale, più che un limite connaturato all’essere umano, Teilhard vedeva piuttosto un limite da superare – sia del tutto assente dalla sua costruzione.
La censura subita – certo non l’unica contro cui si sarebbe scontrato nel corso della sua esistenza – doveva segnare comunque un punto di svolta nella sua vita. Da quel momento il gesuita divenne quasi un cittadino del mondo: la Cina, la Somalia, la Mongolia, il deserto del Gobi, l’India, l’isola di Giava, la Birmania, l’Africa del Sud e infine gli Stati Uniti. «Ancora una volta, Signore, nelle steppe dell’Asia non ho né pane né vino né altare, ma io mi eleverò sopra i simboli fino alla pura maestà del Reale e vi offrirò, io vostro sacerdote, sull’altare della terra intera, la fatica e la pena del mondo». Così scriveva, colpito dall’esperienza cinese, La messe sur le monde, uno dei due capolavori elaborati nell’immenso Paese asiatico (l’altro è Le milieu divin).
Dopo tre anni di ricerche, alla fine del 1929, fra i monti di Chou Kou Tien, Teilhard e i ricercatori della sua équipe scoprirono il cranio del "sinantropo" adulto, ossia un preciso resto fossile di individui risalenti con tutta probabilità a trecentomila anni addietro. La scoperta fu una pietra miliare della conoscenza dell’evoluzione umana. Tuttavia Teilhard non si montò certo la testa: anzi lo preoccupava l’eventualità che l’indagine sulla preistoria fissasse l’attenzione sul passato, mentre per lui la priorità assoluta spettava invece all’evoluzione e alla trasformazione. Ritornato da una spedizione nel deserto del Gobi, scriveva alla cugina Marguerite, la confidente di tutta la vita: «Il Passato mi ha rivelato la costruzione dell’Avvenire... Attraverso le società che si spostano, il mondo non procede a caso: sotto l’universale agitazione degli esseri, qualcosa si fa, senza dubbio qualcosa di celeste, ma innanzitutto di temporale. Niente è perduto, per l’uomo, della fatica dell’uomo, quaggiù, nel mondo».
► Vertiginosi viaggi del pensiero e dell’anima
Il mondo era per Teilhard «il suono di tutti i suoni, la luce di tutte le luci», per dirla ancora una volta con Nascimbeni, il quale aggiungeva ancora: «Intorno a questa parola, "mondo", alla sua smisurata grandezza, al suo fascino indistruttibile, egli compì vertiginosi viaggi del pensiero e dell’anima. Il mondo era la schiuma sonante delle cascate dello Zambesi, davanti alle quali sostò come in estasi; il mondo era nei popoli da conoscere, nelle lingue intraducibili, nelle pietre su cui è passata tutta la storia conosciuta e sconosciuta». Al mondo lo scienziato-filosofo dedicò parole che furono poi severamente riprese dall’Osservatore Romano. Carlo Bo replicò al quotidiano vaticano che il gesuita voleva in realtà mettere in luce "il carattere attivo del mondo", affermando ancora: «Quando si dice che l’impresa del gesuita è valsa a riportare il cristiano in un mondo che gli era sfuggito da secoli e a cui sembrava inadatto, non si commette esagerazione». Com’è noto, a preoccupare tanto i suoi superiori e i custodi dell’ortodossia era quella etichetta di "Darwin cattolico" (i libri dello scienziato inglese erano all’Indice) che ben presto fu appiccicata a padre Teilhard, il quale, al di là delle tante severe censure che colpirono la sua opera, libera di circolare praticamente soltanto grazie al Vaticano II, godette pur sempre di una certa protezione da parte dell’ordine.
