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Messaggio N° 1978
23/10/2006 - 18:52:58

COSA INTENDIAMO PER ADOZIONE

In un contesto sociale in cui il rapporto genitore-figlio veniva ancora concepito sulla base del vincolo di sangue, l'adozione, che già di per se irrideva a tale vincolo era una sfida.

L'adozione internazionale, che metteva in discussione anche il concetto, o meglio il pregiudizio di razza, sembrava addirittura improponibile.

Oggi ci sembra che la società abbia compreso ed accettato che il rapporto padre-figlio, madre-figlio non è a senso unico e non scaturisce con automatismo da un fatto biologico.

E' il "vivere per" ed il "vivere con" che crea un rapporto pieno, autentico e naturale anche fra "totalmente diversi".

Siamo arrivati, però, solo al principio di un lungo discorso.

Infatti, malgrado le strutture preposte alla formazione del personale e degli psicologi che si occupano della materia abbiano notevolmente insistito sull'incidenza della cultura di provenienza del bambino adottato in paese straniero, perché egli possa sentire l'appartenenza, e quindi strutturare un valido senso d'identità, purtroppo il nostro conformismo al pensiero comune della nostra propria cultura ci porta a pensare che, fatte salve le origini del bambino, è quest'ultimo che si deve inserire nella cultura che l'accoglie.

E per procedere con questo presupposto, si fa coincidere il concetto di civiltà più avanzate economicamente, socialmente e produttivamente, con quello che per ottenere questi risultati, sono sicuramente migliori delle culture dei paesi stranieri più poveri.

Nulla di più sbagliato.

Fatte salve le regole che sono alla base di tutte le leggi e le religioni  mondiali, quali il rispetto dell'altro, la condivisione, per quanto possibile, dei beni statali e dei diritti dei singoli cittadini, molto spesso ci si dimentica che spesso culture che riteniamo primitive hanno origini antichissime e tramandano concetti fondamentali, quali quelli, ad esempio, del rispetto della natura, della negatività di aspirare alle ricchezze e al potere, della salvaguardia e dei diritti dei minori, e della competitività fine a se stessa.

Non sempre le strade che vengono poste in essere dale altre culture, e che a noi sembrano assurde e contro natura, hanno solo aspetti negativi; a volte con ragionamento, a volte solo per tradizione, le azioni finalizzate ad un certo scopo che noi riteniamo inaccettabili, perché ci sembrano ledere il diritto alla libertà, poggiano invece su invisibili regole psicologiche che finiscono con l'avvantaggiare chi se ne
serve.
Come esempio, mi permetto di discutere una prassi che da noi non verrebbe
mai accettata.

In India i matrimoni vengono combinati dai genitori, che provvedono ai figli giunti in età di matrimonio, accordandosi con famiglie che a loro volta propongono i propri figli.

Ad un esame superficiale, dato l'orrore che in noi occidentali produce l'idea di una coppia i cui coniugi si conoscono nel giorno del matrimonio e si sposano praticamente senza conoscersi, viene immediatamente il convincimento che gli sposi, accettando un contratto matrimoniale senza amore, avranno una vita infelice di sacrifici.

Io stessa, dopo circa venti anni che studio questo fenomeno in Sry Lanka, mi sono dovuta ricredere, e convincermi che nel giro di pochi mesi gli sposi si amano profondamente, e che i matrimoni durano tutta una vita, peraltro in cui civiltà dove sarebbe permesso avere anche più di una moglie, e gli uomini sono invece per scelta monogami.

Dopo aver riflettuto, sono giunta alla conclusione che le famiglie, non invischiate nelle passioni di noi occidentali, che sulla base di pressioni emotive, facciamo scelte erronee, scegliendo i compagni dei figli in famiglie omogenee al loro modo di vivere, presentano a persone che non hanno la possibilità di accedere ad amicizie promiscue, soggetti adeguati al carattere di chi si deve sposare. Con la conoscenza e la condivisione del modo di pensare, quasi sempre, dopo un breve periodo, si innesta un innamoramento basato sulla complicità, il rispetto e l'accordo che dura  tutta la vita.

Di questi esempi, che se semplicemente esplicitati ad un occidentale, fanno orripilare chiunque li conosca per la prima volta, ne potrei portare a centinaia, ma spero che solo questa riflessione inneschi un dibattito che possa portare frutti benefici di reali  integrazioni e di riconoscimenti da parte nostra di migliori regole di quelle che applichiamo, anche nei cosiddetti paesi sottosviluppati.

