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Messaggio N° 2604 31-07-2008 - 15:40

Due storie

Anni fa giocavo a calcio. Con discreti risultati, direi. Se per discreto risultato si intende l’aver lambito la C1. Stavo in difesa. Dietro di me giocava il portiere. Com’è ovvio. Cristiano. Un toscano fiorentino figlio di toscani fiorentini nato, a differenza dei suoi, in Padania, ma che conservava forte la toscanità nel carattere e nell’accento. Parlando di Cristiano mi viene difficile non pensare a suo padre, che della squadra era dirigente. Ricordo distintamente due cose. La prima era che lavorava per il Mulino Bianco, per cui ci forniva sempre campioni di biscotti e merendine post allenamento. Abbiamo mangiato Pan di Stelle (mi pare fosse quelli) a quintali prima che entrassero in commercio. Forse abbiamo fatto da cavie. La seconda cosa è un pre partita, subito dopo l’appello dell’arbitro. Era pallido come una straccio (come un cencio, diceva lui). Qualcuno gli aveva chiesto come stava. Lui aveva raccontato che il giorno prima era con la famiglia dai parenti, a Firenze. Prima di partire, dopo pranzo, per onorare una promessa, aveva portato la figlia sulle giostre. Era andata sulle catene, e lui dietro. E ci aveva raccontato che, partita la giostra, tempo trenta secondi aveva iniziato a vomitare, e coperto di vomito tutto quanto stava attorno alla giostra, umani compresi, nel giro di trenta metri. E che per poco non era stato linciato una volta sceso. Eravamo entrati in campo piegati sulle ginocchia dal ridere (ora che ci penso ricordo una terza cosa: avevano il numero di telefono uguale al mio, solo con le ultime due cifre invertite. E dei parenti in Argentina. Che spesso e volentieri sbagliavano e chiamavano noi. Ovviamente a notte fonda. Solo che ormai lo si sapeva, e quando il telefono suonava attorno a quell’ora noi senza neanche dire pronto si rispondeva: “No, noi siamo gli altri, ha sbagliato. Comunque saluti Cristiano”, e poi ce la contavamo un po’).

Torno al nocciolo. Cristiano parava. Porca ladra se parava. Ero uno spettacolo vederlo zompare da un palo all’altro a salvare il salvabile e qualcosa in più. Poi ci siamo persi di vista. Io sono finito in una squadra di Torino, e di lì in ospedale per rimettere a posto la faccia che avevo modificato prendendo una zuccata contro la nuca di un compagno di squadra in allenamento). L’ho rivisto a maggio. Dovevo scrivere un pezzo su una società passata di categoria, e l’ho trovato lì che faceva il preparatore dei portieri. La società l’ho rivista qualche settimana fa, per scrivere un’altra cosa. Ho chiesto di Cristiano. E mi hanno detto che, poco dopo la festa di maggio, era andato a donare il sangue, e i prelevatori gli avevano detto che era meglio si facesse vedere, perché qualcosa non andava. E’ entrato in ospedale qualche giorno dopo. E’ ancora lì adesso: leucemia.

L’altra storia è di una persona che non conosco bene come Cristiano. Si chiama Silvia. La sua storia è spiegata molto meglio di quanto saprei fare io sul suo blog (http://blog.libero.it/silviaeilcancro/). Lì c’è tutto quello che c’è da sapere.

Di Cristiano so che detestava perdere, e so che vincerà anche questa partita. Di Silvia, come dicevo so poco, ma neppure lei è una che si arrende, da quel che ho capito. Più di tanto non posso fare. Per nessuno dei due. Posso mettermi sulle gradinate e fare il tifo. C’è ancora spazio, in questo stadio, e manca tempo alla fine della partita. Per cui se qualcuno volesse sedersi qui accanto, a fare il tifo con me, per loro si accomodi. A Cristiano lo dirò io. A Silvia ditelo voi direttamente. Sapete come trovarla.

dal blog di Lubely



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