► Con coraggio e naturalezza affrontò temi cruciali e attuali
In effetti, Teilhard realizza sì una brillante sintesi tra dati della scienza e pensiero teologico tradizionale, offrendo un’originale lettura cristiana di quella chiave di volta della ricerca scientifica che (col senno di poi, oggi possiamo dire, inutilmente) tanto preoccupò gli uomini di Chiesa degli ultimi due secoli, ossia il concetto di "evoluzione". Tuttavia la sua grandezza consiste proprio nell’affrontare con coraggio e naturalezza temi cruciali quali la natura del cosmo, dell’evoluzione dell’uomo e dell’essenza dell’universo, restando sempre pienamente consapevole sia della costante presenza del Dio creatore nell’universo sia della centralità di Cristo nella storia.
Oggi i rapporti tra scienza e fede sono assai più rilassati rispetto alla prima metà del secolo scorso. La scienza ormai pare insomma lontana anni luce dall’ateismo e materialismo di impostazione positivistica e ottocentesca: molte interessanti scoperte sembrano anzi indicare con insistenza sempre maggiore la strada verso il trascendente e il divino, tanto che addirittura già si comincia a parlare di "rivoluzione scientifica". Pensiamo soltanto alla fisica quantistica, la quale spiega tra l’altro come le particelle che compongono gli atomi risultino reciprocamente correllate, come parti di un tutto. L’atomo risulta quindi misterioso e la natura non può nemmeno considerarsi "materiale", ma piuttosto "energia", che si lascia raggiungere soltanto a tentoni. Di qui l’ipotesi, attendibile sul piano scientifico, dei "mondi paralleli".
Per dirne ancora una, il diverso assortimento della specie, stando ai biologi più informati, pare essersi costituito non già a caso, bensì seguendo un ordine ricevuto da una potenza superiore. «Mi pare del tutto naturale chiamare "Dio" questa potenza», ha scritto di recente Jean Delumenau, docente di zoologia presso il College de France, il quale tanto ha approfondito queste ricerche. E ancora, «credo in Dio perché ha mappato il genoma e sono convinto che non possa essere opera umana», dichiarò nel 2000 J. Craig Venter, lo scienziato balzato ai vertici della fama mondiale in quanto padre della clamorosa scoperta.
D’altra parte, un sondaggio condotto tra scienziati americani grosso modo nello stesso periodo rivelava che alla domanda "crede in Dio?" oltre l’ottanta per cento rispondeva: «Certo, sono uno scienziato». In tutta la grande evoluzione Teilhard ha giocato e gioca ancora un ruolo determinante.
MARINO PARODI
(Vita Pastorale 1-4-2005)
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
In un suo bellissimo libro Pietro Gheddo, missionario del PIME, dedicato a padre Cesare Pesce, missionario del PIME in Bengala (Bangladesh) ricorda alcuni pensieri che padre Pesce ha lasciato nelle sue carte:
"Sono sempre stato lettore e seguace di Teilhard de Chardin definito da Paolo VI un'uomo indispensabile per il nostro tempo; e cerco di autoconvincemi che ogni avvenimento che mi riguarda è sempre il meglio per me e per gli altri"
E in un'altro scritto, dopo essere stato deluso dalla mancata crisitanizzazione di una comunità bengalese padre Pesce scrive:
"Un contadino non è mai arrabbiato quando semina e io ho semplicemente seminato. Altri raccoglieranno. Il maestro Teilhard de Chardin diceva: ogni cosa avviene per un domani migliore. E allora perchè lamentarsi?".