Si ringrazia la dott.ssa Marilena Mohrhoff (psicologa) Presidente della EmmEmmE onlus per la gentile collaborazione prestata.

Inviato da stellina_doro

Inviato da: il_giornalaio Trackback: 1 - Commenti: 5



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>> DONNE ESSERI INFERIORI(CHE GRAN CRETINATA) su IL TERZO IN COMODO
Ricevuto in data 24/10/06 @ 00:29
UOMO PADRONE In un epoca dove tutto si evolve e nulla ha più il signficato e il valore di un temp... (continua)



 
 
Inviato da Nemesys56 il 26/10/06 @ 18:09 via WEB
tu parli di cultura e da quello che scrivi si estrapola che ogni individuo ne ha una a seconda di dove nasce e dei valori che gli si trasmette. Detto questo che c'entra dire che alcune, anche se apparentemente reazionarie, hanno delle positività che noi occidentali dovremmo 'capire'?? ma stai scherzando per caso? Tu stai dicendo a un occidentale di rinnegare in parte la propria cultura in favore di culture antiche da cui dovremmo imparare...ma se permetti le culture di cui parli sono adatte solo a loro e noi (seppure con tutti i nostri casini) nel frattempo qualche passo avanti l'abbiamo fatto...ti ricordano niente le lotte per uscire da certi oscurantismi...o vuoi che ci ritorniamo? E poi come si fa a dire che se i genitori scelgono i partner dei propri figli è 'illuminante'? Per me è invece aberrante ma non solo perchè sono occidentale e sono per la libertà di ogni individuo di scegliere...ma perchè tu da occidentale e donna ti permetti di dire certe cose alla faccia di chi ha lottato per avere la dignità di fare delle scelte e di decidere della propria vita. Un'altra cosa scema che hai detto è che E' SBAGLIATO pensare che la ns sia migliore e che un bambino adottato deve sentire le sue radici...ma dì un pò, se viene adottato da un occidentale con i suoi princìpi o come li vuoi chiamare...ti pare giusto che debbano assoggettarsi loro al bambino e non viceversa? Questi genitori non 'falserebbero' la loro natura e se questo succede, il figlio adottato non ne risentirebbe? Parli di 'non far perdere l'identità originaria' al bambino...ma un bambino si identifica con l'ambiente e la cultura che lo attornia e non si sentirebbe estraneo a tutto questo se, come dici tu, si insistesse in un'identità di cui non fa più parte, creandogli ancora più problemi? Qui siamo bene o male in occidente cara e CHIUNQUE venga qui è giusto che rispetti e conviva con quello che trova...lo affermo fortemente per gli adulti figurati se non lo affermo per un bambino che in quanto tale ha uno spirito di adattabilità superiore.E ti pare giusto che dei genitori occidentali si sentano delle 'merde' in quanto occidentali quindi figli del capitalismo, competitività ecc...ma con che razza di cervello ragioni? La tua 'filosofia' cmq è oltremodo attuale e sai perchè? perchè fai parte di quella massa di gente che invece di tutelare e difendere la parte positiva della ns cultura, la denigra e la schiaccia...in favore di culture certo antiche ma rimaste tali e mai evolute, dove la sottomissione a riti millenari è talmente radicata che manco si ribellano più e dove il pensiero e le libere scelte sono pura utopia. Ma se ti senti così proiettata verso certi popoli vacci e restaci...ah dimenticavo fra un pò di anni non ti servirà neppure espatriare e avrai il tuo 'Eden' proprio qui. Cmq ho l’impressione che il tuo articolo, più che parlare di adozioni, parli del solito ‘tormentone’ di cui tutti ora si riempiono la bocca..del tipo: come siamo cattivi noi occidentali e come sono bravi tutti sti popoli poveri (perché più sono poveri, ignoranti, reazionari e integralisti e più sono bravi..sembra che per voi una cosa non escluda l’altra) a cui dovremo ‘ispirarci’…ci manca la mannaia per decapitarci da soli e poi siamo a posto….e smettiamola di darci addosso e di recitare il mea culpa….mi avete proprio rotto.
(Rispondi)

 
 
