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Messaggio N° 1631 16-09-2005 - 07:26

60 anni di storia

Digiland vi segnala il Forum
"Terrorismo Internazionale"
per discutere di questo argomento!



6 agosto 1945, ore 8:15: la B-29 Enola-Gay sgancia su Hiroshima la prima bomba atomica e il mondo, all’improvviso, entra nell’era nucleare. In pochi secondi, migliaia e migliaia di persone persero la vita. Molte altre persone persero la vita negli anni successivi per le conseguenze delle radiazioni, almeno 350.000. Oggi, a distanza di sessant’anni da quell’evento, a cui fece seguito il lancio sulla città di Nagasaki il 9 agosto 1945 che provocò 75.000 morti all’istante dell’esplosione, tutto il mondo si interroga sulla legittimità di quei atroci bombardamenti e soprattutto l’opinione pubblica guarda con terrore ad un possibile e probabile riarmo nucleare da parte dei paesi più potenti del mondo.


Il trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto da 188 Paesi, a cui non vi aderiscono Israele, India, Pakistan e, dal 2003, la Corea del Nord, impegna i Paesi che dispongono di armi nucleari a eliminare i propri arsenali e gli altri a non crearne di nuovi. Ma l’intento fondamentale di questo trattato resta un’utopia: il Giappone, unico paese che ha conosciuto la tragedia nucleare sulla propria pelle, sembra non aver imparato la lezione proveniente dal passato. Il governo nipponico, guidato da Koizumi, ha proposto che le forze di autodifesa giapponesi possano dotarsi di ordigni nucleari a scopo dissuasivo contro eventuali attacchi da parte della Corea del Nord e della Cina. Ma il cuore di questo stato e la storia vivente di questo paese è viva e presente nelle immagini dei corpi straziati dalle radiazioni: ragazzini sopravvissuti all’esplosione nucleare di sessant’anni fa, raccontano emozionati le vicende di una storia recente. Una ragazzina di tredici anni, scaraventata a 15 metri dall’onda d’urto dell’esplosione, ricorda il momento del risveglio: i capelli increspati e i vestiti bruciati. Dalle mani e dai piedi si staccava la pelle e il corpo bruciava dal dolore delle radiazioni. E se il dolore fisico fu atroce, maggiore fu quello psicologico: il volto distrutto dalla forza dirompente dell’atomico provocò una terribile e devastante demotivazione personale, esaltata dall’incapacità di affrontare gli altri con una forte voglia di morire.


Gli appelli di pace seguito a questi drammatici eventi non sono stati colti: in una guerra nucleare non ci saranno né vincitori né vinti. Ci sarà solamente la distruzione dell’umanità e la fine del pianeta terra. Ma gli appelli di pace lanciati dalle persone restano vani: occorre un intervento forte dei leader delle superpotenze mondiali che, purtroppo, lucrano sulla vita delle persone dimenticando la loro fragilità umana.


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Articolo pubblicato da: GENOVESE80



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