In: PIETRO GHEDDO
Casare Pesce - Una vita in Bengala 1919-2002
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
TEILHARD DE
CHARDIN
Diego FUSARO
" Chiedersi se l'universo si sviluppa ancora significa decidere se lo spirito umano è, o non è, tuttora in corso di evoluzione. Ora, a questa domanda io rispondo senza alcuna esitazione: sì. "
Pierre Teilhard de Chardin nasce a Sarcenat (Alvernia) nel 1881. Muore a New York nel 1955. Scienziato (paleontologo e geologo) , filosofo e teologo francese. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1899. Partecipò a spedizioni scientifiche importanti tra le quali quella in Cina del 1926 che portò alla scoperta del discusso sinantropo, l'ominide fossile vissuto nel Pleistocene medio (200-300.000 anni fa). Ampliò il campo della sua ricerca scientifica al dibattito cosmologico e teologico e ciò lo rese inviso agli ambienti ufficiali della chiesa cattolica. Tra le sue opere (tutte postume), meritano di essere menzionate: " Il fenomeno umano " (1955), " La comparsa dell'uomo " (1956), " La visione del passato " (1957), " L'ambiente divino " (1957), " L'avvenire dell'uomo " (1959). A cavallo tra Ottocento e Novecento un cattolico, Teilhard de Chardin, interpreta la prospettiva evoluzionistica avanzata da Darwin come processo non già privo di finalità specifiche, bensì governato da Dio, dando vita ad una specie di "evoluzionismo finalistico" che però non fu accettato dalla Chiesa (che anzi lo condannò severamente). Sarà invece Bergson ad accettare (con il concetto di "evoluzione creatrice") l'evoluzionismo e a depurarlo dagli elementi di meccanicismo e anche da quelli finalistici. Il pensiero di Teilhard de Chardin matura in un periodo di grande fermento scientifico in cui gli studiosi umanisti da un lato s'interrogano sul futuro della civiltà occidentale (Toynbee, Fourastier, Jaspers ecc) , il positivismo va in crisi e i fisici teorici fanno saltare le classiche sicurezze nei confronti della "realtà" aprendo il varco allo sgomento umano verso un universo che appare sempre più paradossale. Dopo aver citato le opere di Eddington, di Sir J. Huxley e di Ch. Galton-Darwin, Teilhard si meraviglia nel notare la debolezza delle basi su cui vengono fatte poggiare le loro anticipazioni del futuro. Egli cerca serie "estrapolazioni", primo passo verso una vera "scienza dell'avvenire". Alla concezione materialistica del darwinismo e del positivismo, egli oppose una cosmologia che assumeva sì il principio dell'evoluzione, anzi lo estendeva alla realtà spirituale, ma non sottoposta al puro determinismo e al puro materialismo. L'universo (verso l'uno) è la storia di un movimento globale del cosmo: il cosmo si è mosso, una volta, tutto intero, non soltanto "localiter" ma "entitative". E si muove ancora. La natura è "divenire", è "farsi". Il suo movimento passato è l'evoluzione fin qua, è la sua storia che si lascia ordinare in una progressione di forme sempre più complesse e perfezionate. Anche lo psichismo più elevato che conosciamo, l'anima umana, non sfugge a questa legge comune a tutte le cose. Ma, si chiede Teilhard, quale può essere il motore profondo dell'intera ascesa delle forme di vita? Teilhard rileva che la trasformazione morfologica degli esseri pare essersi rallentata proprio quando sulla Terra il pensiero faceva la sua comparsa. Considerando questa coincidenza insieme al fatto che l'unica direzione costante seguita dall'evoluzione biologica è stata quella del più grande cervello, ovvero della maggior coscienza, egli risponde alla sua stessa domanda ipotizzando che forse il motore dell'evoluzione è stato il "bisogno" di pensare, di conoscere. L'evoluzione pare dunque essersi "fermata" quanto a nuovi esseri e nuove forme. Ciò significa che avendo prodotto l'organo del pensiero (per l'appunto la coscienza) l'evoluzione procederà solo se la coscienza medesima, nell'uomo, svilupperà se stessa giungendo a percepirsi come ente universale responsabile di un movimento che non sarà più, come per il passato, tutt'uno con la trasformazione delle forme materiali, ma tutt'uno con il movimento autocosciente del pensiero. E poichè è l'uomo il veicolo ed il portatore di questa conquista universale che è costato al cosmo miliardi di anni di lavoro, è solo se l'uomo dirà sì al suo compito e alla sua responsabilità universale che l'evoluzione