Inviato da SandraViola il 27/10/06 @ 03:06 via WEB
Credo che qui si sia perso il nocciolo della questione. Il parlare dei matrimoni combinati penso fosse solo un esempio per dimostrare come, quello che a noi può sembrare aberrante, per un'altra cultura rientri nella norma e (lasciamelo dire) funzioni meglio che per noi. D'altra parte, avete mai pensato alla carne di mucca di cui "noi occidentali" ci nutriamo quasi ogni giorno nella più completa tranquillità? Un indiano inorridirebbe solo all'idea! In Thailandia è considerato inaccettabile il tenersi per mano in strada o scambiarsi effusioni di affetto in pubblico (e mi riferisco anche ad un genitore ed un figlio che si danno un bacetto o si abbracciano). In Africa son tenuti in altissima considerazione i bambini (sic!) e gli anziani, degni del più totale rispetto perché portatori della nostra storia e non considerati, come da noi, un peso di cui liberarsi nel più breve tempo possibile. Qualche tempo fa una signora australiana, alle mie lamentele sull'obbligatorietà dell'uso dell'uniforme nelle scuole di lì, mi ha chiesto: "Ma non ti pare che così sia più giusto? I bambini si sentono tutti uguali perché si evitano le distinzioni". Ed io: "Perché, siamo forse tutti uguali? L'accettazione non è data dal rendere tutti omogenei. Io mi sento accettata se, sapendomi diversa dagli altri per alcune cose, so che posso contare su qualcuno che riconosce questa mia diversità e mi aiuta e facilita in funzione di quest'ultima: quindi sarò più seguita se sono una capra in matematica o stimolata se sono un genio in teatro o musica. Chi mi ama e mi rispetta, lo fa proprio VEDENDOMI come individuo diverso da tutti gli altri, mirando così il suo intervento e la sua interazione con me in funzione delle MIE individuali necessità e capacità". Ovviamente, nessuno sta proponendo di passare ai matrimoni combinati nella nostra società, dove sarebbero improponibili e senza alcun senso. Che il solo parlarne poi faccia tanto innervosire qualcuno mi fa semplicemente sorridere: sta solo a riprova di come la tolleranza ed il rispetto per il "diverso" spesso siano molto più lontani di quanto si creda. La vera tolleranza non si ottiene nel rendere tutti uguali, ma nel distinguere la diversità (in qualunque forma essa si manifesti) e nell'accoglierla, accettarla e rispettarla proprio in quanto tale. L'esempio penso fosse riferito a questo: non tanto il protrarre all'infinito una cultura diversa all'interno della nostra, quanto nell'accettare l'altro nella sua totalità, che comprende, innanzi tutto, le proprie radici. Il negare questa parte di un altro individuo, significa rifiutare parte del nostro bambino. Per quanto riguarda nello specifico l'adozione di un bambino, credo che innanzi tutto si debba distinguere tra bambini molto piccoli e più grandicelli. Ovviamente nessuno sta dicendo che bisogna far crescere i nostri figli in un mondo nel quale non siano capaci di identificarsi, ma non dobbiamo dimenticare che già vengono da un altro mondo ben diverso dal nostro e, il pretendere che si "assoggettino" al nostro, perché è quello che li ha "accolti" mi sembra "un filino" forzato. Parlare poi di figli e genitori che si debbano o meno "assoggettare" gli uni agli altri... mi fa sì accapponare la pelle! Io credevo che fosse l'amore che si crea tramite il legame genitore-figlio a portare ad un naturale coinvolgimento (reciproco!), introduzione ed integrazione con l'ambiente circostante. Inoltre, mi pare di ricordare che, in questo caso, stiamo parlando di bambini, persone che non hanno certo deciso autonomamente né il Paese di accoglienza, né l'ambiente che li circonda, né tanto meno i genitori! Condivido infine, almeno un concetto: per fortuna è vero che i bambini hanno comunque una forte capacità di adattamento... Se quello che viene considerato accoglimento è questo, ne avranno sicuramente bisogno!
(Rispondi)

 
 
