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Messaggio N° 2087 25-01-2007 - 22:20

23/01/07 - La Cina è lontana

Per fare un lungo cammino bisogna iniziare col primo passo”, “La povertà fa desiderare un cambiamento, l’azione, la rivoluzione. Su un foglio di carta bianca senza alcun segno, si possono scrivere i più nuovi e bei caratteri. Si possono tracciare i più nuovi e bei disegni”, “Che cento fiori fioriscano e cento scuole di pensiero gareggino è la politica per promuovere lo sviluppo delle arti e il progresso della scienza, per promuovere una rigogliosa cultura socialista nel nostro Paese”. Queste alcune delle citazioni tratte dagli scritti di Mao Zedong, il Grande Timoniere, raccolte nel famoso Libretto Rosso. Scritte su striscioni, nastri e manifesti, queste citazioni ricoprivano i muri delle case di città e di campagna nella Cina e venivano celebrate in grandissime assemblee pubbliche.
L’epopea della Lunga Marcia dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese (iniziata il 16 Ottobre del 1934, volta a trasferire gran parte delle truppe, incalzate dall’esercito nazionalista di Chang-Kai-shek, dalle basi meridionali alla Cina del Nord), la proclamazione il 1° Ottobre del 1949 della Repubblica Popolare Cinese (della quale Mao sarà il primo presidente), la costituzione delle Comuni Popolari (istituite nel ’58 e che ben rappresentavano l’ideale di Mao del “Servire il popolo”), il Grande Balzo in avanti (secondo cui Mao si sarebbe impegnato a portare la Cina economicamente al pari dell’Inghilterra in tre anni, costruendo un altoforno siderurgico in ogni città e nelle campagne) e la Rivoluzione Culturale (movimento durato dal 1966 al 1976, incitato da Mao che aveva per motto “Bombardate il quartier generale!”, che aveva il proposito di rivoltarsi contro i quadri stessi del Partito e creare un “uomo nuovo” distruggendo tutto ciò che avesse anche solo avuto a che fare con il “vecchio”), colpirono la fantasia e accesero gli animi dei giovani anche in Europa. Molti intellettuali della sinistra nel ’68 si avvicinarono al Pensiero di Mao, che già in quegli anni aveva maturato una sua identità entrando in conflitto con Mosca. Esso si proponeva non già di attuare la rivoluzione a partire dal proletariato cittadino (come suggeriva Mosca), ma dalla parte più consistente della popolazione cinese: i contadini.
Purtroppo, sia per cecità intellettuale di alcuni europei, che proprio durante il periodo sanguinoso e scellerato della Rivoluzione Culturale (che causò la morte di un numero elevatissimo di persone per mano delle Guardie Rosse e lo scempio di una grandissima parte del patrimonio culturale cinese) visitava la Cina e ne riferiva le impressioni distorte, sia per la strettissima sorveglianza del Partito sulle informazioni che uscivano dai confini nazionali o ancora a causa di volumi scritti da asserviti ed eminenti occidentali (Stella Rossa sulla Cina – Edgar Snow) non si sono mai avute informazioni precise sulla reale situazione nella Cina del Grande Timoniere. Solo da pochi anni si conoscono le conseguenze della politica di Mao. Le stime approssimative parlano di 70 milioni di morti. Infatti, ripercorrendo le fasi sopra elencate, si scopre che la costituzione delle Comuni Popolari e l’ingresso della collettivizzazione dell’economia, ridusse la razione di cibo pro-capite a livelli da lager; il Grande Balzo in avanti non avvenne né in tre anni né nel successivo periodo, pertanto, la costruzione degli altiforni nelle campagne sottrasse la manodopera necessaria a produrre gli approvvigionamenti sia per la popolazione contadina che per quella delle città. Il risultato fu una carestia di proporzioni bibliche e la perdita di ingenti capitali nel progetto degli altiforni, che producevano materiale troppo scadente per essere venduto. La Rivoluzione Culturale fu una delle pagine più buie e sanguinose della Cina contemporanea e gettò la popolazione cinese in un vortice di distruzione e di efferata violenza. Nel decennio che va dal 1966 al 1976 furono uccisi e deportati a “rieducarsi” i reazionari tanto osteggiati da Mao (cittadini innocenti sospettati di “crimini controrivoluzionari”) e furono distrutti templi buddisti, antichi palazzi, intere collezioni di libri antichi, in poche parole quasi tutto il patrimonio culturale dell’antica Cina.
Esattamente nello stesso periodo in cui avvenivano i fatti della Rivoluzione Culturale, per le strade italiane, nel pieno degli Anni di Piombo, veniva urlato lo slogan “La Cina è vicina” e cresceva, da parte della flangia più estrema della sinistra, la simpatia nei confronti del Grande Timoniere. Ben poco si conosceva e ben poco la Cina di Mao assomiglia alla Cina del XXI secolo, unica potenza capitalista che ha mantenuto un regime (ormai non più definibile comunista) pieno di antinomie, uno dei Paesi (come la Corea del Nord) in cui la crescita economica non ha portato la “modernizzazione” della Democrazia (che tanto agognavano gli studenti di Piazza Tien An Men). Non accennano a diminuire, ad esempio, le restrizioni della libertà di stampa e della libertà di professare il proprio credo religioso. Il tutto avviene sotto la presenza dominante del partito unico e quindi di una dittatura.
La Cina non è mai stata così distante.

Scritto da: Antwistle 



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