potrà proseguire. Perchè ciò accada è necessario che l'uomo si renda conto del valore biologico (morfogenetico) dell'azione morale e che ammetta la natura organica dei legami interindividuali. Teilhard legge anche la storia della coscienza e ancora una volta proprio nel movimento della coscienza fino ad oggi trova motivo di fede nell'avvenire dell'uomo e dell'universo: l'uomo d'oggi porta in sè, tra gli altri, Platone e Agostino ma mentre loro credevano in coscienza d'impegnare, attraverso l'esercizio del proprio pensiero e della propria libertà, una piccolissima parte di mondo quanto a spazio e durata, oggi un uomo che agisca alla massima coscienza possibile sa che la sua scelta ha una ripercussione su miriadi di secoli e di esseri viventi. Sente in se stesso le responsabilità e la forza di un Universo intero. Vi è un'azione umana che matura a poco a poco sotto la moltitudine degli atti individuali. La monade umana è da tempo costituita. Quella che si sviluppa è l'animazione (l'assimilazione) dell'universo da parte della monade, la realizzazione cioè di un pensiero umano consumato. Il secondo punto da rilevare è che rispetto agli avi, l'uomo di oggi può agevolmente farsi cosciente dei legami con i suoi simili e con la natura, e la sua coscientizzazione allarga la sua stessa personalità e il suo corpo reale: " i nostri padri si consideravano come interamente contenuti nei limiti dei loro anni terrestri e del loro corpo. Noi abbiamo fatto esplodere queste dimensioni ristrette e queste pretese. Umiliati e ingranditi dalle nostre scoperte, noi ci accorgiamo, a poco a poco, di essere avvolti in prolungamenti immensi; e, come risvegliati da un sogno, ci rendiamo conto che la nostra regalità sta nel servire, quali atomi intelligenti, l'opera in corso nell'universo ". La materia, secondo Teilhard, porta fin dalla sua origine la "coscienza" come principio organizzativo sicchè l'evoluzione non è processo deterministico, ma anche teleologico. L'evoluzione dalla pre-vita (mondo inorganico) alla vita ("biosfera") tende alla produzione del mondo dell'uomo e del pensiero ("noosfera") , come al suo culmine. L'uomo non è però il punto finale: l'universo e l'uomo tendono a un punto Omega: il Cristo cosmico, punto di aggregazione di tutta l'umanità. " Sarà l'opzione finale: un mondo che si ribella o un mondo che adora. Allora, su un atto che compendierà il lavoro dei secoli, su un atto (finalmente e per la prima volta totalmente umano), la giustizia passerà e tutte le cose saranno rinnovate ".
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Riporto qui un concetto espresso dal filosofo Jean Guitton per il teologo-paleontologo Teilhard de Chardin nel suo libro "Il mio secolo, la mia vita" – Ed. Rusconi 1990 – pag.140
" In Teilhard vedevo non un maestro, ma un pioniere.
I pionieri si straziano le mani fra le spine; bisogna concedere loro la libertà di sbagliare.
I pionieri precedono i maestri che costruiranno strade per le carrozze.
I pionieri avanzano senza sapere come e non lasciano tracce.
Di fronte a loro, diceva Newman, si resta "insieme ammirati e perplessi".
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Nella prospettiva della gestione del pianeta, io vorrei far notare che sono perfettamente conciliabili due visioni della natura, due modelli di universo: quello darwiniano e quello teilhardiano. Per Darwin, l'evoluzione è determinata da un insieme di eventi scelti e prodotti dalla selezione naturale; Teilhard de Chardin ritiene invece che la evoluzione organica muova verso il punto Omega, la riconciliazione di tutto in Cristo.
Nel modello di Darwin, non c'è un fine ma un processo; in quello teilhardiano, c'è un processo che ha un fine. Già Sant'Agostino dice che all'inizio Dio ha conferito la "potenzialità evolutiva". E poi il filosofo francese Henri Bergson si schiera per "l'evoluzione creatrice": ogni novità che si verifica nel processo evolutivo è frutto di un atto creativo.
Teilhard prevede il passaggio dalla biosfera alla noosfera, un momento della storia dell'umanità in cammino verso il punto Omega, in cui tutti i cervelli degli uomini si connetteranno, in una specie di pensiero collettivo globale. E mi pare che con ciò il filosofo gesuita abbia previsto un'importante tappa nell'evoluzione dell'uomo, che in un certo senso può cominciare a delinearsi con Internet.