Inviato da marilenamoh il 27/10/06 @ 09:39 via WEB
Intanto io non l'ho chiamata scema, anche se sono arrossita per Lei. Poi Sri Lanka non è un paese povero e non ci sono integralisti. Inoltre ogni cultura è in evoluzione. Le ricordo che le nostre nonne siciliane subivano lo stesso trattamento della scelta del coniuge da parte dei loro genitori, e le cose sono cambiate. Accettare le cose positive di una cultura diversa è alla base della pace nel mondo, perché insegna alle altre culture a scartare quanto di negativo c'è nella propria. Quando Lei avrà studiato questa materia per 36 anni, come ho fatto io, sotenendo l'ultimo esame di specializzazione a 48 anni, ne riparleremo. Il senso di appartenenza significa non perdere le proprie origini, che fanno parte dell'integrità dell'Io. Vuol fare forse come quella coppia che ha detto al figlio adottivo di colore che erà così "scuro" solo perché era stato concepito in Brasile? Quando il figlio ha scoperto di essere stato adottato ha avuto un grosso trauma. Ho un'amica francese che vive da 40 anni a Milano che a Parigi viene chiamata "la milanese", e a Milano "la francese", che mi dice che non si sente né francese né italiana, ma solo come "color che son sospesi". Ma non credo che ciò La interessi, perché penso che quando incontra una persona di colore, Lei pensa che è "uno sporco negro". La invito a riflettere sulle stupidaggini che ha affermato. Un'usanza, un modo di pensare, una cultura diversa non può fare parte di un altro popolo, ma solo di chi quella cultura la vive. Io ho solo tentato di capire come poteva accadere una cosa che mi sembrava assurda, e mi sono data dei motivi che ritengo scientifici, ma non per questo voglio sostenere che sia giusta per tutti, anche se in Italia vi sono agenzie che combinano matrimoni sulle caratteristiche di personalità..., e quindi non siamo poi tanto diversi... Per quanto attiene al fatto che dovrei andare in un altro paese, e restarci, preferisco girare tutto il mondo e allargarmi la mente. Cosa che consiglio vivamente a tutti. Mi consola solo sapere che con le Sue idee nessuno La riterrebbe idonea all'adozione internazionale. Un bambino ha bisogno di affetto e di sostegno, e non di genitori che o "assoggettano" o si sentono "assoggettati". Mi scriva nuovamente quando prima di parlare avrà anche pensato. Cordialmente. Marilena
(Rispondi)

 
 
Inviato da nightsnake il 30/10/06 @ 10:33 via WEB
Insulti a parte sono sinceramente grato a tutti gli autori dei precedenti contributi per la più o meno consapevole intenzione di far pensare e ripensare questioni esistenzialmente affascinanti come quella delle differenze culturali nella relazione genitori-figli. A leggere tra le righe (non troppo in fondo tra le righe) ci sarebbe altro, direi ben altro su cui riflettere ma come nella vita amo orizzonti e spazi aperti così nella comunicazione cerco la chiarezza e se possibile l'efficacia. A ciò non gioverebbe dilatare progressivamente l'ambito originariamente propostoci. Ho sorriso, confesso, di fronte all'ingenuo integralismo di certe reazioni peraltro assai diffuse nella nostra società. Ingenuo perché orfano di dottrina, di Cultura superiore, di esperienza e di tradizione, ingenuo perché figlio del luogo comune e della cultura a buon mercato (e pensare che anche il mercato, quello globale, ha cominciato a valorizzare la diversità). Ingenuo, credo, ma pur sempre integralismo, con tutta la carica distruttiva tipica di un atteggiamento che oggi troppo spesso e più che mai si tende a confondere con un fenomeno con il risultato di assumere modalità di approccio inadeguate per entrambi. Non oso pensare di poter offrire contributi di rilievo, mi è tuttavia gradito porre un interrogativo, uno tra quelli cui da tempo credo di aver trovato risposta grazie a esperienza di vita e impegno professionale. Ma davvero si crede che le differenze, che per esigenza di brevità definirei culturali, tra le coppie che adottano e i minori stranieri adottati sia un problema tipico dell'adozione internazionale!? Per anni ho lavorato alle adozioni nazionali e vi garantisco che si pone la stessa identica problematica, ma questo ovviamente è il mio spero rispettabile ma pur sempre personale parere. Cerco allora di agevolare una prospettiva più oggettiva. E' inevitabile che i minori per essere dichiarati adottabili provengano da realtà socio-familiari degradate e degradanti, abusate e abusanti, che privano e abbandonano anche perché privazioni e abbandono hanno vissuto. Tutto ciò è cultura, sottocultura se preferite ma per quanto qui ci riguarda non mi pare rilevante. E' inevitabile che le coppie adottanti non possano appartenere a quella stessa cultura per essere considerate idonee. Sillogismo vuole che sia altrettanto inevitabile una profonda discontinuità culturale cui purtroppo genitori e figli spesso non sono adeguatamente preparati. Tale impreparazione vizia non poco il processo di costruzione di una relazione affettivamente significativa e l'eventuale fallimento origina poi questioni di "posizionamento" all'interno del sistema famiglia. E questa è la nostra realtà, nazionale, italiana. E allora che fare? Confidare in una integrazione normativa che preveda l'assoluta omogeneità culturale tra genitori adottanti e minori adottati!? Forse sarebbe impraticabile oltre che stupido. Francamente resisto a fatica alla tentazione di far riferimento alla compassione che pratico nella costante ricerca di equilibrio e armonia. Evito pure di citare civiltà cosiddette primitive nelle quali la legge dell’uomo osserva la legge della natura e questa indica la via dell’incontro perché nel tempo il debole sarà forte e il forte sarà debole. Resisto per la brevità che qui si impone non certo perché non le ritengo alcune delle migliori vie da seguire. Oso invece permettermi un solo accorato invito: affascinante e stimolante meditare e confrontarsi sulle diversità, sulle differenze, sul rapporto concettuale tra diversità e differenza o su quella che in ambito adozionale io preferisco definire discontinuità culturale. Manteniamo però sempre una pacata vigile cautela per non gravare di confusioni o pregiudizi l'esistenza di persone spesso anche più forti di noi ma certamente meno fortunate. E’ la via dell’incontro che si impone innanzitutto, poi essere in grado di stabilire condizioni eque significherà non soccombere al diverso e sopravvivere a noi stessi.
(Rispondi)

