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Messaggio N° 2600 18-07-2008 - 23:18

Siamo alle solite...

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Qualche giorno fa, nell'Ospedale Niguarda di  Milano, un'anestesista si è rifiutato di alleviare il dolore ad una donna che si era sottoposta ad un aborto terapeutico leggi l'articolo. _E si ritorna sempre sullo stesso punto, anzi, si va avanti sempre peggio, e si sentono cose che è difficile definire di "normale routine". Molti anni fa, quando fu approvata la Legge sull’aborto, alcuni ginecologi si trovarono in una posizione difficile con la propria personale coscienza: avevano scelto di fare i ginecologi quando l’aborto non era previsto, ed improvvisamente, si  trovarono davanti a pazienti che chiedevano loro di farle abortire. Ma oggi questo dilemma morale vale ancora??? Secondo me se una persona decide di fare il ginecologo, deve essere consapevole che potrà trovarsi di fronte a pazienti che gli chiedono di farle abortire, ma se non condivide questa scelta, o non si sente di praticare un aborto, credo che dovrebbe scegliere un’altra specializzazione. E se proprio vuol fare il ginecologo ed è cattolico, allora che si apra uno studio privato, oppure che vada a lavorare in una clinica cattolica non convenzionata, che non offre la possibilità di interrompere gravidanze._Nel caso specifico, l'aborto era già avvenuto, quindi l’intervento c’era già stato, quindi per l’anestesista, non c’era nessun conflitto morale, perché il feto già non c’era più. La donna stava male e aveva bisogno di assistenza, ma questo l'anestesista gliel’ha rifiutata, per una deliberata valutazione sul suo comportamento. Hai abortito? Sei una peccatrice, per cui  non ti do l’analgesico, e, facendoti soffrire, ti costringo a pagare quello che io considero un peccato, mentre per lo Stato non è neppure un reato! Quindi l'anestasista decide quali pazienti curare, non sulla base della loro malattia, ma sulla base della sua personalissima valutazione morale del comportamento tenuto dai pazienti. Se rispetti i miei criteri morali non ti faccio soffrire, ma se poi ti sei comportato in maniera che io disapprovo, sai che faccio?  Non ti curo e ti lascio morire dal dolore. _Alla fine, per poter avere assistenza medica in un ospedale pubblico non basterà che uno si ammali, si dovrà prima dimostrare di aver tenuto fino a quel momento una condotta irreprensibile secondo i criteri del medico che si incrocia, per esempio, se incrocerai un medico fondamentalista islamico con venature talebane potrà non voler curare le donne e basta, così, per principio, se incontrerai un medico induista, questi si rifiuterà di aiutare pazienti che mangiano abitualmente carne, ah....l’infettivologo cattolico potrà decidere di curare i malati di Aids solo se provano di aver contratto la malattia accidentalmente, perchè se l’hanno beccata facendo sesso fuori dal matrimonio egli rifiuterà categoricamente e leggittimamente di dar loro le pastiglie, il medico leghista in servizio al pronto soccorso deciderà di tamponare l’arteria lacerata ad un extracomunitario solo se questi dimostra di essere in Italia regolarmente, di avere la fedina pulita e di non lavorare in nero, altrimenti lo lascerà dissanguarsi nella sala d'attesa....Alla fine, oltre alla tessera sanitaria, e per ricevere la giusta attenzione dai dottori sarà bene presentarsi in ospedale muniti di un certificato del parroco oppure dell’imam ecc..., certificato che attesti la moralità ed il rispetto di tutti i comandamenti, al fine di rassicurare il medico di aver davanti un paziente a sua immagine e somiglianza.......oppure se non è così:  te la sei cercata, quindi  non rompere l’anima mugugnando ed invocando aiuto, tienti stretta la tua pena e la prossima volta pensaci meglio prima di peccare!



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