All'avvicinamento fra i due percorsi, il darwiniano e il teilhardiano, contribuisce l'attuale tendenza dell'ecologia a risacralizzare la natura. Il mondo sta ridiventando un valore in sé da proteggere, riacquista un carisma che durante il positivismo aveva perduto. Sul fronte del rispetto della natura, io noto molta sensibilità nella cultura cristiana, perché lo scopo condiviso è salvare il mondo.
Il Vangelo dice: tutto il bene che farete a questi piccoli lo farete anche a me. Ritornando a San Francesco, potremmo estendere il messaggio evangelico: tutto il bene che viene fatto a una creatura vivente (e perciò a un prodotto della creazione) viene fatto a Dio.
Giorgio Celli (amante dei Gatti!!!)
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
Negli anni 1990-1992 Don Nico Dal Molin ha scritto per la rivista SE VUOI dedicata all'orientamento vocazionale dei giovani una serie di riflessioni che sono state ora raccolte nel volume: "Cammini di speranza per liberare la vita". Vi riproponiamo le pagine dedicate alla riflessione su Pierre Teilhard de Chardin.
Per capire meglio come si pone a noi il problema della Speranza e perché spesso, nei suoi confronti, ci scopriamo esitanti, dubbiosi, carichi di incertezze e perplessità, vorrei quasi "interrogare" con voi quello che io ritengo uno fra i più grandi scrittori religiosi del nostro tempo, ma insieme anche scienziato dedito alla geologia e alla paleontologia: Pierre Teilhard De Chardin. E un gesuita francese, vissuto tra il 1881 e il 1955, capito troppo tardi nelle sue ardite concezioni spirituali, connesse a delle lucide introspezioni psicologiche ed esperienziali sulla vita umana.
Dal 1926 al 1946 lavorò in Cina, dove era stato praticamente esiliato, a Tiensin e a Pechino.
Vorrei chiedere a Teilhard, come se lui fosse qui, in una specie di dibattito immaginario che supera le leggi del tempo, se davvero gli atteggiamenti fondamentali della vita di ognuno possano dirci qualcosa del suo modo di essere profondo. Credo che la sua risposta potrebbe essere più o meno questa.
A colloquio con Teilhard
«Vedete, amici, noi potremmo immaginare un gruppo di escursionisti, che partono alla conquista di una vetta difficile. È un paragone che può calzare per persone giovani, magari amanti dell'avventura o di qualche camminata in montagna. Proviamo però a passare in rassegna il nostro gruppo qualche ora dopo la partenza. A questo punto è molto probabile che la comitiva, che era partita insieme e con slancio, sia divisa ora in tre tronconi.
Alcuni rimpiangono di avere lasciato il Campo o l'albergo; lì si stava comodi, si poteva prendere il sole e riposarsi. La fatica e forse il pericolo della escursione sembrano sproporzionate all'interesse della conquista di quella vetta a cui avevano mirato.
Altri non sono per nulla dispiaciuti di essersi messi in cammino; il sole risplende in un cielo terso e carico di azzurro, il panorama è meraviglioso, l'aria che si respira è piena di ossigeno e dilata i polmoni, abituati come siamo all'ossido di carbonio delle nostre città... Ma a questo punto perché salire ancora, perché continuare a fare fatica quando tutto è così bello; ci si può godere la montagna dove si è, in mezzo ad un prato chiazzato di stelle alpine o in pieno bosco odoroso di muschio e licheni. Così, appagati, si sdraiano sull'erba, aspettando che arrivi l'ora del picnic insieme.
È rimasto, infine, un gruppetto di veri amanti della montagna; i loro occhi non si staccano dalla vetta per la quale si sono messi in cammino e che hanno giurato a se stessi di conquistare, costi quello che costi... Pur vedendo gli altri fermarsi o ritornare indietro, loro stringono i denti e riprendono la salita...».