 
 
Inviato da marilenamoh il 31/10/06 @ 22:56 via WEB
Il tuo scritto saggio e pieno di sentimento mi trova totalmente d’accordo. Ultimamente mi sono occupata di una coppia povera ed ignorante, proveniente dal profondo sud, che per aver perso di vista per pochi minuti la loro figlia di due anni e mezzo in una stazione ferroviaria, se l’è vista togliere con uno stratagemma dalla polizia ferroviaria, che con l’aiuto di un mandato di un giudice del Tribunale per i Minorenni, l’ha messa in una casa famiglia. Dopo circa tre anni il Tribunale l’ha dichiarata adottabile solo perché la coppia è stata valutata con false ideologie dai cosiddetti psicologi, e mal difesa da un avvocato che non ha provveduto nemmeno ad un consulente di parte. Quindi è vero che le bestie siamo noi. Sto lottando in Appello perché la bimba venga restituita. Non credo che le differenze culturali siano le sole a procurare guai nelle famiglie, altrimenti non ci sarebbero sottosistemi filiali contrapposti ai sottosistemi genitoriali quando i figli sono non adottati, ma geneticamente della coppia! Eppure si continua a litigare, ad odiare, ad invischiarsi e a soffrire. Ritengo che il rispetto verso l’altro sia alla base di qualsiasi relazione, e che solo con la comprensione e l’amore si possa risolvere qualsiasi controversia. Mi spiace, sono per la pace. Quando la mia figlia minore aveva solo tre anni, un giorno, coccolandola, le ho detto “sei la stella di mamma”, lei ha risposto: “Non sono la stella di mamma”. Ed io: “Allora sei l’amore di mamma”. “Non sono l’amore di mamma”. “Allora cosa sei?” La risposta agghiacciante è stata: “Sono una persona”. Ho ricevuto una lezione con i controfiocchi. Mia figlia voleva essere solo rispettata, e in quel momento le mie sdolcinature le davano fastidio. Vogliamo una volta per tutte cercare di rispettare chi abbiamo di fronte? Se vogliamo fare gli educatori, dobbiamo per primi rispettare le regole, e ci dobbiamo mettere in testa che possiamo imparare anche da una bambina di tre anni. Ecco perché ringrazio tutti quelli che mi insegnano qualcosa, ma ancora di più apprezzo chi mi rispetta, anche se – lo ammetto – la categoria degli stupidi saccenti (ma non degli stupidi umili, o dei saccenti intelligenti e creativi) mi spinge al sarcasmo. E, ne sono sicura, a forza di sarcasmo mi perderò: mi aspetto però che verrete copiosi a trovarmi quando qualcuno finirà col mandarmi in galera. Con molto affetto per tutti voi che leggete, e con un forte abbraccio all’autore-autrice di parole così toccanti. Marilena
(Rispondi)



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