Non c'è speranza per... “i nati stanchi”
Fin qui è quanto ha voluto dirci, con il suo esempio, Teilhard De Chardin.
Proviamo noi ora a scavare un po' di più per capire il messaggio e decodificarlo nella nostra vita.
Il primo troncone lo potremmo definire dei "nati stanchi"... Sono quelli (e ahimé sono tanti), che non amano fare fatica, che cercano tutti i possibili comforts, che si lamentano in continuazione di questo che non va, di quello che non li capisce, di come la vita si presenti difficile e dura... In loro c'è sempre una velata apatìa che li porta alla rassegnazione e al valutare gran parte della vita, se non l'esistenza stessa nella sua interezza, con un atteggiamento di profondo pessimismo.
Hanno occhi scoraggiati e sfiduciati, il loro passo è stanco, il loro modo di vivere è sentito come uno scacco continuo.
Per questi individui, il solo "pensare" alla Speranza è una ...illusione e la loro vita diventa un camminare strascicato, perché si tirano dietro una pesante palla di piombo legata al piede: il loro pessimismo!
In fondo, il loro slogan potrebbe suonare così: « È meglio essere MENO che essere PIO; anzi, il meglio di tutto sarebbe non essere per nulla».
Solo piacere... niente speranza
La seconda "trance" dei nostri escursionisti, forse la fetta più consistente, è formata da una categoria di tipi che possiamo definire, tranquillamente, dei "bontemponi".
Sono allegri, gioviali e in fondo a loro non interessa far fatica ma piuttosto divertirsi. Là dove si trova questa opportunità ci si ferma, un po' come dei farfalloni che una volta trovato il buon nettare di un fiore si fermano a succhiarlo, gratificati, fino in fondo.
Sono i figli della nostra cultura dell'immediato, quelli che amano cogliere ...l'attimo fuggente e fermarsi a quello che "qui e adesso", senza difficoltà, viene passato come il piacere della vita.
Per loro il motto potrebbe essere: "Riempiamoci del momento presente". Una riedizione per nulla originale del vecchio "carpe diem", esaltato dal poeta latino Orazio, che non sempre ci ha visti, o ci vede attualmente, benevoli e compiaciuti nei suoi confronti, sui banchi di scuola durante qualche traduzione di ...latino.
Sono quelli che sul futuro e per il futuro non scommettono nulla, non rischiano nulla. Sono quelli per cui la Speranza resta una gran bella parola, ma che li lascia indifferenti e assopiti nel loro benessere presente.
Il coraggio dei "cuori ardenti"
Ci è rimasto l'ultimo gruppo, che non esiterei a definire il gruppo dei "coraggiosi", uomini e donne, giovani dal cuore ardente e tenace, per cui il vivere è una ricerca e una scoperta di valori preziosi; per essi la Speranza è un bene che vale lo sforzo di una dura salita, è una vetta che appaga pienamente la fatica fatta per raggiungerla.
Anzi, oserei dire che per essi la Speranza è la ricerca di un qualcosa di più, non in senso perfezionistico, ma nel riuscire a cogliere il loro punto di arrivo come il nuovo punto di partenza per la prossima vetta e quindi per una ulteriore scoperta. Non sono avventurieri, ma giovani innamorati di "essere di più e meglio", sapendo che l'Essere che cercano è inesauribile nelle sue proposte e nelle sue risposte; che la Speranza che trovano è come un focolare di luce, di calore a cui è bello e anche possibile avvicinarsi sempre maggiormente.
Qualcuno li deride, qualche altro li ritiene illusi o ingenui, altri ancora li credono delle "teste matte" che non sanno capire il senso concreto della vita.
Si accomodino pure questi signori dal riso incredulo, come Sara, la moglie di Abramo, di fronte ai tre ospiti che le annunciavano la sua futura maternità, pur nella vecchiaia. Si accomodino... perché piano piano sarà il loro riso a smorzarsi sulla bocca, quando vedranno che in quelli e da quelli che loro ritenevano ingenui, si prepara a sorgere la "terra di domani".
Nico Dal Molin, prete
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)